La seconda porta 2 - Lucia legge "La seconda porta"

di
genere
etero

CAPITOLO II
Lucia era ancora lì, sotto le coperte, ma il sonno non era nemmeno passato a sfiorarla. Anzi, ora si sentiva più sveglia di prima. Il corpo, disteso nel letto, non aveva più quella pesantezza che la trascinava nel torpore. Qualcosa era cambiato.
Si mosse appena e sentì il tessuto delle lenzuola scorrere sulla pelle. Il fresco di prima era ormai scomparso, lasciando spazio a un tepore che sembrava provenire più da lei che dall’ambiente. Aveva le gambe rilassate, ma non del tutto. C’era una tensione sottile che le attraversava il corpo, qualcosa di impercettibile, come un presagio.
Si accorse del pube, del lieve solletico dei peli che sfregavano contro la stoffa delle lenzuola. Una sensazione che di solito ignorava, ma ora era lì, presente, come una carezza involontaria.
Prese il cellulare dal comodino. Il gesto era lo stesso di sempre, il movimento meccanico di ogni notte insonne. Eppure, stavolta, sapeva già cosa cercare.
Aprì il file.
“La seconda porta”
Lesse il titolo, poi abbassò lo sguardo sull’autore.
Marcello Callisto.
Non lo aveva mai sentito prima.
Non perse tempo a chiedersi chi fosse. Le parole la aspettavano. E lei, senza rendersene conto, aveva già deciso di leggerle.
Scorse la prima riga.
“Filippo continuava ad indagare. L’indagine ufficiale era chiusa. Ma ora ne iniziava un’altra. Dentro di sé. Dentro di lei.
Indagava sul desiderio. E il desiderio montava. Forte. Crudele. Animale.
Quella donna non era bella. Non bella come Monica. Ma portava con sé l’odore del peccato.
Non il profumo costruito da un laboratorio. No. Ci sono donne che il profumo lo devono comprare. E altre che lo trasudano. Lo secernono. Lo lasciano scivolare sulla pelle come un veleno dolce.
E Filippo lo sentì. Non nel naso. Nel sangue. Nelle gambe. Nel petto. Nel cazzo.”
Lucia aggrottò la fronte. Scorse con lo sguardo le righe successive, ma il ritmo del testo la fece rallentare. Parole secche, taglienti. Corte. Una scrittura che pulsava, come se avesse un battito proprio.
Le venne quasi da sorridere. L’odore del peccato. Il veleno dolce.
Si passò una mano sulla fronte, come a cancellare un pensiero, ma non sapeva neanche quale.
Lesse ancora.
“E con l’occhio del suo cazzo si soffermò sul culo di Adriana. Un’opera d’arte. Una tela per il desiderio. Un altare per il sacrificio della lussuria.
Non era solo la forma. Era il modo in cui lo portava. Un richiamo. Un invito. Una condanna a cui non ci si poteva sottrarre”.
Lucia avvertì un leggero fastidio. Non per il testo, non per il modo in cui era scritto. Per il modo in cui le scivolava addosso, senza incontrare resistenza.
Doveva infastidirla. Doveva farle storcere il naso, farle scuotere la testa con sufficienza. Ma non ci riusciva.
C’era qualcosa lì dentro, qualcosa che vibrava sotto la superficie delle parole, qualcosa che
Scostò appena le gambe, senza pensarci. Una piccola torsione del bacino. Non era un gesto consapevole. Era un’eco.
E mentre scorreva ancora le righe, la percezione del proprio corpo si fece più netta. Il contorno del pube. Il pelo che sfiorava la pelle delle cosce.
Si bagnò le labbra. Non si era accorta di aver trattenuto il respiro.
Ma non chiuse il libro.
Continuò a leggere.
“E Filippo vide la via. La seconda porta. E sì, il suo membro lo vide con lui. Si scosse. Si tese. Voleva guardare anche lui.
Tra le rotondità dei glutei. Al centro, più in basso. Sotto i vestiti, la vide. La sentì, pure.
Una via. Attraverso l’ingresso di una galleria. Il buco del culo.”
Lucia strinse il telefono con più forza, le dita attorno ai bordi come se servisse a mantenere una distanza.
Chi scriveva così?
Non era solo il contenuto, non era la volgarità. Era il ritmo. Il ritmo che martellava, che scavava. Parole ripetute come onde, come colpi.
Il buco del culo.
Sbuffò, quasi per spezzare quel pensiero, per scostarlo da sé. Ma non abbassò lo schermo.
Si mosse nel letto, sentendo la stoffa sfregare sulla pelle. Un piccolo movimento, un gesto meccanico per riposizionarsi meglio. Eppure la sensazione le rimase addosso.
Proseguì.
“Lo sentì. Un canto di sirene. Un lamento, un invito. A raggiungerlo. A prenderlo. A salvarlo.
E il sangue gli salì alle tempie. Gli prese il respiro. Gli scese giù.
Il desiderio. Ora era materia. Ora era peso nel ventre. Ora era carne tesa. Dura. Gonfia.”
Lucia deglutì.
Perché lo stava leggendo con tanta attenzione?
Poteva fermarsi. Doveva fermarsi. Ma la curiosità era una corrente lenta che la trascinava sempre più giù.
Più giù.
Ora anche lei sentiva un peso nel ventre.
Non era eccitazione, non ancora. Era qualcosa di più sottile, più viscerale. Un languore che non aveva forma, ma esisteva.
Scostò il pollice dallo schermo, come se volesse allontanarsi un attimo. Ma le parole erano già dentro.
E il corpo iniziava a rispondere.
“Troppo tesa per essere contenuta nel cavallo dei pantaloni. Tendeva la stoffa. Anche la stoffa gemeva. Sollecitata al limite di rottura.
La tentazione anticipò il suo pensiero. Le si accostò, come per aprirle la porta. Finse di inciampare. Cercò l’equilibrio del suo desiderio nella mano piegata a taglio. Per tagliare in due il culo della donna tra i glutei.
E piegò la nocca del dito indice. Per dare del tu al buco del suo culo.”
Lucia sentì qualcosa stringersi dentro.
La gola. Lo stomaco.
Le gambe.
Perché quel testo la prendeva così?
Non c’era amore, non c’era dolcezza. C’era violenza. No, non nel senso più crudele della parola, ma nella spinta. Nell’invasione.
Nel rompere qualcosa.
Si scoprì con il fiato sospeso, quasi come se stesse aspettando che qualcosa accadesse anche a lei.
Strinse le cosce, come per fermare quel pensiero. Il contatto dei peli del pube contro la pelle glielo restituì come un’eco.
Sentì la bocca riempirsi di saliva. Troppa. La inghiottì in un fiotto rapido, improvviso, come se il corpo avesse deciso di lubrificarsi da solo.
Deglutì e si leccò appena le labbra.
Sapeva dove stava andando.
Dove stava scivolando.
E non fece niente per fermarsi.
Continuò a leggere.
“Di spalle, la spinse verso la porta. Lei si piegò. La guancia contro il legno. Spinse i seni contro la porta. Portò il culo più indietro.
Un invito. Una preghiera. Un ordine.
Filippo appoggiò la patta dei pantaloni contro la gonna. Ma il suo cazzo non sentì né il tessuto dei pantaloni, né quello della gonna. Solo i glutei ai lati. E il buco teso al centro.”
Lucia si inumidì le labbra senza accorgersene. Quel culo più indietro…
Si sentì sciocca, ma non riuscì a evitare di immaginare il movimento. Una donna che si piega. Che si offre. Cosa voleva dire offrirsi in quel modo?
Deglutì di nuovo. Stavolta il fiotto di saliva le scivolò giù con un sapore strano, quasi metallico.
Era tensione?
Era attesa?
Era qualcosa che non voleva definire?
Le sue gambe si sfiorarono di nuovo. Maledizione, possibile che le sentisse così tanto?
Lucia abbassò leggermente il telefono. Il suo respiro le sembrò troppo rumoroso nella stanza. Come se qualcuno potesse sentirlo.
Ma era sola.
Solo lei e le parole.
Eppure, qualcosa dentro di lei non lo era più del tutto.
Proseguì. Un tremore. Il dito fremette, in basso sullo schermo del telefono come per toccare qualcosa di tangibile. Non lo voleva e senza volerlo spuntò il segnalibro e fece scorrere aventi il cursore delle pagine. Le pagine scivolarono, lei scivolava insieme alla pagine. Ma continuò a leggere.

“Gli slip ormai scomposti non lasciavano spazio all’immaginazione. Solo al desiderio.
Come un’urgenza. Un pronto soccorso. Per un malato in codice rosso. Il suo cazzo.”
Lucia sentì il petto sollevarsi in un respiro più profondo, quasi pesante. Un pronto soccorso. Cristo, come si poteva scrivere una cosa simile?
Ma non riusciva a staccarsi da quelle parole. Non era solo quello che raccontavano, era come lo facevano. Incisive, rapide, come pugni ben assestati. Non la lasciavano scappare.
Si sentiva incastrata in una tensione che non sapeva gestire. Il suo corpo non si era ancora mosso davvero, ma era sveglio, più sveglio di quanto fosse stato in mesi.
“Se lo ritrovò fuori. Non si rese conto come, ma era lì. Teso. Gonfio. Diritto.
Il glande, rosso, puntava verso il soffitto. Come una minaccia. Lo avrebbe sfondato se non avesse trovato la strada. In quella galleria che ora gli si prometteva davanti. Lo richiamava. Come l’aria in una pompa da vuoto.”
Si accorse solo in quel momento che le gambe si erano aperte di qualche centimetro, senza che lei lo avesse deciso. Come se il suo corpo cercasse aria.
Ma non era solo aria.
Era spazio.
Spazio per sentire di più.
Pompa, pompa, una pompa da vuoto…
Lucia deglutì, sentendo la saliva scivolare in gola come un’onda troppo densa.
Era nelle cosce che, senza un motivo preciso, si stringevano e si riaprivano, quasi come se cercassero qualcosa che ancora non c’era. Era dentro di lei.
Non era eccitazione vera, non ancora.
Ma era pronta a diventarlo.
“Lo puntò. Trovò da solo la sua strada senza che la mano di Filippo lo accompagnasse. Bussò una volta. La seconda porta si socchiuse. Bussò una seconda volta. Si aprì ancora di più. Non abbastanza per lasciarlo entrare. Abbastanza per farsi sentire. Ogni ruga. Ogni increspatura. Ogni fottuta asperità di piacere.”
Lucia trattenne il fiato.
Era pronta a rompersi.
Lo sentiva. Quel limite che aveva sempre tenuto sotto controllo, che aveva sempre saputo gestire, ora tremava.
E sapeva che bastava una spinta.
Una parola.
Un’altra immagine.
Qualcosa per farla scivolare del tutto.
Resistette, ancora un attimo.
Le parole le erano scivolate addosso come le pagine che aveva trascinato sul dito del cursore.
Un dubbio le si insinuò nel petto, forse qualcosa le era sfuggito. Recuperò il segnalibro e tornò indietro con le pagine, come se potesse tornare indietro da quello stato di perdizione in cui era stata trascinata. Ma continuò a leggere. Non poteva smettere.
“E vide. Vide gli slip di cotone. Bianchi.”
Lucia trattenne il fiato.
“Il cotone che scendeva tra le natiche. Che scavava. Che segnava la carne. Che trasmetteva il desiderio della carne. Una supplica.
E poi. Più giù. Più dentro. L’ombra del pube. Un accenno scuro che sfuggiva al tessuto.
Che gonfiava il tessuto. Che denunciava la sua presenza. Come uno scivolo verso l’esplosione dei sensi.
E sgomitava sul cotone per reclamare il suo ruolo. Pur sapendo di non poter essere il protagonista.
Il protagonista aveva preso il centro della scena. Toccava a lui recitare in quel sabbah di pulsioni.
E lui già pulsava. Il buco del culo pulsava.”
Un brivido. Netto.
Come se la stoffa aderente non la sentisse solo Adriana, ma anche lei. Come se quel leggero opporre resistenza, quel trattenere, lo avvertisse sulla sua pelle nuda.
Un fremito, più in basso.
Lucia chiuse gli occhi per un attimo. E lo sentì.
Quel pulsare. Quel ritmo che ormai non apparteneva più solo ad Adriana.
Le labbra le si inumidirono, la lingua che sfiorò il bordo dei denti in un gesto istintivo.
Non aveva capito tutto, no.
Ora sì.
Lucia si mosse appena, sentendo l’onda di calore addensarsi, diventare più concreta, più pesante.
Si inarcò appena nel letto, la schiena che seguiva un movimento inconsapevole.
Cazzo.
Continuò a leggere. Palpitando con le sue pulsazioni
“Pulsava mentre la mano di Filippo indugiava sulle natiche. Come se volesse scoprire ogni angolo di quella terra promessa. Sfiorò la pelle. Scivolò lungo i fianchi. Giocò sul confine.
Un anello stretto. Un passaggio che si contraeva su sé stesso. Un nodo da sciogliere. Una promessa da mantenere.”
Lucia avvertì un brivido percorrerle la schiena, un’onda lenta, sottile, quasi ingannevole. Non era brivido di freddo. Era qualcos’altro. Qualcosa che si diffondeva sotto la pelle, senza permesso.
Spostò leggermente il peso sul fianco, cercando una posizione più comoda, ma il movimento le fece sentire ancora di più il tessuto delle lenzuola sulla pelle nuda, lo sfregare leggero sulle cosce.
Troppo leggero.
Il respiro di Lucia si fece più profondo, quasi impercettibilmente. Un’inspirazione più lenta. Un’espirazione appena più pesante.
Uhhhm.
Sentiva il ritmo di quelle parole. Insinuarsi sotto la pelle, nelle viscere.
Lo sentiva ovunque, lo sentiva dentro.
E ancora non si era mossa davvero.
“Il sangue, ormai, gli iniettava gli occhi. Non c’era violenza nei suoi gesti. Solo necessità.
La prese per un polso. La portò verso la scrivania. Lei si lasciò guidare. Non oppose resistenza. Si adagiò.”
Lucia trattenne il respiro per un attimo.
Era lì. Era vicina.
Non si sarebbe fermata.
Continuò a leggere.
Si lasciò guidare…
Sentì un calore diverso scivolarle lungo la pancia, quasi un’ombra di pressione, come se il suo stesso corpo rispondesse all’ordine silenzioso di quelle parole. Non si mosse, non ancora, ma percepì il peso della sua posizione. Il modo in cui le sue gambe si rilassavano senza un motivo apparente, il battito nel collo che si faceva appena più presente.
“Come se, nella vita, avesse sempre camminato a quattro zampe. Il viso contro il legno. Le mani ad abbracciare la scrivania.”
Le dita di Lucia si strinsero lievemente attorno al telefono, un gesto inconsapevole.
Il viso contro il legno…
Sentì quel contatto, la superficie sotto la pelle come se fosse la sua?
Si morse appena l’interno della guancia, come per riportarsi a sé. Ma non servì.
“Mentre Filippo tirava su la gonna.”
Lucia scostò leggermente una gamba, solo un poco.
Quasi impercettibile. Quasi casuale.
Ma non lo era.
Continuò a leggere.
“Gli slip ormai scomposti non lasciavano spazio all’immaginazione. Solo al desiderio.”
Lo aveva già letto ma continuò come se ora il senso fosse irrimediabilmente compiuto.
Non lasciavano spazio… alle sue resistenze
Lucia sentì il suo stesso respiro farsi più corto, più ravvicinato. C’era qualcosa che si stringeva dentro di lei, un vuoto che cresceva lentamente, come un attimo prima della caduta.

“Come un’urgenza. Un pronto soccorso. Per un malato in codice rosso. Il suo cazzo.
Se lo ritrovò fuori. Non si rese conto come, ma era lì. Teso. Gonfio. Diritto.
l glande, rosso, puntava verso il soffitto. Come una minaccia.
Lo puntò. Trovò da solo la sua strada senza che la mano di Filippo lo accompagnasse. Bussò una volta. La seconda porta si socchiuse. Bussò una seconda volta. Si aprì ancora di più.”
Lucia si bagnò le labbra, deglutì, sentendo il fiotto di saliva denso, pesante, scendere in gola.
Il suo corpo si era già arreso, mentre la sua mente si ostinava ancora a capire.
Si accorse che il suo respiro era più profondo. Aveva tirato dentro più aria senza nemmeno volerlo, come se il suo corpo stesse facendo spazio a qualcosa.
O a chi. Perché Fabiana era lì.
E dentro Fabiana, c’era lei.
Si socchiuse… con lei
Mentre qualcosa premeva.
Qualcosa che voleva entrare.
E lei, lei era lì, pronta a spaccarsi.
Continuò a leggere.
“Lo attirava come un buco nero. A cui nessun desiderio poteva sfuggire.”
Nessun desiderio le sfuggiva…
Lucia sentì il fiato farsi pesante, il petto sollevarsi più lentamente, come se ogni respiro fosse carico di qualcosa che si accumulava.
“Filippo trattenne il respiro. Adriana no. Inspirava ed espirava, seguendo il ritmo delle contrazioni. Ogni contrazione spingeva indietro. Un richiamo silenzioso.”
Il ventre di Lucia si tese appena, un riflesso che non poteva controllare.
Come se anche lei si stesse preparando a essere presa.
“Il cazzo sentiva il buco dilatarsi. Per accoglierlo. Ma reagì in controcanto. La cappella si gonfiò, ancora di più. Troppo per entrare.”
Lucia trattenne il respiro. Lo sentiva.
Quel limite che si assottigliava, che si tendeva sotto il peso delle parole.
Le gambe si strinsero, ma la pressione tra le cosce non bastò a spezzare quella sensazione.
Era lì.
Era sul punto di rompersi.
Ma ancora resisteva.
Solo ancora per un attimo.
Continuò a leggere.
“Prima di rompere il sigillo. Prima di attestare la sua portanza purificatrice.”
Il sigillo… dannazione…
Il suo ventre era ormai teso, pronto a qualcosa che non voleva nominare, che non voleva ancora riconoscere.
“Ma non bisogna mai diffidare della capacità del buco del culo. Men che meno di quello di Adriana.
Si agganciò più forte alla scrivania. Contrasse il ventre, così forte che il tremore si sparse sulle gambe. Risuonò come un fremito sul buco del suo culo.”
Un fremito le scivolò lungo la pelle. Il contatto delle lenzuola era diventato soffocante, ogni punto del suo corpo sembrava più acceso, più percettibile.
Dannazione, lei sta tremando…
Le cosce di Lucia si sfiorarono, ma questa volta il calore non rimase lì. Salì più su, un’onda che le percorse la schiena e poi, inaspettata, si concentrò proprio lì, sul suo buco. Non un contatto reale, ma una tensione, un punto che si stringeva e si allargava, come se il corpo iniziasse a prepararsi a qualcosa.
“Spinse il culo indietro. Lentamente. Decisamente.”
Lucia non si accorse nemmeno di essersi mossa. Un lieve spostamento, un adattamento del corpo sotto il peso della tensione.
Ma era sufficiente.
Il sigillo stava per rompersi.
E lei, dannazione, era pronta a sentirlo cedere.
Continuò a leggere.
“E il glande ruppe il sigillo. Si incastrò sulla soglia. Pulsante. Affamato. Si gonfiò ancora di più. Per occupare ogni anfratto di quell’uscio che palpitava con lui.”
Cazzo…finalmente il cazzo
Lucia sentì il respiro fermarsi un istante, un battito sospeso che le fece vibrare lo stomaco. Era come se il suo corpo avesse riconosciuto qualcosa prima ancora di lei, un riflesso lontano che ora le si faceva più vicino, più denso.
“Toccò a Filippo ora spingere. Ancora qualche centimetro più dentro. Ma il glande ululò. Rabbioso. Si ingrossò a dismisura.”
Un brivido le scivolò lungo la schiena.
Non era più solo il libro.
Non era più solo Adriana.
Era il suo corpo che rispondeva, che si tendeva, che si preparava.
Si morse l’interno della guancia, senza accorgersene. La pelle nuda delle cosce sembrava più sensibile, più percettibile contro il lenzuolo che la sfiorava appena.
“Il buco del culo non poté sopportarlo in quell’ingresso scomposto. Si contrasse. Non per accoglierlo. Per espellerlo. Giusto il tempo di prendere le misure.”
Lucia trattenne un gemito in gola. Era stato spontaneo, quasi un riflesso, un piccolo spasmo profondo.
Ancora più forte.
Si sentiva aperta e chiusa allo stesso tempo.
Dannazione.
“Ora il cazzo non bussò più. Entrò sicuro. Più in profondità.”
Cazzo… finalmente il cazzo.
“La galleria si chiudeva attorno a lui. Non per respingerlo. Per trascinarlo più a fondo.”
Si morse il labbro, il petto che si sollevava in respiri irregolari. Il battito nel collo pulsava con la stessa cadenza del cazzo di Filippo che entrava e usciva.
“Lentamente. Piano. Aderendo alle pareti. Le pareti della galleria del culo.”
Si spostò leggermente sul materasso, la schiena che si arcuava appena, il contatto della pelle nuda con il lenzuolo che le amplificava ogni sensazione.
“Quelle pareti trasudavano desiderio. Non lubrificavano, ancora no. Si strusciavano su di lui. Lo assorbivano. Gli segnavano la pelle. Come denti molli di una bocca senza labbra.”
Un fremito le attraversò le cosce, le gambe si strinsero in un riflesso involontario, quasi a trattenere qualcosa che premeva dentro di lei.
Lucia sentì il suo corpo rispondere, all’unisono con Adriana.
“Indicavano la strada verso la profondità del culo. Come una voce che sembrava provenire da lontano. Dalla gola di Adriana.
Ansimava. Gettava fuori l’aria lentamente. L’aria le usciva dalla bocca come se il cazzo, entrando nel culo, la spingesse fuori.”
Un respiro più corto. Le narici si aprirono leggermente, come se il suo corpo cercasse più ossigeno.
Lucia chiuse gli occhi per un istante.
Fu un errore. Sentì tutto più forte.
Il letto sotto la schiena, il lenzuolo sulle cosce, l’aria sulla pelle nuda, il peso che si accumulava nel ventre, tra le gambe, più in basso.
Il suo corpo era contratto, teso a ricevere qualcosa che non sarebbe mai arrivato.
“Poi il respiro si sospese. Filippo anche.
Rimase fermo. Come per acclimatarsi in quell’anfratto. Come per trovare la luce.”
Lucia trattenne il fiato con lui. Il suo cuore martellava nelle orecchie.
SI accorse di essere rimasta immobile anche lei.
Il respiro trattenuto, le dita serrate attorno al telefono, la pelle in attesa di qualcosa. Qualcosa che sentiva addosso, dentro, senza che nessuno la stesse toccando davvero.
“La luce del maschio. Forte. Virile. Possente.”
Si bagnò le labbra, deglutì un fiotto di saliva densa, bollente.
“Lo tirò indietro, un poco. Poi lo rispinse in avanti. Lo tirò indietro, un poco di più. Lo rispinse, un poco più forte.”
Le cosce si strinsero appena, non per fermare la sensazione, ma per contenerla, per non lasciarla deflagrare troppo in fretta.
“Ancora più avanti.”
Cazzo…dammi il cazzo
Il calore era ovunque. Lo sentiva dentro il petto, tra le scapole, lungo la colonna vertebrale.
Ma soprattutto lì.
Nel punto in cui il suo corpo rispondeva, reagiva, si apriva senza un tocco.
“Adriana non respirava più. Il buco del suo culo sì, sì che respirava.”
Dannazione… Il respiro di Lucia si spezzò in gola. Sentiva l’aria farsi densa nelle narici, il petto sollevarsi come se fosse lei a trattenere il fiato, come se fosse il suo buco a pulsare sotto la pressione che cresceva.
“Filippo lo tirò indietro. Quasi completamente. E lo spinse in avanti.
Il movimento divenne più ritmico.”
Si mosse nel letto, il corpo che reagiva senza che lei lo decidesse. Sentiva qualcosa allargarsi dentro di lei, una tensione che si apriva e si contraeva con ogni parola, con ogni spinta.
Il battito tra le gambe rispondeva, seguiva quel ritmo, diventava lui stesso parte di quel movimento che la stava scavando dentro. Ogni fibra del suo corpo si stringeva e si rilassava, come se il cazzo di Filippo fosse reale, come se lo sentisse entrare e uscire, occupare e abbandonare, premere e dilatare.
“Ora anche Adriana ansimava. Anche il buco del suo culo ansimava.
Gola e culo andavano in sintonia. Come se l’aria arrivasse alla bocca non dai polmoni. Ma dal culo stesso.”
Lucia spalancò leggermente le labbra, il fiato che usciva senza controllo. Sentiva il suo ventre contrarsi, le viscere che si stringevano come se stessero reagendo a ogni colpo, a ogni invasione. Le sue gambe si erano divaricate di pochi centimetri, quasi senza che se ne accorgesse, il lenzuolo che le scivolava contro la pelle nuda come il respiro di un amante invisibile.
Ansimò anche lei, con il fiato di quelle parole
“Un fiato che sembrava nascere dalle rughe del suo buco. Vibravano. Come corde vocali. Trasmettevano l’onda di piacere lungo il canale del culo. Sotto il movimento impetuoso del cazzo di Filippo.
L’onda trasformava la geometria di quel canale. Ora era come una fisarmonica. Pronta a contrarsi e aprirsi. Per suonare la musica del fottuto piacere.”
Lucia sentì il respiro farsi più corto, più irregolare. Non era solo eccitazione. Era una spinta che si insinuava dentro, che le tendeva i muscoli del ventre, che le faceva percepire il vuoto tra le gambe con una pienezza mancata.
Il suo corpo si sentiva teso, come se aspettasse qualcosa, come se ogni fibra della sua pelle si fosse preparata a ricevere, ad aprirsi.
“Ma nel mantice non scorreva aria. No. Scorreva il cazzo di Filippo. E la carne del canale gli si adagiava sopra.
Carne su carne.
Si contraeva e si allargava. Non più liscia.
Ora percorsa da asperità. Erano le papille del piacere, del fottuto piacere.”
Un fremito le sfiorò la pelle, un’onda che si irradiò dai capezzoli e scivolò giù, lungo il ventre, fino al punto esatto dove il calore premeva di più.
Si sentiva sul ciglio di qualcosa.
Ancora ferma.
Ancora immobile.
Ma sul punto di rompersi.
“La carne più sensibile. Pronta a leccarlo. A vibrare a frequenze più alte.
Arrendersi all’orgasmo anale era l’unica possibilità che le rimaneva. E vibrare con esso.
In tutto il corpo. Sulla pelle della pancia. Tesa. Come la pelle di un tamburo.”
Le dita si chiusero intorno al capezzolo, lo strinsero, e il piacere si diffuse come un’onda calda che scivolò più in basso, fino al ventre, fino a quel vuoto che ora sentiva come un bisogno.
Non si stava ancora toccando lì.
Ma il suo corpo la stava già penetrando da solo.
Lucia continuò a leggere, immersa in quel viaggio dentro la carne del canale del suo culo.
Che prendeva forma dentro quelle parole.
“Vibrava sotto i colpi del cazzo. Bum. Bum. Bum…”
Il battito. Il cazzo che entrava.
Lucia lo sentiva.
Non leggeva più, era il libro che la leggeva dentro.
“Anche i suoi glutei erano un elemento della batteria del piacere. Vibravano alla stessa frequenza. Sotto i colpi del bacino di Filippo.
Ritmicamente spingevano verso l’alto. Si allargavano per permettere al cazzo di Filippo di percorrere l’ultimo centimetro sul traguardo.
E tagliarlo con i suoi coglioni che si adagiavano sulle labbra del pube.
Le grandi labbra si aprivano. E permettevano alle piccole di uscire come una lingua a sfiorare quei coglioni. Gonfi. Tesi. Con i peli dritti.”
La tensione le percorse la schiena, scese tra le natiche. Dannazione, lo sentiva anche lì.
Un punto profondo, un nervo nascosto che reagiva, che si tendeva e si contraeva come se il cazzo di Filippo lo stesse prendendo, aprendo, allargando.
Era il suo corpo che stava cambiando forma sotto il peso del desiderio.
Lucia gemette piano, il suono spezzato tra le labbra umide.
Non lo stava facendo apposta.
Non c’era più controllo.
SI contorse sul materasso, la pelle bollente, l’aria troppo densa attorno a lei.
Era come se anche le sue labbra si fossero aperte, come se il suo corpo stesse già aspettando qualcosa che non arrivava.
Le dita premettero appena sul pube, un tocco che voleva fermare la vibrazione e invece la fece deflagrare dentro di lei.
“Ma i pensieri di Filippo erano già oltre. Molto più in là di quanto la mente potesse sopportare.
Agganciò Adriana sulle spalle. Lei piegò la testa per mostrare il collo. Una resa. Incondizionata. Incondizionabile.
E con le mani sulle spalle e le braccia tese, spinse. Forte. Più forte.”
Lucia sentì la testa svuotarsi. Non c’era più niente oltre il desiderio.
Il suo corpo pulsava, il ventre tremava, la pelle era tesa come se aspettasse un tocco che non sarebbe mai arrivato.
Un sussulto le attraversò il ventre, un’onda di calore che le fece inarcare appena i fianchi, il corpo che rispondeva al ritmo del testo, al battito della penetrazione che sentiva sotto la pelle.
“La carne del canale del culo di Adriana non ce la fece più ad accompagnare il movimento. Ormai fluttuava senza controllo, come un’onda che si frantuma sulla riva.”
Lucia spalancò leggermente le labbra, il respiro si spezzò, il battito tra le gambe troppo intenso, troppo invadente.
Si morse il labbro, un gesto istintivo per punirsi, per fermarsi, per non sprofondare completamente.
Ma era tardi.
Il piacere si era insinuato in lei più possente di un cazzo.
Sentì qualcosa stringersi dentro, un punto profondo che reagiva senza che lei facesse nulla.
Un fremito la percorse dal basso, un risucchio caldo e pulsante che la costrinse a stringere il lenzuolo tra le dita.
Era lì.
Era il buco del suo culo che rispondeva.
Lo sentì inturgidirsi, chiudersi e aprirsi, come se anche la sua carne si stesse adattando a quella penetrazione che leggeva, come se anche lei, come Adriana, stesse prendendo forma attorno a un’assenza.
“Le onde di piacere si impennarono. Superarono l’ultimo limite del controllo. Erano schiaffi di calore, brividi scavati nel ventre. Impetuose, invasero ogni angolo del corpo di Adriana.
Vibrava. La sua pancia vibrava. La sua pelle vibrava. Le sue viscere vibravano.”
Lucia sentì il suo stesso corpo cedere.
Il calore tra le gambe si fece più pesante, più umido, più invadente.
Era un’ondata che saliva dal ventre, che le scavava dentro, che la faceva pulsare come se fosse già aperta, già pronta, già scopata.
Un gemito le sfuggì, le dita che stringevano il lenzuolo come un ultimo appiglio, come se il letto potesse contenerla mentre il piacere la invadeva.
Le sue gambe si serrarono, poi si riaprirono, la pelle nuda contro il lenzuolo che le sembrava troppo ruvido, troppo presente, troppo reale per quello che sentiva dentro.
Il battito era ovunque, tra le gambe, dentro di lei, nelle dita che stringevano il lenzuolo.
Ma non bastava più.
Sollevò lentamente la mano, il respiro ancora spezzato, e abbassò le dita lungo il ventre.
Le lasciò scivolare più in basso.
Toccò il pube, un gesto quasi inconsapevole, come se volesse fermarsi, spegnere la vibrazione che la stava divorando viva.
Ma ottenne l’effetto opposto.
Il tocco si diffuse come un’onda, la vibrazione si allargò nella mano, risalì nel braccio, si spalmò nel petto, si irradiò nelle cosce.
Dannazione… cazzo… voglio il cazzo.
“Filippo si scosse. Si compiacque dapprima. E volle vedere l’opera del suo agire. Si tirò indietro con il busto e tirò fuori il cazzo. Lentamente. Lo fece uscire tutto. Umido. Lucido. Lubrificato dal piacere.”
Lucia si morse le labbra, il respiro spezzato, il fiato caldo che le sfuggiva dalla bocca senza controllo.
“E lo guardò. Guardò il vero protagonista: il buco del culo.
Non più un anello stretto. Non più un ovolo iperbolico scanalato. Era un cratere.
Un battesimo di carne. Il calice di un fiore con anse che sormontavano la bocca. Spasmodiche, palpitanti. Pronte a richiudersi, a risucchiare.”

Lucia trattenne il respiro.
Sentì il suo stesso buco contrarsi da solo, una tensione improvvisa, come se si fosse allargato per poi richiudersi.
Una pulsazione lenta, involontaria, profonda.
Si contorse leggermente, il respiro che si fece più profondo, più carico.
E senza pensarci, senza rendersene conto, il suo culo sporse oltre il bordo del materasso.
Non lo aveva deciso.
Era la sua carne che lo stava offrendo.
Come se qualcuno fosse lì.
Come se i fantasmi dei suoi desideri potessero vederlo.
“Lo sguardo di Filippo restò incatenato da quelle anse, da quel movimento vischioso. Voleva rivederlo. Fissarlo nella mente. Lo rimise dentro. Lo fece uscire.
E come un riflesso incondizionato, le anse del buco del culo di Adriana riaffiorarono. Per poi contrarsi di nuovo. Ancora. Ancora.”
Lucia sentì la pelle contrarsi, il buco del culo stringersi e rilassarsi da solo, come se il piacere di Adriana si fosse fuso dentro di lei.
Dannazione.
Un brivido profondo le risalì la schiena.
La sua pelle era tesa, aperta, il piacere la squassava senza che nessuno la toccasse davvero.
Si premette il pube con la mano, come per fermare la vibrazione, per fermare la sua stessa caduta.
“L’ultima. Più forte. Lo tirò fuori e si piegò per guardare dentro. Voleva capire cosa quel buco custodiva.
Il buco si contrasse. No, no. Allargare i glutei serviva a poco. Servirono due dita. Poi due. A cucchiaio. A scavarla. Ad allargarla. A sentire le contrazioni impazzite del canale.”
Lucia sentì il fiotto di saliva accumularsi nella sua bocca.
Deglutì di scatto, ma il sapore le rimase sulla lingua, denso, pesante, come se fosse lei ad aver aperto la bocca, ad aver sbavato per il piacere.
“Adriana si spinse indietro. Voleva sentirle. Le nocche delle sue dita dure. Glielo aveva chiesto il buco del suo culo. Un ordine.
Sbavò dalla bocca. Sbavò dal culo. Sbavò pensieri e controllo.”
Un tremore le attraversò la schiena.
Stava sbavando anche lei.
Non lo aveva deciso.
Era il suo corpo che stava lasciando andare tutto.
“Filippo lo sentì. Si incazzò. Capì che lui non era il protagonista. Era solo un mezzo. Un tramite. Un ingranaggio nel piacere totale di quella donna.
Si incazzò. E il suo cazzo si incazzò più di lui. Si scosse. Fremette. Vibrò. Come una testa d’ariete.”
Lucia gemette piano, la testa che affondava nel cuscino, il respiro che si spezzava tra le labbra umide.
Non stava leggendo più.
Era dentro Adriana.
E come un testa d’ariete un’ondata di calore le avvolse il ventre, una pressione che scivolò più giù, più densa, più inevitabile.
“Puntò il buco del culo. Questa volta per sfidarlo.”
Si inarcò appena.
Lo sentiva. Lo sentivaaaa.
Il suo corpo era pronto a essere sfidato.
E sapeva che ormai non poteva più fermarsi.
“Vediamo ora chi è più forte, gli disse. Cazzo. Io sono il cazzo. E ora ti distruggo.”
Lucia sussultò.
Quelle parole le esplosero dentro, un’ondata calda, troppo densa, troppo reale.
“Il buco del culo rispose: Sbrigati. Ti stavo aspettando.”
Un fremito più profondo le scosse la schiena.
Il suo stesso buco si contraeva da solo, si apriva e si chiudeva senza che lei facesse nulla, come se stesse aspettando anche lei.
Dannazione.
Cazzo, cazzo, voglio il cazzo.
“Ed entrò. Come una testa d’ariete.”
Lucia gemette forte, il suono soffocato tra le labbra che si serravano, che si pungevano sotto il morso dei suoi stessi denti.
La vibrazione tra le cosce era troppo forte, il battito tra le gambe troppo profondo.
Era come se il colpo l’avesse raggiunta.
Come se la spinta l’avesse aperta davvero.
Il suo respiro si spezzò. Il fiato caldo le sfuggì dalla bocca.
Si premette il pube con ancora più forza, ma il piacere non si fermò.
Si espanse.
Si diffuse lungo il ventre.
Prese la sua carne.
Prese la sua mente.
Prese le sue gambe .
Dannazione, la stava scopando davvero.
Lucia scattò dal letto. Il fiato spezzato. Il corpo in fiamme.
Barcollò. Il respiro corto. Le mani sui fianchi, sul ventre.
Dov’era?
Dov’era un cazzo?
Strinse i denti, si tirò i capelli. Niente. Il vuoto.
Poi lo vide.
Il bordo del letto.
Freddo. Fermo.
Si abbassò di scatto. Il culo che sfiorò il legno. Il gelo sulla pelle. Un fremito.
Si mise a cavalcioni. Gambe aperte.
Il pube scese contro l’angolo. Il legno la prese. Senza chiedere.
Le grandi labbra si schiusero. Le piccole uscirono. Cercavano aria. Cercavano pressione.
Lucia ansimò.
Il corpo si inclinò in avanti, da solo. Le labbra si stirarono, tese, gonfie.
Il fiato le si spezzò in gola.
Scivolò.
Più in basso.
Il legno affondò tra le pieghe.
La spaccò.
Dannazione.
Si aggrappò al bordo, le unghie che graffiavano la superficie.
Non era un cazzo.
Ma era qualcosa.
L’unica cosa che poteva avere.
E la voleva.
Lo voleva.
Lo voleva ancora.
Si spinse. Si spinse.
Si spinse.
Fino a perdersi.
Era solo l’inizio.
L’unica cosa che poteva avere in quel momento.
E non si fermò.
Non ancora.
Perché sapeva la verità.
Era solo l’inizio.
[a.marcellocallisto@gmail.com]
scritto il
2025-05-18
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