Farfalla
di
Kugher
genere
sentimentali
La farfalla passò in mezzo alla piazza del paese, dove spesso la gente transita o si raduna per questioni di vita quotidiana, per feste di paese, per matrimoni o funerali.
Volò sopra la chiesa nella quale tante volte le persone si rifugiano, per mille motivi, a volte per cercare, altre perché hanno già trovato ciò che cercavano e lo devono consolidare.
Attraversò il campanile, accanto alle campane che suonano per essere udibili anche a lunga distanza, oggetti di cultura popolare, segnando il tempo di tornare dai campi, scandendo le ore della giornata quasi a ricordare che il tempo non aspetta e di quel tempo occorre farne tesoro perché sarà pure galantuomo, ma non torna, non torna mai, impietoso, lasciando traccia di ogni errore che non può essere cancellato ma solo rimediato.
Il percorso che aveva scelto la portò davanti al municipio, simbolo dell’organizzazione della vita temporale, luogo in cui la gente di paese si amministra nel tentativo di rendere civile l’esistenza. L’edificio aveva visto tempi migliori, da anni trascurato denunziando una età maggiore di quella effettiva.
Col suo tipico volo, quasi a voler far perdere le tracce di sé, la farfalla si avvicinò alla finestra aperta di quell’appartamento al secondo piano, entrando sfrontatamente e incurante dei due corpi sul letto, tra loro avvinghiati e caldi.
Volò sulle loro teste che non si accorsero della sua presenza, nemmeno Luigi, che era steso sulla schiena mentre Ilaria era inginocchiata sul suo ventre e teneva le mani sul petto muscoloso di lui, per controbilanciare ed agevolare il movimento del suo bacino che, alzandosi e abbassandosi, riceveva il piacere dell’uomo e donava il suo di donna.
Le mani del ragazzo accarezzavano i fianchi e si muovevano sul corpo giovane fino a raggiungere i seni sodi e belli.
Ilaria aveva la testa indietro, leggera e spensierata, concentrata sull’unione e sul godimento.
Luigi volle raggiungerla, restando dentro di lei ma sedendosi, per abbracciarla e morderle il collo fino a raggiungere le labbra, cercando la sua lingua per consolidare la loro unione fisica in ogni dove.
Nessuno sapeva del loro rapporto, nessuno doveva sapere del loro rapporto.
Si incontravano di nascosto, quando e dove potevano, rubando il tempo e facendone tesoro, con la reciproca promessa di rendere migliore il loro tempo e di viverlo come pensano di meritare.
Quel giorno avevano a disposizione quell’appartamento in centro paese, messo a loro disposizione per organizzare il lavoro del giorno dopo.
Restarono abbracciati in silenzio, perché ci sono momenti in cui le parole sarebbero inutili e fuori luogo, ma nei quali i corpi comunicano tutto il loro cuore e la loro anima, attraverso il calore e le carezze delle gambe che sfiorano le gambe, il petto che sfiora il petto, le mani che cercano le mani per intrecciarsi come prima le loro lingue avevano fatto.
Dormirono un sonno agitato.
La mattina aveva cancellato la spensieratezza della veloce cena della sera precedente, seguita dall’unione dei corpi sia per l’amore sia per il conforto che essi sanno dare anche durante il sonno, quasi a voler cercare continua prova che non si è soli, perché le forze dell’uno non si sommano ma si moltiplicano con l’incontro della forza dell’altra.
La colazione fu caratterizzata dal silenzio che accompagna la tensione, la paura, il peso della responsabilità del compito affidato.
Ilaria uscì, comprò del pane e un po’ di spesa, poi prese la bicicletta, per dirigersi verso il luogo dell’appuntamento.
Li trovò dopo la curva e, a quanto pare, fu una sorpresa solo per lei in quanto sembrava proprio che quegli uomini fossero lì ad aspettarla. Appena la videro si misero in mezzo alla strada. Lei si guardò in giro ma era un via chiusa, senza fughe laterali. Non esitò. Girò la bicicletta ed iniziò a scappare mentre i tedeschi imbracciavano il fucile intimandole di fermarsi.
Le urla erano concitate e c’era tensione. La gente del paese fermò le loro attività per il timore di essere i destinatari o per cercare la causa di ciò che stava accadendo.
Un soldato tedesco sparò in aria mentre urlava di fermarsi prima nella sua lingua e poi in uno stentato italiano.
Altro militare, inesperto, sparò invece ad altezza uomo e colpì Ilaria alla schiena, spingendole in avanti il corpo e indietro la testa, come fosse investita da una forza enorme estranea alla vita.
Cadde a terra senza cercare protezione con le braccia perché non vi era più nulla da proteggere. Tutto il gruppo la raggiunse ma ormai era tardi.
“Strappatele la camicetta sulla schiena”.
I soldati obbedirono e rivelarono il tatuaggio della farfalla.
“Era Farfalla e tu l’hai uccisa, idiota!!! non potremo mai sapere qual era il messaggio che stava portando ai partigiani!!!”
Volò sopra la chiesa nella quale tante volte le persone si rifugiano, per mille motivi, a volte per cercare, altre perché hanno già trovato ciò che cercavano e lo devono consolidare.
Attraversò il campanile, accanto alle campane che suonano per essere udibili anche a lunga distanza, oggetti di cultura popolare, segnando il tempo di tornare dai campi, scandendo le ore della giornata quasi a ricordare che il tempo non aspetta e di quel tempo occorre farne tesoro perché sarà pure galantuomo, ma non torna, non torna mai, impietoso, lasciando traccia di ogni errore che non può essere cancellato ma solo rimediato.
Il percorso che aveva scelto la portò davanti al municipio, simbolo dell’organizzazione della vita temporale, luogo in cui la gente di paese si amministra nel tentativo di rendere civile l’esistenza. L’edificio aveva visto tempi migliori, da anni trascurato denunziando una età maggiore di quella effettiva.
Col suo tipico volo, quasi a voler far perdere le tracce di sé, la farfalla si avvicinò alla finestra aperta di quell’appartamento al secondo piano, entrando sfrontatamente e incurante dei due corpi sul letto, tra loro avvinghiati e caldi.
Volò sulle loro teste che non si accorsero della sua presenza, nemmeno Luigi, che era steso sulla schiena mentre Ilaria era inginocchiata sul suo ventre e teneva le mani sul petto muscoloso di lui, per controbilanciare ed agevolare il movimento del suo bacino che, alzandosi e abbassandosi, riceveva il piacere dell’uomo e donava il suo di donna.
Le mani del ragazzo accarezzavano i fianchi e si muovevano sul corpo giovane fino a raggiungere i seni sodi e belli.
Ilaria aveva la testa indietro, leggera e spensierata, concentrata sull’unione e sul godimento.
Luigi volle raggiungerla, restando dentro di lei ma sedendosi, per abbracciarla e morderle il collo fino a raggiungere le labbra, cercando la sua lingua per consolidare la loro unione fisica in ogni dove.
Nessuno sapeva del loro rapporto, nessuno doveva sapere del loro rapporto.
Si incontravano di nascosto, quando e dove potevano, rubando il tempo e facendone tesoro, con la reciproca promessa di rendere migliore il loro tempo e di viverlo come pensano di meritare.
Quel giorno avevano a disposizione quell’appartamento in centro paese, messo a loro disposizione per organizzare il lavoro del giorno dopo.
Restarono abbracciati in silenzio, perché ci sono momenti in cui le parole sarebbero inutili e fuori luogo, ma nei quali i corpi comunicano tutto il loro cuore e la loro anima, attraverso il calore e le carezze delle gambe che sfiorano le gambe, il petto che sfiora il petto, le mani che cercano le mani per intrecciarsi come prima le loro lingue avevano fatto.
Dormirono un sonno agitato.
La mattina aveva cancellato la spensieratezza della veloce cena della sera precedente, seguita dall’unione dei corpi sia per l’amore sia per il conforto che essi sanno dare anche durante il sonno, quasi a voler cercare continua prova che non si è soli, perché le forze dell’uno non si sommano ma si moltiplicano con l’incontro della forza dell’altra.
La colazione fu caratterizzata dal silenzio che accompagna la tensione, la paura, il peso della responsabilità del compito affidato.
Ilaria uscì, comprò del pane e un po’ di spesa, poi prese la bicicletta, per dirigersi verso il luogo dell’appuntamento.
Li trovò dopo la curva e, a quanto pare, fu una sorpresa solo per lei in quanto sembrava proprio che quegli uomini fossero lì ad aspettarla. Appena la videro si misero in mezzo alla strada. Lei si guardò in giro ma era un via chiusa, senza fughe laterali. Non esitò. Girò la bicicletta ed iniziò a scappare mentre i tedeschi imbracciavano il fucile intimandole di fermarsi.
Le urla erano concitate e c’era tensione. La gente del paese fermò le loro attività per il timore di essere i destinatari o per cercare la causa di ciò che stava accadendo.
Un soldato tedesco sparò in aria mentre urlava di fermarsi prima nella sua lingua e poi in uno stentato italiano.
Altro militare, inesperto, sparò invece ad altezza uomo e colpì Ilaria alla schiena, spingendole in avanti il corpo e indietro la testa, come fosse investita da una forza enorme estranea alla vita.
Cadde a terra senza cercare protezione con le braccia perché non vi era più nulla da proteggere. Tutto il gruppo la raggiunse ma ormai era tardi.
“Strappatele la camicetta sulla schiena”.
I soldati obbedirono e rivelarono il tatuaggio della farfalla.
“Era Farfalla e tu l’hai uccisa, idiota!!! non potremo mai sapere qual era il messaggio che stava portando ai partigiani!!!”
1
voti
voti
valutazione
10
10
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La figlia del socio (parte 8)
Commenti dei lettori al racconto erotico