Deviando dalla litoranea

di
genere
prime esperienze

Stavo trascorrendo, in un paese sul mare, una vacanza presso amici di famiglia. Mi agitavano in quei giorni strane inquietudini e pulsioni di cui non comprendevo chiaramente l’origine, in quelle giornate dall’apparenza spensierate, trascorse fra giochi d’acqua e in spiaggia. All’ora di pranzo ero rimasto al mare a leggere quel giorno, rinunciando a desinare: non ne avevo nessuna voglia di stare in famiglia. Faceva caldo e il sole picchiava così duro, la luce era così abbacinante che la spiaggetta sassosa era deserta. Decisi, annoiato e rassegnato, di dirigermi verso casa. Una voce con forte inflessione dialettale dietro di me mi richiamò:
- Ciao Alessandro. Non c’è proprio nessuno in giro.
Era Mimmo un giovane del posto che talvolta si univa alla nostra compagnia di ragazzi.
- Eh già, tutti a far la pennichella post pranzo, al fresco.
- Che palle, però. Cosa ne dici di fare un giro in bici con me? Potremmo esplorare i dintorni, per vincere la noia.
- Ma no, fa caldo..
Insistette.
- Ti condurrò in un bel posto, che nessuno conosce, vedrai che ne varrà la pena.
Accettai la sua proposta senza troppe resistenze non fosse altro per l’innegabile simpatia che provavo per Mimmo. Lui era un bel ragazzo bruno, muscoloso e cotto dal sole. Il mio aspetto era al contrario caratterizzato da forme più esili, anche se toniche, la mia abbronzatura appariva nonostante l’esposizione quotidiana ai raggi solari, slavata rispetto alla sua.
Mimmo pedalava davanti a me a torso nudo con vigore, il suo corpo era lucido per il sudore di cui percepivo, in scia, l’acre odore virile. Aveva due, forse tre anni più di me ma si atteggiava a tipo navigato e spavaldo. Spesso avevo notato - anch’io lo scrutavo di sottecchi - uno sguardo su di me particolare, che non riuscivo a decifrare. Seguivamo la strada litoranea sospesa vari metri sul livello del mare da cui si poteva ammirare un panorama meraviglioso. La costa per fortuna ancora poco antropizzata, era un alternarsi di lingue di sabbia, macchie di vegetazione mediterranea, di rocce, a costituire un quadro di selvaggia bellezza. Con Mimmo, che mi precedeva, effettuammo una deviazione dalla strada principale, seguimmo un viottolo che da polveroso che era, man mano che ci si avvicinava al mare si faceva sabbioso. Ci inoltrammo con cautela nella macchia di arbusti e alberi bassi.
- Guarda davanti a noi, fermiamoci un po’.
Giungemmo a una piccola radura sabbiosa, circondata da canne, cespugli e qualche tamericio. Un fiumiciattolo scorreva nei pressi e il flusso della corrente produceva un piacevole sciabordio. Mimmo mi fissava con occhi ardenti ed io mi sentii avvampare, poi con un sorriso malizioso mi disse:
- Sai perché ti ho portato qui in questo posto isolato?
- Non so…per farmi ammirare la bellezza del luogo?
Sghignazzò.
- Non dirmi che non capisci, non essere ingenuo.
- Davvero Mimmo non comprendo.
- Devo confessarti che mi hai attizzato da quando ti ho visto la prima volta. Mi accende molto il tuo corpicino grazioso, morbido e delicato, efebico. Da brava Alessandra spogliati, ti voglio vedere nuda.
Rimasi a bocca aperta nell’udire che aveva iniziato ad rivolgersi a me usando il genere femminile ma, ma la tempesta ormonale che mi investiva travolgendomi, rendeva le mie inclinazioni in materia sessuale, confuse. Ero sconcertato. Incerto, accettai l’invito e decisi di esplorare senza pregiudizi fino in fondo quel sentiero della mia sessualità che era giunto a un bivio.
Dovetti riconoscere che mi eccitò denudarmi davanti ai suoi occhi in quel luogo solitario, che guardasse con desiderio il mio corpo, sentirmi afferrare dalle sue forti. Fui ammirato quando Mimmo si denudò a sua volta esibendo con orgoglio il suo bel cazzo, svettante dal suo inguine peloso e che usciva vincitore nel confronto col mio, che non era poi così male: lui si accorse della mia adorante ammirazione e mi incoraggiò.
- É bello il mio pesce, ti piace, non è vero? Afferralo, stringilo, giocaci pure.
Mi affascinò quella bestia, maestosa nella sua erezione e mi lasciai andare a far scorrere la mia mano su di esso, accarezzarlo, a scoprirne il glande largo abbassando il prepuzio.
- Alessandra vieni con me.
Mi trascinò dietro un cespuglio e sotto l’ombra di un tamericio mi afferrò tentando di baciarmi. Provai a divincolarmi. Inutilmente, lui era molto più forte di me. Desistette, ma si arrabbiò.
- Non fare la smorfiosa con me: ti ho già detto, che ho deciso che ti avrei fatta mia e quando voglio una cosa son solito ottenerla, o con le buone o le cattive. Arrenditi all’evidenza e sii sincera con te stessa: ti piacciono i maschi e il tuo culetto, sarà la mia fica. Mi son accorto benissimo, da subito, di quali siano i tuoi gusti.
In effetti non era solo simpatia quella che provavo per Mimmo - dovevo dargli ragione - ma una misteriosa attrazione di cui non ne avevo avuto coscienza.
- Le tue pudiche ritrosie hanno il solo risultato di scaldarmi sempre più, di farmi agitare come una bestia in calore.
Non potevo oppormi a Mimmo, ma soprattutto non ne avevo l’intenzione, sempre più curioso di capire la vera direzione delle mie pulsioni, dare una traiettoria alla mia incerta sessualità. Così decisi di concedermi arrendevole, offrendomi alle voglie di quel prepotente, arrogante compagno che mi sovrastava con la sua iniziativa carica di libidine, il suo vigore fisico.
- Da brava, prendi “ u mio capitone” in bocca.
- Perché no -? Pensai e non mi feci pregare più di tanto; avvicinai il pene di Mimmo alla mia faccia. Mi compiacqui nell’annusare quell’aroma pungente di maschio, ne gustai il sapore aspro, apprezzai la sua consistenza duro elastica: lo insalivai fino a renderlo lucido e me lo succhiai su e giù con entusiasmo. Le prime goccioline che si formarono sul solco del glande che potei suggere erano deliziosamente acidule. Gradii il sapore aveva quell’uccello. Prima che quel gioco lussurioso si concludesse con l’inevitabile emissione di sperma nella mia bocca e che attendevo impaziente, Mimmo cambiò programma.
- Adesso apro il tuo delizioso culetto, anzi la tua “puchiacca”, Alessandra.
Esitai per un moto di paura e lo implorai di non farlo: poiché mi dominava totalmente, potevo solo supplicarlo e non certo ribellarmi.
- Taci e non fare la svenevole, ormai non puoi scegliere.
Sentivo il cuore battere all’impazzata nell’essere considerato la sua femmina, mentre mi trovavo accovacciato a terra nudo, a sua completa disposizione in attesa ansiosa ma docile delle decisioni che avrebbe intrapreso. Mimmo mi sollevò il bacino mettendomi a pecorina, mi allargò le natiche esponendomi il buco del culo. Lo leccò, si insinuò con la lingua all’interno. Dal suo zainetto militare estrasse una boccetta di olio - portata appresso certo non a caso -, mi alesò l’orifizio con le dita, prima una, poi due, poi tre, ben lubrificate allo scopo.
Realizzai che questa pratica, che avrei potuto percepire come umiliante, mi prendeva sempre di più e apprezzavo sentirmi dominato dal mio compagno, frugato nella mia intimità: provavo intensi brividi, emettevo squittii e sospiri, che nulla avevano di virile.
- Mi attizzano i tuoi gridolini e strilletti da femmina. Sei proprio una calda e disponibile puttanella.
La cappella del ragazzo, una volta estratte le dita e presone il posto, si appoggiò sul mio buchetto e sostò, facendomi pregustare in quella breve sospensione - che nell’ansia mi apparve eterna - il piacere che mi attendeva; il glande superò di slancio l’elastico anello sfinteriale e mi invase.
- Com’è duro Mimmo! - Strillai sorpreso.
- Ti piace, vero? La tua fica è stretta ed è un piacere sfondarla.
L’eccitazione, lo stupore che provavo minimizzarono il dolore percepito e prevalsero da subito sensazioni molto piacevoli sotto quelle spinte ritmiche e potenti, avanti e indietro, che occupavano il mio intestino, allargavano le mie pareti rudemente. Rivoli di sudore percorrevano il mio dorso mentre quell’animale libidinoso, di cui avvertivo caldo respiro su di me, mi era avvinghiato tenacemente. Mi teneva immobilizzato con le mani strette sui miei fianchi. Gemevo per quei colpi e mi agitavo rendendo la penetrazione sempre più profonda - così tanto che avvertivo lo sbatacchiare dei suoi testicoli sui miei glutei -.
Lui apprezzava:
- Mi stai facendo godere femminella. Il tuo culetto supera in piacere la fica di una donna. Nessuna mi ha fatto mai godere così.
- Mimmo è….mhhh… non fermarti…sono tuo…tua. Bellissimo!
Mi sentivo realizzato in quell’amplesso focoso.
Fu un’inculata, per me la prima e indimenticabile, sublime: i miei recettori erotici anali, stimolati, strofinati da quel bel cazzo - com’era meravigliosamente duro e caldo!-, facevano risuonare, riverberavano il mio cervello di quel piacere. Girai la testa e offrii, io stavolta, al culmine dell’estasi, in una resa definitiva al mio compagno la mia bocca in un bacio ardente. Al culmine del suo orgasmo, muggendo, Mimmo ricolmò del suo seme i visceri. Ero fuori di me e strillavo di piacere, libero di esprimere il mio lato femminile senza censure.
Ci immergemmo giocando coi nostri corpi nudi nelle acque limpide del piccolo corso d’acqua che scorreva li accanto, le cui acque dolci che si mescolavano con quelle salmastre disponendosi a strati, formavano una singolare trasparenza che dava l’impressione di guardare attraverso un vetro satinato. Ne approfittai per liberarmi con un dito il culo del seme di Mimmo che ancora lo ingombrava. Giacemmo poi accanto in silenzio all’ombra, mentre il vento faceva stormire la cima dei tamerici. Guardavo il grosso pene di Mimmo che pur avendo perso la sua posizione eretta, abbandonato fra le sue cosce era comunque notevole per le sue dimensioni. Glielo baciai, memore del piacere che mi aveva procurato poco prima.
- Sei veramente una femmina insaziabile Alessandra. Ma mi hai spremuto, sfinito, sderenato, non posso continuare.
Tornai a casa oltremodo appagato pensando di aver chiarito definitivamente i miei dubbi sulle mie tendenze sessuali, ma ogni certezza doveva crollare nel dopocena quando la padrona di casa, una spendida, burrosa cinquantenne, mentre seduti uno accanto all’altra eravamo intenti a guardare un film alla TV - eravamo soli quella sera -, mi appoggiò il suo piedino sul volto, passandomelo sensualmente sulle guance, le labbra. Girai stupito il capo per guardarla: mi fissava maliziosamente e sorrideva invitante. Le afferrai il piedino caldo e lo baciai, lo presi in bocca, succhiandole le dita, lei gemeva e miagolava come una gattina, faceva le fusa: il mio cazzo ero completamente sfoderato, eretto, durissimo.
Ah già, ma le mie inclinazioni, le mie certezze appena appena acquisite?...Ma la figa…però..forse…
- Perché no? Togliamoci ogni dubbio.
di
scritto il
2024-04-28
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