Autunno: scopata davanti al camino

di
genere
etero

I tempi cambiano e col riscaldamento globale ora l'autunno inizia a novembre.
Due giorni fa superavo una ferrata in maglietta e arrivavo in cima al Piz Boè, a 3152 metri, in maniche corte. In cima al gruppo del Sella.
Oggi, alla forcella piccola del Latemar, a soli 2500 metri, tira un vento gelido.
Una coltre di nube glaciali incupiscono un sole arrendevole, anemico, che ormai non scalda più.
Scendiamo lungo un ripido canalone mentre piccole, insistenti e fastidiose gocce di pioggia cominciano a sferzarci il volto.
Il vento mi scuote i capelli e devo mettermi un cappellino di lana perchè il campo visivo non venga menomato, col rischio di mettere un piede in fallo e precipitare nelle profonde gole che ci circondano.
Colori sbiaditi. Anche i gialli larici diventano grigiastri in questa luce spettrale. Neanche un camoscio in giro, e noi, qui, scendiamo con i guanti pensando già alla baita, al camino e alla polenta con lo zampone. Dieta sana.
Gli ultimi passi sulla strada sterrata scivolando e inciampando sui ciotoli, e finalmente la chiave entra nella serratura.
Pochi gesti coordinati, rodati nel tempo per massimizzare l'efficienza.
Acqua per la polenta sul fuoco.
Cespuglio di rami secchi nel camino. Un accendino e il fuoco prende vita.
Divoriamo alimenti ricchi di mais e grassi saturi senza pensare alle coronarie e il primario bisogno primordiale è presto soddisfatto.
A pancia piena emergono ora i bisogni secondari e sento la necessità di essere riempita un po' più in basso.
In un certo senso: 'prima il dovere e poi il piacere'.
Mi accoccolo nel mio pile pesante tra le membra del mio compagno che mi abbraccia da dietro, esponendomi al calore del fuoco che scoppietta vivace nel camino.
Presto l'energia della combustione mi raggiunge e qualche indumento diventa superfluo.
Ecco, sì, una mano mi si infila direttamente sotto la maglietta e, conoscendo bene la strada, senza esitazioni si assesta su una tetta.
Quelle dita tastano, affondano, strofinano, pizzicano le mie morbide curve, e una lingua inizia a leccarmi il collo.
Una manovra a tenaglia che denota assuefazione a strategie di primo livello.
Il calore del fuoco è invitante e, senza riuscire a quantificare lo scorrere del tempo, in un batter d'occhio sono nuda, in gatta, davanti alle fiamme.
Non c'è bisogno di una gran sequela di preliminari, ma la musica di “Have you ever seen the rain” la trovo ideale per essere scopata a pecora e Jos, il mio ragazzo, conosce bene i miei gusti, anche quelli musicali.
E sulla cadenza delle note vengo penetrata e posseduta.
Il calore del fuoco sulla spalla, il fianco e la coscia nude e rivolte al camino sono un piacevole corollario, insieme al profumo della resina che brucia.
Due mani mi tengono stretta alla vita e da dietro uno stallone mi si infila dentro, mi dilata e mi scuote, e, colpo dopo colpo, i miei sospiri si trasformano in gemiti.
A occhi chiusi mi godo il massaggio interno, le tette mi ballano trasferendomi alla nuca l'energia che mi si abbatte contro il sedere.
Ma dopo due o tre ripetizioni del brano, quando la parte in ombra del mio corpo nudo comincia a congelare, prima di consegnarmi al concerto di grida che impreziosiscono ogni mio orgasmo, decido di cambiare posizione.
Jos si sdraia sul tappetino, ravvivo il fuoco e mi impalo sul pennone più alto.
In questa solida posizione, mi guardo intorno e recupero il cellulare.
Ora il calore mi raggiunge il petto, il collo e il ventre e inarco la schiena per espormi alla vitale radiazione che voglio distribuire sulla massima superficie della mia pelle.
Partono le note di “Hotel California”.
Se il primo pezzo è ideale per una scopata da dietro, il secondo è un toccasana quando dirigo io i lavori del congresso.
Ancora sento le mani del mio uomo sui miei fianchi, mentre facendo leva sulle ginocchia mi alzo lentamente per ridiscendere sul palo di carne che mi si infila tra le cosce strappandomi sospiri a ogni penetrazione.
Appoggio le mani sulle ginocchia del compagno per sentirmi riempire più in profondità.
Ora il calore del fuoco mi brucia la pelle, ma con questa musica, questo asso di bastoni nella passera e poi, ancora, le sue mani sulle tette a seguire e assecondare il mio movimento su e giù, non passa davvero troppo tempo e le labbra si spalancano.
Sul pezzo strumentale dei due chitarristi inserisco i miei gorgheggi che rapidamente si trasformano in urla roche. Strillo come un'aquila mentre l'orgasmo mi obnubila la mente facendomi dimenticare che i vicini di casa sicuramente sentiranno tutto.
Qualche colpo ben assestato, col sedere precipito sul lombi del mio maschio, come colpi di scure su un ceppo di legno e devo appoggiarmi ora alle sue spalle per muovere il bacino avanti e indietro strofinando il clitoride sul pube maschile e completare l'esplosione di sensazioni.
Lui raggiunge l'apice inondandomi con getti di lava calda aumentando il repertorio di stimolazioni che già si affastellano tra la mia pelvi e i centri cerebrali del piacere.
Poi sono le endorfine a impadronirsi del mio sensorio.
Ancora allo spiedo, mi accascio sul torace dell'olandese, subito avvolta da un abbraccio caldo e protettivo.
Ancora qualche colpo dell'uomo che si svuota completamente dentro di me e ci ritroviamo una sull'altro, sudati e affannati, mentre il fuoco sembra unirsi al nostro momento di deliquio, rallentando i suoi palpiti.
Arrivederci estate, benvenuto autunno.
di
scritto il
2022-11-01
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