Pecore di Islanda

Scritto da , il 2022-09-21, genere etero

Pecore di Islanda

(racconto a sé stante, ipotizzabile prosecuzione di “La hot pot di Hòlmavìk”)

Riemergo dallo specchio d'acqua termale, dopo esserci stata sommersa per un tempo indefinito, ma così lungo da aver quasi perso la memoria delle ultime esperienze.
Il sesso appena accennato con Hjalta mi ha messo in bollore gli ormoni.
Mi guardo in giro nella fresca brezza che segue il tramonto e quasi con sorpresa mi ricordo di essere in Islanda.
Riconsidero l'ambiente in cui mi trovo, quasi come se mi ci fossi ritrovata solo ora, per caso, piombata dal cielo come un meteorite.
Una vasca termale artificiale; come la chiamano qui: una hot pot.
Mi accorgo di essere a petto nudo.
Nulla di male, sono protetta dal confine dell'acqua, ma questo è un luogo pubblico, sebbene riservato ai soli clienti della guest house. Qualche altro turista potrebbe far visita alla hot pot e non gradire. Oppure gradire anche troppo.
Rintraccio il pezzo sopra del bikini e ricompongo le tette al loro posto.
Peccato, quando resto nuda nell'acqua, la sensazione di galleggiamento delle tette, quella improvvisa e inconsueta leggerezza al posto del peso cui sono abituata, è sempre sorprendente e piacevole.
La giovane islandese, dopo il suo primo orgasmo regalatole da una donna, sarà già al lavoro e, anche se a me per ora è rimasta solo la voglia insoddisfatta, sono comunque stata rapita anch'io in un momento di estasi obnubilante.
Il sole è tramontato ora e le prime stelle cominciano a brillare.
Arturo, Vega, Deneb... A est la luce fissa di Giove.
La notte mi raggiunge improvvisa e mi riaccuccio protetta dall'acqua calda, soprattutto ora che l'aria si fa fredda e pungente.
Finalmente arriva Jos, il mio compagno.
Visibilmente alticcio, stritola una lattina che sembra di birra e soffoca un rutto nel pugno dell'altra mano. Un vero signore.
“Alla buon'ora! Ma dove eri finito? È da un sacco che ti aspetto.”
Mi sporgo dalla superficie liquida, come un'invitante sirena.
La mia pelle fuma di caldo vapore, come un cotechino estratto dal brodo di cottura.
“Scusami. Ti sei annoiata?”
“Be', non proprio.”
“Mmmmh?”
“Ho scambiato 'due chiacchiere' con una ragazza islandese che lavora qui, appena conosciuta.”
“Due... chiacchiere?”
“A ha!” faccio la misteriosa mentre mi appoggio coi gomiti al bordo della vasca e lo guardo mentre si spoglia e resta in costume.
Con la voglia che ho adesso di sesso non posso proprio fare a meno di notare il bel pacco del mio ragazzo, che solleva il contorno dei boxer.
“Com'è l'acqua?”
“Terribilmente piacevole”
“Terribilmente piacevole?” ripete lui divertito mentre viene scosso da un brivido per la brezza fredda che lo ha sferzato in pieno petto.
Si avvicina alla vasca saltellando, mentre la mia attenzione si focalizza sulle vibrazioni trasmesse al suo salsicciotto.
“In modo insostenibile” chioso io vedendo con dispiacere il siluro di carne inabissarsi nel brodo primordiale.
Lui si distende corroborato dall'effetto avvolgente e tonificante dell'acqua calda e mi prende in braccio. Ottima scelta.
“Ma cosa hai bevuto?”, una fiatella disgustosa mi provoca un incoercibile conato di vomito, “La salamoia del baccalà?”
“Birra Viking!” Si giustifica lui, assumendo un tono che esprime fierezza.
“E come hai fatto a trovare della birra qui alla guest house? Un articolo raro come l'insalata!”
Infatti a parte sporadici negozi autorizzati, gli alcoolici in Islanda sono quasi introvabili e molto costosi. È più facile vedere la coda di una balena che una Carlsberg, e sì che un tempo l'Islanda faceva parte del regno di Danimarca.
“Ho incontrato un gruppo di olandesi.”
Direi che con questo ha detto tutto. Il mio ragazzo viene dai Paesi Bassi, una nazione dove, al contrario, l'alcool, e non solo, scorre a fiumi anche ad Amsterdam.
“Sembra che ti sia mangiato una foca marcia.”
“Ah, ho capito. Deve essere quel merluzzo secco, quello in frammenti che hai preso al super, alla Bonus. Come si chiamava?”
“Non voglio nemmeno ricordarmelo.”
E intanto penso al bel porcellino rosa, il salvadanaio della nota rete di grandi magazzini islandesi, la Bònus, appunto.
Il pesce non era neanche male, almeno, prima di fermentare tra le fauci del manzo che mi appresto a baciare, ma ora sembra di assistere a una gara di rutti tra pellicani.
Per la verità in questo momento sono altri 'paesi bassi', però, quelli cui mi vorrei dedicare.
Lui continua a tenermi in braccio, ma le sue mani già mi avvolgono la pancia e mi toccano il bordo dei seni, mentre sotto il sedere avverto una confortante presenza, una crescita economica.
Ecco. Qualche bacio sulla nuca, poi sul collo. Il solletico si mescola al piacere, e le sue mani risalgono avvolgendomi le tette.
Mi allungo verso il marsupio che ho lasciato a lato della vasca e pesco una gomma da masticare al mentolo.
Lui mi tira per il costume, arpionandomi gli slip, e già che c'è si concede un'ampia occhiata al contenuto.
“Com'è la situa?” mi informo vedendolo assorto a contemplare il mio sedere.
“Non c'è male, direi stabile.”
“È tutto in regola il panorama?”
“Direi che è tutto a posto.” Mi rassicura lui dopo aver esplorato le estreme regioni del mio fondoschiena.
Abbandono gli ormeggi e mi faccio traghettare sulle sue ginocchia, tirata per l'elastico, fino a incagliarmi sul faraglione che sta emergendo dal mare artico, tirando il tessuto dei suoi boxer su cui i cuccioli de 'La carica dei 101' appaiono distorti per la tensione delle fibre tessili.
Dopo la bonifica della rete fognaria che dimora nella cavità orale del mio fidanzato, hooligan e alcoolista, gli concedo i primi glosso-baci e di colpo mi ricordo della lingua di Hjalta, che solo poco fa è transitata tra le mie labbra.
Bacio lui e penso a lei. Poi la sua barba di due giorni mi punge dolorosamente e ritorno alla realtà dei fatti.
'Vive la différence!' penso, e mi lascio avvolgere dalle sue forti braccia.
È in queste situazioni che adoro essere bisex.
“Sai che potrebbe esserci l'aurora boreale?” Mi dice all'improvviso.
Come si suol dire, un fulmine a ciel sereno.
“Hai ragione!” Mi ricordo dell'elevato indice di attività solare come riportato dalla app che abbiamo consultato nel pomeriggio.
Inizio a spiare il cielo, che però è ancora troppo chiaro nel bagliore crepuscolare che segue il tramonto.
Mi lascio allora andare alle coccole che il tulipano comincia a somministrarmi.
I suoi baci disegnano una costellazione sul mio collo e intanto le sue dita mi stuzzicano i seni sfidando il reggiseno che li ricopre.
Cerca di slacciarmi il costume con i denti. Manco fosse Jimi Hendrix che suona 'Hey Joe'.
Ovviamente non ci riesce, anche se apprezzo il tentativo.
Ottiene il risultato con un abile lavoro di dita e mi ritrovo a petto nudo.
'Questa volta si puccerà il biscotto' penso, rigenerata dalle dita che mi massaggiano le poppe, chiudendo gli occhi e consegnandomi alle cure del mio partner.
Una mano finisce, chissà come, nei miei slip, gioca un poco tra le alghe e si infila senza altre esitazioni nell'entrata che si affaccia tra le cosce.
'Ora si ragiona' continuo a pensare, mentre apro la bocca sentendo due dita penetrarmi in profondità.
Strofino il sedere sul cavalluccio marino che si sta imponendo tra le mie chiappotte, con il risultato di due mani che rispondono sfilandomi il costume.
Mi guardo in giro, timorosa che arrivi qualcuno, ma ormai è l'ora di cena e difficilmente mi aspetto che dei temerari sfidino il freddo che sta calando inesorabile.
Inizio a dedicarmi al salsicciotto che ormai si sta allungando verso la schiena, sguainandolo dal suo contenitore, lavorandolo con una mano, che sporgo dietro alle mie spalle.
“Con tutte le pecore che vediamo in giro, dappertutto, ogni giorno, in qualunque posto ci muoviamo su quest'isola...”
“Si?” rispondo io facendo finta di non cogliere l'intuibile prosecuzione del ragionamento.
“... mi sta venendo una certa idea.”
“Ma dai, non mi dire. Lasciami indovinare.”
Lui resta in ascolto, ma con le dita continua a stemperarmi il clitoride, come se lo volesse sciogliere nell'acqua calda. Questa operazione, gentilmente ossessiva, se non svia la mia fertile immaginazione ha comunque l'effetto di rendere incerto il mio eloquio, interrotto da sospiri tra cui fanno capolino i primi gemiti di piacere che non riesco a contenere.
“Una grigliata di costine d'agnello?” butto lì.
“Acqua.” Risponde lui, impietoso.
“Di acqua in effetti ce n'è molta, sia fuori che dentro, proprio dove hai infilato le... ahhh!”
Non riesco a finire la frase. Ho all'improvviso un impudico desiderio di prenderlo tutto dentro, senza più aspettare.
“Dai, basta con questi giochini demenziali. Sbattimi sul bordo della vasca e scopami, che ho una voglia che non ti dico.”
“Fuochino!” Il trionfo dell'olandese volante.
Però vengo sollevata di peso e spostata sul margine della piscinetta, nuda e cruda come sono.
Due dita da dietro sondano un attimo la strada e finalmente mi abbandono alla selvaggia sensazione di essere posseduta, penetrata, conquistata.
Una trionfale processione di corpi cavernosi che mi dilatano e mi riempiono.
Sfregamento e stiramento delle mie pareti vaginali, il piacere serpeggia dall'interno del mio ventre, mi gonfia i capezzoli e obnubila la mente.
Grosso e duro.
Beata sensazione di pienezza.
Esce piano e rientra con più decisione, profondo e rude, forte.
Poche carezze alle tette che pendono dal mio petto e poi due mani mi fiocinano i fianchi, fanno presa sul mio bacino e comincio a essere scopata con ritmo e potenza.
Le tette sballottano sul bordo vasca mentre mi sorreggo ai confini della hot pot.
Allargo le cosce e lo sento penetrare bene in fondo. I fianchi di Jos mi si appoggiano sul sedere.
Poi sento un risucchio, il cazzo si sfila, ma ritorna dentro di me con violenza.
Gemo e comincio a emettere piccoli urletti, ogni volta che mi sento penetrare.
Il ritmo aumenta, vengo sbattuta ormai con affondi veloci e cadenzati, le mani mi stringono i lombi per tenermi in contatto con lo squalo che entra ed esce dal mio corpo.
Poi l'uomo si ferma, profondamente impiantato al mio interno.
Tiro un sospiro e apro gli occhi sul cielo davanti e sopra di me.
Uno sciame luminoso attraversa la volta celeste. Un verde intenso, fluorescente, con sottili bordi che dal bianco abbagliante si stemperano in un fucsia saturo.
“Jos, l'aurora!” riesco a pronunciare col respiro rotto dal mio rapido ansimare.
E mentre alziamo gli occhi allo spettacolo della cromatica tempesta magnetica, l'olandese riprende a scoparmi con delicatezza.
Ora entra ed esce lentamente da me, e, attraverso un velo di lacrime, mescolo la devastante sensazione di godimento interno con lo stupore delle forme cangianti davanti ai miei occhi commossi.
Spirali, rapidi colpi di frusta, correnti bizzarre, repentine oscillazioni, anelli e torsioni si disegnano tra le costellazioni della Corona Boreale, del Bootes e di Ercole, si dipanano oltre la coda dell'Orsa Maggiore e convergono verso nord est, sfiorando l'Orsa Minore.
Jos ha ripreso ad accarezzarmi le tette; si piega sulla mia schiena e mi bacia la nuca e il collo mentre continua a possedermi, a penetrarmi, a spingersi dentro il mio corpo, che gli si sottomette e si dilata dinnanzi al suo ossequioso incedere.
“Jos, è... bellissimo!” miagolo mentre sento quasi di dover piangere.
“Anche tu sei bellissima; mentre godi, mentre ti scopo sotto questa magia di stelle.”
Lui mi entra dentro, lo sento in fondo, contro l'utero e contro il sedere.
Le sue mani mi stritolano le tette, come un bimbo stringerebbe l'orsacchiotto tra le braccia, il suo petto mi sfiora la schiena, come se fossero queste microscopiche particelle di vento solare a lambirmi la pelle, a solleticarmi all'attaccatura dei capelli.
“Sto per venire Jos” riesco a bisbigliare in una sensazione di imminente deliquio.
“Vieni, amore, vieni pure, Yukiko, dolce giapponese dei miei sogni”
E urlo, spingo il culo verso l'uomo che mi sta possedendo, con forza, con violenza.
Urlo e mi abbandono al mio orgasmo, al godimento selvaggio e sfrenato, senza preoccuparmi di qualcuno che potrebbe sentirmi e capire, senza ombra di dubbio.
E subito dopo mi sento invadere, perfondere da un liquido caldo che va a permeare ogni spazio libero nel mio basso ventre. Una sensazione di calore tonificante che mi richiama il tepore della vasca termale in cui sono ancora immersa fino a metà coscia. Un'energia che si diffonde, come un bicchiere di cognac nello stomaco.
Il peso di Jos si adagia sulla mia schiena e quella violenta stretta ai fianchi che ha accompagnato il punto del suo massimo piacere, si scioglie e si converte in un abbraccio avvolgente e protettivo.
Restiamo così, i nostri corpi avvinghiati e compenetrati, lui incastrato dentro di me, io incastonata del suo prezioso rubino viola, finchè il suo rispettoso artiglio si ritrae dalla mia carne e ci sciogliamo in un comune sopore.
Ci risvegliamo scivolando nel fondo della vasca, rapiti e affascinati dalle serpentine che si avvitano in colori irreali sopra le nostre teste, in religioso silenzio.
“Ti amo, giapponesina”
“Ti amo, tulipano”
Assistiamo al lento spegnersi delle coreografie astrali sul palco della volta celeste trafitto da centinaia di stelle.
Io, nelle sue braccia, avvolta in un accappatoio di tenerezza e forza protettiva, liquida tra le sue membra.
E il cielo ritorna nero, dopo l'esplosiva trasfigurazione.
Con un sospiro ci accomiatiamo dallo spettacolo che ci ha offerto il vento solare, drago variopinto domato dal campo magnetico terrestre dopo leggendaria tenzone, e tutto ritorna normale.

“Senti, honey, hai programmi per la serata?” Accenno quando sento allentarsi la stretta del suo abbraccio.
Lui fa un colpetto di tosse, imbarazzato; mi dà ancora un bacio e mi accarezza la schiena lisciandomi le ascelle.
Poi cala l'asso di quadri: “Ti spiace se passo qualche ora con questi nuovi amici olandesi?” Mi chiede facendo la faccia da cucciolo di foca.
Lo guardo fingendo di essere sorpresa.
Stavo giusto per cercare le parole per chiedergli se mi lasciava la stanza per amoreggiare con la ragazza islandese.
Assumo l'espressione di bonario rimprovero e mi fingo la compagna moderna e ideale, appagata del sesso ricevuto e accondiscendente.
“Ok, sparisci. Non ti voglio vedere prima dell'una, guai se ti fai vivo, sprango la porta!” Rispondo con magnanimità; sotto sotto mi sento una strega.
“Ti adoro quando fai così! Dice lui e, rimessi i boxer disneyani, si allontana gocciolante con l'asciugamano legato in vita e la gioia di un bambino di cinque anni cui è stato regalato un vasetto di nutella.
'Vai, vai...' penso io, e guardo l'orologio. Tra meno di un'ora dovrebbe arrivare la mia amante islandese. Il tempo di una doccia e di leggere un po' del mio libro di Murakami.
Per lui si prospetta una serata di calcio e alcool, per me una notte di sesso lesbo con Hjalta.
Ma abbiamo dato.
Scopata a pecora nel cuore dell'Islanda.
Mi sento integrata nel territorio e nelle tradizioni.

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