La taverna (parte 2)

di
genere
sadomaso

Cercò di scappare anche se non sapeva esattamente dove.
Si alzarono tutti e la circondarono.
Se la passavano tra di loro come fosse una palla.
Erano grossi (troppo), forti (troppo).
La cosa che la sorprese fu la paura di rovinare il vestito, pensiero assolutamente irrazionale.
Poi smise di pensare, troppo presa dal cuore che sembrava volesse uscirle dal petto, dalle gambe che le cedevano e che le davano il timore che questo accadesse perché avrebbe dovuto inginocchiarsi.
Quegli uomini la toccavano, dappertutto, ma sempre sopra il vestito.
Uno cercò di metterle la mano tra le cosce fino ad arrivare alla figa. Il suo tentativo di protezione le costò uno schiaffo.
“La gran donna non vuole darci la sua figa”.
Risero.
Se la passarono.
Poi improvvisamente tornarono tutti allo stesso tavolo.
“Servici da bere”.
Era basita, paralizzata, impaurita, attonita e, purtroppo, immobile.
Un uomo si alzò e le diede un altro schiaffo.
“Muoviti”.
I capelli. Quegli schiaffi l’avrebbero spettinata. Si sentiva la testa in disordine.
Lei stessa si stupiva di questi dettagli. Ma come poteva pensare a questo?
Una spinta le fece abbandonare questi pensieri.
Si diresse verso il bancone e riempì tre bicchieri della prima cosa che trovò a disposizione.
Cercò un vassoio e andò al tavolo.
Tremava tutta ed una parte del liquido uscì dai bicchieri.
“La gran signora non è abituata a fare la serva”.
“Imparerà”.
Quest’ultimo verbo la spaventò moltissimo.
Mentre serviva, ognuno di loro le passava le grosse mani tra le gambe, fino al perizoma, ma senza forzare. Poi passarono alle natiche.
Ebbe quasi il pensiero che l’avrebbero rispettata.
Illusa, si sentì subito una illusa quando l’altro avventore, nel fare la stessa cosa, le spiegò che sarebbe stato un eccitante strappare quel poco di tessuto che li stava separando dal piacere.
Mentre bevevano la costrinsero ad inginocchiarsi.
Le sembrò durasse un anno il tempo necessario a farle raggiungere terra con le ginocchia.
I due schiaffi le avevano fatto passare ogni pensiero di ribellione, per il momento, ma sicuramente non avrebbe permesso che la violassero.
Oddio!!! Violare, Viola. Il suo nome.
Che pensieri assurdi mentre era inginocchiata davanti a quegli uomini che bevevano ignorandola.
Cominciarono a toccarle le tette.
Non reagì.
“La gran Signora non ha il reggiseno”.
“Forse stava andando a scopare e non voleva fosse di intralcio”.
“Ma in effetti stava andando a scopare”.
Risero.
L’uomo a lei vicino le volle leccare la bocca.
Le tenne ferma la testa per i capelli (ancora i capelli, li avrebbe rovinati definitivamente) e le passò lascivamente la lingua sulle labbra.
Non entrò in bocca.
In quel momento la concentrazione era tutta sul cuore a mille e sulle gambe che, se non fossero già state a terra, si sarebbero abbassate.
Se si fosse vista non le sarebbe sfuggito il rossetto tutto in disordine e nemmeno pensò a ciò che stavano dicendo della sua bocca.
Si alzarono e cominciarono a spingerla con i piedi. Volevano si dirigesse verso il fondo del locale, dove uno dei tre aveva sistemato le poltroncine.
Cercò di alzarsi.
“No bella Signora, quelle come te hanno sempre goduto nel fare stare in ginocchio i poveracci come noi. Adesso cammina sulle ginocchia. Muoviti.”
Lei era abituata sì ad inginocchiarsi, ma sui tappeti, per leccare il cazzo del suo compagno e dei suoi amici, ai quali ogni tanto la prestava. Non aveva mai posato le ginocchia su un pavimento grezzo come quello della locanda.
Se le sentì graffiare.
Una spinta un po’ più forte la fece cadere a terra.
Non riuscì ad alzarsi perchè sulla schiena si ritrovò il piede di uno degli uomini che la schiacciava sul pavimento.
“Striscia”.
Risero quando si sentì dire che si sarebbe sporcato il vestito. Nemmeno lei capì il senso di quella frase e lei stessa ne avrebbe riso, se fosse stata in piedi con l’altra lei a terra.
Non pensava più a nulla.
Paura.
Cuore.
Tremore.
Vuoto in testa.
Strisciare.
Paura.
Non seppe mai quanto tempo ci impiegò per fare quei pochi metri, sicuramente meno dei tre secoli che sembrarono a lei. Voleva arrivare il prima possibile per smettere con quella umiliazione ma non voleva al contempo che finisse perché temeva la prosecuzione.
Umiliazione, che parola enorme per lei.
Purtroppo arrivò.
Non si accorse della fine del suo supplizio finché non vide le scarpe di quello che la invitò a mettersi in ginocchio.
Aveva il cazzo già duro.
Ma cosa le stava accadendo?
Assurdo.
Sentì una sorta di compiacimento nell’essere riuscita a farglielo diventare duro senza toccarlo.
La sensazione le passò subito quando dovette cominciare a leccare le palle.
Sembravano già piene. Da quanto tempo non scopavano quegli uomini. Quanta attesa avevano da riversare sul suo corpo?
di
scritto il
2021-12-14
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