La moglie ceduta ad un’asta particolare (parte 7)

di
genere
dominazione

Le diede un colpo abbastanza forte col piede sul fianco, tanto da farla spostare appena ma senza reagire.
“Mettiti in piedi con le mani appoggiate al muro”.
Marco gli diede il frustino ed Alberto iniziò a frustarla senza andarci cauto.
La voleva testare e sempre più ne fu soddisfatto.
La colpì forte sulla schiena e sulle natiche, senza pietà e, soprattutto, senza darle tempo di riprendersi tra un colpo e l’altro.
Marianna si contorceva ma senza togliere le mani dal muro. Emise lamenti ma sommessi.
Era evidente che non era la prima volta che subiva la frusta e, soprattutto, che aveva un buona dose di masochismo.
Al 20imo colpo si fermò, si avvicinò alla schiava e le accarezzò i segni.
La prese per i capelli e le tirò indietro la testa, impugnando un capezzolo e torcendoglielo forte.
La schiava aveva il respiro affannato, dovuto alla fatica ed alla paura.
Marco aveva il sesso duro ed il fiato corto nel vedere la moglie trattata con tanta rudezza.
Ormai non solo avevano varcato la soglia, ma avevano anche chiuso la porta alle loro spalle verso questa nuova avventura.
“Vai a stenderti sul divano”.
Ubbidì.
Alberto si diresse verso il divano e le si sedette sopra.
Era pesante, le faceva molto male ma non pensò assolutamente di lamentarsi.
Alberto guardò Marco come se fosse naturale che si trovasse seduto sul petto di sua moglie.
Marco non riusciva a fare a meno di guardare l’espressione sofferente di lei.
Quando Marianna emise un lamento un po’ troppo forte, ricevette uno schiaffo.
“Stai zitta!”.
Il tutto senza accennare, ovviamente, ad alzarsi dalla sua comoda posizione.
“La porto via adesso. Ti chiamerò quando potrai venire a riprenderla. Ci accompagni tu alla mia destinazione e guiderai la mia auto”.
Anche Marco ebbe l’istinto di abbassare lo sguardo ed Alberto se ne accorse, sempre pronto ad “annusare” la sottomissione altrui.
Prima o poi, quando avesse valutato che fosse pronto, l’avrebbe costretto a inginocchiarsi davanti a lui mentre stava seduto sulla moglie.
Si alzò e si rivolse al suo “acquisto all’asta”.
“Vestiti e seguimi, schiava”.
Non l’avrebbe mai chiamata per nome, non era il caso, era solo una schiava.
La ragazza si vestì e tremava un poco. Aveva paura e, nonostante ciò, era umida tra le cosce.
Mentre camminava per il corridoio, lei stava un passo dietro a testa china rispetto ad Alberto e al marito.
Quest’ultimo non solo la stava consegnando, ma anche la stava portando verso la sua nuova prigione.
Appena entrata in ascensore, Alberto la prese forte per i capelli e la tirò verso il basso per farla inginocchiare, senza nemmeno una parola.
Aveva un SUV le cui chiavi consegnò a Marco il quale, come da cenno, aprì la portiera.
Il Padrone non lo guardò nemmeno ed ordinò alla ragazza di spogliarsi e di stendersi davanti al sedile.
Alberto salì, si sedette comodamente ed appoggiò le scarpe sul corpo della nuova schiava.
“Portami in ufficio”.
Marco avviò e durante il percorso si rammaricò di non poter vedere la moglie quale poggiapiedi.
Era eccitatissimo dalla situazione mentre Marianna, in quel momento, sentiva prevalere la tensione che non le lasciava apprezzare il formicolio alla bocca dello stomaco.
I vetri oscurati evidentemente erano stati un acquisto lungimirante.
di
scritto il
2021-08-25
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