Reggiseno

Scritto da , il 2021-04-12, genere etero

Stamattina Jos è particolarmente tenero. O arrapato, dipende dai punti di vista.
Non gli è bastata la scopatina mattutina, nonostante fosse stata preceduta da una discreta pompa segata preparatoria.
Tra l'altro devo benedire la Lush per il sapone all'eucaliptolo che gli ho comprato e che lui usa per l'igiene intima. Ogni volta che glielo prendo in bocca mi sento un koala nella stagione degli amori.
Ha cominciato a toccarmi le tette già prima della sveglia e ora che ho finito di lavarmi, in bagno, ce l'ho ancora attaccato alla schiena che mi tiene le tette in mano.
“Tesoro, devo vestirmi” gli sorrido sopra alla spalla.
Ma lui non molla. Teneramente appoggiato sul dorso, la testa sulla spalla e un sorriso compiaciuto, continua a tenermi il seno in mano, a soppesarlo, e mi passa le dita sui capezzoli.
“Jos, devo mettermi il reggiseno!” insisto, dispiaciuta di dover rinunciare a quelle carezze delicate.
“Ma se non lo metti mai” protesta lui, e non molla la presa.
“Oggi sì, ho i capezzoli sensibili e mi farebbero male”
“Mmmmmmhhh!”
“Jos... non quel genere di sensibilità. Dai, amore, faccio tardi”
“Te le reggo io, le tette” e riprende a sfiorarmi la pelle, mi contorna tutta la parte inferiore, dove il seno fa angolo col torace, poi con la mano piena mi risale sui capezzoli e si ferma lì, convinto e convincente.
Per un attimo accarezzo l'idea di un reggiseno umano. Una morbida presa, calda e mobile, che all'occorrenza ti strofina i capezzoli, proprio quando sei nervosa o irritata, e ti torna il buon umore, ti ritrovi di colpo molto più bendisposta nei confronti della vita e delle problematiche che si incontrano sul lavoro. Certo, un po' ingombrante girare con un grosso panda mollemente arpionato alla schiena, che ti appoggia la testa sulla spalla, con espressione beata.
Potrebbe anche essere un filo imbarazzante, quando incontri un cliente, o a un colloquio di lavoro, o di fronte ad un paziente. Quel grosso fagotto che ti tiene le tette in mano mentre parli seriamente di lavoro; lui con quell'espressione paradisiaca negli occhi semichiusi. Ma è solo questione di abitudine ed assuefazione. Il disaggio di adesso è solo un retaggio culturale.
Vuoi mettere non avere più quegli elastici addosso che ti stringono tutto il giorno?
E la traspirazione cutanea?
Andare al lavoro in bicicletta diventa disagevole, ma in metropolitana mi vergognerei un poco. La gente non è ancora abituata a questo innovativo indumento intimo, e le donne un po' anziane ti guardano con riprovazione.
Le giovani ragazzine però ammiccano, con uno sguardo un po' eccitato. Gli uomini invece guardano con invidia e desiderio il panda sulla schiena, con le braccia infilate sotto la mia giacca ed il maglione per reggermi accuratamente le tette in mano.
“Amico, sei stanco? Se vuoi il cambio... cioè, posso reggere un pochino io, così ti riposi!”
“No, scusa, mi sono offerto io, prima, mettiti in coda!”
Io intanto che sfoglio con noncuranza una rivista di moda all'avanguardia.
Poi Jos si ricorda che in box abbiamo un tandem e il problema si risolve.
Ora sfrecciamo per le ciclabili di Milano, io davanti ed il mio reggiseno sul sedile posteriore. Pedaliamo entrambi, ma lui ci dà dentro. Prestazioni aggiuntive, garantite dalla Lovable.
Visto che piove Jos molla la presa su una tetta e regge l'ombrello. In futuro bisognerà studiare un modello umano con tre braccia. Mi annoto l'idea e mi ripropongo di presentarla al laboratorio di ingegneria genetica della nota casa di biancheria intima.
Arrivo al lavoro. I movimenti sono un po' goffi, con questo fardello appiccicato alla groppa, ma mi cambio e mi metto la tutina dell'ospedale.
Procedo ora rapida nei corridoi, il seno balla poco, ben sorretto dal modello “cinquedita”.
Qualche difficoltà per mettersi i dispositivi di protezione anti covid. Anzi, un bel casino.
Dobbiamo studiare soluzioni alternative. Il panda soffocherebbe se lo inglobo sotto i camici idrorepellenti, ma d'altra parte se dovessi fare dei buchi sotto le ascelle per fagli infilare la mani, perderei l'effetto barriera protettiva.
Un punto su cui studiare.
Per ora non troviamo soluzione migliore se non quello di rivestire il reggitore di seno di tutto punto, anche lui con doppi guanti, camici, mascherina ffp2, cuffietta, calzari e visiera, e fargli reggere il seno dall'esterno. Mi sento un po' in imbarazzo a mostrare a tutti la mia biancheria intima, ma d'altra parte non trovo altra soluzione.
Entro in reparto, saluto le infermiere, con il mio nuovo indumento, focoso e fiammante, che cammina dietro di me, appiccicato alla schiena, ma con le mani saldamente sul seno.
Quelle mi guardano strano, ma dagli occhi intuisco che sotto le mascherine stanno sorridendo maliziose.
“La dottoressa è sempre al passo coi tempi!”
Un grosso infermiere mi viene incontro.
“Doc, per i pazienti in isolamento.... se vuole prendo io il posto... cioè, non vorrei che il suo indumento di contaminasse, se vuole reggo io!”
“Grazie, Michele, ci penso su un attimo e ti dico.”
Di colpo tutti premurosi di reggermi le tette. Viviamo in una società solidale.
Nella stanza di un malato mi chino a provare una pressione. Il seno penzola, ma per fortuna il reggiseno si adatta e con perizia riprende in mano la situazione.
Il paziente non sta molto bene ed occorre una terapia immediata, ma proprio in questo esatto momento il reggiseno inizia a strofinarmi i capezzoli, inopinatamente.
Per sbaglio si deve essere azionato da solo il meccanismo anti-stress.
Non riesco a finire la frase che stavo rivolgendo all'infermiere, interrotta da un lungo ed inopportuno sospiro di piacere.
“Dottoressa, tutto bene?”
E ora che faccio? Le dita del mio reggiseno umano non si fermano. O si è guastato qualcosa, oppure ai sensori del reggitore sono arrivati messaggi di stress di non univoca interpretazione.
Cerco di concentrarmi sulla terapia da impostare, ma quelle dita non si fermano, mi stanno eccitando sempre di più. Mi piego in avanti e con una mano mi appoggio al tavolo.
Temo che l'infermiere si sia accorto che qualcosa non gira nel verso giusto.
O meglio, qualcosa gira anche troppo nel verso giusto, ma non è proprio il momento.
Per fortuna, penso, stamattina per la fretta non ho messo le mutandine di lingua, se no ora sarei veramente nei casini. I due indumenti fanno parte di un coordinato e in qualche modo comunicano e si attivano consensualmente nelle loro attività opzionali.
Alla fine rischio veramente la sicurezza del paziente. Mi dispiace dare spettacolo, ma devo togliermi di dosso il reggiseno, ne va della vita di un essere umano.
Mi stacco le mani inguantate dalle tette e deposito su una sedia il mio fedele reggitore di seno.
Ora è lì che mi guarda con uno sguardo contrito e tradito e un po' mi dispiace per lui. So che anche lui è dispiaciuto, ma proprio non si poteva proseguire. Non è uno spettacolo decoroso una dottoressa che ansima e geme e si lascia andare in un plateale orgasmo davanti ai colleghi di lavoro, in una situazione critica...

Dopo questo cinema mentale mi ritrovo nel mio bagno, ancora a petto nudo, col mio compagno che ancora mi regge le tette con le sue mani grandi e calde.
Peccato, penso.
“No, Jos, mi dispiace. L'idea è buona e va sicuramente sviluppata. In futuro potrebbe avere successo, ma per adesso i tempi non sono ancora pronti. Desolata.”
Con una stretta al cuore mi stacco le mani calde dal seno e mi metto un freddo ed asettico, impersonale indumento convenzionale.
Un bacio di consolazione al mio generoso cavaliere, sempre pronto e in prima linea quando c'è da risolvere un problema; finisco di vestirmi e scappo al lavoro.
Però... le mutandine di lingua potrebbero veramente essere l'idea del secolo!

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