Lacrime nella pioggia, oltre la mente

Scritto da , il 2017-09-13, genere sentimentali



“Come diavolo si chiamava, il poeta che ha scritto “Pioggia nel Pineto?” Rimuginava l’uomo fra sé e sé, ma questo non lo distoglieva dal cogliere i colori, i profumi e le immagini specchiate sulle pozzanghere, che imprigionavano, in basso, scampoli di cielo azzurro e di verdi fronde svettanti. Aveva l’attenzione scrupolosa di chi sa che sta per perdere tutto. La pineta prospiciente al mare aveva acquistato splendore e lucentezza dopo lo scroscio intenso di quel pomeriggio settembrino. L’uomo 65 anni, forse, discretamente portati procedeva agile ma con prudenza sul sentiero, dove gli aghi di pino, resi scivolosi dalla pioggia, costituivano un’insidia ai suoi passi come pure le radici affioranti che si allungavano serpeggianti sul terreno.
Raggi di sole, fasci luminosi che balenavano fra le fronde, sembravano farsi strada a fatica, ma rendevano magica, fiabesca, l’atmosfera. Le gocce di pioggia sui rami, attraversate dai raggi di luce brillavano come gemme. I profumi di resina che esalavano dagli alberi e dal rado sottobosco, erano distillati ed esaltati dal recente acquazzone. E come aroma di fondo l’odore salmastro delle onde.
I sentieri, nella pineta, erano quasi deserti, fatta eccezione di qualche raro runner o ciclista. I villeggianti erano scappati, spaventati dalla pioggia.
Lei procedendo pigramente, in bici, in direzione opposta alla sua, lo vide e lo riconobbe. Vinse l’istinto di passare oltre e, spinta da una forza misteriosa, si fermò. Era stata in terapia presso quell’uomo tempo fa. Aveva interrotto ogni frequentazione quando aveva scorto in lui il sorgere di una passione nei suoi confronti: una passione senile, data la differenza di età. Il medico era stato sempre formalmente inappuntabile, occultando i suoi sentimenti e aveva approvato in tutto la scelta della ragazza, riconoscendone le ragioni. Non poteva, però, negare quel fuoco che era divampato, violento e inaspettato in lui squassando i suoi sensi e sentimenti. Aveva accettato tutto stoicamente, rassegnato, senza risentimenti, solo, con la sua sofferenza, che non confessò mai a nessuno. Non aveva mai più cercato, Ludovica, correttamente.
La giovane donna lo salutò. “ Ciao, Massimo come va?”
Lui sollevò gli occhi da terra e il suo sguardo le apparve smarrito, senza luce.
“Mi scusi, bellissima signora, chi è lei?”
“Sono Ludovica, rammenti?”
“Vede, ragazza mia, nella mia mente è in corso un trasloco: vengono impacchettati i miei ricordi e portati via per sempre. I labirinti della mia mente si stanno svuotando e sono abitati prevalentemente da fantasmi. Fra poco regnerà solo desolazione. Saranno, infine, staccati i contatti elettrici che mi consentono di badare ancora a me stesso, e allora sarà il buio. Decadimento cognitivo, si chiama eufemisticamente.
Lei sentì una stretta al cuore, gli occhi le si velarono di lacrime.
“Perché piange? Non si preoccupi o dolga, per me. Sto affogando, è vero, ma dolcemente, senza dolore. Come ha detto che si chiama? Lei deve avere un nome stupendo.”
La voce le si strozzò in gola e ne uscì appena un sussurro: “Ludovica.”
“Ludovica, Ludovica”, ripeté lui come volesse apprezzare la dolcezza di quel nome e ancorarlo a sè. I suoi occhi sembrarono inseguire un ricordo sfuggente, inafferrabile.
L’uomo le prese con dolcezza una mano e sembrò che un’energia nuova fluisse in lui, lo rinvigorisse. Il suo volto si illuminò, sorrise.
“Non so chi lei sia, ma, meravigliosa creatura, le auguro tutto il bene di questo mondo. Spero possa essere felice ed amata.”
Lo sguardo limpido, dolce e acuto di un tempo si palesò d’incanto. Le sfiorò delicatamente il viso, in un’accenno di carezza.
“Quando non saprò ripetere neppure il mio nome, Ludovica, ricordati di me.”
La luce dello sguardo si spense di nuovo, andò perduta, lui sorrise educatamente, accennò ad un inchino e riprese la sua strada, viandante solitario verso l’orlo del tempo.
Ludovica, in quel momento, comprese e si rammaricò di quell’amore scartato, sciupato e del quale a lui sarebbero bastate poche briciole. La mente di Massimo si stava dissolvendo nell’ombra e nel silenzio. Come avrebbe detto lui: “In quale film sono le parole _ ….E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia?…._“
“Tutto perduto?” Pensò lei, con le spalle scosse dai singhiozzi., fissandolo mentre si allontanava.
Una luce brillò, squarciando il buio della sua malinconia, inopinatamente, gratuitamente. Ne fu certa. No, quell’amore sarebbe sopravvissuto, oltre il disfacimento della mente, cristallino, bellissimo, ed eterno.

Questo racconto di è stato letto 2 1 6 7 volte

Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.