Dominato da mia moglie. La storia di Karen e Mike Quinto episodio
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
Comunque, il lato positivo era che Karen sembrava aver rinunciato a darmi ordini, e l’unico rapporto che aveva con me era il suo tentativo giornaliero di spingermi a parlare con lei, cosa che io invece evitavo come la peste. Anche la spalla sembrava funzionare abbastanza bene. Certo, i problemi c’erano, ed erano tanti. A cominciare dal lato economico. Io dipendevo quasi del tutto da Karen, e quello era un grosso problema per me. Eravamo abituati ad andare a fare la spesa insieme una volta a settimana, di solito il sabato mattina dopo la sua corsetta, ma durante quei giorni non lo avevamo fatto, col risultato che io, con quei pochi soldi a disposizione, riuscivo a comprarmi appena le sigarette e ciò che mi serviva per fare un pranzo e una cena decenti, anche se Karen non aveva cambiato le sue abitudini, e aveva fatto la spesa in grande, riempiendo il frigo e la dispensa con ogni ben di Dio. Ma io avevo accuratamente evitato di toccare quei cibi. Era però ovvio che così non avrebbe potuto andare avanti e, visto che il suo comportamento, a parte un’allegria e un brio che fino ad allora le erano sconosciuti, non era cambiato troppo nei miei confronti, stavo cominciando a vagliare l’ipotesi di ricominciare a rivolgerle la parola. E un giorno, dopo che io come al solito avevo dormito nella stanza degli ospiti, la vidi uscire per andare al lavoro. Era diventata incredibilmente sensuale, come se aver scoperto di potermi battere, le avesse regalato un nuovo carattere. Oppure, ed era la cosa più probabile, avesse fatto uscire una parte del suo carattere che era rimasta fino ad allora nascosta. Avevo sempre saputo che Karen fosse una gran bella ragazza, e spesso mi ero addirittura chiesto come mai, al contrario di quasi tutte le ragazze di bell’aspetto, lei non avesse mai voluto puntare sul suo sex appeal, preferendo di gran lunga essere valutata per la sua intelligenza, per la sua ironia, e per tutte le altre capacità che le avevo sempre riconosciuto. Mi vennero in mente anche diversi momenti di vita quotidiana, coompresa la sua passione per lo sport. Non rinunciava, per nessun motivo, a trascorrere almeno un paio d’ore al giorno in palestra appena terminato il lavoro, tanto che, spesso e volentieri, l’avevo presa in giro dicendo che la sua era un’ossessione. Quando non andava in palestra, come ad esempio il sabato e la domenica, andava a correre. Mi venne spontaneo ripensare all’unica volta che era riuscita a convincermi ad andare con lei. Riuscii a correre per una decina di minuti, faticando incredibilmente per starle dietro, ma dopo dovetti arrendermi e lei aveva proseguito la corsa da sola. In quel momento, ero fiero delle capacità della mia bella mogliettina, e mi chiedevo cosa avessi fatto per meritarmi un simile dono. Eppure, nonostante le avvisaglie, avevo creduto di poterla sconfiggere nella lotta. Che idiota! Comunque, si fece una doccia e si presentò davanti a me. Dio quanto era bella! Aveva indossato un abitino delizioso. Non particolarmente sexy, ma le stava un incanto, delineando molto bene quel corpo strepitoso che possedeva. Mi chiese se avessi voglia di uscire per mangiare fuori, ma io feci come al solito. Non le risposi e lei uscì da casa sbattendo la porta. Non si fece vedere per tutta la giornata, e fu solo verso le dieci di sera che sentii le chiavi nella serratura, segno inequivocabile del suo rientro in casa. Dopo un paio di minuti, la vidi entrare nella stanza adibita a mio ufficio. Lì avevo il mio computer col quale scrivevo, sempre più al rallentatore a dir la verità, quello che avrebbe dovuto essere il mio primo manoscritto, dove ideavo i cruciverba e dove ricevevo gli alunni ai quali davo le lezioni. La prima cosa che notai fu che si era spogliata e che aveva indossato le stesse cose che aveva la sera in cui facemmo la lotta, ovvero una striminzita magliettina aderente che le faceva addirittura il segno dei capezzoli in quanto, evidentemente, non portava reggiseno, e un paio di minuscole mutandine. Un gran bel vedere, senza alcun dubbio. Lei girò la mia sedia per farmi mettere di fronte a lei e sospirò profondamente.
“Adesso basta, Mike. Questo tuo sciopero della parola mi ha stancata. Dobbiamo parlare”, esordì con rabbia evidente.
Sospirai anch’io, ancora indeciso se rivolgerle la parola o proseguire col mio mutismo, ma alla fine decisi di risponderle. “Di cosa vuoi parlare? Del fatto che mi hai rotto il braccio?”
Lei sorrise. “Non te l’ho rotto, anche se avrei potuto. Ti ho semplicemente slogato la spalla.”
Stavolta fui io a ridere anche se lo feci nervosamente. “Ma certo! Solo la spalla slogata e 15 giorni con il braccio fasciato. Cosa vuoi che sia?”
“Dovevo dimostrarti chi di noi due è più forte, in modo che quei ragionamenti del cazzo non li farai più.”
“Io mi ero arreso, Karen. E tu hai continuato per umiliarmi.” Le parlavo tranquillamente. Volevo proprio vedere dove voleva arrivare.
“Non esagerare. In fondo, c’era una parte di te che sembrava gradire molto”, rispose ironica riferendosi naturalmente alla mia erezione e alla susseguente eiaculazione.
“Non dire sciocchezze. Non mi è piaciuto ma, è ovvio, che se tu mi tocchi quella parte così sensibile, il mio corpo risponde in quella maniera.”
“Dici? A me è sembrato di vedertelo bello dritto anche prima che cominciassi a toccartelo col piede.”
“Eri mezza nuda sopra di me. Era normale che la vicinanza di una donna mi desse quella sensazione. Sono un maschio, sono etero, come avrei potuto reagire diversamente? E, comunque, non avevo scelta. Ero costretto ad eccitarmi e questo è vergognoso. Si è trattato di uno stupro vero e proprio.”
“Non fare il melodrammatico. Ci manca soltanto una canzone di Mario Merola come sottofondo, e chiudiamo il cerchio.”
“Piantala di fare dell’ironia spicciola. Tu mi hai costretto a venirmene contro la mia volontà. Cosa avresti fatto se fosse accaduto il contrario?”
Sembrò rifletterci un po’, poi scrollò le spalle. “Forse ti avrei lasciato, ma non è questo il punto. La realtà è che tu non puoi farlo a me mentre io posso rifarlo a te ogni volta che ne ho voglia. Non sono soltanto più agile, ma sono anche molto più forte di te. E questo dovrai accettarlo. In più so combattere mentre tu ti muovi come un elefante in un negozio di cristalli. Ficcatelo bene in testa Mike, posso farti quello che voglio e quando lo voglio.”
Si era messa con le mani sui fianchi. Era chiaro che mi stava provocando, ma cercai di non cadere in quella provocazione e risposi in modo moderato.
“E’ ovvio che tu sia diventata più forte di me. Trascorri tutto il pomeriggio in palestra.”
“Il motivo non conta. Contano i fatti. E i fatti dicono che io sono molto più forte di te, molto più di quanto tu possa immaginare.”
“E allora? Cosa vorresti fare? Continuare a picchiarmi ogni qualvolta ne hai voglia? E' questa la tua intenzione?”
Un sorriso sfrontato si dipinse sulle sue labbra. Mio Dio, era ancora la mia dolce Karen? Mi sembrava un’estranea. “Può darsi. Se tu non dovessi filare dritto potrei rifartelo nuovamente.”
Avevo iniziato quel dialogo in modo pacifico proprio per disseppellire l’ascia di guerra e farla finita una volta per tutte con quella situazione. Avevo voglia di tornare alla mia vecchia vita, mentre Karen invece continuava a provocarmi. Le mie buone intenzioni naufragarono del tutto. Mi alzai di scatto.
“Adesso basta! Non ti permetto di continuare con questo tono.”
Mia moglie scoppiò a ridere. “E come me lo potresti impedire?”
Già, come glielo avrei potuto impedire? Cercai di ragionarci sopra, ma l’unica possibilità che sembrava avessi a disposizione, era quella di andarmene da casa, e non mi sembrava una buona soluzione. Per un milione di motivi. A cominciare dall’amore che ancora nutrivo per lei, nonostante ciò che mi aveva fatto. Il mio silenzio però le diede lo spunto di proseguire il discorso.
“Sai, Mike, te lo dico sinceramente. Non avevo intenzione di farti male, ma mi sono lasciata trasportare dalla situazione. E’ accaduto e ti consiglio di accettarlo perché è impossibile tornare indietro.”
“Già, ti è piaciuto troppo umiliarmi. Pensi che non me ne sia accorto che ti strofinavi addosso a me per procurarti degli orgasmi?”
Ancora una grossa risata da parte sua
“Non posso negarlo. Mi è piaciuto. Ho scoperto cosa sia il potere e non intendo rinunciarci. Pertanto, conviene che parliamo di questo perché dovremo ridiscutere della nostra situazione.”
“E di cosa vorresti discutere?”
“Di tante cose, a cominciare dal fatto che non voglio più tollerare questo silenzio del cazzo da parte tua. Venti giorni senza parlare e senza fare niente non li accetto più.” Era ovvio che si riferisse al sesso. Non era mai accaduto di stare più di tre giorni senza farlo, figuriamoci per oltre venti giorni. E non potevo negare a me stesso che mi manvava enormemente. Mi era addirittura capitato di svegliarmi la notte con il cazzo dritto come quando ero adolescente.
“E quindi? Cosa vorresti fare? Vuoi diventare una padrona del cazzo e farmi fare tutto quello che vuoi soltanto perché mi hai sconfitto nella lotta?”
Mi stavo lasciando trasportare. In quel momento, non pensavo che lei avesse voglia di mettermi nuovamente le mani addosso. Non credevo che sarebbe stato possibile, ma Karen mi guardò, sempre con quel sorriso ironico che sembrava essersi stampato sul suo volto.
“Perché no? L’hai detto tu che chi è più forte deve comandare, e non voglio nasconderti che mi eccita sentirmi superiore a te. Ho sempre saputo di essere nettamente superiore a te, Mike, ma non pensavo che questa superiorità avrebbe avuto anche una valenza erotica. Mi ha colta alla sprovvista, devo confessartelo. Ma, considerando come anche tu hai reagito eroticamente, penso che potrebbe essere piacevole per entrambi. Basterà che tu accetti la mia superiorità, e vedrai che non ti succederà niente di troppo spiacevole.” La rabbia si era impadronita di me. Diedi un calcio alla sedia. “Sei proprio una stronza!” la insultai lasciandola lì da sola per andarmene in camera da letto. Volevo togliermi la camicia che avevo indosso per mettermi una magliettina più comoda, ma Karen mi seguì.”
“Cosa hai detto?”
“Ho detto che sei una stronza. Non puoi pensare che io mi faccia dominare da te, padrona del cazzo.”
Lei sembrava invece calmissima. Si accese una sigaretta e mi guardò.“ Ti conviene ritirare quello che mi hai detto e di chiedermi scusa.”
“Altrimenti che farai? Mi picchierai di nuovo?”
“Mike, non costringermi. Voglio che tu ritiri ciò che mi hai detto e voglio sentire le tue scuse. Te lo chiedo gentilmente, e sarà l’ultima volta che uso la gentilezza. Poi per te saranno guai.”
Io scossi la testa. “Karen, esci da quel ruolo che ti sei costruita. E’ inammissibile quello che mi stai chiedendo. Non ho nessuna intenzione di chiederti scusa. Sei una stronza e te lo ribadisco.”
“Te ne farò pentire”, disse digrignando i denti. Voleva picchiarmi nuovamente? Possibile? Non potevo escluderlo. La vidi spegnere la sigaretta, mentre io mi tolsi anche i pantaloni mettendomi di fronte a lei. Avevo timore. Quello che era accaduto venti giorni prima, era ancora impresso nella mia mente. Respiravo affannosamente, ma non potevo fare quello che mi ordinava, Forse le scuse per la mia parolaccia le meritava, ma non in quel modo. Se le avessi chiesto scusa in quel momento, sarebbe stata la mia definitiva capitolazione, la mia sottomissione definitiva.
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“Adesso basta, Mike. Questo tuo sciopero della parola mi ha stancata. Dobbiamo parlare”, esordì con rabbia evidente.
Sospirai anch’io, ancora indeciso se rivolgerle la parola o proseguire col mio mutismo, ma alla fine decisi di risponderle. “Di cosa vuoi parlare? Del fatto che mi hai rotto il braccio?”
Lei sorrise. “Non te l’ho rotto, anche se avrei potuto. Ti ho semplicemente slogato la spalla.”
Stavolta fui io a ridere anche se lo feci nervosamente. “Ma certo! Solo la spalla slogata e 15 giorni con il braccio fasciato. Cosa vuoi che sia?”
“Dovevo dimostrarti chi di noi due è più forte, in modo che quei ragionamenti del cazzo non li farai più.”
“Io mi ero arreso, Karen. E tu hai continuato per umiliarmi.” Le parlavo tranquillamente. Volevo proprio vedere dove voleva arrivare.
“Non esagerare. In fondo, c’era una parte di te che sembrava gradire molto”, rispose ironica riferendosi naturalmente alla mia erezione e alla susseguente eiaculazione.
“Non dire sciocchezze. Non mi è piaciuto ma, è ovvio, che se tu mi tocchi quella parte così sensibile, il mio corpo risponde in quella maniera.”
“Dici? A me è sembrato di vedertelo bello dritto anche prima che cominciassi a toccartelo col piede.”
“Eri mezza nuda sopra di me. Era normale che la vicinanza di una donna mi desse quella sensazione. Sono un maschio, sono etero, come avrei potuto reagire diversamente? E, comunque, non avevo scelta. Ero costretto ad eccitarmi e questo è vergognoso. Si è trattato di uno stupro vero e proprio.”
“Non fare il melodrammatico. Ci manca soltanto una canzone di Mario Merola come sottofondo, e chiudiamo il cerchio.”
“Piantala di fare dell’ironia spicciola. Tu mi hai costretto a venirmene contro la mia volontà. Cosa avresti fatto se fosse accaduto il contrario?”
Sembrò rifletterci un po’, poi scrollò le spalle. “Forse ti avrei lasciato, ma non è questo il punto. La realtà è che tu non puoi farlo a me mentre io posso rifarlo a te ogni volta che ne ho voglia. Non sono soltanto più agile, ma sono anche molto più forte di te. E questo dovrai accettarlo. In più so combattere mentre tu ti muovi come un elefante in un negozio di cristalli. Ficcatelo bene in testa Mike, posso farti quello che voglio e quando lo voglio.”
Si era messa con le mani sui fianchi. Era chiaro che mi stava provocando, ma cercai di non cadere in quella provocazione e risposi in modo moderato.
“E’ ovvio che tu sia diventata più forte di me. Trascorri tutto il pomeriggio in palestra.”
“Il motivo non conta. Contano i fatti. E i fatti dicono che io sono molto più forte di te, molto più di quanto tu possa immaginare.”
“E allora? Cosa vorresti fare? Continuare a picchiarmi ogni qualvolta ne hai voglia? E' questa la tua intenzione?”
Un sorriso sfrontato si dipinse sulle sue labbra. Mio Dio, era ancora la mia dolce Karen? Mi sembrava un’estranea. “Può darsi. Se tu non dovessi filare dritto potrei rifartelo nuovamente.”
Avevo iniziato quel dialogo in modo pacifico proprio per disseppellire l’ascia di guerra e farla finita una volta per tutte con quella situazione. Avevo voglia di tornare alla mia vecchia vita, mentre Karen invece continuava a provocarmi. Le mie buone intenzioni naufragarono del tutto. Mi alzai di scatto.
“Adesso basta! Non ti permetto di continuare con questo tono.”
Mia moglie scoppiò a ridere. “E come me lo potresti impedire?”
Già, come glielo avrei potuto impedire? Cercai di ragionarci sopra, ma l’unica possibilità che sembrava avessi a disposizione, era quella di andarmene da casa, e non mi sembrava una buona soluzione. Per un milione di motivi. A cominciare dall’amore che ancora nutrivo per lei, nonostante ciò che mi aveva fatto. Il mio silenzio però le diede lo spunto di proseguire il discorso.
“Sai, Mike, te lo dico sinceramente. Non avevo intenzione di farti male, ma mi sono lasciata trasportare dalla situazione. E’ accaduto e ti consiglio di accettarlo perché è impossibile tornare indietro.”
“Già, ti è piaciuto troppo umiliarmi. Pensi che non me ne sia accorto che ti strofinavi addosso a me per procurarti degli orgasmi?”
Ancora una grossa risata da parte sua
“Non posso negarlo. Mi è piaciuto. Ho scoperto cosa sia il potere e non intendo rinunciarci. Pertanto, conviene che parliamo di questo perché dovremo ridiscutere della nostra situazione.”
“E di cosa vorresti discutere?”
“Di tante cose, a cominciare dal fatto che non voglio più tollerare questo silenzio del cazzo da parte tua. Venti giorni senza parlare e senza fare niente non li accetto più.” Era ovvio che si riferisse al sesso. Non era mai accaduto di stare più di tre giorni senza farlo, figuriamoci per oltre venti giorni. E non potevo negare a me stesso che mi manvava enormemente. Mi era addirittura capitato di svegliarmi la notte con il cazzo dritto come quando ero adolescente.
“E quindi? Cosa vorresti fare? Vuoi diventare una padrona del cazzo e farmi fare tutto quello che vuoi soltanto perché mi hai sconfitto nella lotta?”
Mi stavo lasciando trasportare. In quel momento, non pensavo che lei avesse voglia di mettermi nuovamente le mani addosso. Non credevo che sarebbe stato possibile, ma Karen mi guardò, sempre con quel sorriso ironico che sembrava essersi stampato sul suo volto.
“Perché no? L’hai detto tu che chi è più forte deve comandare, e non voglio nasconderti che mi eccita sentirmi superiore a te. Ho sempre saputo di essere nettamente superiore a te, Mike, ma non pensavo che questa superiorità avrebbe avuto anche una valenza erotica. Mi ha colta alla sprovvista, devo confessartelo. Ma, considerando come anche tu hai reagito eroticamente, penso che potrebbe essere piacevole per entrambi. Basterà che tu accetti la mia superiorità, e vedrai che non ti succederà niente di troppo spiacevole.” La rabbia si era impadronita di me. Diedi un calcio alla sedia. “Sei proprio una stronza!” la insultai lasciandola lì da sola per andarmene in camera da letto. Volevo togliermi la camicia che avevo indosso per mettermi una magliettina più comoda, ma Karen mi seguì.”
“Cosa hai detto?”
“Ho detto che sei una stronza. Non puoi pensare che io mi faccia dominare da te, padrona del cazzo.”
Lei sembrava invece calmissima. Si accese una sigaretta e mi guardò.“ Ti conviene ritirare quello che mi hai detto e di chiedermi scusa.”
“Altrimenti che farai? Mi picchierai di nuovo?”
“Mike, non costringermi. Voglio che tu ritiri ciò che mi hai detto e voglio sentire le tue scuse. Te lo chiedo gentilmente, e sarà l’ultima volta che uso la gentilezza. Poi per te saranno guai.”
Io scossi la testa. “Karen, esci da quel ruolo che ti sei costruita. E’ inammissibile quello che mi stai chiedendo. Non ho nessuna intenzione di chiederti scusa. Sei una stronza e te lo ribadisco.”
“Te ne farò pentire”, disse digrignando i denti. Voleva picchiarmi nuovamente? Possibile? Non potevo escluderlo. La vidi spegnere la sigaretta, mentre io mi tolsi anche i pantaloni mettendomi di fronte a lei. Avevo timore. Quello che era accaduto venti giorni prima, era ancora impresso nella mia mente. Respiravo affannosamente, ma non potevo fare quello che mi ordinava, Forse le scuse per la mia parolaccia le meritava, ma non in quel modo. Se le avessi chiesto scusa in quel momento, sarebbe stata la mia definitiva capitolazione, la mia sottomissione definitiva.
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