Sonia & Tommaso - Capitolo 20: Il Gioco dei Ruoli
di
Sonia e Tommaso
genere
tradimenti
La mattina dopo era domenica, una mattina di quelle che invitavano alla lentezza, che promettevano riposo. La luce dorata filtrava appena dalle tende, accarezzando la polvere sospesa, ma per me non c'era fretta. Tommaso, con la sua ineguagliabile e un po' cieca gentilezza, era uscito senza fare rumore, lasciandomi dormire fino a mezzogiorno. Poche ore, sì, ma mi sono svegliata con una strana, profonda sensazione di appagamento.
La notte e la serata precedente mi erano piaciute, eccome. Ripensavo a ogni singolo, sporco dettaglio come a tessere un prezioso ricamo. In particolare, l’intimità inaspettata con Mario, quella complicità che andava oltre il sesso e il denaro, mi ha fatta stringere il cuscino tra le braccia. Il suo profumo, il ricordo della sua voce roca e l’autorità del suo corpo, tutto mi riportava a lui.
Ma subito, la mia mente ha iniziato a vorticare, a ripassare gli attori del mio piccolo, perverso dramma. Luca. Le aspettative che gli avevo dato, quel bacio e quella scopata così piene di promesse... Quanto ci avrebbe messo la sua "purezza" a stancarmi, a trasformarsi in noia? E la sua gelosia… Mario me lo aveva detto, il rischio che correvo. Poi c’era Tommaso, il mio bambinone. Un porto sicuro, sì, ma grazie alla sua ingenuità, anche un porto aperto per tutte le mie perversioni. Era il mio paravento, la mia garanzia di "normalità" mentre la mia anima si espandeva nel mondo degli eccessi. Infine, Mario. Lui mi aveva detto chiaro e tondo che sarei rimasta la sua puttana. Questo avrebbe voluto dire trasgressione allo stato puro, una vita di rischio che, lo ammetto, mi eccitava da morire. I pretendenti non mi mancavano certo, ma la scelta era così difficile, così confusa, e percepivo ogni incertezza come un delizioso brivido.
Facendomi forza, mi sono alzata dal letto, la mente ancora un turbine di pensieri e la fica che pulsava per i ricordi recenti.
A terra, nel bagno, giaceva il mio abito di quella notte. Lo presi, lo guardai, e un brivido freddo ma eccitante mi percorse la schiena. C’erano chiazze chiare all’altezza del seno e del pancino, e anche dietro, lungo l’orlo inferiore. Erano le tracce invisibili di tutti quei corpi, di tutte quelle sborrate, che mi avevano invasa e poi abbandonato.
Annusandolo, un’ondata di odori mi invase le narici: sperma e lattice da preservativo, un mix acre e dolce che mi eccitò all’istante, facendomi gocciolare la fica. Continuai ad annusare, come una cagna in calore, il mio corpo che rispondeva a quel richiamo primordiale. Ero così eccitata che non riuscivo a contenere la tensione.
Senza pensarci due volte, portai il tessuto macchiato del vestito all'altezza del mio pube e, con la stoffa impregnata di tracce di quegli uomini, cominciai a tormentare il mio clitoride. Le sensazioni si amplificarono, il ricordo di ogni cazzo, di ogni spinta, di ogni gemito si mescolava al piacere crudo che mi stavo procurando. Gemevo, il mio corpo che si contorceva, finché non ho avuto un violento orgasmo, un fremito che mi scosse da capo a piedi.
Poi, con le gambe ancora tremanti, andai alla borsetta. La svuotai, e contai velocemente i soldi. Erano parecchi, una somma considerevole. Li nascosi assieme agli altri, nel mio piccolo nascondiglio in valigia. Ormai, si era accumulato un considerevole capitale, frutto del mio corpo e delle mie perversioni.
Ho scelto un abito estivo leggero, di lino, color crema. Semplice, elegante, senza pretese. Mi sono messa un velo di profumo al collo e sui polsi, per mascherare gli ultimi sentori della mia notte brava. Ma sapevo che l’odore di me, di sperma, di pelle eccitata, era ancora lì, sotto la superficie, un segreto che solo io e i miei amanti potevamo percepire.
Mi sono guardata allo specchio. Una ragazza borghese, irreprensibile, con un sorriso dolce. Ma dentro, Sonia era una tempesta di voglia, di malizia, di intrigo. Sono scesa per il pranzo, pronta a farli impazzire tutti, pronta a tessere la mia rete di bugie e seduzione. Sentivo il potere che emanava dal mio corpo, da ogni mia finta ingenuità. Ero pronta a giocare.
Era ancora un po’ presto per il pranzo, e l’idea della spiaggia non mi attirava per niente. Avevo bisogno di qualcosa di più stimolante. Così, ho deciso di scendere al bar dell’hotel per un aperitivo. Mi sono seduta a un tavolino, e poco dopo, ho visto arrivare un ragazzo. Lo avevo già notato da un paio di giorni, era un cliente dell’hotel, carino, più o meno della mia età. Con un sorriso gentile, mi ha chiesto se disturbava e se poteva sedersi. Gli ho offerto uno dei miei sorrisi migliori, quelli che promettono ma non rivelano nulla, e gli ho detto di accomodarsi. Era piacevole parlare con lui, educato, simpatico, e io mi sono trovata subito a mio agio. Abbiamo riso, abbiamo scherzato, parlando del più e del meno. Era così facile essere la brava ragazza con lui.
Mentre chiacchieravo spensierata, dalla spiaggia sono arrivati Tommaso, Marco e Luca. Li ho visti da lontano. Luca, appena mi ha visto parlare con il ragazzo, ha fatto subito una faccia scura. La sua gelosia era palpabile, e mi ha fatto sorridere internamente. Tommaso, invece, allegro e gioviale come sempre, mi ha sorriso e mi ha dato un leggero bacio. Si è presentato al ragazzo con cui stavo parlando, poi è andato a prendersi da bere, chiedendo ai suoi due compagni cosa gradivano. Luca era lì in piedi, i suoi occhi fissi su di me, serio, e con il capo mi ha indicato i bagni. Ho capito al volo.
Mi sono alzata, mi sono scusata con il ragazzo, dicendo che andavo un attimo alla toilette. Il mio passo era leggero, ma dentro sentivo già l’adrenalina salire.
Luca è arrivato subito dopo di me. Era arrabbiato, e ha iniziato a farmi una scenata. Aveva saputo da Tommaso che ero tornata all’alba e mi ha chiesto cosa avevo fatto con Mario. La sua voce era un sussurro furioso, carico di risentimento e paura. Io l’ho lasciato parlare, sfogarsi, guardandolo con un mezzo sorriso. Adoravo vederlo così, diviso tra la rabbia e la voglia. Appena ha taciuto, i suoi occhi ancora carichi di accusa, l’ho tirato a me. L’ho baciato. Un bacio lungo, pieno di passione e di desiderio, un bacio che avrebbe dovuto zittire ogni sua domanda e riempire ogni sua insicurezza. Mi sono staccata un attimo, gli occhi negli occhi, attaccata al suo viso. Un sorriso malizioso mi si è disegnato sulle labbra mentre gli ho sussurrato:
"Nel pomeriggio voglio scopare con te."
E per non lasciargli dubbi, ho aggiunto:
"Mettiti d’accordo con Marco, così Tommaso sarà occupato."
L’ho lasciato lì, ancora intontito dal bacio e dalla promessa, e sono tornata dagli altri con un largo sorriso, come se niente fosse successo. La mia maschera era perfetta, e loro non sapevano quanto mi divertissi a giocare.
Al buffet, mentre mi servivo qualcosa da mettere nel piatto, il mio sguardo si è incrociato con quello di Luca. Gli ho fatto l'occhiolino, un piccolo segnale, una promessa silenziosa che solo lui poteva capire. Ho visto il suo sorriso allargarsi, quasi impercettibilmente, e la sua eccitazione è stata tangibile anche a distanza.
Poi, tutti e quattro, siamo andati al bar dell'hotel per il caffè. È stato il momento perfetto. Marco, con la sua finta ingenuità, ha chiesto a Tommaso se nel pomeriggio gli andava un altro giro in bici. Tommaso mi ha guardata, e ha detto a Marco di no, con quel tono di chi vorrebbe ma non può. "Mi dispiace per Sonia," ha detto, "non la voglio lasciare sempre sola." Oh, mio ingenuo Tommaso! Il mio cuore ha fatto un piccolo balzo di trionfo.
Non ho perso un istante. L’ho subito tranquillizzato, con un sorriso che era puro zucchero e un’anima che era pura malizia. Gli ho detto di andare pure, di non preoccuparsi per me, che avrei preso un po' di sole dormendo in spiaggia. La menzogna è scivolata via dalle mie labbra con una facilità disarmante. Tommaso ha abboccato all'amo, ovviamente. Non poteva sapere che la mia "libertà" aveva un significato ben diverso dal suo.
Appena il mio fidanzato si allontanò, con la sua bici e la sua innocenza, salii da Luca. La porta della sua camera si chiuse dietro di me, sigillando il nostro segreto. Senza una parola, ci buttammo l'uno sull'altra. I nostri vestiti volarono via in un attimo, le nostre mani avide che si cercarono, si toccarono, si strinsero. I miei capezzoli erano già duri, la mia fica gocciolava per l'attesa.
Facemmo l'amore tutto il pomeriggio, con una passione che mi travolse completamente. Luca era così diverso da Mario. Non c'era la brutalità, la sottomissione forzata, ma una tenerezza e una furia che si mescolavano in un modo inebriante. Le sue labbra divorarono le mie, le sue mani esplorarono ogni curva del mio corpo, stuzzicando la mia fica già bollente, le mie natiche sode, risalendo sulla mia schiena fino ai miei capelli.
Mi penetrò con una forza incredibile, le sue spinte profonde, ritmiche, che mi facevano gemere senza controllo. Mi aggrappai alle sue spalle, le unghie che si affondavano nella sua pelle, mentre la mia fica stringeva ogni millimetro del suo cazzo. Mi mossi con lui, in un'armonia perfetta, il mio corpo che rispondeva a ogni sua spinta con una libidine che sapeva di amore e tradimento.
Ho raggiunto più orgasmi, uno dopo l'altro, ogni volta un'esplosione di piacere che mi faceva urlare. Luca mi riempiva di sé, del suo sperma caldo che gocciolava dalla mia fica ad ogni estrazione, bagnando le nostre cosce unite. I suoi baci erano ovunque, sul mio collo, sui miei seni, sul mio ventre, mentre mi accarezzava la coscia e la cicatrice che Maria mi aveva lasciato.
Quel pomeriggio fu un turbine di emozioni, un sesso che andava oltre il corpo, che coinvolgeva l'anima. Ero sua, e lui era mio, in un modo che con Tommaso non avevo mai conosciuto.
Io e Luca eravamo come veri amanti, il mio viso appoggiato al suo petto ancora ansimante, il suo odore che mi inebriava. Le sue dita che giocavano con le ciocche umide di sudore dei miei capelli.
Luca ruppe il silenzio, la sua voce un sussurro profondo che mi faceva vibrare fin nelle ossa: "Sonia... quando hai intenzione di lasciare Tommaso? Non ce la faccio più a stare così, a metà. Ti voglio tutta per me."
Sentii un brivido freddo, ma anche una punta di eccitazione. Sollevai la testa, i miei occhi nei suoi. "Amore," gli dissi, la voce morbida, quasi un lamento, "lo so. Lo so che è difficile, ma non posso fare tutto in un colpo. Tommaso... Tommaso è un bravo ragazzo, e io non voglio ferirlo. Ci vuole tempo, capisci? Devo trovare il modo giusto." Accarezzai la sua guancia, cercando di convincerlo con il mio tocco.
Lui sospirò, gli occhi che cercavano i miei con insistenza. "Ma allora... mi ami, Sonia? Lo dici davvero? O sono solo una distrazione?"
Esitai un attimo, la mia mente che macinava opzioni. Il mio cuore batteva forte, ma non per paura, per l'emozione. Presi il suo viso tra le mani, le mie dita che tracciavano i contorni della sua mascella. Lo guardai dritto negli occhi, la mia voce piena di una sincerità che era quasi vera. "Luca," gli risposi, "ti amo. Ti amo, tu non sei un passatempo, e dicendolo mi offendi. Tu sei l'unico a cui ho ceduto, l’unico con cui ho tradito il mio fidanzato." E, a metà strada tra la menzogna e la perversione che mi faceva godere a dire quelle parole, lo baciai di nuovo, un bacio lungo, profondo, che voleva essere una conferma di ogni parola.
Quando ci staccammo, il suo respiro era ancora affannoso. La sua voce divenne più cupa, più sospettosa. "E Mario? Mi devi dire la verità, Sonia. Ci sei andata a letto con lui, vero? Ho visto come lo guardavi..."
Il mio cuore ebbe un sussulto. Scossi la testa, negando con forza. Gli presi le mani, stringendole. "No, amore, non è vero! Te lo giuro, non sono andata a letto con Mario! Te l'ho già detto, siamo andati a ballare. Io, lui e altri suoi amici. Solo un giro in disco, divertimento innocente, niente di che. Non essere stupido, Luca!" La mia voce era flebile e convincente, un capolavoro di manipolazione.
Ma la sua domanda successiva mi colse alla sprovvista, facendomi quasi sussultare. "E il concerto a Cesena? Non mi hai detto niente di quello. Tommaso mi ha accennato qualcosa, ma tu... tu non hai menzionato il concerto." Oh, cazzo! Il concerto! Me n'ero completamente dimenticata! La sua domanda mi mise in crisi, i miei occhi si spalancarono per un istante. Sentii il panico montarmi dentro, la mia mente che cercava disperatamente una via d'uscita.
"Il... il concerto?" Balbettai, cercando di recuperare. "Ah, sì... è stato un po' noioso, in realtà. Non era granché. Siamo rimasti poco, poi abbiamo deciso di cambiare aria, di andare a ballare. Non volevo annoiarti con i dettagli, tutto qui." Cercai di mentire, improvvisando dettagli vaghi, cercando di essere il più convincente possibile. Gli strinsi le mani ancora di più, quasi per trasmettergli la mia "sincerità".
Ma Luca non credette alle mie parole. I suoi occhi si trasformarono, la sua faccia divenne scura, la mascella tesa. "Sei una puttana!", la sua voce bassa ma carica di rabbia. Si divincolò dalla mia presa. "E con Mario ci vai a letto, eccome! L'ho visto come lo guardavi, Sonia! Quel bacio all'ingresso... ti ho vista, non sono stupido! E ora questa storia del concerto... mi stai mentendo, Sonia! Mi stai prendendo in giro!"
Sentii le lacrime salire, vere lacrime di frustrazione e forse un pizzico di paura di perderlo, o forse solo il piacere di vederlo così tormentato. Cominciai a singhiozzare, negando con tutta la forza che avevo. Mi gettai di nuovo su di lui, abbracciandolo stretto. "No, no, Luca, non è vero! Io ti amo! Davvero! Lui è solo un amico, un'amicizia stupida, lo giuro! Ti prego, credimi! Ti dimostrerò che ti amo, che sei tu l'unico! Ti prometto che Mario non sarà più un problema, lo allontanerò dalla mia vita! E con Tommaso... con Tommaso troverò il modo, te lo giuro!" Gli feci promesse su promesse, stringendomi a lui, dicendo che avrei tagliato i ponti con Mario, che avrei pensato solo a noi, che avrei accelerato i tempi per Tommaso. Promesse che sapevo avrebbero finito per intricare ancor più la situazione, legandomi a lui con catene ancora più sottili e complesse.
Rimanemmo ancora a letto, abbracciati, ma Luca era visibilmente poco convinto, ancora teso per le mie bugie e per il suo sospetto. Le sue domande avevano lasciato un'ombra tra noi, e io sentivo il bisogno di placarlo, di riconquistare la sua fiducia con l'unico mezzo che conoscevo alla perfezione. Gli accarezzai il petto, il mio viso ancora nascosto nell'incavo del suo collo, sentivo il suo cuore battere forte.
Alzai la testa, i miei occhi nei suoi, e senza dire una parola, gli presi il cazzo in bocca. Era ancora un po' floscio, ma la mia lingua è un'artista. Cominciai a succhiarlo con delicatezza, poi con più decisione, le mie labbra che si muovevano esperte, la mia lingua che tracciava ogni contorno, ogni vena. Sentii il suo respiro cambiare, le sue dita che si stringevano nei miei capelli. Abilmente, lo feci tornare duro, una reazione che conoscevo così bene, una conferma del mio potere su di lui.
Gli feci un delizioso pompino, prendendolo tutto in bocca, sentendo la sua cappella che picchiava contro il fondo della mia gola. Succhiavo e leccavo con avidità, il mio corpo che vibrava a ogni suo sospiro, mentre lui spingeva più a fondo. Volevo che si dimenticasse di ogni dubbio, di ogni gelosia, che si perdesse completamente nel piacere che gli stavo procurando.
E quando venne, gustai il suo sperma fino all'ultima goccia. Lo sentii caldo e denso riempirmi la bocca, il suo sapore salmastro e dolciastro che scivolò giù per la mia gola. Inghiottii ogni singola goccia, un rito che sigillava la nostra unione e il mio dominio su di lui. Era il sapore della vittoria, della sua sottomissione al mio piacere.
Subito dopo, mentre il suo corpo era ancora tremante e appagato, arrivò il messaggio di Marco sul suo telefono: stavano tornando. Il tempo era scaduto. Baciai Luca con passione, un bacio dolce ma carico di significato. "Amore mio," gli sussurrai con la voce più rassicurante che potevo, "te l'ho detto, ti amo. Non devi avere dubbi. Quello che abbiamo qui... è la cosa più vera che ho mai avuto. Ti prometto che troverò il modo, che sistemerò tutto. Voglio solo te."
Gli accarezzai il viso, i suoi occhi che cercavano i miei, e vidi la speranza riaccendersi nel suo sguardo. Ero una tessitrice di sogni e di bugie, e lui era completamente intrappolato nella mia tela.
Baciai Luca, lasciandolo lì nella sua camera, con la testa piena di false promesse e il corpo appagato. Poi feci ritorno nella mia, sentendo ogni muscolo che mi ricordava il pomeriggio intenso. La prima cosa che feci fu una doccia. L'acqua calda mi scivolò addosso, portando via il sudore e il poco sperma rimasto, ma non l'odore che sentivo ancora impregnato nella pelle, nei capelli, un odore di sesso che mi eccitava e mi ricordava la mia vera natura.
Dopo la doccia, indossai un leggero vestito estivo, un prendisole dai colori vivaci, per sembrare fresca e spensierata. Misi un po' di profumo, e poi scesi al bar dell'hotel.
Appena arrivai, incrociai il mio ragazzo. Tommaso mi vide e i suoi occhi si illuminarono. Mi venne incontro con un sorriso da bambino felice, la faccia accaldata dal sole e dall'attività fisica. "Amore!" esclamò, quasi saltellando. "Non sai che giornata fantastica! Siamo andati su per quelle salite che ti dicevo, e il panorama era mozzafiato! Marco è un vero campione, mi ha tirato su che ero quasi morto! E poi abbiamo fatto una discesa a rotta di collo, un'adrenalina pazzesca! Tu come stai? Ti sei riposata in spiaggia?"
Lo guardai, con il mio sorriso più dolce e innocente. "Oh, Tommaso," gli risposi, "che bello che ti sei divertito! Io... sì, ero un po' stanca di stare in spiaggia, troppo caldo. Così sono salita un po' prima, ho fatto una doccia e mi sono rilassata." Gli accarezzai un braccio, un gesto affettuoso.
Tommaso, accaldato e ignaro, salì a farsi la doccia. Io restai lì al tavolino, con la mia bibita davanti, la mente già proiettata altrove. Non avevo ancora sentito Mario, e la mia libidine stava crescendo. Così, presi il telefono. Volevo provocarlo, stuzzicarlo, fargli capire che ero sua, anche se il mio corpo era appena stato con Luca. Gli mandai un messaggio.
Sonia: Ciao, padrone. 😇 La tua schiavetta si annoia senza di te. Dove sei finito? 😈 Mario: Ah, la mia puttana sente la mancanza del suo cazzo? 🍆 Sono in giro a sbrigare affari, ma la mia mente è su di te, sgualdrina. 🍑 Sei pronta per me? Ti aspetto per farti sborrare il cervello. Sonia: Sempre pronta per te, padrone. La mia fica pulsa al solo pensiero dei tuoi ordini. 🌶️ Mi stai facendo bagnare già adesso, con queste parole. Mario: Bene, troia. Voglio che tu sia bagnata fradicia quando ti prenderò. 💦 Hai pensato a quanto ti piace farti scopare? Ti aspetto al varco. Ogni buco sarà mio. 😈 Sonia: Oh, padrone, la mia mente non fa altro che pensare a quello che mi farai. 🤤 La mia fica è già una cascata per te. E il mio culetto... beh, il mio culetto non vede l'ora di sentirsi pieno del tuo grosso cazzo. Non vedo l'ora che tu mi riempia. 🥵 Mario: Non farmi aspettare troppo, puttana. La mia verga è già dura e pronta a spaccarti in due. 🦴 Voglio sentire la tua bocca sul mio cazzo, la tua lingua che lo pulirà fino all'ultima goccia. E poi ti fotterò fino a farti urlare. 💪 Sonia: La mia bocca è già aperta, padrone. 💋 E la mia lingua è pronta a servirti. Ogni goccia sarà un nettare per me. Mi piace farti urlare, ma mi piace ancora di più quando sei tu a farmi urlare, forte, come una cagna in calore. 🐾 Non vedo l'ora di essere tua. Fammi urlare, padrone. Fammi tua. 🔗
Ero ancora lì, a digitare come una forsennata, con la mia fica che pulsava per le parole sporche di Mario, quando arrivò Alessandro, il ragazzo carino che avevo incontrato al mattino. Gli sorrisi, e lui si sedette al tavolino. Misi via il telefono, con un piccolo sospiro di delizia, e cominciai a parlare con lui. Erano chiacchiere leggere e innocenti, ciò di cui avevo bisogno dopo la chat con Mario. Lui era proprio un bravo ragazzo alla buona, in vacanza con i genitori, e la sua semplicità mi faceva sorridere.
Ma la pace durò poco. Arrivò Luca. Mi guardò male, e poi si sedette con noi, la sua presenza come una cappa di piombo. Con Alessandro non si mostrò certo simpatico, anzi. Fu freddo, scostante, e questo mi infastidì. Vidi Alessandro capire l'antifona. Mi salutò con un sorriso dispiaciuto e se ne andò.
Guardai Luca, i miei occhi che lanciavano frecce. "Sei stato villano, Luca," gli dissi, la voce fredda. "La tua gelosia ossessiva comincia a non piacermi per niente. Non puoi fare così con le persone." Lui provò a ribattere, ma non gli diedi tempo. Mi alzai e me ne andai, lasciandolo lì con la sua rabbia.
Salii da Tommaso. Aveva fatto la doccia ed era ancora tutto bagnato, i capelli scuri che gli ricadevano sulla fronte, le goccioline d'acqua sul petto. La sua presenza era un balsamo, un ritorno alla "normalità" che, in fondo, mi serviva per mantenere l'equilibrio. L'abbracciai forte e lo baciai. Con lui, il mio amore era sincero, o almeno, la parte di me che era ancora capace di innocenza. Lo strapazzai dolcemente come fosse un bambinone, giocai con lui, i nostri scherzi leggeri che cancellavano, almeno per un po', il peso dei miei segreti.
Poi, da brava fidanzatina, raccolsi le sue cose sparse e iniziai il bucato, l'occasione buona per lavare un po' di mutandine... Piccoli, sporchi segreti lavati via, per poi sporcarne altri.
Strofinavo le mie mutandine sporche – una per una, ogni strofinata un ricordo perverso, ma la mia mente era su Luca, sulla sua scenata, sulla sua gelosia oppressiva. Ero arrabbiata con lui, e volevo fargliela pagare.
Così, chiesi a Tommaso di passare la serata solo noi due. La mia voce era dolce, ma ferma. Lui, il mio ingenuo e adorabile Tommaso, non capì nulla del mio vero intento. Era un po' imbarazzato, perché sapeva che avrebbe dovuto trovare un modo per liberarsi dagli altri due, da Marco e Luca. Ma accettò, con il suo solito sorriso affettuoso.
A cena, evitai Luca in tutti i modi. I miei occhi non incontrarono i suoi, la mia voce non si rivolse a lui se non per risposte monosillabiche e necessarie. Il suo sguardo cercava il mio, ma io ero una statua di indifferenza. Volevo che sentisse il peso della mia distanza.
Al bar, dove eravamo tutti e quattro per il caffè, lo evitai in modo ancora più evidente. Mi girai di spalle, parlai solo con Tommaso e Marco. Luca era lì, un fantasma invisibile per me. Tommaso notò un pochino la tensione, ma lui non era certo il tipo che poi ci ragionava su, grazie al cielo. Marco, invece, che era più sveglio, vide tutto e cercò di fare da cuscinetto tra me e Luca, con la sua solita goffaggine amichevole.
Poi, io e Tommaso uscimmo dall'hotel, lasciando Luca e Marco al bar. Non guardai indietro. Volevo solo concentrarmi sulla mia vendetta silenziosa e sul piacere di avere Tommaso tutto per me, almeno per quella sera.
Subito, appena usciti, il mio telefono iniziò a vibrare, e sapevo che era Luca. Messaggi su messaggi, una tempesta di scuse e richieste. Ma io non li guardai nemmeno. Avrebbe dovuto imparare a tenere a freno la sua gelosia.
Fu una serata tranquilla, proprio come quella di una normale coppia in vacanza. Io e il mio fidanzato, passeggiammo per le affollate vie di Rimini, tra negozi che vendevano più o meno le stesse cose, gelaterie e locali pieni di gente. Da Intimissimi comprai degli slip in cotone che mi servivano e un costume che piaceva molto a Tommaso.
Rientrammo in hotel prima di mezzanotte, mano nella mano, come due innamorati. Marco e Luca erano seduti fuori, e non potemmo non fermarci. Presi la mia busta con i nuovi acquisti, salutai velocemente i due amici e salii in camera. Ero ancora arrabbiata con Luca per la sua scenata e non me la sentivo di fermarmi lì a fare la carina.
Mi ero da poco spogliata e giravo per la camera in intimo, sistemando i nuovi acquisti. Sentii bussare alla porta. "Chi è?" chiesi, prima di aprire. "Sono Luca," rispose la sua voce, un po' tesa. "Cosa vuoi?" gli domandai. Lui mi supplicò di farlo entrare. La mia prima risposta fu un secco "No," ma dietro la sua insistenza, cedetti. Aprii la porta quel tanto che bastava per farlo scivolare dentro, poi la richiusi subito.
Gli voltai le spalle, facendo la sostenuta, dandogli le spalle mentre fingevo di riordinare le mie cose. Ma sentivo il suo sguardo bruciarmi addosso. Poi, mi abbracciò da dietro. Le sue braccia si avvolsero intorno a me, e sentii il suo respiro sul mio collo. "Sonia, ti prego, scusami," sussurrò. "Mi dispiace per come mi sono comportato prima, per la mia gelosia stupida. Sono stato uno stronzo."
Mi feci pregare un po', giusto per fargli sentire il peso delle sue azioni. Poi, lentamente, mi girai e gli sorrisi. Un sorriso che era un misto di perdono e di potere. "Pace?" chiese lui, con gli occhi pieni di speranza. Io gli risposi con un sorriso, senza dire una parola. Le mie azioni parlavano più delle parole.
Per sdrammatizzare, lui mi chiese: "Ehi, cos'hai comprato? Non me le fai vedere indossate?"
Lo guardai, il mio sorriso malizioso che prometteva un inferno di piacere. La sua domanda mi aveva dato l'occasione perfetta per torturarlo, per farlo implorare.
"Ma certo, amore," gli risposi, la voce mielosa, quasi un sibilo, ma con un tono che sapeva di sfida e controllo. "Perché no? Ma c'è una condizione." Lasciai che la curiosità gli divorasse l'anima, che il desiderio gli bruciasse dentro. "Voglio che tu mi aiuti a scegliere. E poi... poi sarò io a decidere come e quando ti farò vedere il resto." Gli feci un occhiolino, pieno di promesse non dette, e il mio sguardo scivolò dal suo viso al mio corpo, indugiando un attimo sulla curva del mio seno, poi sul mio ventre piatto e sulle mie cosce, come a invitarlo a immaginare.
Senza aspettare la sua risposta – sapevo che era già intrappolato – mi girai verso la busta di Intimissimi. Ne tirai fuori gli slip in cotone che avevo appena comprato e il costume. Li appoggiai sul letto, invitandolo con un gesto del capo. La mia mente era già a mille, a fantasticare su come avrei potuto usare quei nuovi acquisti per tormentarlo, per eccitarlo, per legarlo ancora di più alla mia perversione.
Presi il costume nuovo, il pezzo di sopra, e lo provai davanti a lui, lasciando che i miei seni premessero contro il tessuto, modellandosi alla perfezione. Luca mi divorò con gli occhi, il suo sguardo che bruciava sul mio corpo. "Ti piace?" gli chiesi, con un tono innocente ma provocante, mentre mi giravo lentamente, per mostrargli ogni angolazione.
Poi, con un sorriso malizioso, tolsi il mio tanga bianco e il pezzo di sopra del costume. Luca rimase senza fiato. I suoi occhi corsero sul mio corpo nudo, fermandosi sulla mia fica sfacciatamente esposta, che gocciolava per l'eccitazione. Mi sentii una dea del sesso, potente e desiderata. "E questi?" gli chiesi, indicando gli slip in cotone nuovi sul letto. "Vuoi che li provi anche quelli? O preferisci vedermi senza niente?" La mia voce era un sussurro, un invito chiaro.
Luca mi guardò, gli occhi lucidi di desiderio, la sua bocca leggermente aperta. Deglutì, e vidi chiaramente la sua erezione farsi strada sotto i pantaloni. Era completamente in mio potere.
"Sonia..." sussurrò, la voce roca. "Voglio... voglio vederti senza niente. Voglio solo te, così come sei." La sua mano si allungò, incerta, verso il mio ventre.
Sorrisi, un sorriso che era puro trionfo. "Bravo ragazzo," gli dissi, con un tono che era una carezza e un comando insieme. "Allora sai cosa devi fare." Feci un passo indietro, allontanandomi leggermente dalla sua portata. "Se mi vuoi così, devi meritartelo.”
"Luca," gli sussurrai, la voce un soffio roco, "voglio che mi lecchi la figa. Voglio che mi tu faccia venire solo con la tua lingua, mentre io resto qui, a guardarti. Voglio vedere la tua faccia mentre mi fai godere." Era una sfida, un comando, e lui annuì con gli occhi ardenti.
Si chinò in avanti, e la sua lingua scivolò sulla mia fica come un serpente affamato. Un tocco leggero, quasi timido all'inizio, poi divenne più deciso, più avido. Luca iniziò a leccare, a succhiare, a mordicchiare delicatamente il mio clitoride. Ogni movimento della sua lingua mi faceva gemere, un suono gutturale che usciva dalla mia gola. Le sue labbra calde avvolsero la mia fica, succhiandomi con foga, e io sentii il mio corpo tremare.
Mi aggrappai al bordo del letto, le dita che si stringevano con forza, mentre la mia testa si rovesciava all'indietro. Non chiusi gli occhi nemmeno per un istante. Volevo vederlo, vederlo mentre mi faceva godere, mentre la sua lingua e la sua bocca erano completamente al mio servizio. Il suo respiro era affannoso, il rumore delle sue labbra era l'unica musica in quella stanza.
Luca si diede completamente, la sua lingua che esplorava ogni piega, ogni punto sensibile della mia fica. Premette più forte, poi tirò indietro, alternando ritmi, facendomi impazzire. Sentii il calore accumularsi dentro di me, una marea montante di piacere. Il mio corpo si inarcò, le gambe che si stringevano intorno alla sua testa, ansimando in un unico lamento di godimento.
E poi, l'orgasmo arrivò. Una scarica elettrica, un'esplosione che mi scosse dalle fondamenta. Urlai, forte, con la voce rauca, mentre il mio corpo si contraeva violentemente e la mia figa sbatteva sulla sua bocca. Sentii il mio umore riversarsi sulla sua lingua, caldo e abbondante. Luca non si fermò, continuò a succhiare, quasi a voler assorbire ogni singola goccia del mio piacere. Era un vero goloso, e io lo adorai.
Si alzò, e mi baciò con una passione che sapeva di gratitudine e di desiderio ritrovato. Restammo lì stretti, a baciarci teneramente, come due veri amanti dopo un litigio. Ogni bacio era una riconciliazione, un modo per sigillare di nuovo il nostro legame, sebbene fosse costruito su tante bugie. Poi, con un ultimo bacio sulla soglia, lo salutai. Richiusi la porta e sorrisi soddisfatta. Luca era di nuovo al mio guinzaglio, la sua gelosia placata, la sua voglia appagata. La mia astuzia aveva vinto ancora.
La notte e la serata precedente mi erano piaciute, eccome. Ripensavo a ogni singolo, sporco dettaglio come a tessere un prezioso ricamo. In particolare, l’intimità inaspettata con Mario, quella complicità che andava oltre il sesso e il denaro, mi ha fatta stringere il cuscino tra le braccia. Il suo profumo, il ricordo della sua voce roca e l’autorità del suo corpo, tutto mi riportava a lui.
Ma subito, la mia mente ha iniziato a vorticare, a ripassare gli attori del mio piccolo, perverso dramma. Luca. Le aspettative che gli avevo dato, quel bacio e quella scopata così piene di promesse... Quanto ci avrebbe messo la sua "purezza" a stancarmi, a trasformarsi in noia? E la sua gelosia… Mario me lo aveva detto, il rischio che correvo. Poi c’era Tommaso, il mio bambinone. Un porto sicuro, sì, ma grazie alla sua ingenuità, anche un porto aperto per tutte le mie perversioni. Era il mio paravento, la mia garanzia di "normalità" mentre la mia anima si espandeva nel mondo degli eccessi. Infine, Mario. Lui mi aveva detto chiaro e tondo che sarei rimasta la sua puttana. Questo avrebbe voluto dire trasgressione allo stato puro, una vita di rischio che, lo ammetto, mi eccitava da morire. I pretendenti non mi mancavano certo, ma la scelta era così difficile, così confusa, e percepivo ogni incertezza come un delizioso brivido.
Facendomi forza, mi sono alzata dal letto, la mente ancora un turbine di pensieri e la fica che pulsava per i ricordi recenti.
A terra, nel bagno, giaceva il mio abito di quella notte. Lo presi, lo guardai, e un brivido freddo ma eccitante mi percorse la schiena. C’erano chiazze chiare all’altezza del seno e del pancino, e anche dietro, lungo l’orlo inferiore. Erano le tracce invisibili di tutti quei corpi, di tutte quelle sborrate, che mi avevano invasa e poi abbandonato.
Annusandolo, un’ondata di odori mi invase le narici: sperma e lattice da preservativo, un mix acre e dolce che mi eccitò all’istante, facendomi gocciolare la fica. Continuai ad annusare, come una cagna in calore, il mio corpo che rispondeva a quel richiamo primordiale. Ero così eccitata che non riuscivo a contenere la tensione.
Senza pensarci due volte, portai il tessuto macchiato del vestito all'altezza del mio pube e, con la stoffa impregnata di tracce di quegli uomini, cominciai a tormentare il mio clitoride. Le sensazioni si amplificarono, il ricordo di ogni cazzo, di ogni spinta, di ogni gemito si mescolava al piacere crudo che mi stavo procurando. Gemevo, il mio corpo che si contorceva, finché non ho avuto un violento orgasmo, un fremito che mi scosse da capo a piedi.
Poi, con le gambe ancora tremanti, andai alla borsetta. La svuotai, e contai velocemente i soldi. Erano parecchi, una somma considerevole. Li nascosi assieme agli altri, nel mio piccolo nascondiglio in valigia. Ormai, si era accumulato un considerevole capitale, frutto del mio corpo e delle mie perversioni.
Ho scelto un abito estivo leggero, di lino, color crema. Semplice, elegante, senza pretese. Mi sono messa un velo di profumo al collo e sui polsi, per mascherare gli ultimi sentori della mia notte brava. Ma sapevo che l’odore di me, di sperma, di pelle eccitata, era ancora lì, sotto la superficie, un segreto che solo io e i miei amanti potevamo percepire.
Mi sono guardata allo specchio. Una ragazza borghese, irreprensibile, con un sorriso dolce. Ma dentro, Sonia era una tempesta di voglia, di malizia, di intrigo. Sono scesa per il pranzo, pronta a farli impazzire tutti, pronta a tessere la mia rete di bugie e seduzione. Sentivo il potere che emanava dal mio corpo, da ogni mia finta ingenuità. Ero pronta a giocare.
Era ancora un po’ presto per il pranzo, e l’idea della spiaggia non mi attirava per niente. Avevo bisogno di qualcosa di più stimolante. Così, ho deciso di scendere al bar dell’hotel per un aperitivo. Mi sono seduta a un tavolino, e poco dopo, ho visto arrivare un ragazzo. Lo avevo già notato da un paio di giorni, era un cliente dell’hotel, carino, più o meno della mia età. Con un sorriso gentile, mi ha chiesto se disturbava e se poteva sedersi. Gli ho offerto uno dei miei sorrisi migliori, quelli che promettono ma non rivelano nulla, e gli ho detto di accomodarsi. Era piacevole parlare con lui, educato, simpatico, e io mi sono trovata subito a mio agio. Abbiamo riso, abbiamo scherzato, parlando del più e del meno. Era così facile essere la brava ragazza con lui.
Mentre chiacchieravo spensierata, dalla spiaggia sono arrivati Tommaso, Marco e Luca. Li ho visti da lontano. Luca, appena mi ha visto parlare con il ragazzo, ha fatto subito una faccia scura. La sua gelosia era palpabile, e mi ha fatto sorridere internamente. Tommaso, invece, allegro e gioviale come sempre, mi ha sorriso e mi ha dato un leggero bacio. Si è presentato al ragazzo con cui stavo parlando, poi è andato a prendersi da bere, chiedendo ai suoi due compagni cosa gradivano. Luca era lì in piedi, i suoi occhi fissi su di me, serio, e con il capo mi ha indicato i bagni. Ho capito al volo.
Mi sono alzata, mi sono scusata con il ragazzo, dicendo che andavo un attimo alla toilette. Il mio passo era leggero, ma dentro sentivo già l’adrenalina salire.
Luca è arrivato subito dopo di me. Era arrabbiato, e ha iniziato a farmi una scenata. Aveva saputo da Tommaso che ero tornata all’alba e mi ha chiesto cosa avevo fatto con Mario. La sua voce era un sussurro furioso, carico di risentimento e paura. Io l’ho lasciato parlare, sfogarsi, guardandolo con un mezzo sorriso. Adoravo vederlo così, diviso tra la rabbia e la voglia. Appena ha taciuto, i suoi occhi ancora carichi di accusa, l’ho tirato a me. L’ho baciato. Un bacio lungo, pieno di passione e di desiderio, un bacio che avrebbe dovuto zittire ogni sua domanda e riempire ogni sua insicurezza. Mi sono staccata un attimo, gli occhi negli occhi, attaccata al suo viso. Un sorriso malizioso mi si è disegnato sulle labbra mentre gli ho sussurrato:
"Nel pomeriggio voglio scopare con te."
E per non lasciargli dubbi, ho aggiunto:
"Mettiti d’accordo con Marco, così Tommaso sarà occupato."
L’ho lasciato lì, ancora intontito dal bacio e dalla promessa, e sono tornata dagli altri con un largo sorriso, come se niente fosse successo. La mia maschera era perfetta, e loro non sapevano quanto mi divertissi a giocare.
Al buffet, mentre mi servivo qualcosa da mettere nel piatto, il mio sguardo si è incrociato con quello di Luca. Gli ho fatto l'occhiolino, un piccolo segnale, una promessa silenziosa che solo lui poteva capire. Ho visto il suo sorriso allargarsi, quasi impercettibilmente, e la sua eccitazione è stata tangibile anche a distanza.
Poi, tutti e quattro, siamo andati al bar dell'hotel per il caffè. È stato il momento perfetto. Marco, con la sua finta ingenuità, ha chiesto a Tommaso se nel pomeriggio gli andava un altro giro in bici. Tommaso mi ha guardata, e ha detto a Marco di no, con quel tono di chi vorrebbe ma non può. "Mi dispiace per Sonia," ha detto, "non la voglio lasciare sempre sola." Oh, mio ingenuo Tommaso! Il mio cuore ha fatto un piccolo balzo di trionfo.
Non ho perso un istante. L’ho subito tranquillizzato, con un sorriso che era puro zucchero e un’anima che era pura malizia. Gli ho detto di andare pure, di non preoccuparsi per me, che avrei preso un po' di sole dormendo in spiaggia. La menzogna è scivolata via dalle mie labbra con una facilità disarmante. Tommaso ha abboccato all'amo, ovviamente. Non poteva sapere che la mia "libertà" aveva un significato ben diverso dal suo.
Appena il mio fidanzato si allontanò, con la sua bici e la sua innocenza, salii da Luca. La porta della sua camera si chiuse dietro di me, sigillando il nostro segreto. Senza una parola, ci buttammo l'uno sull'altra. I nostri vestiti volarono via in un attimo, le nostre mani avide che si cercarono, si toccarono, si strinsero. I miei capezzoli erano già duri, la mia fica gocciolava per l'attesa.
Facemmo l'amore tutto il pomeriggio, con una passione che mi travolse completamente. Luca era così diverso da Mario. Non c'era la brutalità, la sottomissione forzata, ma una tenerezza e una furia che si mescolavano in un modo inebriante. Le sue labbra divorarono le mie, le sue mani esplorarono ogni curva del mio corpo, stuzzicando la mia fica già bollente, le mie natiche sode, risalendo sulla mia schiena fino ai miei capelli.
Mi penetrò con una forza incredibile, le sue spinte profonde, ritmiche, che mi facevano gemere senza controllo. Mi aggrappai alle sue spalle, le unghie che si affondavano nella sua pelle, mentre la mia fica stringeva ogni millimetro del suo cazzo. Mi mossi con lui, in un'armonia perfetta, il mio corpo che rispondeva a ogni sua spinta con una libidine che sapeva di amore e tradimento.
Ho raggiunto più orgasmi, uno dopo l'altro, ogni volta un'esplosione di piacere che mi faceva urlare. Luca mi riempiva di sé, del suo sperma caldo che gocciolava dalla mia fica ad ogni estrazione, bagnando le nostre cosce unite. I suoi baci erano ovunque, sul mio collo, sui miei seni, sul mio ventre, mentre mi accarezzava la coscia e la cicatrice che Maria mi aveva lasciato.
Quel pomeriggio fu un turbine di emozioni, un sesso che andava oltre il corpo, che coinvolgeva l'anima. Ero sua, e lui era mio, in un modo che con Tommaso non avevo mai conosciuto.
Io e Luca eravamo come veri amanti, il mio viso appoggiato al suo petto ancora ansimante, il suo odore che mi inebriava. Le sue dita che giocavano con le ciocche umide di sudore dei miei capelli.
Luca ruppe il silenzio, la sua voce un sussurro profondo che mi faceva vibrare fin nelle ossa: "Sonia... quando hai intenzione di lasciare Tommaso? Non ce la faccio più a stare così, a metà. Ti voglio tutta per me."
Sentii un brivido freddo, ma anche una punta di eccitazione. Sollevai la testa, i miei occhi nei suoi. "Amore," gli dissi, la voce morbida, quasi un lamento, "lo so. Lo so che è difficile, ma non posso fare tutto in un colpo. Tommaso... Tommaso è un bravo ragazzo, e io non voglio ferirlo. Ci vuole tempo, capisci? Devo trovare il modo giusto." Accarezzai la sua guancia, cercando di convincerlo con il mio tocco.
Lui sospirò, gli occhi che cercavano i miei con insistenza. "Ma allora... mi ami, Sonia? Lo dici davvero? O sono solo una distrazione?"
Esitai un attimo, la mia mente che macinava opzioni. Il mio cuore batteva forte, ma non per paura, per l'emozione. Presi il suo viso tra le mani, le mie dita che tracciavano i contorni della sua mascella. Lo guardai dritto negli occhi, la mia voce piena di una sincerità che era quasi vera. "Luca," gli risposi, "ti amo. Ti amo, tu non sei un passatempo, e dicendolo mi offendi. Tu sei l'unico a cui ho ceduto, l’unico con cui ho tradito il mio fidanzato." E, a metà strada tra la menzogna e la perversione che mi faceva godere a dire quelle parole, lo baciai di nuovo, un bacio lungo, profondo, che voleva essere una conferma di ogni parola.
Quando ci staccammo, il suo respiro era ancora affannoso. La sua voce divenne più cupa, più sospettosa. "E Mario? Mi devi dire la verità, Sonia. Ci sei andata a letto con lui, vero? Ho visto come lo guardavi..."
Il mio cuore ebbe un sussulto. Scossi la testa, negando con forza. Gli presi le mani, stringendole. "No, amore, non è vero! Te lo giuro, non sono andata a letto con Mario! Te l'ho già detto, siamo andati a ballare. Io, lui e altri suoi amici. Solo un giro in disco, divertimento innocente, niente di che. Non essere stupido, Luca!" La mia voce era flebile e convincente, un capolavoro di manipolazione.
Ma la sua domanda successiva mi colse alla sprovvista, facendomi quasi sussultare. "E il concerto a Cesena? Non mi hai detto niente di quello. Tommaso mi ha accennato qualcosa, ma tu... tu non hai menzionato il concerto." Oh, cazzo! Il concerto! Me n'ero completamente dimenticata! La sua domanda mi mise in crisi, i miei occhi si spalancarono per un istante. Sentii il panico montarmi dentro, la mia mente che cercava disperatamente una via d'uscita.
"Il... il concerto?" Balbettai, cercando di recuperare. "Ah, sì... è stato un po' noioso, in realtà. Non era granché. Siamo rimasti poco, poi abbiamo deciso di cambiare aria, di andare a ballare. Non volevo annoiarti con i dettagli, tutto qui." Cercai di mentire, improvvisando dettagli vaghi, cercando di essere il più convincente possibile. Gli strinsi le mani ancora di più, quasi per trasmettergli la mia "sincerità".
Ma Luca non credette alle mie parole. I suoi occhi si trasformarono, la sua faccia divenne scura, la mascella tesa. "Sei una puttana!", la sua voce bassa ma carica di rabbia. Si divincolò dalla mia presa. "E con Mario ci vai a letto, eccome! L'ho visto come lo guardavi, Sonia! Quel bacio all'ingresso... ti ho vista, non sono stupido! E ora questa storia del concerto... mi stai mentendo, Sonia! Mi stai prendendo in giro!"
Sentii le lacrime salire, vere lacrime di frustrazione e forse un pizzico di paura di perderlo, o forse solo il piacere di vederlo così tormentato. Cominciai a singhiozzare, negando con tutta la forza che avevo. Mi gettai di nuovo su di lui, abbracciandolo stretto. "No, no, Luca, non è vero! Io ti amo! Davvero! Lui è solo un amico, un'amicizia stupida, lo giuro! Ti prego, credimi! Ti dimostrerò che ti amo, che sei tu l'unico! Ti prometto che Mario non sarà più un problema, lo allontanerò dalla mia vita! E con Tommaso... con Tommaso troverò il modo, te lo giuro!" Gli feci promesse su promesse, stringendomi a lui, dicendo che avrei tagliato i ponti con Mario, che avrei pensato solo a noi, che avrei accelerato i tempi per Tommaso. Promesse che sapevo avrebbero finito per intricare ancor più la situazione, legandomi a lui con catene ancora più sottili e complesse.
Rimanemmo ancora a letto, abbracciati, ma Luca era visibilmente poco convinto, ancora teso per le mie bugie e per il suo sospetto. Le sue domande avevano lasciato un'ombra tra noi, e io sentivo il bisogno di placarlo, di riconquistare la sua fiducia con l'unico mezzo che conoscevo alla perfezione. Gli accarezzai il petto, il mio viso ancora nascosto nell'incavo del suo collo, sentivo il suo cuore battere forte.
Alzai la testa, i miei occhi nei suoi, e senza dire una parola, gli presi il cazzo in bocca. Era ancora un po' floscio, ma la mia lingua è un'artista. Cominciai a succhiarlo con delicatezza, poi con più decisione, le mie labbra che si muovevano esperte, la mia lingua che tracciava ogni contorno, ogni vena. Sentii il suo respiro cambiare, le sue dita che si stringevano nei miei capelli. Abilmente, lo feci tornare duro, una reazione che conoscevo così bene, una conferma del mio potere su di lui.
Gli feci un delizioso pompino, prendendolo tutto in bocca, sentendo la sua cappella che picchiava contro il fondo della mia gola. Succhiavo e leccavo con avidità, il mio corpo che vibrava a ogni suo sospiro, mentre lui spingeva più a fondo. Volevo che si dimenticasse di ogni dubbio, di ogni gelosia, che si perdesse completamente nel piacere che gli stavo procurando.
E quando venne, gustai il suo sperma fino all'ultima goccia. Lo sentii caldo e denso riempirmi la bocca, il suo sapore salmastro e dolciastro che scivolò giù per la mia gola. Inghiottii ogni singola goccia, un rito che sigillava la nostra unione e il mio dominio su di lui. Era il sapore della vittoria, della sua sottomissione al mio piacere.
Subito dopo, mentre il suo corpo era ancora tremante e appagato, arrivò il messaggio di Marco sul suo telefono: stavano tornando. Il tempo era scaduto. Baciai Luca con passione, un bacio dolce ma carico di significato. "Amore mio," gli sussurrai con la voce più rassicurante che potevo, "te l'ho detto, ti amo. Non devi avere dubbi. Quello che abbiamo qui... è la cosa più vera che ho mai avuto. Ti prometto che troverò il modo, che sistemerò tutto. Voglio solo te."
Gli accarezzai il viso, i suoi occhi che cercavano i miei, e vidi la speranza riaccendersi nel suo sguardo. Ero una tessitrice di sogni e di bugie, e lui era completamente intrappolato nella mia tela.
Baciai Luca, lasciandolo lì nella sua camera, con la testa piena di false promesse e il corpo appagato. Poi feci ritorno nella mia, sentendo ogni muscolo che mi ricordava il pomeriggio intenso. La prima cosa che feci fu una doccia. L'acqua calda mi scivolò addosso, portando via il sudore e il poco sperma rimasto, ma non l'odore che sentivo ancora impregnato nella pelle, nei capelli, un odore di sesso che mi eccitava e mi ricordava la mia vera natura.
Dopo la doccia, indossai un leggero vestito estivo, un prendisole dai colori vivaci, per sembrare fresca e spensierata. Misi un po' di profumo, e poi scesi al bar dell'hotel.
Appena arrivai, incrociai il mio ragazzo. Tommaso mi vide e i suoi occhi si illuminarono. Mi venne incontro con un sorriso da bambino felice, la faccia accaldata dal sole e dall'attività fisica. "Amore!" esclamò, quasi saltellando. "Non sai che giornata fantastica! Siamo andati su per quelle salite che ti dicevo, e il panorama era mozzafiato! Marco è un vero campione, mi ha tirato su che ero quasi morto! E poi abbiamo fatto una discesa a rotta di collo, un'adrenalina pazzesca! Tu come stai? Ti sei riposata in spiaggia?"
Lo guardai, con il mio sorriso più dolce e innocente. "Oh, Tommaso," gli risposi, "che bello che ti sei divertito! Io... sì, ero un po' stanca di stare in spiaggia, troppo caldo. Così sono salita un po' prima, ho fatto una doccia e mi sono rilassata." Gli accarezzai un braccio, un gesto affettuoso.
Tommaso, accaldato e ignaro, salì a farsi la doccia. Io restai lì al tavolino, con la mia bibita davanti, la mente già proiettata altrove. Non avevo ancora sentito Mario, e la mia libidine stava crescendo. Così, presi il telefono. Volevo provocarlo, stuzzicarlo, fargli capire che ero sua, anche se il mio corpo era appena stato con Luca. Gli mandai un messaggio.
Sonia: Ciao, padrone. 😇 La tua schiavetta si annoia senza di te. Dove sei finito? 😈 Mario: Ah, la mia puttana sente la mancanza del suo cazzo? 🍆 Sono in giro a sbrigare affari, ma la mia mente è su di te, sgualdrina. 🍑 Sei pronta per me? Ti aspetto per farti sborrare il cervello. Sonia: Sempre pronta per te, padrone. La mia fica pulsa al solo pensiero dei tuoi ordini. 🌶️ Mi stai facendo bagnare già adesso, con queste parole. Mario: Bene, troia. Voglio che tu sia bagnata fradicia quando ti prenderò. 💦 Hai pensato a quanto ti piace farti scopare? Ti aspetto al varco. Ogni buco sarà mio. 😈 Sonia: Oh, padrone, la mia mente non fa altro che pensare a quello che mi farai. 🤤 La mia fica è già una cascata per te. E il mio culetto... beh, il mio culetto non vede l'ora di sentirsi pieno del tuo grosso cazzo. Non vedo l'ora che tu mi riempia. 🥵 Mario: Non farmi aspettare troppo, puttana. La mia verga è già dura e pronta a spaccarti in due. 🦴 Voglio sentire la tua bocca sul mio cazzo, la tua lingua che lo pulirà fino all'ultima goccia. E poi ti fotterò fino a farti urlare. 💪 Sonia: La mia bocca è già aperta, padrone. 💋 E la mia lingua è pronta a servirti. Ogni goccia sarà un nettare per me. Mi piace farti urlare, ma mi piace ancora di più quando sei tu a farmi urlare, forte, come una cagna in calore. 🐾 Non vedo l'ora di essere tua. Fammi urlare, padrone. Fammi tua. 🔗
Ero ancora lì, a digitare come una forsennata, con la mia fica che pulsava per le parole sporche di Mario, quando arrivò Alessandro, il ragazzo carino che avevo incontrato al mattino. Gli sorrisi, e lui si sedette al tavolino. Misi via il telefono, con un piccolo sospiro di delizia, e cominciai a parlare con lui. Erano chiacchiere leggere e innocenti, ciò di cui avevo bisogno dopo la chat con Mario. Lui era proprio un bravo ragazzo alla buona, in vacanza con i genitori, e la sua semplicità mi faceva sorridere.
Ma la pace durò poco. Arrivò Luca. Mi guardò male, e poi si sedette con noi, la sua presenza come una cappa di piombo. Con Alessandro non si mostrò certo simpatico, anzi. Fu freddo, scostante, e questo mi infastidì. Vidi Alessandro capire l'antifona. Mi salutò con un sorriso dispiaciuto e se ne andò.
Guardai Luca, i miei occhi che lanciavano frecce. "Sei stato villano, Luca," gli dissi, la voce fredda. "La tua gelosia ossessiva comincia a non piacermi per niente. Non puoi fare così con le persone." Lui provò a ribattere, ma non gli diedi tempo. Mi alzai e me ne andai, lasciandolo lì con la sua rabbia.
Salii da Tommaso. Aveva fatto la doccia ed era ancora tutto bagnato, i capelli scuri che gli ricadevano sulla fronte, le goccioline d'acqua sul petto. La sua presenza era un balsamo, un ritorno alla "normalità" che, in fondo, mi serviva per mantenere l'equilibrio. L'abbracciai forte e lo baciai. Con lui, il mio amore era sincero, o almeno, la parte di me che era ancora capace di innocenza. Lo strapazzai dolcemente come fosse un bambinone, giocai con lui, i nostri scherzi leggeri che cancellavano, almeno per un po', il peso dei miei segreti.
Poi, da brava fidanzatina, raccolsi le sue cose sparse e iniziai il bucato, l'occasione buona per lavare un po' di mutandine... Piccoli, sporchi segreti lavati via, per poi sporcarne altri.
Strofinavo le mie mutandine sporche – una per una, ogni strofinata un ricordo perverso, ma la mia mente era su Luca, sulla sua scenata, sulla sua gelosia oppressiva. Ero arrabbiata con lui, e volevo fargliela pagare.
Così, chiesi a Tommaso di passare la serata solo noi due. La mia voce era dolce, ma ferma. Lui, il mio ingenuo e adorabile Tommaso, non capì nulla del mio vero intento. Era un po' imbarazzato, perché sapeva che avrebbe dovuto trovare un modo per liberarsi dagli altri due, da Marco e Luca. Ma accettò, con il suo solito sorriso affettuoso.
A cena, evitai Luca in tutti i modi. I miei occhi non incontrarono i suoi, la mia voce non si rivolse a lui se non per risposte monosillabiche e necessarie. Il suo sguardo cercava il mio, ma io ero una statua di indifferenza. Volevo che sentisse il peso della mia distanza.
Al bar, dove eravamo tutti e quattro per il caffè, lo evitai in modo ancora più evidente. Mi girai di spalle, parlai solo con Tommaso e Marco. Luca era lì, un fantasma invisibile per me. Tommaso notò un pochino la tensione, ma lui non era certo il tipo che poi ci ragionava su, grazie al cielo. Marco, invece, che era più sveglio, vide tutto e cercò di fare da cuscinetto tra me e Luca, con la sua solita goffaggine amichevole.
Poi, io e Tommaso uscimmo dall'hotel, lasciando Luca e Marco al bar. Non guardai indietro. Volevo solo concentrarmi sulla mia vendetta silenziosa e sul piacere di avere Tommaso tutto per me, almeno per quella sera.
Subito, appena usciti, il mio telefono iniziò a vibrare, e sapevo che era Luca. Messaggi su messaggi, una tempesta di scuse e richieste. Ma io non li guardai nemmeno. Avrebbe dovuto imparare a tenere a freno la sua gelosia.
Fu una serata tranquilla, proprio come quella di una normale coppia in vacanza. Io e il mio fidanzato, passeggiammo per le affollate vie di Rimini, tra negozi che vendevano più o meno le stesse cose, gelaterie e locali pieni di gente. Da Intimissimi comprai degli slip in cotone che mi servivano e un costume che piaceva molto a Tommaso.
Rientrammo in hotel prima di mezzanotte, mano nella mano, come due innamorati. Marco e Luca erano seduti fuori, e non potemmo non fermarci. Presi la mia busta con i nuovi acquisti, salutai velocemente i due amici e salii in camera. Ero ancora arrabbiata con Luca per la sua scenata e non me la sentivo di fermarmi lì a fare la carina.
Mi ero da poco spogliata e giravo per la camera in intimo, sistemando i nuovi acquisti. Sentii bussare alla porta. "Chi è?" chiesi, prima di aprire. "Sono Luca," rispose la sua voce, un po' tesa. "Cosa vuoi?" gli domandai. Lui mi supplicò di farlo entrare. La mia prima risposta fu un secco "No," ma dietro la sua insistenza, cedetti. Aprii la porta quel tanto che bastava per farlo scivolare dentro, poi la richiusi subito.
Gli voltai le spalle, facendo la sostenuta, dandogli le spalle mentre fingevo di riordinare le mie cose. Ma sentivo il suo sguardo bruciarmi addosso. Poi, mi abbracciò da dietro. Le sue braccia si avvolsero intorno a me, e sentii il suo respiro sul mio collo. "Sonia, ti prego, scusami," sussurrò. "Mi dispiace per come mi sono comportato prima, per la mia gelosia stupida. Sono stato uno stronzo."
Mi feci pregare un po', giusto per fargli sentire il peso delle sue azioni. Poi, lentamente, mi girai e gli sorrisi. Un sorriso che era un misto di perdono e di potere. "Pace?" chiese lui, con gli occhi pieni di speranza. Io gli risposi con un sorriso, senza dire una parola. Le mie azioni parlavano più delle parole.
Per sdrammatizzare, lui mi chiese: "Ehi, cos'hai comprato? Non me le fai vedere indossate?"
Lo guardai, il mio sorriso malizioso che prometteva un inferno di piacere. La sua domanda mi aveva dato l'occasione perfetta per torturarlo, per farlo implorare.
"Ma certo, amore," gli risposi, la voce mielosa, quasi un sibilo, ma con un tono che sapeva di sfida e controllo. "Perché no? Ma c'è una condizione." Lasciai che la curiosità gli divorasse l'anima, che il desiderio gli bruciasse dentro. "Voglio che tu mi aiuti a scegliere. E poi... poi sarò io a decidere come e quando ti farò vedere il resto." Gli feci un occhiolino, pieno di promesse non dette, e il mio sguardo scivolò dal suo viso al mio corpo, indugiando un attimo sulla curva del mio seno, poi sul mio ventre piatto e sulle mie cosce, come a invitarlo a immaginare.
Senza aspettare la sua risposta – sapevo che era già intrappolato – mi girai verso la busta di Intimissimi. Ne tirai fuori gli slip in cotone che avevo appena comprato e il costume. Li appoggiai sul letto, invitandolo con un gesto del capo. La mia mente era già a mille, a fantasticare su come avrei potuto usare quei nuovi acquisti per tormentarlo, per eccitarlo, per legarlo ancora di più alla mia perversione.
Presi il costume nuovo, il pezzo di sopra, e lo provai davanti a lui, lasciando che i miei seni premessero contro il tessuto, modellandosi alla perfezione. Luca mi divorò con gli occhi, il suo sguardo che bruciava sul mio corpo. "Ti piace?" gli chiesi, con un tono innocente ma provocante, mentre mi giravo lentamente, per mostrargli ogni angolazione.
Poi, con un sorriso malizioso, tolsi il mio tanga bianco e il pezzo di sopra del costume. Luca rimase senza fiato. I suoi occhi corsero sul mio corpo nudo, fermandosi sulla mia fica sfacciatamente esposta, che gocciolava per l'eccitazione. Mi sentii una dea del sesso, potente e desiderata. "E questi?" gli chiesi, indicando gli slip in cotone nuovi sul letto. "Vuoi che li provi anche quelli? O preferisci vedermi senza niente?" La mia voce era un sussurro, un invito chiaro.
Luca mi guardò, gli occhi lucidi di desiderio, la sua bocca leggermente aperta. Deglutì, e vidi chiaramente la sua erezione farsi strada sotto i pantaloni. Era completamente in mio potere.
"Sonia..." sussurrò, la voce roca. "Voglio... voglio vederti senza niente. Voglio solo te, così come sei." La sua mano si allungò, incerta, verso il mio ventre.
Sorrisi, un sorriso che era puro trionfo. "Bravo ragazzo," gli dissi, con un tono che era una carezza e un comando insieme. "Allora sai cosa devi fare." Feci un passo indietro, allontanandomi leggermente dalla sua portata. "Se mi vuoi così, devi meritartelo.”
"Luca," gli sussurrai, la voce un soffio roco, "voglio che mi lecchi la figa. Voglio che mi tu faccia venire solo con la tua lingua, mentre io resto qui, a guardarti. Voglio vedere la tua faccia mentre mi fai godere." Era una sfida, un comando, e lui annuì con gli occhi ardenti.
Si chinò in avanti, e la sua lingua scivolò sulla mia fica come un serpente affamato. Un tocco leggero, quasi timido all'inizio, poi divenne più deciso, più avido. Luca iniziò a leccare, a succhiare, a mordicchiare delicatamente il mio clitoride. Ogni movimento della sua lingua mi faceva gemere, un suono gutturale che usciva dalla mia gola. Le sue labbra calde avvolsero la mia fica, succhiandomi con foga, e io sentii il mio corpo tremare.
Mi aggrappai al bordo del letto, le dita che si stringevano con forza, mentre la mia testa si rovesciava all'indietro. Non chiusi gli occhi nemmeno per un istante. Volevo vederlo, vederlo mentre mi faceva godere, mentre la sua lingua e la sua bocca erano completamente al mio servizio. Il suo respiro era affannoso, il rumore delle sue labbra era l'unica musica in quella stanza.
Luca si diede completamente, la sua lingua che esplorava ogni piega, ogni punto sensibile della mia fica. Premette più forte, poi tirò indietro, alternando ritmi, facendomi impazzire. Sentii il calore accumularsi dentro di me, una marea montante di piacere. Il mio corpo si inarcò, le gambe che si stringevano intorno alla sua testa, ansimando in un unico lamento di godimento.
E poi, l'orgasmo arrivò. Una scarica elettrica, un'esplosione che mi scosse dalle fondamenta. Urlai, forte, con la voce rauca, mentre il mio corpo si contraeva violentemente e la mia figa sbatteva sulla sua bocca. Sentii il mio umore riversarsi sulla sua lingua, caldo e abbondante. Luca non si fermò, continuò a succhiare, quasi a voler assorbire ogni singola goccia del mio piacere. Era un vero goloso, e io lo adorai.
Si alzò, e mi baciò con una passione che sapeva di gratitudine e di desiderio ritrovato. Restammo lì stretti, a baciarci teneramente, come due veri amanti dopo un litigio. Ogni bacio era una riconciliazione, un modo per sigillare di nuovo il nostro legame, sebbene fosse costruito su tante bugie. Poi, con un ultimo bacio sulla soglia, lo salutai. Richiusi la porta e sorrisi soddisfatta. Luca era di nuovo al mio guinzaglio, la sua gelosia placata, la sua voglia appagata. La mia astuzia aveva vinto ancora.
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