Sonia & Tommaso - Capitolo 21: Nuove tentazioni
di
Sonia e Tommaso
genere
tradimenti
Il mattino seguente, lunedì, mi svegliai serena accanto al mio Tommaso. La sera prima, poco dopo che Luca se n'era andato, lui era arrivato. Tranquillo e beato come sempre, il mio porto sicuro e ingenuo. Fui particolarmente dolce con lui, e dopo aver fatto l'amore, ci addormentammo placidamente.
A colazione, incontrammo Marco e Luca. Tra noi tutto si era rasserenato, o almeno così sembrava. Loro ci dissero che quello era il loro ultimo giorno di vacanza e che sarebbero partiti l'indomani nel pomeriggio. Tommaso già lo sapeva, ma io non me l'aspettavo. Mi dispiaceva, ma in fondo i giorni erano ormai contati anche per noi.
Uscendo dalla hall per recarci in spiaggia, venni quasi travolta da due bimbi che correvano felici. Un maschietto e una bambina, entrambi con la faccia da monelli. La madre che li inseguiva, una bella donna sulla quarantina, si scusò prontamente con me.
Arrivò anche il marito, e lì, il mio cuore ebbe un sussulto che non provava da tempo. Un bellissimo uomo, come se ne vedono pochi. Alto almeno 1,90, fisico slanciato, abbronzato, capelli sale e pepe che lo rendevano incredibilmente affascinante, e occhi di un azzurro chiaro, così penetranti che mi ci persi subito, sentendomi ridicola nel mio impaccio.
Dallo sguardo che mi diede, capii che anch’io avevo fatto colpo su di lui. Un lampo di interesse, una scintilla che attraversava i suoi occhi. La sua voce era maschia, sensuale, senza nessuna inflessione. Emanava un profumo da uomo inebriante: tabacco forse, o cannella, assieme a un vago sentore di vaniglia.
Li salutammo velocemente proseguendo verso la spiaggia. Tommaso mi fece subito notare che erano una bella coppia e che anche i loro bimbi lo erano. Io annuii, incapace di parlare. Avevo la bocca asciutta, e la mia fica aveva già iniziato a fremere per quel nuovo, improvviso incontro.
Quella mattina la passammo con Marco e Luca. Erano gli ultimi momenti da passare assieme, e l'aria tra noi era un po' malinconica. Le occasioni di intimità furono poche, ridotte a sguardi rubati e a qualche toccatina furtiva. Ma bastarono per sussurrarci parole dolci all'orecchio e un paio di rapidi baci, nascosti agli occhi di Tommaso. Ogni contatto fu una conferma silenziosa delle promesse fatte il giorno prima, un segreto che ci legava e mi eccitava in modo perverso. Luca era visibilmente dispiaciuto di partire, ma io sapevo che la nostra storia era solo sospesa, e non sarebbe finita lì.
La gradita sorpresa mi giunse a pranzo. Appena entrati nella sala ristorante, vidi che la bella famigliola incontrata al mattino, aveva il tavolo proprio accanto al nostro. L’energia dei loro bambini riempiva l'aria, erano chiassosi, ma non era certo questo a turbarmi. I miei occhi corsero subito su di lui. Luca, Mario, persino Tommaso... tutto svanì nel momento in cui i suoi occhi s’incrociarono con i miei.
Sedeva rivolto verso di me, e i suoi sguardi..., i suoi sguardi mi scioglievano. Quegli occhi, di un azzurro così chiaro e intenso, mi facevano sentire nuda. La mia fica vibrava di un brivido incontrollabile. Ero imbarazzata, le guance in fiamme, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo. Lui mi piaceva molto, anzi, moltissimo. Era come se i suoi occhi avessero un potere ipnotico, capaci di farmi dimenticare il mondo intero. Tutto si ridusse a quel tavolo, a quello sguardo che mi trapassava l'anima.
Si capiva subito che era scaltro e diretto, un uomo abituato a ottenere ciò che voleva. Davanti a lui, io, la manipolatrice Sonia, mi sentivo bloccata, incapace di reagire. Come se quello sguardo mi ipnotizzasse, tenendomi prigioniera. Non c'era volgarità, non c'era l'arroganza di Mario, solo una curiosità affilata, una promessa silenziosa che mi faceva venire la pelle d'oca.
La moglie, indaffarata con i figli, forse ci aveva fatto l'abitudine, ma lui mi guardava senza ritegno, senza abbassare gli occhi nemmeno per un istante. Mi sorrise, un sorriso lento e sicuro di sé, quasi sfacciato, incurante della presenza di Tommaso e di sua moglie. Un sorriso che mi diceva: "Ti ho vista. E ti voglio."
Dopo pranzo, andai in spiaggia. La televisione trasmetteva un'importante partita, e i ragazzi, presi dalla loro passione calcistica, mi lasciarono sola. L'occasione perfetta per prendere un po' di sole e, magari, perdersi in pensieri proibiti. Indossavo un bikini nero, abbastanza ridotto. Non troppo, non è nel mio stile essere volgare, ma sul mio corpo era comunque molto sensuale. Mi sdraiai sul lettino a pancia sotto e, per evitare antipatici segni dell'abbronzatura, sciolsi i laccetti del top. La mia pelle era pronta a baciarsi con il sole.
Improvvisamente, una pallonata, seguita da una manciata di sabbia, mi colpì. Niente di grave, ma mi alzai di scatto, scoprendo un po' il seno, balzato fuori dal bikini allentato. Un bimbo arrivò di corsa a recuperare la palla, subito seguito dal padre che, con un sorriso imbarazzato, mi chiese scusa.
Mi bloccai, senza accorgermi che gli stavo mostrando il seno nudo, e i miei capezzoli tesi. Era lui, l'uomo dello sguardo ipnotico a pranzo. In risposta alle sue scuse, balbettai qualcosa di incomprensibile, la mia voce un groviglio di suoni. Lui sorrise, un sorriso che sapeva già di vittoria. Porgendomi la mano: "Piacere, Nicola," disse, dandomi subito del tu.
In quel momento, i miei occhi scesero al mio seno nudo, e la faccia mi andò a fuoco, cercando di coprirmi con movimenti impacciati, quasi ridicoli. Lui mi sorrise ancora, un sorriso che diceva "so di piacerti, e mi piace che tu lo sappia".
Si sedette sul lettino di Tommaso, accanto al mio. "Tutto bene?" mi chiese, la sua voce maschia e sensuale che risuonava nelle mie orecchie.
"Sì... sì, tutto bene," riuscii a rispondere, cercando di ricompormi. "I bambini... sono vivaci, eh?"
Lui rise, un suono profondo e piacevole. "Già. Sono il nostro terremoto quotidiano. E tu, invece? Sei qui in vacanza con il fidanzato?"
Esitai un attimo, poi decisi per la verità, o quasi. "Si, sono qui con il mio ragazzo. Tommaso," gli dissi, il suo nome quasi un peso sulla lingua. "E voi?"
"Io con mia moglie e i miei figli," rispose Nicola, senza distogliere lo sguardo. "Ti ho notata stamattina, e poi a pranzo. Sei molto bella, sai?"
Le mie guance arrossirono ancora di più. "Grazie," mormorai, sentendomi una ragazzina inesperta. "Anche tu..."
"E da dove vieni?" continuò lui, diretto, senza tanti giri di parole.
"Da Cremona," risposi, la mia voce appena un sussurro. "E tu?"
Un sorriso si allargò sul suo viso. "Anche. Non siamo poi così lontani, vero?" Il suo sguardo era intenso, e sentii una scarica elettrica percorrermi il corpo. La mia fica rispose immediatamente, un brivido di desiderio che mi fece stringere le cosce. La conversazione era innocente, un dialogo soft, ma sotto sentivo già la tensione, perché i suoi occhi mi dicevano molto di più.
La nostra conversazione fu interrotta dall'arrivo di Luca. Sapeva che ero sola, e subito ne aveva approfittato. Notando Nicola seduto accanto a me, il suo viso si rabbuiò all'istante.
Vedendolo avvicinarsi, Nicola mi guardò con un'espressione divertita, quasi un'intuizione. "È il tuo ragazzo?" mi chiese, con un tono leggero, ma con gli occhi fissi sui miei, come a sondare la mia reazione.
Confusa, con la mente che cercava di elaborare una risposta: "Sì... no! Cioè..." balbettai, la mia faccia che andava a fuoco.
Lui mi sorrise, un sorriso complice, come se avesse intuito perfettamente la mia situazione. "Tranquilla," aggiunse, abbassando leggermente la voce, "non lo dico a Tommaso." E mi fece l'occhiolino, un gesto sfacciato e irresistibile. Arrossii nuovamente, un sorriso imbarazzato che mi spuntò sulle labbra. Poi, con un ultimo sguardo che mi fece vibrare l'anima, si alzò e se ne andò, lasciandomi di fronte a Luca.
Luca mi chiese subito: "Chi è quello?" con la voce bassa e carica di gelosia. "Cosa voleva?"
Lo lasciai parlare, la sua rabbia mi era quasi indifferente. Poi, senza dire una parola, lo tirai a me e gli diedi un bacio. Un bacio che era un mix di rassicurazione e ammonimento. "Non fare sempre il geloso, Luca," gli dissi, la voce dolce ma con un tono fermo. "È solo un uomo che ho incontrato e con cui stavo scambiando quattro chiacchiere."
Girando lo sguardo, vidi che poco lontano, seduto sul suo lettino, Nicola mi guardava e mi sorrideva. Un sorriso che era una promessa, una sfida, e che mi fece sentire di nuovo nuda sotto i suoi occhi azzurri.
A cena, come se fossero complici del padre, i figli di Nicola non rimasero fermi un istante. Girovagavano per la sala, prendendo particolarmente di mira me e il mio fidanzato con un sacco di domande infantili. Con la scusa di venirli a riprendere, Nicola venne al nostro tavolo e si presentò a Tommaso. Il mio cuore fece un balzo. Per l'occasione, mi ero messa qualcosa di veramente sexy e carino, un abito leggero che accarezzava le mie curve senza rivelare troppo, ma lasciando intuire la passione che mi bruciava dentro.
Dopo cena, lui e Tommaso iniziarono a parlare. Li ascoltavo, sentendo la tensione crescere tra me e Nicola, una tensione che Tommaso, ovviamente, non poteva percepire.
Il bar, a quell'ora, era sempre piuttosto affollato, un mare di gente e rumore. L'occasione perfetta per rubare un momento. E approfittando di un attimo di confusione, Nicola mi venne vicino. La sua voce sensuale, un sussurro che mi accarezzò l'orecchio. "Cosa hai intenzione di fare di bello questa sera, Sonia?" mi chiese. La sua domanda, al di là delle semplici parole, lasciava intravedere qualcosa di molto intimo, una promessa di segreti e trasgressioni.
"Faremo una passeggiata, io e il mio fidanzato," gli risposi, cercando di mantenere un tono casuale, ma la mia voce era un po' roca per l'emozione.
Mi guardava con un sorriso sfacciato, i suoi occhi azzurri che bruciavano sui miei. "E poi?" chiese, la sua voce ancora più profonda. "Che ne dici di trovarci in terrazza? Quella grande, quella sul tetto... Ci sarà solo la luna a guardarci." La sua proposta era sfacciata, sicura, diretta, proprio come avevo pensato. Il mio cuore iniziò a martellare nel petto, e la mia fica rispose subito, bagnandosi per l'eccitazione.
Lo guardai, un istante che sembrò un'eternità. Il mio sorriso che si allargava, un misto di sfida e desiderio incontenibile. Non potevo rifiutare una proposta del genere. Non io.
"Certo, Nicola," gli risposi, la voce un sussurro complice, quasi un gemito. "Ma fai attenzione... la luna è molto curiosa." Gli feci l'occhiolino, un invito chiaro e inequivocabile, la mia risposta che prometteva molto più di un semplice incontro notturno, mentre il mio sguardo scivolava sulle sue labbra, immaginando già il sapore dei suoi baci. Poi, con un piccolo movimento di testa, gli feci capire che ero sua, almeno per quella notte.
La passeggiata con Tommaso, tra le vie affollate di Rimini, mi trovò abbastanza nervosa e pensierosa. Anche se cercavo di non farmi accorgere, meditavo freneticamente su come fare ad uscire dalla camera senza farmi sentire, per l'appuntamento con Nicola sulla terrazza. E lì, come un lampo, mi tornarono in mente le gocce! Quelle che Mario mi aveva dato, per far dormire Tommaso come un sasso. Ma come fargliele prendere? Il pensiero mi ronzava in testa, una soluzione audace, ma rischiosa.
Tornati in hotel, Tommaso si fermò a giocare a carte con Marco e Luca. Era l'occasione perfetta. Con una scusa qualsiasi – "Vado a prendere il caricabatterie," o "Ho dimenticato gli occhiali" – salii in camera. La mia intenzione era prendere le gocce, e poi avrei pensato a come usarle.
Ma non appena varcata la soglia della mia stanza, sentii un passo dietro di me. Luca mi aveva subito seguita. Pensava che lo avessi fatto per lui, che volessi un ultimo momento di intimità prima della sua partenza. E dopotutto, era la sua ultima sera lì con me. Non potevo negarglielo, non del tutto. Luca era una parte importante della mia perversione.
Chiuse la porta dietro di sé, e un'ombra di eccitazione calò nella stanza. Abbracciandomi da dietro, Luca mi strinse forte, il suo respiro caldo sul mio collo. "Sonia," sussurrò, la voce carica di desiderio, "non volevo andarmene senza un ultimo addio, solo noi due."
Mi girai tra le sue braccia, i suoi occhi che cercavano i miei. Sentivo il suo cazzo già duro premere contro il mio ventre. La mia rabbia per la sua gelosia era svanita, sostituita da un misto di affetto, desiderio e quel tocco di crudeltà che mi piaceva infliggergli, sapendo che sarebbe partito.
"Luca," gli sussurrai a mia volta, "la tua gelosia mi fa impazzire, lo sai." Ma la mia voce era un lamento dolce, non un rimprovero. Lo baciai, un bacio profondo, famelico, che sapeva di addio e di promessa non mantenuta. Le mie mani corsero sulla sua nuca, tirando leggermente i suoi capelli.
In pochi istanti, i nostri vestiti finirono a terra, un mucchio di stoffa sul pavimento. Luca mi sollevò, spingendomi contro il muro, mentre le mie gambe si avvolgevano attorno alla sua vita. Il suo cazzo entrò in me con una foga incredibile, un ultimo assalto di passione prima della partenza. Gemevo, il rumore della nostra pelle che sbatteva contro il muro che riempiva la stanza.
Mi ha scopata lì, in piedi, con spinte profonde e potenti. I miei seni sbattevano contro il suo petto, le mie natiche contro il muro. Aggrappata a lui, le mie unghie affondavano nella sua schiena, i miei gemiti diventavano urla soffocate. Ogni spinta era un addio, ogni gemito un ricordo.
Venimmo assieme, un orgasmo che mi lasciò tremante, le gambe molli, mentre la sua sborra mi riempiva fino all'orlo. Mi teneva stretta, il suo corpo che premeva ancora contro il mio, il suo respiro affannoso sul mio collo. Il suo seme era ancora caldo dentro di me, ma la mia mente era già oltre. "Amore," gli sussurrai, staccandomi delicatamente da lui, "dobbiamo andare. Tommaso potrebbe insospettirsi se non mi vede tornare. Non voglio che roviniamo tutto." La mia voce era un misto di urgenza e di falsa preoccupazione. Lui capì, e con un ultimo bacio famelico, mi lasciò andare.
Le gocce erano già nella mia borsetta, un piccolo flacone discreto, che avevo preso velocemente dalla mia valigia dei segreti. Ora dovevo solo trovare il modo di fargliele prendere. Era la mia arma segreta per la notte.
Scendemmo di nuovo al bar. Tommaso, Marco erano ancora lì a chiacchierare. Andai al bancone. "Due birre, per favore," chiesi, una per me e una per Tommaso.
Quando il barista appoggiò i bicchieri, con un movimento rapido e discreto, presi il flaconcino dalla borsetta. Mentre Tommaso era distratto a raccontare una delle sue storie a Marco, versai le gocce nella sua birra. Non ero sicura di quante ne fossero scese, ma speravo che bastassero.
Dopo una ventina di minuti, Tommaso iniziò a dare i primi segni di sonnolenza, e i suoi occhi si fecero pesanti, i suoi sbadigli sempre più frequenti. "Amore," gli dissi, con un tono preoccupato ma dolce, "sembri stanco morto. Forse è meglio se andiamo a letto."
Lui annuì, quasi incapace di ribattere. Salutammo gli amici – Luca mi lanciò un ultimo sguardo, un misto di desiderio e curiosità per la mia "premura" verso Tommaso – e ci ritirammo nella nostra camera. Il mio cuore batteva forte, non solo per il rischio, ma per l'eccitazione di ciò che sarebbe successo di lì a poco. La strada per Nicola era spianata.
Tommaso era a letto, il suo respiro regolare indicava un sonno profondo e privo di sogni, merito delle mie "gocce della buonanotte". Non sapevo cosa mi aspettava; Nicola mi aveva detto della terrazza, della luna, delle stelle, ma non mi aveva dato un orario. E se non ci fosse stato? Beh, pensai, al massimo sarei tornata giù.
Mi preparai poco convinta, ma con la mia fica che già fremeva all'idea. Cosa mi sarei messa? E sotto? Scartai l'idea del completo intimo sexy, volevo qualcosa di più diretto, più liberatorio. Forse meglio qualcosa di comodo, che potesse sfilarsi facilmente, e sotto... sotto nulla. Sì, l'idea mi eccitava.
Indossai un prendisole leggerissimo, di lino nero, che mi scivolava addosso morbidamente. Senza reggiseno, i miei capezzoli erano liberi di spingere contro il tessuto, e la mia fica, pronta a respirare l'aria notturna. Pronta a ricevere il tocco di Nicola.
Già l'una. Era il momento? Aspettare? Decisi di andare. Non volevo perdere l'occasione. Uscii piano dalla camera, chiudendo la porta con la massima cautela. Per evitare di incontrare Luca o Marco, che magari sarebbero potuti essere ancora in giro, ho optato per le scale. Ogni gradino era un passo verso l'ignoto, verso una nuova trasgressione.
Era una bellissima nottata. Le troppe luci di Rimini impedivano di vedere le stelle nel loro pieno splendore, ma in compenso vedevo il mare. Era nero e profondo, un mistero che si estendeva all'infinito. In lontananza, le luci tremolanti dei pescherecci sembravano piccole stelle cadute. La notte era fresca ma piacevole, una carezza sulla mia pelle nuda sotto il vestito.
I miei capezzoli erano duri e tesi, non solo per il freddo leggero, ma per l'eccitazione che mi percorreva il corpo. Guardavo il mare, persa nei miei pensieri, le braccia incrociate sul petto, quasi a contenere la voglia che mi bruciava dentro.
"Eccoti. Sapevo che saresti venuta."
Quella voce bassa e sensuale mi fece sobbalzare, e mi sentii avvolgere da braccia forti e virili. Era lui. Nicola. Il suo respiro caldo sul mio collo e un bacio leggero, ma deciso, mi fece fremere fino all'anima. Era alto, molto più di me, e sentivo il suo cazzo già duro premere contro la mia schiena, una promessa silenziosa di ciò che sarebbe successo.
Mi lasciai andare contro il suo corpo, il lino sottile del mio prendisole, era l'unico ostacolo tra noi. La mia fica era già una cascata per lui. Appoggiai la testa all'indietro, sul suo petto, sentendo il battito del suo cuore, forte e regolare, un ritmo che si mescolava al mio respiro affannoso.
Lentamente, Nicola iniziò a muoversi, facendomi sentire tutta l'eccitazione del suo cazzo. Le sue mani scivolarono sul mio ventre piatto, poi più in basso, sotto il prendisole, carezzando la mia fica nuda. Un gemito mi sfuggì dalle mie labbra. Non aveva bisogno di chiedere. Sapeva cosa volevo.
A colazione, incontrammo Marco e Luca. Tra noi tutto si era rasserenato, o almeno così sembrava. Loro ci dissero che quello era il loro ultimo giorno di vacanza e che sarebbero partiti l'indomani nel pomeriggio. Tommaso già lo sapeva, ma io non me l'aspettavo. Mi dispiaceva, ma in fondo i giorni erano ormai contati anche per noi.
Uscendo dalla hall per recarci in spiaggia, venni quasi travolta da due bimbi che correvano felici. Un maschietto e una bambina, entrambi con la faccia da monelli. La madre che li inseguiva, una bella donna sulla quarantina, si scusò prontamente con me.
Arrivò anche il marito, e lì, il mio cuore ebbe un sussulto che non provava da tempo. Un bellissimo uomo, come se ne vedono pochi. Alto almeno 1,90, fisico slanciato, abbronzato, capelli sale e pepe che lo rendevano incredibilmente affascinante, e occhi di un azzurro chiaro, così penetranti che mi ci persi subito, sentendomi ridicola nel mio impaccio.
Dallo sguardo che mi diede, capii che anch’io avevo fatto colpo su di lui. Un lampo di interesse, una scintilla che attraversava i suoi occhi. La sua voce era maschia, sensuale, senza nessuna inflessione. Emanava un profumo da uomo inebriante: tabacco forse, o cannella, assieme a un vago sentore di vaniglia.
Li salutammo velocemente proseguendo verso la spiaggia. Tommaso mi fece subito notare che erano una bella coppia e che anche i loro bimbi lo erano. Io annuii, incapace di parlare. Avevo la bocca asciutta, e la mia fica aveva già iniziato a fremere per quel nuovo, improvviso incontro.
Quella mattina la passammo con Marco e Luca. Erano gli ultimi momenti da passare assieme, e l'aria tra noi era un po' malinconica. Le occasioni di intimità furono poche, ridotte a sguardi rubati e a qualche toccatina furtiva. Ma bastarono per sussurrarci parole dolci all'orecchio e un paio di rapidi baci, nascosti agli occhi di Tommaso. Ogni contatto fu una conferma silenziosa delle promesse fatte il giorno prima, un segreto che ci legava e mi eccitava in modo perverso. Luca era visibilmente dispiaciuto di partire, ma io sapevo che la nostra storia era solo sospesa, e non sarebbe finita lì.
La gradita sorpresa mi giunse a pranzo. Appena entrati nella sala ristorante, vidi che la bella famigliola incontrata al mattino, aveva il tavolo proprio accanto al nostro. L’energia dei loro bambini riempiva l'aria, erano chiassosi, ma non era certo questo a turbarmi. I miei occhi corsero subito su di lui. Luca, Mario, persino Tommaso... tutto svanì nel momento in cui i suoi occhi s’incrociarono con i miei.
Sedeva rivolto verso di me, e i suoi sguardi..., i suoi sguardi mi scioglievano. Quegli occhi, di un azzurro così chiaro e intenso, mi facevano sentire nuda. La mia fica vibrava di un brivido incontrollabile. Ero imbarazzata, le guance in fiamme, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo. Lui mi piaceva molto, anzi, moltissimo. Era come se i suoi occhi avessero un potere ipnotico, capaci di farmi dimenticare il mondo intero. Tutto si ridusse a quel tavolo, a quello sguardo che mi trapassava l'anima.
Si capiva subito che era scaltro e diretto, un uomo abituato a ottenere ciò che voleva. Davanti a lui, io, la manipolatrice Sonia, mi sentivo bloccata, incapace di reagire. Come se quello sguardo mi ipnotizzasse, tenendomi prigioniera. Non c'era volgarità, non c'era l'arroganza di Mario, solo una curiosità affilata, una promessa silenziosa che mi faceva venire la pelle d'oca.
La moglie, indaffarata con i figli, forse ci aveva fatto l'abitudine, ma lui mi guardava senza ritegno, senza abbassare gli occhi nemmeno per un istante. Mi sorrise, un sorriso lento e sicuro di sé, quasi sfacciato, incurante della presenza di Tommaso e di sua moglie. Un sorriso che mi diceva: "Ti ho vista. E ti voglio."
Dopo pranzo, andai in spiaggia. La televisione trasmetteva un'importante partita, e i ragazzi, presi dalla loro passione calcistica, mi lasciarono sola. L'occasione perfetta per prendere un po' di sole e, magari, perdersi in pensieri proibiti. Indossavo un bikini nero, abbastanza ridotto. Non troppo, non è nel mio stile essere volgare, ma sul mio corpo era comunque molto sensuale. Mi sdraiai sul lettino a pancia sotto e, per evitare antipatici segni dell'abbronzatura, sciolsi i laccetti del top. La mia pelle era pronta a baciarsi con il sole.
Improvvisamente, una pallonata, seguita da una manciata di sabbia, mi colpì. Niente di grave, ma mi alzai di scatto, scoprendo un po' il seno, balzato fuori dal bikini allentato. Un bimbo arrivò di corsa a recuperare la palla, subito seguito dal padre che, con un sorriso imbarazzato, mi chiese scusa.
Mi bloccai, senza accorgermi che gli stavo mostrando il seno nudo, e i miei capezzoli tesi. Era lui, l'uomo dello sguardo ipnotico a pranzo. In risposta alle sue scuse, balbettai qualcosa di incomprensibile, la mia voce un groviglio di suoni. Lui sorrise, un sorriso che sapeva già di vittoria. Porgendomi la mano: "Piacere, Nicola," disse, dandomi subito del tu.
In quel momento, i miei occhi scesero al mio seno nudo, e la faccia mi andò a fuoco, cercando di coprirmi con movimenti impacciati, quasi ridicoli. Lui mi sorrise ancora, un sorriso che diceva "so di piacerti, e mi piace che tu lo sappia".
Si sedette sul lettino di Tommaso, accanto al mio. "Tutto bene?" mi chiese, la sua voce maschia e sensuale che risuonava nelle mie orecchie.
"Sì... sì, tutto bene," riuscii a rispondere, cercando di ricompormi. "I bambini... sono vivaci, eh?"
Lui rise, un suono profondo e piacevole. "Già. Sono il nostro terremoto quotidiano. E tu, invece? Sei qui in vacanza con il fidanzato?"
Esitai un attimo, poi decisi per la verità, o quasi. "Si, sono qui con il mio ragazzo. Tommaso," gli dissi, il suo nome quasi un peso sulla lingua. "E voi?"
"Io con mia moglie e i miei figli," rispose Nicola, senza distogliere lo sguardo. "Ti ho notata stamattina, e poi a pranzo. Sei molto bella, sai?"
Le mie guance arrossirono ancora di più. "Grazie," mormorai, sentendomi una ragazzina inesperta. "Anche tu..."
"E da dove vieni?" continuò lui, diretto, senza tanti giri di parole.
"Da Cremona," risposi, la mia voce appena un sussurro. "E tu?"
Un sorriso si allargò sul suo viso. "Anche. Non siamo poi così lontani, vero?" Il suo sguardo era intenso, e sentii una scarica elettrica percorrermi il corpo. La mia fica rispose immediatamente, un brivido di desiderio che mi fece stringere le cosce. La conversazione era innocente, un dialogo soft, ma sotto sentivo già la tensione, perché i suoi occhi mi dicevano molto di più.
La nostra conversazione fu interrotta dall'arrivo di Luca. Sapeva che ero sola, e subito ne aveva approfittato. Notando Nicola seduto accanto a me, il suo viso si rabbuiò all'istante.
Vedendolo avvicinarsi, Nicola mi guardò con un'espressione divertita, quasi un'intuizione. "È il tuo ragazzo?" mi chiese, con un tono leggero, ma con gli occhi fissi sui miei, come a sondare la mia reazione.
Confusa, con la mente che cercava di elaborare una risposta: "Sì... no! Cioè..." balbettai, la mia faccia che andava a fuoco.
Lui mi sorrise, un sorriso complice, come se avesse intuito perfettamente la mia situazione. "Tranquilla," aggiunse, abbassando leggermente la voce, "non lo dico a Tommaso." E mi fece l'occhiolino, un gesto sfacciato e irresistibile. Arrossii nuovamente, un sorriso imbarazzato che mi spuntò sulle labbra. Poi, con un ultimo sguardo che mi fece vibrare l'anima, si alzò e se ne andò, lasciandomi di fronte a Luca.
Luca mi chiese subito: "Chi è quello?" con la voce bassa e carica di gelosia. "Cosa voleva?"
Lo lasciai parlare, la sua rabbia mi era quasi indifferente. Poi, senza dire una parola, lo tirai a me e gli diedi un bacio. Un bacio che era un mix di rassicurazione e ammonimento. "Non fare sempre il geloso, Luca," gli dissi, la voce dolce ma con un tono fermo. "È solo un uomo che ho incontrato e con cui stavo scambiando quattro chiacchiere."
Girando lo sguardo, vidi che poco lontano, seduto sul suo lettino, Nicola mi guardava e mi sorrideva. Un sorriso che era una promessa, una sfida, e che mi fece sentire di nuovo nuda sotto i suoi occhi azzurri.
A cena, come se fossero complici del padre, i figli di Nicola non rimasero fermi un istante. Girovagavano per la sala, prendendo particolarmente di mira me e il mio fidanzato con un sacco di domande infantili. Con la scusa di venirli a riprendere, Nicola venne al nostro tavolo e si presentò a Tommaso. Il mio cuore fece un balzo. Per l'occasione, mi ero messa qualcosa di veramente sexy e carino, un abito leggero che accarezzava le mie curve senza rivelare troppo, ma lasciando intuire la passione che mi bruciava dentro.
Dopo cena, lui e Tommaso iniziarono a parlare. Li ascoltavo, sentendo la tensione crescere tra me e Nicola, una tensione che Tommaso, ovviamente, non poteva percepire.
Il bar, a quell'ora, era sempre piuttosto affollato, un mare di gente e rumore. L'occasione perfetta per rubare un momento. E approfittando di un attimo di confusione, Nicola mi venne vicino. La sua voce sensuale, un sussurro che mi accarezzò l'orecchio. "Cosa hai intenzione di fare di bello questa sera, Sonia?" mi chiese. La sua domanda, al di là delle semplici parole, lasciava intravedere qualcosa di molto intimo, una promessa di segreti e trasgressioni.
"Faremo una passeggiata, io e il mio fidanzato," gli risposi, cercando di mantenere un tono casuale, ma la mia voce era un po' roca per l'emozione.
Mi guardava con un sorriso sfacciato, i suoi occhi azzurri che bruciavano sui miei. "E poi?" chiese, la sua voce ancora più profonda. "Che ne dici di trovarci in terrazza? Quella grande, quella sul tetto... Ci sarà solo la luna a guardarci." La sua proposta era sfacciata, sicura, diretta, proprio come avevo pensato. Il mio cuore iniziò a martellare nel petto, e la mia fica rispose subito, bagnandosi per l'eccitazione.
Lo guardai, un istante che sembrò un'eternità. Il mio sorriso che si allargava, un misto di sfida e desiderio incontenibile. Non potevo rifiutare una proposta del genere. Non io.
"Certo, Nicola," gli risposi, la voce un sussurro complice, quasi un gemito. "Ma fai attenzione... la luna è molto curiosa." Gli feci l'occhiolino, un invito chiaro e inequivocabile, la mia risposta che prometteva molto più di un semplice incontro notturno, mentre il mio sguardo scivolava sulle sue labbra, immaginando già il sapore dei suoi baci. Poi, con un piccolo movimento di testa, gli feci capire che ero sua, almeno per quella notte.
La passeggiata con Tommaso, tra le vie affollate di Rimini, mi trovò abbastanza nervosa e pensierosa. Anche se cercavo di non farmi accorgere, meditavo freneticamente su come fare ad uscire dalla camera senza farmi sentire, per l'appuntamento con Nicola sulla terrazza. E lì, come un lampo, mi tornarono in mente le gocce! Quelle che Mario mi aveva dato, per far dormire Tommaso come un sasso. Ma come fargliele prendere? Il pensiero mi ronzava in testa, una soluzione audace, ma rischiosa.
Tornati in hotel, Tommaso si fermò a giocare a carte con Marco e Luca. Era l'occasione perfetta. Con una scusa qualsiasi – "Vado a prendere il caricabatterie," o "Ho dimenticato gli occhiali" – salii in camera. La mia intenzione era prendere le gocce, e poi avrei pensato a come usarle.
Ma non appena varcata la soglia della mia stanza, sentii un passo dietro di me. Luca mi aveva subito seguita. Pensava che lo avessi fatto per lui, che volessi un ultimo momento di intimità prima della sua partenza. E dopotutto, era la sua ultima sera lì con me. Non potevo negarglielo, non del tutto. Luca era una parte importante della mia perversione.
Chiuse la porta dietro di sé, e un'ombra di eccitazione calò nella stanza. Abbracciandomi da dietro, Luca mi strinse forte, il suo respiro caldo sul mio collo. "Sonia," sussurrò, la voce carica di desiderio, "non volevo andarmene senza un ultimo addio, solo noi due."
Mi girai tra le sue braccia, i suoi occhi che cercavano i miei. Sentivo il suo cazzo già duro premere contro il mio ventre. La mia rabbia per la sua gelosia era svanita, sostituita da un misto di affetto, desiderio e quel tocco di crudeltà che mi piaceva infliggergli, sapendo che sarebbe partito.
"Luca," gli sussurrai a mia volta, "la tua gelosia mi fa impazzire, lo sai." Ma la mia voce era un lamento dolce, non un rimprovero. Lo baciai, un bacio profondo, famelico, che sapeva di addio e di promessa non mantenuta. Le mie mani corsero sulla sua nuca, tirando leggermente i suoi capelli.
In pochi istanti, i nostri vestiti finirono a terra, un mucchio di stoffa sul pavimento. Luca mi sollevò, spingendomi contro il muro, mentre le mie gambe si avvolgevano attorno alla sua vita. Il suo cazzo entrò in me con una foga incredibile, un ultimo assalto di passione prima della partenza. Gemevo, il rumore della nostra pelle che sbatteva contro il muro che riempiva la stanza.
Mi ha scopata lì, in piedi, con spinte profonde e potenti. I miei seni sbattevano contro il suo petto, le mie natiche contro il muro. Aggrappata a lui, le mie unghie affondavano nella sua schiena, i miei gemiti diventavano urla soffocate. Ogni spinta era un addio, ogni gemito un ricordo.
Venimmo assieme, un orgasmo che mi lasciò tremante, le gambe molli, mentre la sua sborra mi riempiva fino all'orlo. Mi teneva stretta, il suo corpo che premeva ancora contro il mio, il suo respiro affannoso sul mio collo. Il suo seme era ancora caldo dentro di me, ma la mia mente era già oltre. "Amore," gli sussurrai, staccandomi delicatamente da lui, "dobbiamo andare. Tommaso potrebbe insospettirsi se non mi vede tornare. Non voglio che roviniamo tutto." La mia voce era un misto di urgenza e di falsa preoccupazione. Lui capì, e con un ultimo bacio famelico, mi lasciò andare.
Le gocce erano già nella mia borsetta, un piccolo flacone discreto, che avevo preso velocemente dalla mia valigia dei segreti. Ora dovevo solo trovare il modo di fargliele prendere. Era la mia arma segreta per la notte.
Scendemmo di nuovo al bar. Tommaso, Marco erano ancora lì a chiacchierare. Andai al bancone. "Due birre, per favore," chiesi, una per me e una per Tommaso.
Quando il barista appoggiò i bicchieri, con un movimento rapido e discreto, presi il flaconcino dalla borsetta. Mentre Tommaso era distratto a raccontare una delle sue storie a Marco, versai le gocce nella sua birra. Non ero sicura di quante ne fossero scese, ma speravo che bastassero.
Dopo una ventina di minuti, Tommaso iniziò a dare i primi segni di sonnolenza, e i suoi occhi si fecero pesanti, i suoi sbadigli sempre più frequenti. "Amore," gli dissi, con un tono preoccupato ma dolce, "sembri stanco morto. Forse è meglio se andiamo a letto."
Lui annuì, quasi incapace di ribattere. Salutammo gli amici – Luca mi lanciò un ultimo sguardo, un misto di desiderio e curiosità per la mia "premura" verso Tommaso – e ci ritirammo nella nostra camera. Il mio cuore batteva forte, non solo per il rischio, ma per l'eccitazione di ciò che sarebbe successo di lì a poco. La strada per Nicola era spianata.
Tommaso era a letto, il suo respiro regolare indicava un sonno profondo e privo di sogni, merito delle mie "gocce della buonanotte". Non sapevo cosa mi aspettava; Nicola mi aveva detto della terrazza, della luna, delle stelle, ma non mi aveva dato un orario. E se non ci fosse stato? Beh, pensai, al massimo sarei tornata giù.
Mi preparai poco convinta, ma con la mia fica che già fremeva all'idea. Cosa mi sarei messa? E sotto? Scartai l'idea del completo intimo sexy, volevo qualcosa di più diretto, più liberatorio. Forse meglio qualcosa di comodo, che potesse sfilarsi facilmente, e sotto... sotto nulla. Sì, l'idea mi eccitava.
Indossai un prendisole leggerissimo, di lino nero, che mi scivolava addosso morbidamente. Senza reggiseno, i miei capezzoli erano liberi di spingere contro il tessuto, e la mia fica, pronta a respirare l'aria notturna. Pronta a ricevere il tocco di Nicola.
Già l'una. Era il momento? Aspettare? Decisi di andare. Non volevo perdere l'occasione. Uscii piano dalla camera, chiudendo la porta con la massima cautela. Per evitare di incontrare Luca o Marco, che magari sarebbero potuti essere ancora in giro, ho optato per le scale. Ogni gradino era un passo verso l'ignoto, verso una nuova trasgressione.
Era una bellissima nottata. Le troppe luci di Rimini impedivano di vedere le stelle nel loro pieno splendore, ma in compenso vedevo il mare. Era nero e profondo, un mistero che si estendeva all'infinito. In lontananza, le luci tremolanti dei pescherecci sembravano piccole stelle cadute. La notte era fresca ma piacevole, una carezza sulla mia pelle nuda sotto il vestito.
I miei capezzoli erano duri e tesi, non solo per il freddo leggero, ma per l'eccitazione che mi percorreva il corpo. Guardavo il mare, persa nei miei pensieri, le braccia incrociate sul petto, quasi a contenere la voglia che mi bruciava dentro.
"Eccoti. Sapevo che saresti venuta."
Quella voce bassa e sensuale mi fece sobbalzare, e mi sentii avvolgere da braccia forti e virili. Era lui. Nicola. Il suo respiro caldo sul mio collo e un bacio leggero, ma deciso, mi fece fremere fino all'anima. Era alto, molto più di me, e sentivo il suo cazzo già duro premere contro la mia schiena, una promessa silenziosa di ciò che sarebbe successo.
Mi lasciai andare contro il suo corpo, il lino sottile del mio prendisole, era l'unico ostacolo tra noi. La mia fica era già una cascata per lui. Appoggiai la testa all'indietro, sul suo petto, sentendo il battito del suo cuore, forte e regolare, un ritmo che si mescolava al mio respiro affannoso.
Lentamente, Nicola iniziò a muoversi, facendomi sentire tutta l'eccitazione del suo cazzo. Le sue mani scivolarono sul mio ventre piatto, poi più in basso, sotto il prendisole, carezzando la mia fica nuda. Un gemito mi sfuggì dalle mie labbra. Non aveva bisogno di chiedere. Sapeva cosa volevo.
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