Sonia & Tommaso - Capitolo 12: Sonia, tra proposte e ordini
di
Sonia e Tommaso
genere
tradimenti
Verso le due del pomeriggio, mi sono decisa a prepararmi per la spiaggia. Volevo apparire innocente, la fidanzata impeccabile, una facciata rassicurante da offrire a Tommaso. Ho scelto il mio costume da bagno più casto: un bikini, azzurro cielo, appena ingentilito da qualche minuscolo fiore bianco ricamato. Copriva moltissimo, lasciando le mie forme soltanto intuire, mai ostentare. Aggiunsi un pareo leggero dello stesso colore, che mi fasciava i fianchi con una discrezione borghese. Ai piedi, un paio di sandali flat. Il mio obiettivo era chiaro: essere la "brava ragazza" della porta accanto, il simulacro perfetto.
Ma sotto quella facciata di lino e lycra, il desiderio mi bruciava. Le parole arroganti di Mario, il peso sporco di quei soldi in valigia e la vivida consapevolezza di quanti cazzi mi avessero riempita, mi avevano accesa come un fuoco indomabile. Mentre mi infilavo il costume, le mie dita scivolarono istintivamente sul mio triangolino pubico scuro, ancora leggermente umido di tracce intime. Non ho resistito. La mia mano è scesa sotto il tessuto, trovando la mia fica già grondante, un pozzo di piacere in attesa.
Ho iniziato a farmi un ditalino, lenta all'inizio, poi sempre più decisa. Ogni movimento era un'eco precisa delle penetrazioni della notte, ogni sfregamento riportava il ricordo bruciante dei corpi che si erano mossi su di me. Ho chiuso gli occhi, e nella mia mente rividi la cascina, le ombre e i volti sconosciuti che mi possedevano. Sentivo le mie aperture, oscenamente dilatate, pulsare sotto le mie dita, la carne che si gonfiava di sangue, i capezzoli che si indurivano contro il tessuto casto del costume. Un gemito di puro piacere mi è sfuggito dalle labbra, un suono che ho subito soffocato contro il palmo della mano, assaporando il mio odore acre e salmastro. La mia fica si strinse attorno al mio dito, spruzzando umore denso sulla mano, e ho raggiunto l'orgasmo, un brivido silenzioso, profondo, che mi ha scosso fin nelle viscere.
Mi sono ricomposta in fretta, il respiro ancora affannoso, le guance arrossate. Nessuno doveva sapere. Nessuno doveva sospettare. La finzione doveva rimanere intatta.
Proprio in quell'istante, la porta si è aperta. Era Tommaso, ingenuo e sorridente come sempre. "Sei pronta, amore? Ti stavo aspettando! Andiamo, che c'è un sole bellissimo in spiaggia!" I suoi occhi scuri erano pieni di una gioia così semplice, completamente ignara di ciò che avevo appena fatto e di ciò che ero diventata. Quell'innocenza, ormai, era il mio condimento più perverso.
"Sì, amore, pronta!" ho risposto, la voce un po' roca, ma con un sorriso che sembrava sincero. Mi sono avvicinata a lui, gli ho dato un bacio sulla guancia, sentendo il suo profumo pulito, un contrasto stridente con l'odore intimo che mi aveva impregnato per ore. Era la mia perfetta, oscena commedia.
Siamo andati in spiaggia, mano nella mano, sotto il sole caldo di Rimini. Le onde del mare ci aspettavano, e con loro, un altro capitolo della mia doppia vita. Ero la fidanzata innamorata, la ragazza della porta accanto, ma sotto il costume azzurro, il mio corpo pulsava ancora per il piacere appena provato e per il ricordo eccitante delle umiliazioni e dei piaceri proibiti della notte. E la consapevolezza di ciò che mi aspettava anche quella sera mi faceva fremere.
Ero stesa sul mio lettino in spiaggia, gli occhi chiusi e la mente già proiettata alla serata imminente. Il bikini azzurro mi copriva, ma la mia pelle sotto il tessuto bruciava, non solo per il sole, ma per l'anticipazione. Tommaso, steso accanto a me sul suo lettino, leggeva la sua immancabile Gazzetta dello Sport, completamente assorto. All'apparenza, eravamo una normalissima coppia in vacanza. Nonostante tutto il caos interiore, la perversione che ribolliva dentro di me, ero stranamente tranquilla e allegra. Era la calma studiata prima della tempesta.
Proprio in quel momento, la nostra apparente bolla di normalità è stata rotta. Marco è arrivato, con il suo sorriso bonario, già in sintonia con Tommaso grazie alla loro amicizia improvvisa. "Ehi, Tommaso! Ti va di fare una partita a carte? Gli animatori hanno organizzato un torneo. Luca non è proprio un asso, e mi servirebbe un compagno bravo come te per fare coppia."
Tommaso, ingenuo fino al midollo, si è girato verso di me. "Ti dispiace, amore, se vado a fare un paio di partite?"
Ho sorriso, rassicurante. "No, amore, vai pure. Divertiti!" Era la scusa perfetta, e sentivo già il mio cuore accelerare.
Poco dopo che Tommaso si è allontanato con Marco, è arrivato Luca. I suoi occhi, così penetranti, si sono posati su di me, e ho capito subito. Quella delle carte era solo una scusa, un pretesto elegante per allontanare Tommaso. "Sonia," ha detto, la sua voce calda e vellutata, "ti andrebbe di fare due passi? Vorrei parlarti."
Ho annuito, il mio corpo già in fermento. "Certo, Luca. Con piacere."
Abbiamo iniziato a camminare lungo la riva, l'acqua che ci lambiva i piedi nudi. Parlavamo del più e del meno, di quanto fosse bella la spiaggia, del caldo, delle cose più banali. Ma ogni tanto, i suoi occhi incontravano i miei, e in quegli sguardi c'era un fuoco, un'elettricità che mi faceva vibrare. Sapevo che stava aspettando il momento giusto.
Quando eravamo abbastanza lontani da chiunque altro, in un punto più isolato della spiaggia, Luca si è fermato. Si è girato verso di me, il suo viso vicino al mio, i suoi occhi che cercavano i miei, con un'intensità che mi ha tolto il respiro.
"Sonia," ha iniziato, la sua voce ora un sussurro, profonda e piena di desiderio. "Lo sai che mi piaci tantissimo, vero?"
Ho annuito, il mio cuore che batteva all'impazzata. "Lo so, Luca..."
"No, Sonia," ha interrotto, la sua mano che mi ha accarezzato la guancia con una delicatezza che mi ha sciolto. "Non mi piaci e basta. Io... io non riesco più a resisterti. Ti desidero, Sonia. Ti desidero in un modo che non ho mai provato prima."
Poi mi ha baciata. Un bacio profondo, diverso da quello rubato in discoteca. Questo era lento, avvolgente, un bacio che sapeva di promesse proibite e di desideri inconfessabili. Le sue labbra si sono mosse sulle mie con una dolcezza che mi ha fatto fremere, la sua lingua che accarezzava la mia, un ballo intimo che mi ha fatto sentire un fuoco divampare dentro. Mi sono lasciata andare, ho risposto al bacio con la stessa intensità. Mi piaceva, mi piaceva da morire. Le sue mani mi hanno accarezzato la schiena, scendendo lentamente verso i miei fianchi.
Quando ci siamo staccati, il suo respiro era affannoso, come il mio. L'ho guardato negli occhi, e ho sentito che avrei potuto perdermi lì dentro.
"Luca," ho sussurrato, cercando di riprendere un barlume di controllo, "tu mi piaci davvero tanto... ma... io sono fidanzata. Vorrei, ma... non posso." Le parole mi uscivano dalla bocca quasi a fatica, una finta resistenza che nascondeva un desiderio bruciante e perverso.
Abbiamo ripreso a camminare, le nostre mani che si tenevano, le dita che si intrecciavano in una stretta complice.
"Non puoi?" la sua voce era un lamento sensuale. "Non dire così, Sonia. Lo sento, lo vedo nei tuoi occhi che non è vero. Sentiamo entrambi questa cosa, vero? Questo fuoco tra noi." La sua mano ha stretto la mia, tirandomi leggermente verso di lui.
"Ma Luca..." ho iniziato, quasi lamentandomi. Sapevo che lo volevo, ma una parte di me, quella più perversa, amava farsi pregare, amava la tensione del proibito che si faceva sempre più forte.
"Sonia, piccola," ha continuato, ignorando le mie proteste. "Sei la donna più bella che abbia mai visto. E non è solo il tuo corpo, anche se è incredibile. È come mi guardi, come mi ascolti. Sento che tra noi c'è qualcosa di speciale. Tommaso non ti vede, non ti capisce come faccio io. Non sa cosa c'è davvero dentro di te, vero?" La sua voce era un miele che mi si spalmava addosso, e le sue parole... le sue parole toccavano corde che quell'idiota di Tommaso nemmeno sapeva esistessero. "Meriti di essere desiderata, adorata. Meriti di sentirti viva, Sonia. Con me puoi sentirti così."
Mi sono morsa il labbro, sentendo il mio corpo fremere. "Luca, non è giusto... lui..."
"Giusto? Cosa c'è di giusto in una vita spenta, Sonia?" mi ha interrotto, la sua voce era diventata più intensa, quasi un sussurro roco. Si è fermato di nuovo, e mi ha girata verso di lui, le sue mani che mi tenevano per i fianchi. I nostri corpi erano vicinissimi, e sentivo il calore che irradiava da lui. "Non puoi negare quello che provi. Non puoi negare quello che sento io. Siamo fatti per questo. Per sentirci vivi, per bruciare. Lasciati andare, Sonia. Ti prego. Solo un'altra volta. Solo per un momento. Dimmi di sì."
Nel suo sguardo, c'era anche una determinazione che mi piaceva da impazzire. Ero lì, tra la finta resistenza e il desiderio bruciante. La mia fica pulsava, ricordando il ditalino di poco prima e la notte infernale. Volevo cedere, e sentire il suo corpo sul mio.
I suoi occhi mi supplicavano, la sua voce era un canto sensuale che mi entrava dentro, e il mio corpo gridava di desiderio, mentre la mia finta innocenza si sgretola lentamente.
"Luca, ti prego..." ho sussurrato, quasi implorando. "Tommaso è così buono, non merita questo. Sono tre anni che stiamo insieme... non posso buttare via tutto così." Le mie parole erano un lamento, ma il mio corpo diceva tutt'altro. La mia mano libera ha sfiorato la sua spalla, un tocco leggero che era un invito.
Lui ha colto subito. Il suo sorriso si è allargato, e le sue mani sono scese un po' più in basso, sfiorando appena il mio culetto sotto il pareo. "Sbagliato è non vivere, Sonia. Non provare quello che sentiamo. Non essere te stessa." La sua voce era un sussurro caldo, le sue labbra che si avvicinavano sempre più alle mie.
Ho deglutito a fatica. La mia mente era in fibrillazione, ma la mia fica era già in fiamme. "E... come faremmo?" La domanda mi è sfuggita dalle labbra, quasi senza che me ne accorgessi. Era la resa, il punto di non ritorno che avevo cercato.
Luca ha emesso un piccolo sospiro di trionfo, e i suoi occhi hanno brillato. Con un gesto rapido, mi ha stretto in un abbraccio, le sue braccia forti che mi stringevano al suo petto. Le sue labbra hanno trovato le mie, e questa volta il bacio è stato ancora più profondo, più famelico. Non ci importava dei passanti sulla spiaggia, dei loro sguardi curiosi. Eravamo solo noi, in quel momento, immersi in un bacio che sigillava un patto segreto.
Quando ci siamo staccati, il suo viso era radioso. "Non preoccuparti, piccola," ha detto, la sua voce piena di felicità. "Lascia fare a me. Ci penso io. Tu... tu tieniti pronta. Ti prometto che inventerò qualcosa. Sarà perfetto."
Non ho potuto nascondere la mia felicità. Un sorriso enorme mi si è stampato sul viso, un sorriso che era un mix di euforia e perversa attesa. Ho stretto la sua mano, le dita che si intrecciavano alle sue, e abbiamo iniziato a camminare di nuovo, tornando verso il nostro ombrellone. Eravamo talmente felici e complici che non ci siamo nemmeno resi conto di tenerci ancora per mano.
Mentre ci avvicinavamo, ho visto Tommaso. Era lì, sul suo lettino, con Marco. Ci ha visti arrivare, e in quell'istante, un attimo di panico mi ha stretto lo stomaco. La mia mano si è irrigidita nella sua. Ma quel tonto di Tommaso ha solo sorriso, un sorriso raggiante, completamente ignaro.
"Amore! Luca!" ha esclamato, alzandosi e venendoci incontro. "Non immaginerai mai! Io e Marco abbiamo vinto il torneo a carte! Siamo i campioni!" Il suo tono era pieno di orgoglio e gioia, e la sua mente era così lontana da qualsiasi sospetto.
Luca, con la sua solita nonchalance, ha stretto la mano a Tommaso, la sua espressione era così calma, così disinvolta. "Ah, bravo Tommaso! L'importante è divertirsi, no? Ho visto Sonia qui da sola e ho pensato di farle un po' di compagnia, così non si annoiava mentre giocavate."
Tommaso, ingenuo e fiducioso come sempre, ha sorriso, il suo viso illuminato. "Grazie mille, Luca! Sei un vero amico! Lo vedi, amore? Te lo dicevo che sono tutti simpatici qui!" E ha stretto la mia mano, come se nulla fosse.
Tornati all'ombrellone, c'era un'aria di festa. L'euforia per la vittoria a carte di Tommaso e Marco era palpabile. Tommaso, raggiante, continuava a raccontare i dettagli della partita, mentre Marco, con un sorriso sornione, lo assecondava. Per loro era la vittoria di un torneo, per me e Luca, invece, la vera gioia era per ben altro.
Quei sorrisi che sfoggiavamo servivano a camuffare i nostri sguardi complici, ammiccamenti fugaci che ci mandavamo di nascosto e le strizzate d'occhio che solo noi potevamo capire. Era un gioco pericoloso, ma deliziosamente eccitante. La tensione tra me e Luca era quasi tangibile, un filo invisibile che ci legava nonostante la presenza di Tommaso.
Sapevo che Marco era un complice perfetto. Il suo sorriso bonario e la sua amicizia con Tommaso erano il velo ideale per le nostre trame. Sfruttando la simpatia che Tommaso nutriva per lui, Marco ci agevolava, si faceva complice con discrezione, ma con una chiarezza che solo noi tre potevamo percepire. Povero quell'idiota di Tommaso, così felice e così ignaro di ciò che si stava tessendo alle sue spalle.
Proprio in quel momento di finta normalità, il cellulare di Tommaso ha iniziato a squillare. Era Mario. Tommaso ha risposto, la sua voce piena di allegria. "Mario! Ciao! Ma figurati se mi disturbi! No, non ricordo nulla, mi sono svegliato... no, ero nel mio letto... sì, abbiamo bevuto un po' troppo ieri sera, ahahah!"
L'ho ascoltato, la mia mente che già visualizzava la scena. Tommaso che raccontava la mia versione della serata, completamente all'oscuro di ciò che era accaduto. Una fitta di perversa soddisfazione mi ha attraversato.
Chiusa la telefonata, Tommaso si è girato verso di me, gli occhi che brillavano. "Amore! Mario ha già preso i biglietti! Ci ha invitato in un locale esclusivo della riviera, dice che è uno spettacolo, dobbiamo assolutamente provarlo! Ha detto che è un posto incredibile, ci ha assicurato un tavolo speciale!"
Il gioco era fatto. La scusa per un'altra notte di "divertimento" era stata servita su un piatto d'argento. Ho sentito lo sguardo di Luca posarsi su di me, e ho colto un lampo di delusione nei suoi occhi. Contava di passare la serata con me, forse solo noi due, ma l'annuncio di Mario aveva cambiato i piani. Ma non importava. La delusione durò solo un attimo, sostituita da una consapevolezza più profonda. Il suo sguardo mi diceva chiaramente: "Adesso so di poterti avere, Sonia. Non importa quando, ma succederà."
La sera è arrivata, portando con sé l'odore dell'attesa e il brivido di ciò che sapevo sarebbe successo. Mi sono chiusa in bagno, guardando il mio riflesso nello specchio. La mia mente era un turbine di pensieri: Mario, Luca, Tommaso, la statale, la cascina... tutto si mescolava in una danza perversa di lusso e desiderio.
Dovevo scegliere cosa mettere per la serata. A cosa serviva indossare delle mutandine, se sapevo già che Mario, con la sua sfacciataggine, le avrebbe semplicemente lacerate? Anzi, era meglio non averle affatto, per rendere le cose più... immediate e perversa la sensazione.
Ho optato per un vestito leggero in seta nera, cortissimo, giusto per coprire il necessario. Aveva una scollatura profonda che lasciava intravedere il mio seno sodo e i capezzoli, che già si indurivano al solo pensiero della sera. Ai piedi, un paio di tacchi alti che mi slanciavano la figura e mi facevano sentire ancor più desiderabile. E sotto... niente. La mia fica era libera, pronta, e la sensazione del tessuto leggero sulla mia pelle nuda, era un segreto che mi eccitava tremendamente.
Tommaso era già pronto, come al solito, con la sua ingenua puntualità. Mentre si vestiva, continuava a borbottare che della notte precedente non ricordava nulla, e io lo lasciavo fare, sorridendo internamente alla sua insopportabile innocenza. Mi aspettava nella hall, ignaro della tempesta che stavo per scatenare alle sue spalle.
Nel frattempo, un messaggio di Mario è arrivato sul mio telefono. Il solito tono pieno di insulti, ma con un ordine chiaro: "Sii pronta per le dieci, puttanella." Il brivido è corso lungo la schiena, un brivido che non era più di paura, ma di eccitazione.
Ma sotto quella facciata di lino e lycra, il desiderio mi bruciava. Le parole arroganti di Mario, il peso sporco di quei soldi in valigia e la vivida consapevolezza di quanti cazzi mi avessero riempita, mi avevano accesa come un fuoco indomabile. Mentre mi infilavo il costume, le mie dita scivolarono istintivamente sul mio triangolino pubico scuro, ancora leggermente umido di tracce intime. Non ho resistito. La mia mano è scesa sotto il tessuto, trovando la mia fica già grondante, un pozzo di piacere in attesa.
Ho iniziato a farmi un ditalino, lenta all'inizio, poi sempre più decisa. Ogni movimento era un'eco precisa delle penetrazioni della notte, ogni sfregamento riportava il ricordo bruciante dei corpi che si erano mossi su di me. Ho chiuso gli occhi, e nella mia mente rividi la cascina, le ombre e i volti sconosciuti che mi possedevano. Sentivo le mie aperture, oscenamente dilatate, pulsare sotto le mie dita, la carne che si gonfiava di sangue, i capezzoli che si indurivano contro il tessuto casto del costume. Un gemito di puro piacere mi è sfuggito dalle labbra, un suono che ho subito soffocato contro il palmo della mano, assaporando il mio odore acre e salmastro. La mia fica si strinse attorno al mio dito, spruzzando umore denso sulla mano, e ho raggiunto l'orgasmo, un brivido silenzioso, profondo, che mi ha scosso fin nelle viscere.
Mi sono ricomposta in fretta, il respiro ancora affannoso, le guance arrossate. Nessuno doveva sapere. Nessuno doveva sospettare. La finzione doveva rimanere intatta.
Proprio in quell'istante, la porta si è aperta. Era Tommaso, ingenuo e sorridente come sempre. "Sei pronta, amore? Ti stavo aspettando! Andiamo, che c'è un sole bellissimo in spiaggia!" I suoi occhi scuri erano pieni di una gioia così semplice, completamente ignara di ciò che avevo appena fatto e di ciò che ero diventata. Quell'innocenza, ormai, era il mio condimento più perverso.
"Sì, amore, pronta!" ho risposto, la voce un po' roca, ma con un sorriso che sembrava sincero. Mi sono avvicinata a lui, gli ho dato un bacio sulla guancia, sentendo il suo profumo pulito, un contrasto stridente con l'odore intimo che mi aveva impregnato per ore. Era la mia perfetta, oscena commedia.
Siamo andati in spiaggia, mano nella mano, sotto il sole caldo di Rimini. Le onde del mare ci aspettavano, e con loro, un altro capitolo della mia doppia vita. Ero la fidanzata innamorata, la ragazza della porta accanto, ma sotto il costume azzurro, il mio corpo pulsava ancora per il piacere appena provato e per il ricordo eccitante delle umiliazioni e dei piaceri proibiti della notte. E la consapevolezza di ciò che mi aspettava anche quella sera mi faceva fremere.
Ero stesa sul mio lettino in spiaggia, gli occhi chiusi e la mente già proiettata alla serata imminente. Il bikini azzurro mi copriva, ma la mia pelle sotto il tessuto bruciava, non solo per il sole, ma per l'anticipazione. Tommaso, steso accanto a me sul suo lettino, leggeva la sua immancabile Gazzetta dello Sport, completamente assorto. All'apparenza, eravamo una normalissima coppia in vacanza. Nonostante tutto il caos interiore, la perversione che ribolliva dentro di me, ero stranamente tranquilla e allegra. Era la calma studiata prima della tempesta.
Proprio in quel momento, la nostra apparente bolla di normalità è stata rotta. Marco è arrivato, con il suo sorriso bonario, già in sintonia con Tommaso grazie alla loro amicizia improvvisa. "Ehi, Tommaso! Ti va di fare una partita a carte? Gli animatori hanno organizzato un torneo. Luca non è proprio un asso, e mi servirebbe un compagno bravo come te per fare coppia."
Tommaso, ingenuo fino al midollo, si è girato verso di me. "Ti dispiace, amore, se vado a fare un paio di partite?"
Ho sorriso, rassicurante. "No, amore, vai pure. Divertiti!" Era la scusa perfetta, e sentivo già il mio cuore accelerare.
Poco dopo che Tommaso si è allontanato con Marco, è arrivato Luca. I suoi occhi, così penetranti, si sono posati su di me, e ho capito subito. Quella delle carte era solo una scusa, un pretesto elegante per allontanare Tommaso. "Sonia," ha detto, la sua voce calda e vellutata, "ti andrebbe di fare due passi? Vorrei parlarti."
Ho annuito, il mio corpo già in fermento. "Certo, Luca. Con piacere."
Abbiamo iniziato a camminare lungo la riva, l'acqua che ci lambiva i piedi nudi. Parlavamo del più e del meno, di quanto fosse bella la spiaggia, del caldo, delle cose più banali. Ma ogni tanto, i suoi occhi incontravano i miei, e in quegli sguardi c'era un fuoco, un'elettricità che mi faceva vibrare. Sapevo che stava aspettando il momento giusto.
Quando eravamo abbastanza lontani da chiunque altro, in un punto più isolato della spiaggia, Luca si è fermato. Si è girato verso di me, il suo viso vicino al mio, i suoi occhi che cercavano i miei, con un'intensità che mi ha tolto il respiro.
"Sonia," ha iniziato, la sua voce ora un sussurro, profonda e piena di desiderio. "Lo sai che mi piaci tantissimo, vero?"
Ho annuito, il mio cuore che batteva all'impazzata. "Lo so, Luca..."
"No, Sonia," ha interrotto, la sua mano che mi ha accarezzato la guancia con una delicatezza che mi ha sciolto. "Non mi piaci e basta. Io... io non riesco più a resisterti. Ti desidero, Sonia. Ti desidero in un modo che non ho mai provato prima."
Poi mi ha baciata. Un bacio profondo, diverso da quello rubato in discoteca. Questo era lento, avvolgente, un bacio che sapeva di promesse proibite e di desideri inconfessabili. Le sue labbra si sono mosse sulle mie con una dolcezza che mi ha fatto fremere, la sua lingua che accarezzava la mia, un ballo intimo che mi ha fatto sentire un fuoco divampare dentro. Mi sono lasciata andare, ho risposto al bacio con la stessa intensità. Mi piaceva, mi piaceva da morire. Le sue mani mi hanno accarezzato la schiena, scendendo lentamente verso i miei fianchi.
Quando ci siamo staccati, il suo respiro era affannoso, come il mio. L'ho guardato negli occhi, e ho sentito che avrei potuto perdermi lì dentro.
"Luca," ho sussurrato, cercando di riprendere un barlume di controllo, "tu mi piaci davvero tanto... ma... io sono fidanzata. Vorrei, ma... non posso." Le parole mi uscivano dalla bocca quasi a fatica, una finta resistenza che nascondeva un desiderio bruciante e perverso.
Abbiamo ripreso a camminare, le nostre mani che si tenevano, le dita che si intrecciavano in una stretta complice.
"Non puoi?" la sua voce era un lamento sensuale. "Non dire così, Sonia. Lo sento, lo vedo nei tuoi occhi che non è vero. Sentiamo entrambi questa cosa, vero? Questo fuoco tra noi." La sua mano ha stretto la mia, tirandomi leggermente verso di lui.
"Ma Luca..." ho iniziato, quasi lamentandomi. Sapevo che lo volevo, ma una parte di me, quella più perversa, amava farsi pregare, amava la tensione del proibito che si faceva sempre più forte.
"Sonia, piccola," ha continuato, ignorando le mie proteste. "Sei la donna più bella che abbia mai visto. E non è solo il tuo corpo, anche se è incredibile. È come mi guardi, come mi ascolti. Sento che tra noi c'è qualcosa di speciale. Tommaso non ti vede, non ti capisce come faccio io. Non sa cosa c'è davvero dentro di te, vero?" La sua voce era un miele che mi si spalmava addosso, e le sue parole... le sue parole toccavano corde che quell'idiota di Tommaso nemmeno sapeva esistessero. "Meriti di essere desiderata, adorata. Meriti di sentirti viva, Sonia. Con me puoi sentirti così."
Mi sono morsa il labbro, sentendo il mio corpo fremere. "Luca, non è giusto... lui..."
"Giusto? Cosa c'è di giusto in una vita spenta, Sonia?" mi ha interrotto, la sua voce era diventata più intensa, quasi un sussurro roco. Si è fermato di nuovo, e mi ha girata verso di lui, le sue mani che mi tenevano per i fianchi. I nostri corpi erano vicinissimi, e sentivo il calore che irradiava da lui. "Non puoi negare quello che provi. Non puoi negare quello che sento io. Siamo fatti per questo. Per sentirci vivi, per bruciare. Lasciati andare, Sonia. Ti prego. Solo un'altra volta. Solo per un momento. Dimmi di sì."
Nel suo sguardo, c'era anche una determinazione che mi piaceva da impazzire. Ero lì, tra la finta resistenza e il desiderio bruciante. La mia fica pulsava, ricordando il ditalino di poco prima e la notte infernale. Volevo cedere, e sentire il suo corpo sul mio.
I suoi occhi mi supplicavano, la sua voce era un canto sensuale che mi entrava dentro, e il mio corpo gridava di desiderio, mentre la mia finta innocenza si sgretola lentamente.
"Luca, ti prego..." ho sussurrato, quasi implorando. "Tommaso è così buono, non merita questo. Sono tre anni che stiamo insieme... non posso buttare via tutto così." Le mie parole erano un lamento, ma il mio corpo diceva tutt'altro. La mia mano libera ha sfiorato la sua spalla, un tocco leggero che era un invito.
Lui ha colto subito. Il suo sorriso si è allargato, e le sue mani sono scese un po' più in basso, sfiorando appena il mio culetto sotto il pareo. "Sbagliato è non vivere, Sonia. Non provare quello che sentiamo. Non essere te stessa." La sua voce era un sussurro caldo, le sue labbra che si avvicinavano sempre più alle mie.
Ho deglutito a fatica. La mia mente era in fibrillazione, ma la mia fica era già in fiamme. "E... come faremmo?" La domanda mi è sfuggita dalle labbra, quasi senza che me ne accorgessi. Era la resa, il punto di non ritorno che avevo cercato.
Luca ha emesso un piccolo sospiro di trionfo, e i suoi occhi hanno brillato. Con un gesto rapido, mi ha stretto in un abbraccio, le sue braccia forti che mi stringevano al suo petto. Le sue labbra hanno trovato le mie, e questa volta il bacio è stato ancora più profondo, più famelico. Non ci importava dei passanti sulla spiaggia, dei loro sguardi curiosi. Eravamo solo noi, in quel momento, immersi in un bacio che sigillava un patto segreto.
Quando ci siamo staccati, il suo viso era radioso. "Non preoccuparti, piccola," ha detto, la sua voce piena di felicità. "Lascia fare a me. Ci penso io. Tu... tu tieniti pronta. Ti prometto che inventerò qualcosa. Sarà perfetto."
Non ho potuto nascondere la mia felicità. Un sorriso enorme mi si è stampato sul viso, un sorriso che era un mix di euforia e perversa attesa. Ho stretto la sua mano, le dita che si intrecciavano alle sue, e abbiamo iniziato a camminare di nuovo, tornando verso il nostro ombrellone. Eravamo talmente felici e complici che non ci siamo nemmeno resi conto di tenerci ancora per mano.
Mentre ci avvicinavamo, ho visto Tommaso. Era lì, sul suo lettino, con Marco. Ci ha visti arrivare, e in quell'istante, un attimo di panico mi ha stretto lo stomaco. La mia mano si è irrigidita nella sua. Ma quel tonto di Tommaso ha solo sorriso, un sorriso raggiante, completamente ignaro.
"Amore! Luca!" ha esclamato, alzandosi e venendoci incontro. "Non immaginerai mai! Io e Marco abbiamo vinto il torneo a carte! Siamo i campioni!" Il suo tono era pieno di orgoglio e gioia, e la sua mente era così lontana da qualsiasi sospetto.
Luca, con la sua solita nonchalance, ha stretto la mano a Tommaso, la sua espressione era così calma, così disinvolta. "Ah, bravo Tommaso! L'importante è divertirsi, no? Ho visto Sonia qui da sola e ho pensato di farle un po' di compagnia, così non si annoiava mentre giocavate."
Tommaso, ingenuo e fiducioso come sempre, ha sorriso, il suo viso illuminato. "Grazie mille, Luca! Sei un vero amico! Lo vedi, amore? Te lo dicevo che sono tutti simpatici qui!" E ha stretto la mia mano, come se nulla fosse.
Tornati all'ombrellone, c'era un'aria di festa. L'euforia per la vittoria a carte di Tommaso e Marco era palpabile. Tommaso, raggiante, continuava a raccontare i dettagli della partita, mentre Marco, con un sorriso sornione, lo assecondava. Per loro era la vittoria di un torneo, per me e Luca, invece, la vera gioia era per ben altro.
Quei sorrisi che sfoggiavamo servivano a camuffare i nostri sguardi complici, ammiccamenti fugaci che ci mandavamo di nascosto e le strizzate d'occhio che solo noi potevamo capire. Era un gioco pericoloso, ma deliziosamente eccitante. La tensione tra me e Luca era quasi tangibile, un filo invisibile che ci legava nonostante la presenza di Tommaso.
Sapevo che Marco era un complice perfetto. Il suo sorriso bonario e la sua amicizia con Tommaso erano il velo ideale per le nostre trame. Sfruttando la simpatia che Tommaso nutriva per lui, Marco ci agevolava, si faceva complice con discrezione, ma con una chiarezza che solo noi tre potevamo percepire. Povero quell'idiota di Tommaso, così felice e così ignaro di ciò che si stava tessendo alle sue spalle.
Proprio in quel momento di finta normalità, il cellulare di Tommaso ha iniziato a squillare. Era Mario. Tommaso ha risposto, la sua voce piena di allegria. "Mario! Ciao! Ma figurati se mi disturbi! No, non ricordo nulla, mi sono svegliato... no, ero nel mio letto... sì, abbiamo bevuto un po' troppo ieri sera, ahahah!"
L'ho ascoltato, la mia mente che già visualizzava la scena. Tommaso che raccontava la mia versione della serata, completamente all'oscuro di ciò che era accaduto. Una fitta di perversa soddisfazione mi ha attraversato.
Chiusa la telefonata, Tommaso si è girato verso di me, gli occhi che brillavano. "Amore! Mario ha già preso i biglietti! Ci ha invitato in un locale esclusivo della riviera, dice che è uno spettacolo, dobbiamo assolutamente provarlo! Ha detto che è un posto incredibile, ci ha assicurato un tavolo speciale!"
Il gioco era fatto. La scusa per un'altra notte di "divertimento" era stata servita su un piatto d'argento. Ho sentito lo sguardo di Luca posarsi su di me, e ho colto un lampo di delusione nei suoi occhi. Contava di passare la serata con me, forse solo noi due, ma l'annuncio di Mario aveva cambiato i piani. Ma non importava. La delusione durò solo un attimo, sostituita da una consapevolezza più profonda. Il suo sguardo mi diceva chiaramente: "Adesso so di poterti avere, Sonia. Non importa quando, ma succederà."
La sera è arrivata, portando con sé l'odore dell'attesa e il brivido di ciò che sapevo sarebbe successo. Mi sono chiusa in bagno, guardando il mio riflesso nello specchio. La mia mente era un turbine di pensieri: Mario, Luca, Tommaso, la statale, la cascina... tutto si mescolava in una danza perversa di lusso e desiderio.
Dovevo scegliere cosa mettere per la serata. A cosa serviva indossare delle mutandine, se sapevo già che Mario, con la sua sfacciataggine, le avrebbe semplicemente lacerate? Anzi, era meglio non averle affatto, per rendere le cose più... immediate e perversa la sensazione.
Ho optato per un vestito leggero in seta nera, cortissimo, giusto per coprire il necessario. Aveva una scollatura profonda che lasciava intravedere il mio seno sodo e i capezzoli, che già si indurivano al solo pensiero della sera. Ai piedi, un paio di tacchi alti che mi slanciavano la figura e mi facevano sentire ancor più desiderabile. E sotto... niente. La mia fica era libera, pronta, e la sensazione del tessuto leggero sulla mia pelle nuda, era un segreto che mi eccitava tremendamente.
Tommaso era già pronto, come al solito, con la sua ingenua puntualità. Mentre si vestiva, continuava a borbottare che della notte precedente non ricordava nulla, e io lo lasciavo fare, sorridendo internamente alla sua insopportabile innocenza. Mi aspettava nella hall, ignaro della tempesta che stavo per scatenare alle sue spalle.
Nel frattempo, un messaggio di Mario è arrivato sul mio telefono. Il solito tono pieno di insulti, ma con un ordine chiaro: "Sii pronta per le dieci, puttanella." Il brivido è corso lungo la schiena, un brivido che non era più di paura, ma di eccitazione.
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