Capitolo 12 matilde
di
servantes
genere
etero
Passarono alcuni giorni, silenziosi e pieni di attesa. Ma Lucia non li visse come una pausa. Al contrario: furono giorni intensi, densi di pensieri e scoperte.
Divisa tra il lavoro, qualche caso da seguire e le ore passate con Sandro, cominciò a rendersi conto che tutta quella vicenda — l’indagine, le feste, Matilde, Arianna… e il sesso — le stava smuovendo qualcosa dentro.
Forse erano anni che non si guardava davvero allo specchio. Ora sì. Ora si guardava e si piaceva. Si vedeva viva, desiderata, desiderante.
A poco a poco, una consapevolezza si faceva strada: aveva passato troppo tempo a negarsi qualcosa. Tra il peso delle indagini, le delusioni sentimentali e un’autonomia ostentata quasi come corazza, si era dimenticata di avere un corpo. Un corpo capace di dare e ricevere piacere.
Il tempo passato con Sandro stava diventando più importante di quanto avesse previsto. Non era solo sesso — anche se il sesso con lui la faceva vibrare — ma soprattutto la libertà con cui lo vivevano. La libertà di mostrarsi, di essere.
Di vivere il proprio desiderio senza pudore.
Non era solo bella: era viva. E lo stava riscoprendo.
«Sai cosa sto capendo?»
gli disse una sera, mentre erano sul divano, lui dietro di lei, la bocca vicina al collo.
«Che stare bene col proprio corpo… non è affatto scontato. Ho vissuto anni con la testa piena di cose da fare. Ho incastrato il cuore in storie stanche. Ho creduto che bastasse essere indipendente, forte, concentrata. Ma adesso… adesso voglio anche essere una donna. Una femmina. Voglio godere. E far impazzire l’uomo che mi desidera. Ti sembra strano?»
Lui la guardò, ma non rispose subito. Si limitò a darle un bacio sul collo.
Lei sorrise.
«Lo sai… l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore… mi sono proprio divertita. Mi hai guardata come se non avessi mai visto niente di più bello, e io… io ti volevo proprio così. Stupito. Affamato. Alla mia mercé. Giocare col tuo desiderio è stata una delle cose più eccitanti che abbia mai fatto. E quando…»
Si fermò. Lo fissò negli occhi.
«…quando mi sono seduta sulla poltrona e ti ho abbassato i pantaloni in silenzio. Quando ho tirato fuori il tuo cazzo davanti al mio viso. Ricordi? Sono rimasta a guardarlo, fingendo di volerlo mordere. Lo accarezzavo e me lo passavo sulle guance. Ero eccitatissima. Sentivo il tuo corpo vibrare tra le mie labbra.
L’ho baciato, succhiato. Ti guardavo negli occhi e sentivo il tuo piacere. Quando ti ho detto: “Vuoi venirmi in bocca?”, l’ho fatto perché lo desideravo. Volevo il tuo seme. E tu, al solo sentire quella mia richiesta, hai cominciato a rantolare qualcosa. Sei venuto nella mia bocca, schizzi sul viso e tra i capelli.
Per me è stato bellissimo. Bellissimo sentirti gridare.
Voglio che anche tu mi dica quello che ti piace. Voglio sentirti dire che sono la tua puttana.»
Sandro l’ascoltava in silenzio, mentre cresceva la sua eccitazione.
La voce di Lucia era calma, calda.
Non parlò. Le afferrò i seni con forza e la spinse sul divano. La prese da dietro, con impeto.
«Sì, così mi piace… trattami da puttana. Scopami. Mi piace. Inculami.»
Lucia, la poliziotta inflessibile, era anche una donna che sapeva di poter far perdere la testa a un uomo.
Lo stava facendo. Ed era felice.
Divisa tra il lavoro, qualche caso da seguire e le ore passate con Sandro, cominciò a rendersi conto che tutta quella vicenda — l’indagine, le feste, Matilde, Arianna… e il sesso — le stava smuovendo qualcosa dentro.
Forse erano anni che non si guardava davvero allo specchio. Ora sì. Ora si guardava e si piaceva. Si vedeva viva, desiderata, desiderante.
A poco a poco, una consapevolezza si faceva strada: aveva passato troppo tempo a negarsi qualcosa. Tra il peso delle indagini, le delusioni sentimentali e un’autonomia ostentata quasi come corazza, si era dimenticata di avere un corpo. Un corpo capace di dare e ricevere piacere.
Il tempo passato con Sandro stava diventando più importante di quanto avesse previsto. Non era solo sesso — anche se il sesso con lui la faceva vibrare — ma soprattutto la libertà con cui lo vivevano. La libertà di mostrarsi, di essere.
Di vivere il proprio desiderio senza pudore.
Non era solo bella: era viva. E lo stava riscoprendo.
«Sai cosa sto capendo?»
gli disse una sera, mentre erano sul divano, lui dietro di lei, la bocca vicina al collo.
«Che stare bene col proprio corpo… non è affatto scontato. Ho vissuto anni con la testa piena di cose da fare. Ho incastrato il cuore in storie stanche. Ho creduto che bastasse essere indipendente, forte, concentrata. Ma adesso… adesso voglio anche essere una donna. Una femmina. Voglio godere. E far impazzire l’uomo che mi desidera. Ti sembra strano?»
Lui la guardò, ma non rispose subito. Si limitò a darle un bacio sul collo.
Lei sorrise.
«Lo sai… l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore… mi sono proprio divertita. Mi hai guardata come se non avessi mai visto niente di più bello, e io… io ti volevo proprio così. Stupito. Affamato. Alla mia mercé. Giocare col tuo desiderio è stata una delle cose più eccitanti che abbia mai fatto. E quando…»
Si fermò. Lo fissò negli occhi.
«…quando mi sono seduta sulla poltrona e ti ho abbassato i pantaloni in silenzio. Quando ho tirato fuori il tuo cazzo davanti al mio viso. Ricordi? Sono rimasta a guardarlo, fingendo di volerlo mordere. Lo accarezzavo e me lo passavo sulle guance. Ero eccitatissima. Sentivo il tuo corpo vibrare tra le mie labbra.
L’ho baciato, succhiato. Ti guardavo negli occhi e sentivo il tuo piacere. Quando ti ho detto: “Vuoi venirmi in bocca?”, l’ho fatto perché lo desideravo. Volevo il tuo seme. E tu, al solo sentire quella mia richiesta, hai cominciato a rantolare qualcosa. Sei venuto nella mia bocca, schizzi sul viso e tra i capelli.
Per me è stato bellissimo. Bellissimo sentirti gridare.
Voglio che anche tu mi dica quello che ti piace. Voglio sentirti dire che sono la tua puttana.»
Sandro l’ascoltava in silenzio, mentre cresceva la sua eccitazione.
La voce di Lucia era calma, calda.
Non parlò. Le afferrò i seni con forza e la spinse sul divano. La prese da dietro, con impeto.
«Sì, così mi piace… trattami da puttana. Scopami. Mi piace. Inculami.»
Lucia, la poliziotta inflessibile, era anche una donna che sapeva di poter far perdere la testa a un uomo.
Lo stava facendo. Ed era felice.
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