Avventura folle (parte 13)
di
Kugher
genere
sadomaso
Le traversie della vita portano a momenti di forti tensioni, nei quali la coppia cerca rifugio in sé stessa, cercando momenti in cui si avverte la necessità di creare parentesi di isolamento, tali da allontanare ciò che crea ansia.
L’anniversario era il motivo per cercare conforto in un evento importante, amplificando i significati e portando a ripercorrere col pensiero gli anni trascorsi, quasi fosse un punto fermo e rassicurante prima di intraprendere le difficoltà del futuro.
Frank, a tavola, guardava la moglie visibilmente eccitata mentre, seduta sulla schiena della schiava posta carponi che svolgeva funzioni di sedia, consumava la cena che anticipava altri piaceri.
La guardava e pensava a ciò che nel suo corpo stava avvenendo e che avrebbe costituito la sfida del prossimo anno.
La scelta di vivere quell’esperienza nello stesso edificio messo a disposizione da Alfio, era volta a creare un tempo fuori dal tempo, uscendo dalla routine quotidiana, nella quale sarebbero stati costretti a restare se avessero portato la ragazza a casa loro.
Gli occhi eccitati della moglie, che evidentemente si godeva il corpo sul quale stava seduta mentre assaporava il cibo ed il momento, gli diede la conferma del suo pensiero.
La lentezza nella consumazione della cena non era solo dovuta alla necessità di godere del gusto delle pietanze, più, invece, del gusto della situazione.
Il trascorrere del tempo per terminare il primo piatto, aveva altro effetto per le forze della schiava che stavano venendo sempre meno.
“La schiava tra iniziando a tremare”.
“Ne abbiamo presa una bella e giovane, ma poco resistente”.
Il primo venne comunque terminato con i tempi utili e necessari.
“Servi il secondo”.
La consumazione della seconda portata cominciava a vedere l’esigenza di soddisfare altri appetiti.
La schiava attendeva altri suoi usi stesa a terra, sotto il tavolo, con i piedi dei Padroni sul suo corpo e col piede della Padrona che aveva cercato, e trovato, il morsetto sul capezzolo sinistro, sul quale si era posato, dando così maggior gusto ad ogni boccone di cibo.
Helen era stata portata dal marito alle esperienze di dominio. Lo stesso Frank, che pure aveva latenti questi desideri, ne aveva preso coscienza dopo il matrimonio, quando l’abitudine sessuale rischiava di rendere meccanico un atto che, privo del sale che una frusta può dare, perdeva sempre più gusto.
A fatica ne aveva parlato con la moglie e, insieme, avevano iniziato ad esplorare nuove sensazioni.
Avevano preferenza per schiave bianche, pur non essendo mancati anche schiavi usati esclusivamente dalla donna.
Ileana era l’ulteriore oggetto, corpo per loro privo di anima essendo, nella coppia, sufficiente la loro, senza la necessità di cercarne altra non utile.
La lingua di quell’oggetto che mostrava loro la sottomissione fonte di piacere, dopo cena stava facendo crescere nella Padrona, seduta in poltrona, il piacere nelle viscere, generando analoga eccitazione nel marito che osservava la scena di dominio.
La frustata sul culo era utile per il piacere di entrambi, consolidando, per il tramite del corpo a loro disposizione, la loro complicità.
“La cagna ha perso il ritmo”.
Le due frustate che seguirono non fecero ritrovare il ritmo, ma alimentarono l’eccitazione.
Il piede di Frank spinse la faccia della schiava nella figa della moglie, rilasciando la tensione solo quando la ragazza mostrò eccessiva difficoltà respiratoria.
“Godine un po’ anche tu”.
Per quanto il regalo fosse per la moglie, l’eccitazione sempre crescente, fece provare all’uomo l’egoistica necessità di dare diversa alimentazione a ciò che stava crescendo sempre più prepotentemente.
“Vieni, cagna”.
Il guinzaglio apposto al collare e tirato per farsi seguire, rese inutile l’ordine vocale impartito.
L’uomo prese posto sull’altra poltrona. L’impazienza del piacere che la bocca di una schiava può dare, rese necessaria la stretta ai capelli, per dirigere la testa all’inguine e spingere il cazzo fino alla gola della cagna bianca.
La condivisione della schiava di turno, era tale da far risultare la stessa quale mero strumento erotico all’interno della loro complicità.
“A quattro zampe mentre succhi il cazzo”.
L’ordine della Padrona venne accompagnato da due frustate sulla schiena, inutili per ottenere l’obbedienza che non mancava, propedeutici invece per l’eccitazione.
La donna si sedette sulle spalle della ragazza, spingendole la testa sul cazzo del marito.
Le lingue della coppia si incrociarono, mentre la figa di Helen bagnava ancora la schiena della schiava, il cui respiro era reso difficile dal cazzo di Frank che premeva a fondo.
Fu il marito, la cui eccitazione era iniziata a crescere appena entrato nella fattoria, ad avere necessità di sfogare la tensione crescente.
Prese la moglie per mano e la fece sedere cavalcioni su di sé, per farsi penetrare.
La schiava dovette piegarsi sotto e, con difficoltà, leccare il punto in cui il cazzo del marito entrava nella figa della moglie nel momento in cui questa si fermava, concentrandosi sulla lingua che leccava quella dell’amato, godendosi le mani di questo che la accarezzavano. Mentre Helen, invece, alzava ed abbassava il bacino, la schiava si chinava ancor di più per leccare le palle dell’uomo.
Fu evidente l’aumento del ritmo della moglie che, evidentemente, aveva inteso che la crescita del piacere di Franck era giunto al punto in cui non avrebbe potuto essere ulteriormente prolungato.
La schiava non poté fare altro che fermarsi ed attendere che l’uomo giungesse al culmine.
Dovette essere veloce quando la moglie, alzatasi in fretta, le prese la testa per dirigere la sua bocca sul cazzo, così da consentire al marito di riversare dentro tutto lo sperma che la loro eccitazione aveva fatto montare.
Mentre la schiava puliva il cazzo dopo che l’orgasmo ebbe termine, Helen baciò il marito. Dopo essersi staccata da lui, spinse col piede la ragazza a terra, di schiena. Si accovacciò sulla faccia di Ileana, ponendo la figa in corrispondenza della bocca.
“Fammi godere, cagna bianca”.
L’anniversario era il motivo per cercare conforto in un evento importante, amplificando i significati e portando a ripercorrere col pensiero gli anni trascorsi, quasi fosse un punto fermo e rassicurante prima di intraprendere le difficoltà del futuro.
Frank, a tavola, guardava la moglie visibilmente eccitata mentre, seduta sulla schiena della schiava posta carponi che svolgeva funzioni di sedia, consumava la cena che anticipava altri piaceri.
La guardava e pensava a ciò che nel suo corpo stava avvenendo e che avrebbe costituito la sfida del prossimo anno.
La scelta di vivere quell’esperienza nello stesso edificio messo a disposizione da Alfio, era volta a creare un tempo fuori dal tempo, uscendo dalla routine quotidiana, nella quale sarebbero stati costretti a restare se avessero portato la ragazza a casa loro.
Gli occhi eccitati della moglie, che evidentemente si godeva il corpo sul quale stava seduta mentre assaporava il cibo ed il momento, gli diede la conferma del suo pensiero.
La lentezza nella consumazione della cena non era solo dovuta alla necessità di godere del gusto delle pietanze, più, invece, del gusto della situazione.
Il trascorrere del tempo per terminare il primo piatto, aveva altro effetto per le forze della schiava che stavano venendo sempre meno.
“La schiava tra iniziando a tremare”.
“Ne abbiamo presa una bella e giovane, ma poco resistente”.
Il primo venne comunque terminato con i tempi utili e necessari.
“Servi il secondo”.
La consumazione della seconda portata cominciava a vedere l’esigenza di soddisfare altri appetiti.
La schiava attendeva altri suoi usi stesa a terra, sotto il tavolo, con i piedi dei Padroni sul suo corpo e col piede della Padrona che aveva cercato, e trovato, il morsetto sul capezzolo sinistro, sul quale si era posato, dando così maggior gusto ad ogni boccone di cibo.
Helen era stata portata dal marito alle esperienze di dominio. Lo stesso Frank, che pure aveva latenti questi desideri, ne aveva preso coscienza dopo il matrimonio, quando l’abitudine sessuale rischiava di rendere meccanico un atto che, privo del sale che una frusta può dare, perdeva sempre più gusto.
A fatica ne aveva parlato con la moglie e, insieme, avevano iniziato ad esplorare nuove sensazioni.
Avevano preferenza per schiave bianche, pur non essendo mancati anche schiavi usati esclusivamente dalla donna.
Ileana era l’ulteriore oggetto, corpo per loro privo di anima essendo, nella coppia, sufficiente la loro, senza la necessità di cercarne altra non utile.
La lingua di quell’oggetto che mostrava loro la sottomissione fonte di piacere, dopo cena stava facendo crescere nella Padrona, seduta in poltrona, il piacere nelle viscere, generando analoga eccitazione nel marito che osservava la scena di dominio.
La frustata sul culo era utile per il piacere di entrambi, consolidando, per il tramite del corpo a loro disposizione, la loro complicità.
“La cagna ha perso il ritmo”.
Le due frustate che seguirono non fecero ritrovare il ritmo, ma alimentarono l’eccitazione.
Il piede di Frank spinse la faccia della schiava nella figa della moglie, rilasciando la tensione solo quando la ragazza mostrò eccessiva difficoltà respiratoria.
“Godine un po’ anche tu”.
Per quanto il regalo fosse per la moglie, l’eccitazione sempre crescente, fece provare all’uomo l’egoistica necessità di dare diversa alimentazione a ciò che stava crescendo sempre più prepotentemente.
“Vieni, cagna”.
Il guinzaglio apposto al collare e tirato per farsi seguire, rese inutile l’ordine vocale impartito.
L’uomo prese posto sull’altra poltrona. L’impazienza del piacere che la bocca di una schiava può dare, rese necessaria la stretta ai capelli, per dirigere la testa all’inguine e spingere il cazzo fino alla gola della cagna bianca.
La condivisione della schiava di turno, era tale da far risultare la stessa quale mero strumento erotico all’interno della loro complicità.
“A quattro zampe mentre succhi il cazzo”.
L’ordine della Padrona venne accompagnato da due frustate sulla schiena, inutili per ottenere l’obbedienza che non mancava, propedeutici invece per l’eccitazione.
La donna si sedette sulle spalle della ragazza, spingendole la testa sul cazzo del marito.
Le lingue della coppia si incrociarono, mentre la figa di Helen bagnava ancora la schiena della schiava, il cui respiro era reso difficile dal cazzo di Frank che premeva a fondo.
Fu il marito, la cui eccitazione era iniziata a crescere appena entrato nella fattoria, ad avere necessità di sfogare la tensione crescente.
Prese la moglie per mano e la fece sedere cavalcioni su di sé, per farsi penetrare.
La schiava dovette piegarsi sotto e, con difficoltà, leccare il punto in cui il cazzo del marito entrava nella figa della moglie nel momento in cui questa si fermava, concentrandosi sulla lingua che leccava quella dell’amato, godendosi le mani di questo che la accarezzavano. Mentre Helen, invece, alzava ed abbassava il bacino, la schiava si chinava ancor di più per leccare le palle dell’uomo.
Fu evidente l’aumento del ritmo della moglie che, evidentemente, aveva inteso che la crescita del piacere di Franck era giunto al punto in cui non avrebbe potuto essere ulteriormente prolungato.
La schiava non poté fare altro che fermarsi ed attendere che l’uomo giungesse al culmine.
Dovette essere veloce quando la moglie, alzatasi in fretta, le prese la testa per dirigere la sua bocca sul cazzo, così da consentire al marito di riversare dentro tutto lo sperma che la loro eccitazione aveva fatto montare.
Mentre la schiava puliva il cazzo dopo che l’orgasmo ebbe termine, Helen baciò il marito. Dopo essersi staccata da lui, spinse col piede la ragazza a terra, di schiena. Si accovacciò sulla faccia di Ileana, ponendo la figa in corrispondenza della bocca.
“Fammi godere, cagna bianca”.
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