Avventura folle (parte 12)

di
genere
sadomaso

Unicamente nel momento in cui Helen e Frank entrarono nell’edificio destinato ai Padroni, apparve la bellezza e l’eleganza dell’ambiente che, sino a pochi metri prima della porta di accesso, poteva sembrare una delle tante costruzioni aderenti allo stile vecchio e non curato della fattoria.
La porta in legno scrostato esternamente, rivelava un’ottima fattura, apprezzabile una volta effettuato l’accesso.
Il lungo corridoio era tale da lasciare gli ospiti ancora fuori dal tempo, con un arredamento in legno che, seppur curato, era tale da consentire di collocare l’arte nel 1800.
Alle pareti l’illuminazione era affidata a raffinati candelabri, la cui produzione di luce era la medesima delle candele, creando una ambientazione peculiare.
Il lungo tappeto rosso fino alla loro residenza fu un invito esplicito, un richiamo forte per Helen che, con uno strattone al guinzaglio, fece fermare la schiava che ancora stava procedendo carponi.
La padrona si sedette sulla schiena della donna il cui nome le era ancora sconosciuto.
Appoggiò le mani alle spalle per avere l’equilibrio che, alzando i talloni, le sarebbe venuto meno.
Il guinzaglio venne preso dal Padrone, che condusse la moglie sulla sua cavalcatura fino all’appartamento loro assegnato.
La cavalcata, stanca ed incerta negli ultimi metri, giunse fino alla poltrona posta nell’ampio soggiorno e terminò con la cavalla che, una volta liberata dal peso sulla groppa, crollò a terra, pagando il debito di energie accumulato in quel tragitto.
Frank si chinò a baciare sulle labbra la moglie che, seduta in poltrona, aveva appoggiato un piede sulla schiava a terra.
“Buon anniversario amore”.
Il tempo inesorabilmente porta a mutare i sentimenti che subiscono le intemperie degli eventi cumulati negli anni ma, se forti, subiscono solo assestamenti e adattamenti, lasciando la pelle dell’anima e del cuore priva di rilevanti croste.
Mentre la lingua di Helen entrava nella bocca del marito, il suo piede nudo entrava nella bocca del suo regalo.
L’altro piede era posato sul fianco della donna che ancora stava recuperando energie, immettendo frequentemente ossigeno nei polmoni, fino a che la frequenza respiratoria non ritornò alla tranquillità solita.
La tavola era stata fatta trovare imbandita da un servizio sempre attento ai particolari e alle richieste.
La tovaglia linda, ospitava piatti in attesa di essere riempiti su un tavolo in legno pesante e scuro.
L’arredamento collocava l’ambiente in un tempo indefinito.
I due coperti sulla tavola erano in corrispondenza del lato lungo, l’uno posto di fronte all’altro.
La schiava ebbe qualche difficoltà ad ambientarsi nella cucina per la preparazione del pasto, non conoscendo la disposizione di ciò che le serviva.
La donna era evidentemente colta da ansia nella preparazione, temendo che il tempo, che le pareva protrarsi eccessivamente, potesse ingenerare eccessiva attesa nei Padroni, creando in lei la necessità di servire nei tempi e modi consoni.
Non sentì subito che veniva chiamata dal Padrone, intenta ai preparativi e a cercare in quell’ambiente sconosciuto ciò che le era necessario.
Avvertì il tono spazientito, più che le parole.
Abbandonò il lavoro in corso per recarsi in sala.
Helen vide il disorientamento della ragazza che, comunque, le si avvicinò, rimanendo davanti a lei in attesa di conoscere il motivo della chiamata.
La Padrona la osservò per il brevissimo tempo che ritenne congruo per un comportamento che evidentemente non veniva tenuto.
“In ginocchio!”.
L’ordine venne accompagnato da una frustata sulla coscia, che portò la ragazza a contorcere il corpo che, subito dopo, assunse la posizione ordinatale.
Helen non aveva dato ulteriori specificazioni ed apprezzò il fatto che la testa fu portata tra i suoi piedi.
Altro colpo di frustino colpì la schiena della ragazza, senza dover necessariamente ricercare il motivo, che poteva essere di piacere o un'ulteriore sottolineatura del mancato omaggio alla Padrona.
“Servici l’aperitivo”.
L’ordine fu eseguito memore di quanto accaduto poco prima. Solo dopo essersi inginocchiata offrì, stendendo le braccia, il vassoio sul quale vi era un bicchiere di fresco vino bianco e qualche salatino. Prima alla donna e poi al Padrone.
Helen era evidentemente eccitata, al pari del marito che, però, aveva bene in mente che la schiava era un regalo per la moglie, davanti alla quale rimase inginocchiata.
“Poggia il vassoio a terra”.
D’istinto, eseguito l’ordine, mise i polsi dietro alla schiena, spingendo leggermente in avanti il petto per offrire i seni. Le cosce erano aperte quel tanto da far vedere la figa depilata, ma non abbastanza da essere volgare e sfacciata.
La Padrona, mentre sorseggiava il vino, passò il piede sulle labbra della ragazza che dischiuse le labbra, estraendo appena la lingua sulla quale indugiarono le dita che, poi, scesero sul corpo sfiorando la pelle, lentamente, così da far capire alla schiava le intenzioni della Padrona ed anticipando quanto sarebbe accaduto.
Il piede si fermò in prossimità della catenella che univa i morsetti ai capezzoli, prima di spingere verso il basso.
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2025-10-03
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