La terrazza di una amica
di
Luisa Damore
genere
bisex
Questo è un racconto tagliato dal mio libro "Dentro di me". Lo regalo a chi ha deciso di leggerlo, e magari invoglia gli altri a farlo.
Racconto: La terrazza di un’amica
Era una festa.
Troppa gente, troppi bicchieri, troppe voci tutte uguali.
Io cercavo aria.
Salii sulla terrazza, dove la città si mostrava più vera, con le luci e i tetti disordinati.
Lui mi seguì.
Non era previsto.
Non era nemmeno invitato nel mio spazio.
Eppure lo accolsi.
Parlammo poco, frasi senza peso.
Poi il suo sguardo si fermò sul mio, e bastò quello.
Il bacio arrivò naturale, come se ci fossimo aspettati da sempre.
Mi spinse piano contro il muro esterno, il vento che ci scompigliava i capelli.
La città sotto di noi, testimone muta.
Mi aprii senza resistenza, il mio corpo già in suo potere.
Mi prese lì, con forza.
Ogni colpo era un grido verso il cielo, ogni mio gemito un’eco tra i palazzi.
Sentivo la vertigine, il rischio, e proprio in quel rischio venni.
Forte, lunga, con un brivido che mi percorse tutta.
Lui venne subito dopo, stringendomi per non farmi cadere.
Restammo abbracciati, con il fiato corto, mentre sotto la festa continuava.
Rientrammo come se niente fosse.
Ma io sapevo che qualcosa era cambiato.
E capii che il desiderio è come la città:
non dorme mai, anche quando finge di spegnere le luci
Racconto: La terrazza di un’amica
Era una festa.
Troppa gente, troppi bicchieri, troppe voci tutte uguali.
Io cercavo aria.
Salii sulla terrazza, dove la città si mostrava più vera, con le luci e i tetti disordinati.
Lui mi seguì.
Non era previsto.
Non era nemmeno invitato nel mio spazio.
Eppure lo accolsi.
Parlammo poco, frasi senza peso.
Poi il suo sguardo si fermò sul mio, e bastò quello.
Il bacio arrivò naturale, come se ci fossimo aspettati da sempre.
Mi spinse piano contro il muro esterno, il vento che ci scompigliava i capelli.
La città sotto di noi, testimone muta.
Mi aprii senza resistenza, il mio corpo già in suo potere.
Mi prese lì, con forza.
Ogni colpo era un grido verso il cielo, ogni mio gemito un’eco tra i palazzi.
Sentivo la vertigine, il rischio, e proprio in quel rischio venni.
Forte, lunga, con un brivido che mi percorse tutta.
Lui venne subito dopo, stringendomi per non farmi cadere.
Restammo abbracciati, con il fiato corto, mentre sotto la festa continuava.
Rientrammo come se niente fosse.
Ma io sapevo che qualcosa era cambiato.
E capii che il desiderio è come la città:
non dorme mai, anche quando finge di spegnere le luci
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