Il tichettio
di
Luisa Damore
genere
masturbazione
Luisa Damore sedeva alla sua scrivania, circondata dal silenzio opprimente dell’ufficio. A ventisette anni, aveva imparato a gestire lo stress del lavoro, ma quel giorno era diverso. La sua mente era altrove, intrappolata in un vortice di pensieri che non osavano fermarsi. La luce fluorescente del soffitto rifletteva sullo schermo del computer, illuminando il suo viso con una freddezza che contrastava con il calore che sentiva crescere dentro di lei. Le dita scivolavano sulla tastiera, ma i suoi pensieri erano lontani, persi in un luogo dove il tempo sembrava sospeso.
Il ticchettio delle dita degli altri colleghi creava un ritmo ipnotico, quasi musicale, ma Luisa non riusciva a concentrarsi. Il suo sguardo si posò sulla penna che teneva in mano, un oggetto banale, quotidiano, ma che in quel momento assumeva un significato diverso. La fece scivolare tra le dita, sentendone il peso, la forma liscia che si adattava perfettamente al suo palmo. La sua mente iniziò a vagare, immaginando di usarla per qualcosa di più che scrivere appunti.
Il respiro di Luisa si fece più affannoso, quasi impercettibile, mentre le sue fantasie prendevano vita. La sedia di pelle scricchiolò leggermente quando si spostò, e il suono la riportò alla realtà, ricordandole che non era sola. Ma era troppo tardi per fermarsi. La sua mano scivolò sotto la scrivania, lenta, come se stesse seguendo un percorso già tracciato. Il tessuto della gonna era morbido contro la sua pelle, e il contatto la fece sussultare.
Chiuse gli occhi per un attimo, immaginando di essere altrove, in un luogo dove nessuno poteva vederla, dove poteva lasciarsi andare senza paura. Le sue dita si mossero con una delicatezza che contrastava con il tumulto che sentiva dentro. Ogni sensazione era amplificata, ogni dettaglio vivido. La penna cadde a terra con un tonfo sordo, ma Luisa non se ne accorse. Era completamente immersa in quel momento, in quel segreto che solo lei conosceva.
Il ritmo del suo respiro aumentò, sincronizzandosi con il movimento delle sue dita. La sua mente dipingeva immagini proibite, scenari che non avrebbero mai dovuto esistere in un luogo come quello. Si sentiva viva, eccitata, come se ogni cellula del suo corpo fosse accesa. Ma poi, un rumore. Qualcuno si avvicinava. Il cuore di Luisa batté all’impazzata, ma non si fermò. Anzi, accelerò, come se il rischio rendesse tutto più intenso.
La porta si aprì, e per un attimo temette di essere scoperta. Ma era solo Marco, il suo collega, che si fermò accanto alla sua scrivania. “Luisa, hai visto il report che ti ho mandato?” chiese, la sua voce calma e professionale. Luisa alzò lo sguardo, cercando di mantenere la compostezza. I suoi occhi incontrarono i suoi, e per un attimo il mondo sembrò fermarsi. “Sì, certo,” rispose, la voce appena tremante. “Lo sto controllando proprio ora.”
Marco annui, sorridendo, e si allontanò. Luisa rimase immobile, il respiro ancora affannoso, il cuore che batteva forte. Guardò la penna a terra, poi il monitor del computer, dove il report era ancora aperto, intatto. Le sue dita, ancora tremanti, si posarono sulla tastiera, ma la sua mente era altrove. Cosa sarebbe successo se Marco l’avesse scoperta? Se avesse visto il rossore sulle sue guance, il respiro affannoso, la penna a terra?
L’idea la eccitò più di quanto volesse ammettere. Il rischio, la possibilità di essere scoperta, aveva aggiunto un livello di intensità che non aveva previsto. Si sentiva come se stesse camminando su un filo sottile, con il pericolo di cadere da un momento all’altro. Ma era proprio quel pericolo che la rendeva viva, che la spingeva a continuare.
Con un sospiro, Luisa si costrinse a tornare al report. Le sue dita ripresero a muoversi sulla tastiera, ma la sua mente era ancora intrappolata in quel momento di trasgressione. La penna era ancora a terra, un promemoria silenzioso di ciò che aveva appena fatto. E mentre lavorava, non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo se Marco fosse tornato, se avesse notato qualcosa di strano, se avesse capito il suo segreto.
L’ufficio torno al suo silenzio abituale, ma per Luisa, nulla sarebbe stato più come prima. Quel momento di intimità rubata aveva acceso qualcosa dentro di lei, una fiamma che non poteva più ignorare. E mentre guardava la penna a terra, si chiese se avrebbe mai avuto il coraggio di spingersi oltre, di esplorare quelle fantasie che ora la tormentavano.
La giornata proseguì, ma Luisa non era più la stessa. Ogni sguardo di Marco, ogni rumore, ogni movimento la facevano sobbalzare, come se stesse aspettando che qualcuno scoprisse il suo segreto. E quando finalmente l’orario di lavoro terminò, si alzò dalla scrivania con un senso di sollievo, ma anche di delusione. Aveva assaporato qualcosa di proibito, qualcosa che la chiamava a tornare, a esplorare ulteriormente.
Mentre raccoglieva le sue cose, il suo sguardo cadde di nuovo sulla penna. La raccolse, sentendone il peso familiare, e la mise in borsa. Era un piccolo trofeo, un promemoria di ciò che aveva osato fare. E mentre usciva dall’ufficio, non poteva fare a meno di chiedersi cosa l’aspettava, se avrebbe mai avuto il coraggio di spingersi oltre, di trasformare quelle fantasie in realtà.
La notte cadde su Milano, ma la mente di Luisa era ancora sveglia, intrappolata in un vortice di pensieri e desideri. Il rischio, l’eccitazione, il pericolo: erano tutti elementi che la attiravano, che la spingevano a voler di più. E mentre si addormentava, sognò di un mondo dove poteva lasciarsi andare, dove nessuno poteva giudicarla, dove poteva essere se stessa, senza paure, senza limiti.
Ma per ora, quel mondo esisteva solo nella sua mente, un luogo segreto dove poteva tornare ogni volta che voleva, un luogo dove la penna non era solo uno strumento di scrittura, ma un simbolo di trasgressione, di libertà, di desiderio. E mentre il sonno la avvolgeva, Luisa sorrise, sapendo che il giorno dopo sarebbe tornato in ufficio, pronta a vivere di nuovo quel momento, pronta a spingersi oltre, a scoprire cosa l’aspettava.
(Io sono Luisa Damore, scrittrice per passione. Ho pubblicato un libro "Dentro di me", dove potete trovare la mia essenza. Spero di potervi avere tra i lettori. Un abbraccio)
Il ticchettio delle dita degli altri colleghi creava un ritmo ipnotico, quasi musicale, ma Luisa non riusciva a concentrarsi. Il suo sguardo si posò sulla penna che teneva in mano, un oggetto banale, quotidiano, ma che in quel momento assumeva un significato diverso. La fece scivolare tra le dita, sentendone il peso, la forma liscia che si adattava perfettamente al suo palmo. La sua mente iniziò a vagare, immaginando di usarla per qualcosa di più che scrivere appunti.
Il respiro di Luisa si fece più affannoso, quasi impercettibile, mentre le sue fantasie prendevano vita. La sedia di pelle scricchiolò leggermente quando si spostò, e il suono la riportò alla realtà, ricordandole che non era sola. Ma era troppo tardi per fermarsi. La sua mano scivolò sotto la scrivania, lenta, come se stesse seguendo un percorso già tracciato. Il tessuto della gonna era morbido contro la sua pelle, e il contatto la fece sussultare.
Chiuse gli occhi per un attimo, immaginando di essere altrove, in un luogo dove nessuno poteva vederla, dove poteva lasciarsi andare senza paura. Le sue dita si mossero con una delicatezza che contrastava con il tumulto che sentiva dentro. Ogni sensazione era amplificata, ogni dettaglio vivido. La penna cadde a terra con un tonfo sordo, ma Luisa non se ne accorse. Era completamente immersa in quel momento, in quel segreto che solo lei conosceva.
Il ritmo del suo respiro aumentò, sincronizzandosi con il movimento delle sue dita. La sua mente dipingeva immagini proibite, scenari che non avrebbero mai dovuto esistere in un luogo come quello. Si sentiva viva, eccitata, come se ogni cellula del suo corpo fosse accesa. Ma poi, un rumore. Qualcuno si avvicinava. Il cuore di Luisa batté all’impazzata, ma non si fermò. Anzi, accelerò, come se il rischio rendesse tutto più intenso.
La porta si aprì, e per un attimo temette di essere scoperta. Ma era solo Marco, il suo collega, che si fermò accanto alla sua scrivania. “Luisa, hai visto il report che ti ho mandato?” chiese, la sua voce calma e professionale. Luisa alzò lo sguardo, cercando di mantenere la compostezza. I suoi occhi incontrarono i suoi, e per un attimo il mondo sembrò fermarsi. “Sì, certo,” rispose, la voce appena tremante. “Lo sto controllando proprio ora.”
Marco annui, sorridendo, e si allontanò. Luisa rimase immobile, il respiro ancora affannoso, il cuore che batteva forte. Guardò la penna a terra, poi il monitor del computer, dove il report era ancora aperto, intatto. Le sue dita, ancora tremanti, si posarono sulla tastiera, ma la sua mente era altrove. Cosa sarebbe successo se Marco l’avesse scoperta? Se avesse visto il rossore sulle sue guance, il respiro affannoso, la penna a terra?
L’idea la eccitò più di quanto volesse ammettere. Il rischio, la possibilità di essere scoperta, aveva aggiunto un livello di intensità che non aveva previsto. Si sentiva come se stesse camminando su un filo sottile, con il pericolo di cadere da un momento all’altro. Ma era proprio quel pericolo che la rendeva viva, che la spingeva a continuare.
Con un sospiro, Luisa si costrinse a tornare al report. Le sue dita ripresero a muoversi sulla tastiera, ma la sua mente era ancora intrappolata in quel momento di trasgressione. La penna era ancora a terra, un promemoria silenzioso di ciò che aveva appena fatto. E mentre lavorava, non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo se Marco fosse tornato, se avesse notato qualcosa di strano, se avesse capito il suo segreto.
L’ufficio torno al suo silenzio abituale, ma per Luisa, nulla sarebbe stato più come prima. Quel momento di intimità rubata aveva acceso qualcosa dentro di lei, una fiamma che non poteva più ignorare. E mentre guardava la penna a terra, si chiese se avrebbe mai avuto il coraggio di spingersi oltre, di esplorare quelle fantasie che ora la tormentavano.
La giornata proseguì, ma Luisa non era più la stessa. Ogni sguardo di Marco, ogni rumore, ogni movimento la facevano sobbalzare, come se stesse aspettando che qualcuno scoprisse il suo segreto. E quando finalmente l’orario di lavoro terminò, si alzò dalla scrivania con un senso di sollievo, ma anche di delusione. Aveva assaporato qualcosa di proibito, qualcosa che la chiamava a tornare, a esplorare ulteriormente.
Mentre raccoglieva le sue cose, il suo sguardo cadde di nuovo sulla penna. La raccolse, sentendone il peso familiare, e la mise in borsa. Era un piccolo trofeo, un promemoria di ciò che aveva osato fare. E mentre usciva dall’ufficio, non poteva fare a meno di chiedersi cosa l’aspettava, se avrebbe mai avuto il coraggio di spingersi oltre, di trasformare quelle fantasie in realtà.
La notte cadde su Milano, ma la mente di Luisa era ancora sveglia, intrappolata in un vortice di pensieri e desideri. Il rischio, l’eccitazione, il pericolo: erano tutti elementi che la attiravano, che la spingevano a voler di più. E mentre si addormentava, sognò di un mondo dove poteva lasciarsi andare, dove nessuno poteva giudicarla, dove poteva essere se stessa, senza paure, senza limiti.
Ma per ora, quel mondo esisteva solo nella sua mente, un luogo segreto dove poteva tornare ogni volta che voleva, un luogo dove la penna non era solo uno strumento di scrittura, ma un simbolo di trasgressione, di libertà, di desiderio. E mentre il sonno la avvolgeva, Luisa sorrise, sapendo che il giorno dopo sarebbe tornato in ufficio, pronta a vivere di nuovo quel momento, pronta a spingersi oltre, a scoprire cosa l’aspettava.
(Io sono Luisa Damore, scrittrice per passione. Ho pubblicato un libro "Dentro di me", dove potete trovare la mia essenza. Spero di potervi avere tra i lettori. Un abbraccio)
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