Rosa tra gli alberi

di
genere
feticismo

Il parco era immerso nella quiete pomeridiana. Le foglie degli alberi oscillavano lievi, proiettando ombre mobili sul vialetto di ghiaia chiara. Una brezza gentile accarezzava i rami, e il profumo dell’erba tagliata si mescolava a quello dolciastro del glicine lì vicino.

Elena camminava senza fretta.

Indossava un vestito fucsia leggero, che ondeggiava ad ogni passo accarezzandole le cosce, lasciando scoperte le gambe pallide e lisce, appena baciate dal sole. Il tessuto, morbido e sottile, evidenziava la sua femminilità senza ostentazione. Il colore, deciso ma non aggressivo, risaltava sulla sua pelle chiara, quasi diafana, dal tono delicato come porcellana baciata dal sole del mattino.

Ai piedi portava un paio di infradito bianche, semplici ma di grande effetto, che lasciavano completamente scoperti i suoi piedi.

E che piedi.

Eleganti, proporzionati, affusolati. La pelle era liscia, luminosa, con sottili vene appena visibili sul collo del piede, come tratti a inchiostro sotto vetro. Le dita, dritte e armoniose, terminavano in unghie curate, corte e leggermente lucide, con una sfumatura naturale che si fondeva con la morbidezza della pelle. Il secondo dito appena più lungo del primo suggeriva carattere, sensualità, forza interiore. La pianta era ben disegnata, con quell’arco che suggerisce movimento, slancio, leggerezza. Ogni passo era una piccola coreografia. Ogni rumore di suola contro la ghiaia era un invito sussurrato.

Passando tra i bambini che correvano e le coppie sedute sulle panchine, Elena attirava sguardi senza cercarli. Camminava come chi si sente bene nella propria pelle. Come chi non ha bisogno di dimostrare nulla.

Il chiosco dei gelati apparve poco più avanti. Una piccola costruzione color pastello, con una tenda a righe e profumo di vaniglia che aleggiava nell’aria.

Elena si avvicinò.

Davanti a lei, un uomo. Alto, ben vestito, intento a scegliere il gusto perfetto con l’aria indecisa di chi non ha mai abbastanza tempo per i piaceri semplici. Aveva lo sguardo fisso sul menù in alto, completamente ignaro di ciò che stava accadendo dietro di lui.

Non sapeva.
Non poteva sapere.
Che a meno di un metro, la perfezione si era fermata.

Elena attese in silenzio, le infradito affondate appena nella ghiaia, il peso del corpo distribuito con grazia su un solo piede. Le dita si muovevano appena, affondando nella sabbia sottile che contornava la base del chiosco. Il piede sinistro si sollevò con lentezza, rivelando la pianta chiara, morbida, pulita.

Un movimento semplice. Ma perfettamente coreografato.

L’uomo non si voltò. Ma la signora dietro il bancone sì. E per un attimo, si dimenticò di chiedere: «Cono o coppetta?»
di
scritto il
2025-09-07
1 4 3
visite
2
voti
valutazione
7.5
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Colazione con Sguardo - FINALE
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.