Insolita perversione
di
john coltrane
genere
feticismo
È risaputo che il feticismo dei piedi sia una perversione di gran lunga più maschile che femminile. Tuttavia, ci sono anche alcune donne che amano le estremità inferiori. Di altre donne o dei maschi.
A me è capitato di incontrarne una per caso, perché sono un fotografo compulsivo e spessissimo posto i miei scatti su qualche social. Un giorno ho postato la foto di un mio piede, con lo sfondo della Tour Eiffel. Era una foto ironica, ovviamente, scattata alla fine di una giornata faticosissima passata a girare per la capitale francese, con un caldo torrido.
Ma una donna la prese diversamente e mi scrisse in privato.
All’inizio non ha avuto il coraggio di dichiararsi in maniera esplicita. Ha scritto solo: che bel piedino!
Sì, i miei piedi mi piacciono. Non li curo particolarmente, mi limito a tenerli puliti e in ordine, a partire ovviamente dalle unghie. Comunque, mi sembrano gradevoli, piuttosto arcuati e proporzionati. Mai mi era successo però che diventassero un motivo di attrazione per una donna.
Da cosa nasce cosa. Io le ho risposto, sempre con un tono scherzoso, e così poi lei. Alla fine si è confessata. Aveva poco meno di quarant’anni, era una bella donna, felicemente sposata, ma non aveva mai osato dichiarare questo suo desiderio: adorare dei piedi maschili belli come i miei.
Ho voluto sapere se fosse solo una fantasia o se lo avesse già fatto. Era una fantasia nata da dei giochi di bambina, o preadolescente, con dei maschietti un po’ prepotenti. Da adulta, comunque, aveva avuto l’occasione di farlo solo una volta, ma con un uomo che aveva equivocato, pensava che lei volesse essere trattata come una slave. Il che non era, almeno, non così pesantemente come aveva immaginato lui.
Quindi, in seguito a quell’esperienza, si era limitata a cercare ispirazione sul web (quasi inesistente se si tratta di donne che amano i piedi maschili) e a masturbarsi pensando a piedi di uomini su di lei. Volevo forse aiutarla? Le sembravo un tipo a posto.
Io non solo sono un tipo a posto, sono uno che non vuole casini. Soprattutto, non mi piacciono gli appuntamenti combinati online, penso sempre ci sia qualche webcam in agguato. Però, devo anche dire che la cosa mi incuriosiva e quando Olga mi ebbe mandato una sua immagine – piccolina, mora, il viso dolce, il corpo piacevole, né magro né abbondante – decisi che forse si poteva fare, alle mie condizioni.
Per lavoro viaggiavo spesso. Quindi, non mi sarebbe stato difficile passare per la sua città, che oltretutto distava solo 200 km. dalla mia.
Le dissi il giorno ma solo all’ultimo momento il luogo dove vederci, un bar, non proprio in città, dove qualcuno avrebbe potuto riconoscerla, in un paese poco fuori. Lì ci bevemmo un caffè e parlammo del più e del meno. Olga era come me l’ero immaginata. Educata, piacevole. Forse un po’ in imbarazzo, ma in generale abbastanza rilassata. Portava un vestitino estivo, azzurro, e calzava sandali tipo schiava, non esagerati. Ogni tanto mi guardava negli occhi, poi sorrideva distogliendo lo sguardo. Scrollava la testa come se pensasse: cosa sto facendo? Cosa ci faccio qui?
Poi salimmo nell’appartamento che avevo prenotato, in un residence non distante. Era come molti altri posti del genere, un luogo di mobili anonimi, ordinato e sufficientemente luminoso. Una volta in camera, tirate le tende, le chiesi cosa volesse fare. In fondo ero lì per soddisfare una sua fantasia.
Lei mi disse soltanto di sedermi sul bordo del letto. Poi mise un cuscino per terra, si inginocchiò ai miei piedi e mi slacciò le scarpe, sportive. Quindi, mi tolse i calzini.
Inutile dire che i piedi erano immacolati, li avevo lavati prima di scendere al bar. Però, mi fece comunque una certa impressione quando, dopo averne tenuto in mano uno, e averlo accarezzato e palpato, cominciò a leccare le dita con la lingua.
Non parlavamo. Lei era diventata rossa in viso e mi sembrava eccitata, anche se era ancora vestita.
Passò la lingua nello spazio fra un dito e l’altro, minuziosamente, usando anche le mani per distanziare un dito dall’altro. Poi iniziò a succhiarli, uno a uno, partendo dal mignolo. Io le accarezzavo la testa, il lobo delle orecchie. Cominciò a gemere, piano.
Dopodiché, con un sospiro, si tolse il vestito e i sandali. Rimase in mutande e canottiera, bianche entrambe sul corpo appena abbronzato, e passò all’altro piede. Dopo averlo leccato e succhiato, e avere passato per bene la lingua anche sotto, sulla pianta, se lo portò alla bocca tutto intero. Quando l’ebbe dentro, con la mano libera iniziò a toccarsi.
Credo che sia venuta quasi subito, mugolando, con il mio piede in bocca che le impediva di parlare e quasi di respirare. Del resto ormai era mezz’ora che si dava da fare, avevo i piedi tutti bagnati dalla sua saliva e il cazzo che mi faceva male dentro i pantaloni.
Poi si tolse tutto, si sdraiò nuda per terra, chiuse gli occhi mi chiese di passarle i miei piedi addosso.
Partii dai seni, che mi piacevano particolarmente, due sfere perfette, sode, appena più pallide del resto del suo corpo. Poi le accarezzai la pancia, risalii sulla sua faccia (tirò fuori nuovamente la lingua), ma alla fine mi dedicai soprattutto al suo monte di venere, e mettendomi di fronte a lei riuscii persino a penetrarla parzialmente con il pollice del piede destro, avevo paura di farle male ma non successe, anzi
Questo trattamento durò almeno un’altra mezz’ora. Mi sembrò che avesse orgasmi continui, uno particolarmente intenso, con un mio piede in bocca e l’altro che le titillava il clitoride.
Quando fu esausta si sdraiò sulla pancia e mi pregò di appoggiarle i piedi sulla schiena, come se fosse uno scendiletto.
L’accontentai. Rimase quieta per un bel pezzo, tanto che mi chiesi se si fosse addormentata. Il culo era come il resto, piccolo e attraente. Avrei voluto prendermelo, ma per quella volta mi ero impegnato a fare a modo suo.
Alla fine si girò, il suo viso risplendeva. Senza una parola mi slacciò la cintura, tirò giù la zip dei pantaloni e mi fece un pompino pieno di gratitudine.
Quando tutto fu finito, affondò la testa fra le mie gambe e pianse un po’. Tensione che si sfogava.
Le dissi che sarei passato altre volte per quella città, e che sarei stato felice di accontentarla di nuovo. “Per così poco”, aggiunsi.
“Poco non direi”, rispose.
Precisai però che se ci fosse stata un’altra occasione l’avrei scopata.
“Mi pare giusto”.
Avremmo potuto anche farlo in, in quel momento, io ce l’avevo duro di nuovo, ma lei stava già andando, doveva passare a prendere suo figlio a scuola.
Uscì per prima e sparì, lasciandomi da solo nella penombra della stanza del residence, con il ricordo della sua bocca che venerava i miei piedi.
Attesi le 9 e poi uscii a cercare una pizzeria.
coltranejohn39@gmail.com
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