La storia di Marta e dell'isola (1)

di
genere
confessioni


Ne avevamo parlato, qualche volta, io e Marta, mia moglie. Ma non ci eravamo mai riusciti. A fare cosa? A farlo in tre, è partito tutto da lì.
L’idea ci stuzzicava. Ma come? E con chi? Andare con degli sconosciuti, ad esempio fare quello che oggi si chiama “dogging”, ci sembrava pericoloso, oltre che forse non troppo gradevole. In quanto ai nostri amici, o amiche (avevamo preso in considerazione entrambe le ipotesi), non si era mai presentata l’occasione. Una volta c’eravamo andati vicini. Avevamo ospitato nella nostra casa – che è bella grande – una donna che piaceva a entrambi. Single, trentacinquenne, quindi poco più giovane di noi. Insegnante di danza. Simpatica e ben fatta. Ad un certo punto, tornati una passeggiata nei boschi dietro al paese, ci eravamo sdraiati tutti e tre sul letto matrimoniale. Ma non ci eravamo spinti oltre a un po’ di coccole. Forse io e Marta non eravamo stati abbastanza decisi. In ogni modo, ad un certo punto, io le stavo accarezzando la schiena mentre lei riposava ad occhi chiusi, teneramente abbracciata a Marta. Pochi altri secondi e avrei provato ad abbracciarla, a stringerle i seni. Ma all’improvviso si era riscossa annunciando che sarebbe andata a fare una doccia. Io e Marta ci siamo guardati come a chiederci: beh, ma tornerà, dopo? Magari senza pantaloni? Figurarsi: quando la nostra amica era ricomparsa nel rettangolo della porta, dentro una tutta da ginnastica pulita, e aveva proposto tutta vispa di dare una mano a Marta a preparare la cena, ci eravamo completamente smontati.

Quindi niente amica. E niente coppie, ma questo perché entrambi le avevamo escluse. Troppe complicazioni, con il rischio di ritrovarsi dopo un po’ dentro a dei rapporti a due. Avevamo fatto qualche ricerca in internet. In genere le persone che si proponevano alle coppie ci sembravano squallide, o mercenarie. Usavano un linguaggio che trovavamo respingente, fatto di termini come “bull”. Si vantavano delle misure. Chissà. Forse eravamo troppo esigenti noi. Ce l’eravamo messa via così.

Tempo dopo, venne a trovarmi uno dei miei più cari amici d’infanzia. Da anni viveva a Milano, era un quadro in una multinazionale, e ormai ci vedevamo pochissimo. Con Luca avevo trascorso alcuni momenti indimenticabili della mia infanzia, ad esplorare in bicicletta le campagne e la periferia industriale della nostra città capoluogo. Assieme avevamo visto film come “Apocalypse now”, avevamo visto i primi concerti, gli U2, i Rolling Stones. A 18 anni avevamo fatto il primo viaggio importante senza le nostre famiglie, una settimana in Puglia, in tenda.
Marta lui l’aveva incontrata solo una volta, cinque anni prima. Non avevo idea se le fosse piaciuta. Comunque non era molto cambiata. Anzi, se lo era, si trattava di un miglioramento. Negli ultimi tempi era dimagrita; adesso, eccola, una morettina tonica, con un seno ancora marmoreo, gambe non lunghissime ma ben tornite, e soprattutto un viso delicato, che continuavo a trovare straordinariamente attraente, circondato da capelli che le scendevano con scioltezza fino alle spalle.
Luca si sarebbe fermato da noi due notti. Si presentò con dei piccoli regali, molto apprezzati da Marta, che a queste cose ci fa caso. La prima sera andammo a mangiare al ristorante, lui insistette per offrire, ci rilassammo con il vino e concludemmo in salotto con un whisky davanti al caminetto, ovviamente spento visto che eravamo in estate.
- È proprio un signore – commentò mia moglie più tardi, a letto.
- Ti piace?
- Molto. Davvero una bella persona.
- Ma intendo: ti piace anche…in un altro senso?
- Beh, è un bell’uomo. Si tiene bene. Strano che sia rimasto solo.
Si riferiva al fatto che la compagna di Luca lo aveva lasciato all’improvviso, dopo una storia durata anni. Da allora, come le avevo raccontato, lui non aveva trovato un’altra donna.
- Era tanto innamorato di lei?
- Non so, non mi pare che abbia sofferto così tanto – le ho risposto, mentre con la mano le accarezzavo una coscia. Stavo iniziando ad avere voglia. Ma Marta era sempre meno incline a fare sesso, e ormai stavo cominciando a perdere la speranza che le cose fra noi ritornassero come un tempo, quando facevamo l’amore anche all’aperto, contro un albero o sdraiati su un prato.
Nel dubbio, ho proseguito l’esplorazione sotto la sua camicia da notte e visto che non incontravo ostacoli sono risalito fino in mezzo alle cosce, di notte lei di solito non portava mutande.
- Beh? – ho detto, stupito. Cazzo, era tutta bagnata. – Cosa succede, qui?
- Non so – ha sussurrato, iniziando a strusciare il pube contro la mia mano.
- Stai pensando a lui?
- Io? N-no.
Come aveva pronunciato quel “no” mi ha fatto sentire come una spada, dentro la pancia e nel cazzo. Ho buttato all’aria il lenzuolo e ho cercato di girarla. Di solito lo facevamo alla missionaria, e prima di scoparla io la facevo venire con la lingua o con le dita, ma adesso sentivo semplicemente il bisogno di penetrarla.
- Cosa fai? – ha provato a difendersi. Intanto però si era messa a pecora, cosa che un tempo sapeva fare benissimo, la testa schiacciata sul letto e il culo bello dritto. Le ho sollevato la camicina e ho guidato con la mano il mio sesso dentro di lei. Poi ho iniziato a…la parola è sbatterla.
- Ah, fai pia-no…- si è lamentata. Ma io non volevo fare piano, anzi. L’ho incalzata con forza crescente fino a strapparle degli strilli di gola che erano molto, molto rumorosi.
In pochi secondi sono venuto. Quindi l’ho tirato fuori, le ho abbassato bruscamente la camicia da notte e mi sono buttato di lato. Siamo rimasti in silenzio, senza parlare, mentre i nostri respiri tornavano alla normalità. Di certo stavamo pensando alla stessa cosa: se Luca ci avesse sentiti.

Il giorno dopo siamo andati a camminare in montagna, che è l’attività che gli amici si aspettano da noi, quando vengono a trovarci. È stata una bella gita. Ogni tanto Luca si permetteva qualche confidenza con Marta, tipo stringerla su un fianco, con la mano, o fare una battuta, ma sempre nella sua maniera educata. Marta rispondeva a queste sollecitazioni, anche lei però senza diventare sgradevole, cioè ammiccante. Io l’apprezzavo, per questo, anche se non riuscivo a dimenticare a come si era bagnata la sera prima, e che quando l’avevo presa probabilmente aveva immaginato che fosse Luca a farlo. Stavamo giocando un gioco pericoloso.
Al nostro ritorno, ci siamo avviati tutti alla doccia, io e Marta nel nostro bagno al piano di sotto, Luca in quello degli ospiti, sopra.
Stavo spogliandomi quando Marta ha detto: - Oddio, mi sono dimenticata di dargli gli asciugamani.
- Magari se li è portati – ho osservato.
- Ma no, dai…
Ha preso dalla credenza un asciugamano grande e uno piccolo ed è partita, senza dire niente.
Io ho finito di spogliarmi. Nudo, esitavo ad entrare in doccia. Una vocina mi diceva di aspettare. Ho aspettato un pezzo, dopodiché mi stavo decidendo a iniziare quando l’ho sentita scendere le scale.
- Ce ne hai messo – ho detto.
Lei si è sfilata la felpa che aveva indossato nel corso della camminata, poi la t-shirt. Non parlava. Mi dava le spalle. L’ho abbracciata. – Allora? Ce li aveva gli asciugamani?
Ha sospirato. Le ho scoperto i seni, senza togliere il reggiseno. Glieli ho stretti, iniziando a baciarle il collo. - Allora?
Lei si è abbandonata alle mie mani, e ai miei bacetti. Si è voltata, mettendomi le braccia al collo.
- L’ho visto nudo.
- Cosa?
- Sì. Era già…nudo.
Il cazzo si è subito drizzato contro la sua pancia. Ha iniziato ad accarezzarmelo con il palmo di una mano.
- E allora?
- Cosa?
- Com’è?
- È quasi senza peli, sul petto. Non so se se li rade.
- Ma dai? Non me lo ricordavo. - Avevo detto così pensando a tutte le volte che, da ragazzi, eravamo andati assieme in piscina. A ripensarci, lo ricordavo proprio glabro.
- E poi?
- Cosa?
- Dai…
- Ha un fisico…questo lo sai anche tu, si vede.
- E…?
- Anche un bell’affare.
- Gliel’hai visto?
- Sì.
- Gliel’hai toccato?
- Solo…così. Come sto facendo con te adesso. Ti dispiace?
Mentre parlavamo le nostre voci stavano diventando sempre più roche. I nostri sguardi, come annebbiati. Non volevo pensare. Non volevo tirarmi indietro.
- E lui? Cosa ha fatto?
- Mi ha baciata.
- Vi siete baciati.
- Sì.
- E poi? Cos’altro avete fatto?
- Niente. Lui si è staccato, ha detto: meglio se vado a farmi una doccia fredda.
- Davvero?
- Sì.
- E tu?
- Io sono venuta qui.
Pronunciando queste ultime parole, me lo ha stretto un po’ più forte. Ha mosso la mano su e giù. L’ho fermata, non volevo venire, non adesso.
- Vai a lavarti. - le ho detto.
- La facciamo assieme?
- D’accordo.

Ci siamo poi ritrovati in salotto come il giorno precedente. Dopo la doccia Marta si era messa un vestito di lino. Io e Luca eravamo in maglietta e pantaloncini. C’era nell’aria un buon odore di saponi e deodoranti. I nostri piedi, che si sfioravano, lì attorno al tavolino, immacolati.
Avevo preparato degli aperitivi alla wodka. Quando l’alcol è entrato in circolo, Marta ha detto: scusate, sono stanca, devo sdraiarmi.
- Hai preso troppo sole – ho osservato. - Dai, trasferiamoci in camera.
Detto così, come se fosse una cosa normale.
Prima di farla stendere sul nostro letto, le ho sbottonato il vestito, sfilandoglielo da sotto e lasciandola in mutande e reggiseno, entrambi bianchi.
- Ma… - ha provato a obiettare, mentre alzava prima una gamba e poi l’altra. Ma cosa? avrei voluto risponderle.
Senza dire altro, si è allungata sopra il copriletto.
- Tu sei bravo? – ho domandato a Luca, agitando un flacone di crema idratante. Lui sembrava interdetto. – Oddio…
- Secondo me sì. Dai, prova tu, che mi dice sempre che ho le mani pesanti.
Ha steso le mani e gli ho spruzzato sopra una generosa dose di crema. Ma ho visto che accennava a mettersi di lato, l’ho fermato. – È meglio che ti siedi sopra le sue gambe…
- Sopra? Sì. Allora arrivo, sei pronta?
Ed eccolo a cavalcioni sulle cosce di Marta.
- Che freddo – ha mormorato lei, quando ha cominciato ad accarezzarle le spalle e la base del collo. Dalle spalle è sceso sulla schiena, lungo la colonna vertebrale, poi allargando il massaggio verso i fianchi. La pelle di mia moglie si faceva più lucida via via che proseguiva, sia le parti arrossate che quelle più bianche. Ma nel fare ciò che stava facendo Luca aveva avuto l’accortezza di saltare l’ostacolo del reggiseno.
- Amore – ho detto – questo adesso lo togliamo.
Ho sganciato il fermo. Poi le ho spruzzato un altro po’ di crema direttamente sulla schiena.
- Ecco fatto. Come va?
- Mh, bene.
- È bravo?
- Molto bravo.
- Sei fortunata.
Luca dal canto suo continuava a mantenere un’espressione indecifrabile, ma i pantaloncini tradivano il suo cambio di stato. Qualcosa stava crescendo, là sotto.
Ho accarezzato i capelli di Marta. Le ho sfiorato con le dita il lobo di un orecchio, sapevo che era un punto di lei molto sensibile
Ho fatto cenno a Luca di spostarsi, e ho iniziato a toglierle le mutande. – Dai, alza - .
Marta ha sollevato il bacino senza staccare la faccia dal cuscino, e senza aprire gli occhi, come se si vergognasse. Beh, certo che doveva vergognarsi. Le ho spremuto della crema sui glutei e sulla pelle delicata delle giunture dietro il ginocchio. Poi ho lasciato il posto a Luca. Non riuscivo a guardarlo negli occhi.
- Continua.
Lui ha iniziato dalle gambe. Era strano per me vedere le mani di un altro uomo addosso alla mia donna. Non mi era mai successo. Erano più grandi delle mie. Che sensazione le stavano dando? Le ha messe sul culo di Marta e ha iniziato a massaggiarlo con lenti gesti circolari, dall’interno verso l’esterno. Ad ogni passaggio le allargava le grandi labbra e scopriva il suo buchino, che non penetravo da un secolo.
Mi sono spogliato. Sono salito sul letto facendo attenzione a non schiacciarle i capelli con le ginocchia, fino a trovarmi di fronte al suo viso. Marta ha capito, si è tirata un po’ indietro per farmi spazio, e poi lo ha preso in bocca. Non avevamo esperienza, ovviamente, ma avevamo guardato dei video.
A questo punto anche Luca si è spogliato. Quando ho visto il suo cazzo sono rimasto di sasso. Era molto più grande del mio, sia in lunghezza che in larghezza. E poi, è vero, era senza peli persino là sotto. Se li rasava?
Solo allora mi ha guardato, come se aspettasse un mio assenso finale.
Ho fatto sì con la testa.
- Così? – ha chiesto lui. Intanto con una mano accarezzava Marta fra le gambe, lei si era messa in posizione, esattamente come con me la sera prima. – Senza niente?
- Vai tranquillo – gli ho detto, fidandomi della sua condizione fisica e della pillola che prendeva Marta. Lei contemporaneamente ha detto la sua. – Mettimelo dentro.
Quelle parole. Era così che si rivolgeva a me, all’inizio. E diceva anche altro. Diceva. Riempimi, sborrami dentro.
Questo diceva.
Luca ha mosso i fianchi. Aveva un petto scolpito, doveva fare palestra, non come me. L’ha penetrata lentamente, ma inesorabilmente. Lei ha staccato la bocca dal mio cazzo, per prendere aria e gemere. Per fortuna la nostra era una casa isolata. – Sì, sì, prendimi… - diceva.
Sono sceso dal letto, tanto lei non riusciva più a succhiarmelo. Volevo vedere mio amico che entrava in lei. Eccolo, era lì, il grosso pene lucido di umori. Ho allungato la mano per accarezzare il culo di Marta ma in questo modo le mie dita lo hanno sfiorato.
I nostri occhi si sono agganciati. Non so cosa sia successo. Io mi sono sporto verso di lui, e lui non si è tirato indietro, diciamo. Le nostre bocche si sono incontrate. Le lingue. È durato un attimo.
Poi ha accelerato il ritmo. Si è irrigidito e ho capito che stava godendo. - Oh, ecco, eccolo là… - ha ruggito. Subito dopo sono venuto anch’io, quasi senza toccarmi, schizzando sulla schiena e su un fianco di Marta.
Lei non aveva visto tutto, ne aveva solo sentito l’effetto.

Ci siamo sdraiati tutti e tre sul letto, lasciando Marta in mezzo. Era come se sentissi i nostri cuori battere distintamente. Così, era successo. Avevano superato il confine, la barriera. E quel bacio, fra me e il mio amico? Non volevo dargli importanza.
Marta si è voltata dalla mia parte. Vedendo che le sorridevo si è rassicurata. Ha appoggiato la testa nell’incavo del mio collo. – Ti amo.
Non ne dubitavo. Anch’io sentivo di amarla. Più che mai.
Fuori cantavano gli uccelli della sera, la vita del paese, mi dicevo, scorreva come sempre, ignara di noi. Solo un’altra domenica d’estate.
Dopo un tempo né lungo né breve, Marta ha allungato la mano verso il mio sesso. Con la punta di un dito ha sfiorato il glande, che è sempre scoperto, perché sono circonciso. Immediatamente si è risvegliato. È andata avanti senza fretta, lasciando che il mio cazzo crescesse fra le sue dita, che lo sfioravano appena. Ha allungato l’altro braccio, ho immaginato avesse iniziato a fare la stessa cosa con Luca, che non aveva ancora detto una parola. Il letto cigolava.
Si è spostata verso il mio amico, ma senza lasciare il mio cazzo. Ho girato la testa di lato per guardarli. Adesso erano loro a baciarsi. Vedevo i movimenti delle lingue modificare i lineamenti del viso di mia moglie. Vedevo la sua mano sinistra masturbare Luca e la destra masturbare me. Le mani che usava per fare da mangiare. Le mani su cui a volte spalmava la crema. Le mani che credevo di conoscere, quella con la fede al dito, l’altra con un anello che le avevo comperato a Praga, e un braccialetto al polso. La sentivo respirare, accanto al mio orecchio.
Un filo di saliva le è uscito dall’angolo della bocca, Luca è stato bravo ad accorgersene e leccarglielo subito. Non mi ero mai reso conto che il mio amico d’infanzia fosse così. Forte, veloce. Attraente.
Marta è scesa verso il basso con la testa. Io l’ho seguita, come un cane da caccia. Volevo continuare a vedere, volevo imprimermi nella memoria i particolari. E forse anche partecipare.
Mi sono incantato a guardarla succhiare quel grande sesso sconosciuto, quei testicoli rugosi ma senza peli. Ad un certo punto si è avventata sulla mia bocca e mi ha limonato, come se volesse farmi sentire il sapore. Quindi è tornata a spompinarlo, massaggiandogli contemporaneamente la base del cazzo con una mano stretta a pugno.
Avrebbe potuto fare l’attrice di un film porno, mi è venuto da pensare. E forse anche Luca. E io?
Ad un certo punto lo ha tirato fuori e ha attaccato a leccarlo come se fosse un gelato, dal basso verso l’altro, osservandomi con la coda dell’occhio. Mi stava sfidando. Ho allungato la lingua a mia volta, fino a sfiorare la pelle del cazzo di Luca, bagnato dalla saliva di Marta. Non mi sembrava spiacevole. Le dita di Marta, le sue unghie corte, con lo smalto madreperlaceo, attorno a quel palo di carne. Una venuzza azzurra, sotto la pelle tesa e gonfia del pene. Ho leccato lì, sentendomi cadere.
La punta della lingua di Marta mi ha risvegliato. Maliziosa, si era messa a giocare con la mia. L’ho inseguita risalendo su lungo l’asta fino alla cappella, dove l’ho ritrovata. Limonavamo con il glande di Luca fra noi, ogni tanto Marta scendeva giù a leccargli le palle e io continuavo da solo, ma non me lo ero ancora messo tutto in bocca. Intanto le accarezzavo i capelli.
- Mangialo anche tu – mi ha invitato.
Cautamente, sono sceso con la bocca ad avvolgerlo. Sono andato su e giù con la testa un po’ di volte, non fino a farmelo arrivare in gola. La consistenza era gradevole. Gliel’ho ripassato.
- Bravo – ha detto, prima di sostituire la sua bocca alla mia.
L’ho lasciata fare e mi sono messo dietro, in ginocchio ai piedi del letto. Volevo leccare lei. Da lì avevo una visuale perfetta sul suo sedere e le piante dei suoi piedi, oltre ai piedi e ai polpacci di Luca. Nell’allargarle le grandi labbra mi sono reso conto che era piena del seme del mio amico. Un po’ ne usciva ancora, un po' le aveva impiastricciato le cosce. Non mi importava. Ho infilato la lingua nell’umido, cercando di arrivare più in fondo possibile. Ho esplorato, leccato, come se avessi sete. E quando ne ho avuto abbastanza sono passato a leccarle l’altro ingresso. Un gemito di sorpresa.
- Li vuoi tutti e due? - le ho sussurrato all’orecchio, raggiungendola. Non mi ha risposto. Luca a quel punto si è mosso, fin’ora era rimasto sdraiato sulla schiena senza dire nulla. Si è tirato su a metà, le ha detto: – Sei bravissima.
- Sì? Ti piace?
- Tanto. Dai, vieni qui.
L’invitava a sedersi sul suo palo.
Marta si è messa in ginocchio, sopra di lui, lo ha ripreso con una mano e poi, guardandomi, è scesa lentamente. – A te pia-ce, amore? – mi ha chiesto. Come se fossi io a godere.
- Vieni giù – le ha chiesto lui. Voleva il contatto fisico, sentirla con tutto il corpo. Lei si è chinata a baciarlo.
Era il momento opportuno per prendere il lubrificante che tenevo nel cassetto del comodino. Me ne sono fatto colare un po’ in mano e gliel’ho l’ho spalmato dietro. Prima piano, all’esterno, poi entrando con un dito per ungerla per bene. Loro si muovevano lentamente, lei sopra Luca, che quando ha capito cosa stavo facendo, probabilmente perché aveva sentito la presenza del mio dito, le ha afferrato i glutei per allargarli e porgermeli. Ero dentro fino alla radice del dito. L’ho estratto quasi del tutto per poi rientrare, quattro o cinque volte. – Ah…sì … - diceva lei. – Perché…perché…
Perché era nuova, come espressione.
Sono salito sul letto. In ginocchio, ho puntato il cazzo e ho spinto. Quando la cappella è entrata, ha gridato. Abbiamo iniziato a muoverci assieme, a dondolarci, quasi. Dai suoni che emetteva Marta non stava soffrendo, anzi. Quindi i nostri movimenti si sono fatti più decisi.
Tutti gemevamo, adesso, un concerto polifonico. Marta squittiva ad ogni colpo che le davamo, e a volte, se sbagliavamo il ritmo, affondando entrambi nello stesso momento, il verso cambiata, diventava più basso, gutturale, diceva – Oddio.
Luca emetteva un suono che raschiava la gola, come se stesse facendo uno sforzo, anche se stava sotto ed era quindi il più comodo.
Io accompagnavo ogni spinta con un mh.
Luca è venuto per primo, perché già lo avevamo stimolato con la bocca, credo. Io sono andato avanti ancora un po’ e poi sono esploso dentro di lei. Marta non so quante volte fosse venuta.
Quando il mio cazzo ha iniziato a rilassarsi, e l’ho tirato fuori, lei rimasta giù, con la testa sul collo di Luca, che le toccava gentilmente la testa. Era fradicia del nostro sudore, oltre che del suo.
- Sei stupenda – ho sentito che le mormorava all’orecchio.
Sono andato in bagno e quando sono uscito li ho trovati abbracciati, adesso lei non gli stava più sopra, ma di fianco, si baciavano teneramente.
- Carlo – mi ha detto Luca, come se non ci vedessimo da un pezzo. – Vieni qui amico mio.
- Ciao, bello – l’ho salutato, come facevamo di solito, con un tono virile. Ci siamo stretti i palmi delle mani, cameratescamente. Compagni di squadra. Poi mi sono spostato dalla parte di Marta, e mi sono stretto contro la sua schiena.

Più tardi abbiamo mangiato qualcosa, ci siamo ripuliti, siamo tornati a letto e lo abbiamo rifatto non so quante volte. Ricordo solo alcuni momenti. Che ad un certo punto Marta era sotto e lui la stava scopando tenendola per le caviglie, sembrava un dio greco, vigoroso, concentrato. Io accarezzavo il clitoride di lei, mentre il cazzo di Luca entrava e usciva, ritmicamente, ormai era la quarta e non riusciva più a venire. Ad un certo punto Marta ha sospirato: - Non ho mai goduto così.
Ricordo anche che a un certo punto Marta si alternata con la bocca sui nostri cazzi, poi ha preso la mia mano e l’ha portata su quello di lui e viceversa, quella di Luca sul mio.
Lei è rimasta in mezzo, ci accarezzava i coglioni, noi ci masturbavamo guardandoci con l’aria di non capire cosa stesse succedendo. Io sono venuto nella sua mano, ma lui no, ha dovuto finire Marta il lavoro bevendo il suo seme.
Ci siamo addormentati sfiniti. Al mattino, al risveglio, Luca ha voluto prenderla subito, senza una parola. E questa volta ha fatto come se io non ci fossi, l’ha scopata a missionario. Io sono rimasto a guardarli senza fare niente e forse per la prima volta ho sentito un po’ di dolore.

Luca è ripartito prima di mezzogiorno, doveva essere a Milano per le quattro, era già in ritardo. Sulla porta, ci siamo abbracciati, ma non baciati. Eravamo tornato ad essere quelli di sempre, due amici.
Poi sono rientrato in casa lasciando che si salutassero loro. Quando Marta è ricomparsa in salotto mi sembrava turbata. Al momento non abbiamo analizzato quanto era successo. Abbiamo bevuto un po’, per desensibilizzarci, credo. E poi ognuno si è dedicato alle sue cose, come se niente fosse successo.
Ne abbiamo parlato un po’ solo due giorni dopo. Ma cosa c’era da dire? Era stata come una vacanza. La più bella vacanza che avessimo mai fatto.
Per qualche tempo la nostra vita sessuale ne ha tratto giovamento. Una sera lo abbiamo fatto persino in un parcheggio, con due guardoni che ci osservavano, menandoselo. Ma Marta non ha voluto che abbassassimo il finestrino. Non erano Luca. (continua...)

per impressioni, chiacchiere: coltranejohn39@gmail.com
scritto il
2025-05-15
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