La storia di Marta e dell'isola (2)

di
genere
confessioni

Riassunto: il mio amico d'infanzia Luca ha trascorso con me e mia moglie Marta una notte infuocata. Poi è tornato alla sua vita, lasciando un gran vuoto...
Preciso che a me piace scrivere vere storie, quindi qui non troverete solo scene di sesso più o meno spinto. Se vi stufate passate oltre.

La prima mail di Luca ci è arrivata un mese dopo. Aveva scritto ad entrambi, aveva i nostri indirizzi. Scrisse che gli mancavamo. Ma non faceva ipotesi su un nuovo incontro.
Io e Marta decidemmo subito di invitarlo a tornare a trovarci. Prima ne parlammo tra noi, cercando di non dare alle nostre voci un tono eccessivamente impaziente.
In realtà però lui ci rispose che aveva molto da fare. Mascherammo entrambi la delusione, e lo incontrammo solo sei-sette mesi dopo, a Milano. Eravamo di passaggio, ci portò a pranzo in un posto che conosceva. Il clima era cordiale, amichevole. Ma non successe niente. Quasi alla fine del pranzo ci informò che aveva iniziato una relazione, con una donna francese. Gli facemmo i complimenti.
Per tutto il resto del viaggio – io e Marta stavamo andato in Svizzera – lei non disse una parola. E neanch’io. Ma, se avessi potuto leggere nella testa di Marta, credo ci avrei trovato gli stessi pensieri che stavo formulando io stesso: quella relazione di cui Luca ci aveva parlato, sarà esclusiva? Sarà monogama? La risposta che mi davo era: quasi tutte le relazioni all’inizio sono monogame.

Passò ancora del tempo. La vita andava avanti come sempre, fra alti e bassi. Io e Marta a volte scazzavamo per cose sciocche, come chi svuota la lavastoviglie o chi ha dimenticato di pagare che bolletta, ma in realtà ci volevamo bene e sapevamo entrambi che avremmo continuato a stare assieme così, facendo ognuno la sua parte, senza figli, andando a trovare i nostri genitori ogni tanto, prenotando vacanze al mare. Solo, c’era un’insoddisfazione latente, a letto. Un tarlo silenzioso.
Tornò l’estate. All’improvviso Luca si rifece vivo per chiederci, di nuovo con una mail, se volevamo raggiungerlo in Grecia. Grecia? Sì, aveva preso in affitto una casa su un’isola, per un mese.
Un mese. Sembrava moltissimo per uno come lui. Semplice: si era licenziato. E la francese? Si erano lasciati.
Decidemmo che dovevamo andare. Subito. Entrambi ci sentivamo calamitati da quella casa, quell’isola. Chiusi in fretta un paio di lavori che non potevo rimandare, li spedii ai committenti assieme alle fatture. In quanto a Marta, in quel periodo la scuola dove insegnava era chiusa.
Due giorni dopo eravamo a Patmos.
Lo trovammo abbronzato, vestito di bianco. Con i capelli più lunghi dell’ultima volta. Marta il giorno prima era andata dalla parrucchiera e dall’estetista. Servizio completo. Quando si sono abbracciati, al porto, noi eravamo arrivati con un traghetto da Rodi, ho pensato: che bella coppia.
Ci siamo abbracciati di nuovo sulla terrazza della villetta dai muri di calce che aveva affittato, affacciata sul paese e sul mare. Il castello crociato, con le sue mura nere, così contrastanti con il bianco accecante delle case che lo circondavano, giganteggiava poco sopra di noi.
Dopo avere sistemato le nostre cose in una camera che guardava verso il porto, ed esserci lavati, siamo andati a cena in una taverna poco distante. Ci siamo seduti all’esterno, abbiamo bevuto vino resinato e mangiato solo antipasti. Credo sentissimo tutti e tre come una volpe agitarsi nelle nostre pance.
Luca ci raccontò i motivi per i quali aveva deciso di mollare. Il desiderio di un cambio vita, certo. Non aveva né moglie né figli, e la sua ultima relazione era clamorosamente fallita. Poteva permettersi di stare un po’ di tempo senza lavorare, o prendere qualche consulenza da sbrigare anche on-line. Voleva sembrare rilassato, ma avevo la sensazione che qualcosa lo tormentasse. In quanto a Marta, stava bevendo troppo. Mi è sembrato di notare dei movimenti, sotto il tavolo, gli stava facendo piedino? Al momento di pagare ho insistito per offrire io. Sono andato dentro, alla cassa, ma li ho tenuti d’occhio. L’ho visto appoggiarle una mano sull’interno della coscia, lei guardarlo negli occhi, in adorazione.
Quando siamo rientrati, c’è stato un momento di imbarazzo.
- Sarete stanchi – ha tagliato corto lui – vi lascio riposare.
A letto, sdraiato sulla schiena, sentivo la tensione di Marta.
- Vuoi andare da lui?
Non rispondeva.
- Allora?
- Tu cosa pensi?
- Non so, Marta.
- Andiamo assieme?
- Magari domani. Adesso no. Non me la sento. Vai tu.
- Ma è tutto apposto?
- Sì.
Si è alzata, era venuta a letto indossando una lunga t-shirt, che le arrivava sotto il sedere.
Senza dire nient’altro, è uscita dalla camera.
Sono rimasto sdraiato ad ascoltare i rumori della notte. Ad un certo punto ho sentito Marta gemere, distintamente. Avevo il cazzo duro ma, non so perché, non riuscivo a muovermi. Poi il silenzio. E quindi, dopo un po’, ancora la sua voce: - Oddio, dio….
Mi sono alzato, cercando di non fare rumore, Ho socchiuso la porta, mi sono affacciato sul grande soggiorno-cucina. La stanza di Luca era dall’altra parte della sala.
Avevo visto dov’erano i liquori. Senza accendere la luce, sono andato a prendere la bottiglia di whisky. Mi sono seduto sul divano e sono rimasto in ascolto. Parlavano, si dicevano delle cose. Buttavo giù lunghe sorsate di whisky direttamente dalla bottiglia.
Poi altri rumori, inequivocabili. Un ritmo sostenuto, un letto che scricchiola. Gli urletti di Marta, che diventavano più acuti quando si avvicinava all’orgasmo. E alla fine anche il ruggito di lui, di gola, profondo. Come la stava prendendo? Come l’aveva presa? Alla pecora. Oppure no, oppure alla missionaria, sdraiato sopra di lei, per cercare il massimo contatto fra i corpi.
Ho rimesso giù la bottiglia e sono tornato a letto.

Marta è tornata all’alba. Senza una parola, si è infilata sotto il lenzuolo. La luce penetrava nella stanza attraverso gli scuri. Le sentivo addosso un odore diverso dal solito.
- Dormi? – ha sussurrato.
- No.
- Come stai?
Non sapevo cosa dirle. Mi sentivo come se le avessi fatto un regalo. Ero anche corroso dalla gelosia. E dal desiderio. Ma fin dalla nostra partenza dall’Italia mi ero detto che dovevo accettare questa cosa, se volevo salvare il nostro matrimonio, e anche, se possibile, la nostra amicizia a tre. Dovevo accettare che Marta, molto più di me, il mio amico lo aveva desiderato per un anno.
Lei ha iniziato ad accarezzarmi, con una mano, sul petto, sotto la maglietta. Più in basso, ha trovato il mio sesso già in tiro. Senza esitare mi è salita sopra, e se l’è infilato dentro È entrato come nel burro, non so, non poteva essere solo roba sua, forse non si era sciacquata prima di tornare da me. Ha iniziato ad andare su e giù. Poi si è sfilata la maglietta da sopra la testa e ha ripreso il saliscendi. La mia pancia era un lago. emevo di non riuscire a trattenermi molto, ma ci ha pensato lei ad accelerare il suo piacere accarezzandosi il clitoride con le dita. Ha rovesciato la testa e ha emesso un grido strozzato, Luca doveva averlo sentito senz’altro. Io le ho sborrato dentro.
E poi, ha fatto questo gesto sfacciato. Si è sfilata e si è portata fin sopra la mia faccia. Si è seduta sopra, dall'estetista aveva fatto la depilazione totale, me ne accorgevo solo adesso, era liscia, scivolosa, mi accarezzava il mento, cercare la mia bocca. Si è allargata le grandi labbra con le mani. Gli umori che aveva dentro sono usciti copiosamente, li ho sentiti sulle labbra, sulla lingua, sul viso. Si è strusciata vigorosamente come se volesse venire di nuovo. Io ho affondato dentro tutto il viso. Era come avere un foglio di domopak sulla faccia, bagnato. Sarei rimasto lì per sempre.

Dopo quell’episodio selvaggio ci siamo messi a dormire, risvegliandosi solo poco prima di mezzogiorno. Luca ci aveva preparato il pranzo e mi sembrava di ottimo umore.
La giornata era luminosa, viva. I fantasmi della notte per il momento sembravano essersi allontanati. Nel pomeriggio siamo scesi ad una spiaggia, lui aveva preso in affitto un 4x4 con cui girava da un capo all’altro dell’isola. Abbiamo fatto il bagno, abbiamo giocato in acqua, come adolescenti, poi ci siamo sdraiati sulla sabbia, senza dire nulla di importante. La serata si è conclusa nella taverna della sera precedente. Quindi, siamo andati a dormire, Luca nella sua stanza, noi nella nostra. Sembrava di vivere una sorta di tacita tregua.
Il giorno successivo abbiamo fatto i turisti. Abbiamo visitato il monastero-fortezza. Lo trovammo estremamente interessante e Marta comperò un libro che raccontava la storia di San Giovanni..
Nel pomeriggio abbiamo riposato fino alle 5. Prima del tramonto, abbiamo deciso di scendere ad un’altra spiaggia, più solitaria di quella in cui eravamo stati il giorno prima.
Luca aveva portato con sé il frisbee. Da ragazzi ci avevamo giocato tanto. Abbiamo fatto qualche scambio sulla spiaggia, mentre Marta ci guardava, sdraiata sul suo pareo. Un paio di ragazzini olandesi, due fratelli, si sono uniti a noi, e poco dopo anche i loro genitori, abbiamo creato un grande cerchio.
Quando gli olandesi se ne sono andati, Luca ha proposto di fare il bagno. Il sole stava abbassandosi velocemente verso l’orizzonte, e ormai in spiaggia non c’era più nessuno, tranne un ragazzo solitario, che ci aveva guardati mentre giocavamo a fresbee, ma senza unirsi a noi.
- Sembra Kurt Cobain – ha osservato Marta.
Il ragazzo indossava una camicia a scacchi, aveva i capelli lunghi e una barbetta disordinata sulle guance e sul mento. La testa era coronata da grosse cuffie, evidentemente collegate al cellulare, perché non si vedevano fili.
Comunque, non ce ne siamo curati più di tanto. Marta si è tolta il reggiseno del costume, e si è avviata verso il bagnasciuga. Noi l’abbiamo seguita.
L’acqua era calda, il fondale sabbioso digradava dolcemente, cosicché ci siamo inoltrati per un po’ a piedi prima di tuffarci e nuotare. Poi siamo ritornati dove si toccava. Marta si è venuta a trovare fra noi. L’acqua le arrivava subito sotto i seni. Non c’è stato bisogno di dire nulla. Si è abbandonata a me, che la reggevo da dietro, e ha allungato le gambe verso Luca. Lui le ha sfilato il costume. Quindi l’ha inforcata e ha iniziato a spingere, piano. Si vedeva che aveva esperienza perché farlo in acqua non è così facile, anche se lei è lubrificata, bisogna aprirsi la strada con piccoli colpi, aspettando che la vagina si schiuda abbastanza per permettere al cazzo di entrare. Il tutto continuando a galleggiare. Ma con me a cui appoggiarsi, dietro, era più facile.
Marta gemeva. Io le stringevo i seni. Ho visto che Kurt Cobain dalla spiaggia ci stava fissando. Evidentemente aveva capito.
- Ah, ecco… – ha detto Luca.
- Sì, vienimi dentro, riempimi, amo-re…
Amore, l’aveva chiamato. Poi lui si è staccato, è scivolano lontano sul pelo dell’acqua, ha fatto qualche bracciata a dorso prima di voltarsi e proseguire a rana.
Marta mi si è messa a cavalcioni, le gambe che mi cingevano i fianchi.
- Adesso tu.
Ho scostato il costume, senza togliermelo, per fare uscire il cazzo, e a mia volta l’ho penetrata. Si è distesa sulla schiena, lasciandosi fluttuare sulle onde, la tenevo per i fianchi, le gambe, e la tiravo verso di me, entrando facilmente, adesso che Luca l’aveva aperta. Gli unici rumori erano lo sciabordio che stavamo creando noi, e le grida dei gabbiani, È durato molto e ad un certo punto ho incrociato di nuovo lo sguardo su Kurt, che guardava noi.
Quando si è trattato di uscire dall’acqua, Marta si è resa conto che era nuda. Il costume gliel’aveva tolto Luca. Ma dov’era? L’avevamo visto allontanarsi verso gli scogli.
- Tanto chi ti vede? – le ho detto.
- Lui. – Con la testa ha indicato Kurt.
- Lascialo guardare.
Ma avevamo appena messo i piedi sul bagnasciuga che Luca è comparso all’improvviso, evidentemente era uscito dall’acqua dove una lingua di roccia chiudeva la piccola baia.
Ci siamo adagiati sugli asciugamani, Marta non aveva indossato il costume e ho giudicato che il taglio della sua figa depilata fosse bellissimo in quel corpo bianco, ben proporzionato. – Il ragazzo ci sta studiando – ha detto Luca.
Marta ha sospirato. – Kurt? Si sentirà solo.
- Vuoi che lo invito?
Io avrei preferito di no, ma non volevo sembrare un guastafeste.
- Fate come volete – ha detto Marta.
Luca ha fatto un cenno con il braccio al ragazzo. Quello non se l’è fatto dire due volte. Si è tolto la cuffia ed è venuto a sedersi accanto a noi. Le presentazioni le ha fatte Luca, che parlava l’inglese meglio di noi. Era di Bristol, viaggiava da solo. Di sé non ha detto molto, ma non riusciva a staccare gli occhi da Marta, distesa sul suo pareo giallo, le gocce d’acqua che si asciugavano sui suoi seni, sulla pancia, sulle ggrandi labbra, un po' gonfie per il sesso appena fatto. Luca ci aveva presentati come marito e moglie, e questo doveva averlo un po’ disorientato.
Luca ha iniziato a provocarlo, nella sua maniera sciolta, spiritosa. Era sdraiato accanto a Marta, si reggeva sui gomiti. Io ero seduto più in basso, sotto ai piedi di Marta. Siccome lei teneva le ginocchia piegate, leggermente aperte, potevo vedere la sua figa. Quella dove poco fa eravamo entrati a turno Luca e io. C’era voluto così poco. Si era appoggiata a me, e Luca le aveva sfilato lo slip. Ma l’aveva fatto perché lui era Luca? O avrebbe aperto le gambe anche con questo ragazzo?
Kurt, dal canto suo, si è fatto convincere a seguirci. Era in bicicletta, girava le isole della Grecia in quel modo. L’abbiamo caricata sull’auto e si è seduto dietro, con me.
Lungo la strada ci siamo fermati a comprare del cibo greco, e quando siamo arrivati ci siamo sistemati in terrazza. A turno abbiamo fatto la doccia, compreso Kurt, e poi ci siamo rilassati con le wodke preparate da Luca.
Il ragazzo studiava informatica ma la sua vera passione era la chitarra. In questo era un po’ naif, perciò ci piaceva.
Luca gli ha chiesto se viaggiasse sempre da solo, e lui, diventando rosso, ha risposto: - Sì.
Presto avevamo tutti voglia di andare a letto. Luca ha offerto a Kurt il divano del soggiorno, la stanza che il ragazzo aveva affittato per il suo soggiorno a Patmos era un po’ lontana anche se in bike avrebbe potuto raggiungerla facilmente. Lui ha accettato volentieri. Nella notte, quando mi sono alzato per andare in bagno, l’ho guardato che dormiva, sotto una coperta leggera. Era bello nella sua magrezza, l’aria selvatica di un beatnik. La bellezza della giovinezza.

Il mattino seguente io e Marta dovevamo lavorare, con i nostri portatili. Luca è andato a fare compere al porto portandosi dietro il ragazzo. Nel pomeriggio, aveva organizzato un’escursione in barca con un pescatore, dall’altra parte dell’isola. Fu una bella gita, questa volta ci limitammo a fare il bagno e a prendere il sole. Kurt si sbottonò un po’ di più. Era cresciuto con una madre giovanissima, il padre non l’aveva mai conosciuto. Quello era il suo secondo viaggio in solitaria, il primo l’aveva fatto in Francia, sempre con la bicicletta. Era evidente che non sapeva chi fossimo, che si stava chiedendo che cosa volessimo da lui, e se poteva fidarsi. Curiosità e diffidenza si davano battaglia dietro al suo viso malinconico.
La sera andammo in un pub, e la situazione degenerò. Luca prese a ordinare da bere a ripetizione. Io e Marta ad un certo punto smettemmo ma Kurt si fece trascinare. Così, emerse la sua vena autodistruttiva. Lo riportammo a casa che era ubriaco fradicio. Lui insisteva che voleva tornare nella sua stanza, che doveva prendere delle cose, che doveva prendere la chitarra. Dove fosse questa stanza non lo sapevamo ancora con precisione.
Dopo che ebbe vomitato, Luca lo adagiò nel suo letto. Dormiva. Rimanemmo a contemplarlo in silenzio.
- Beh, lo spogliamo – disse Luca, alla fine. Gli togliemmo maglietta e pantaloncini, scoprendo che sotto non aveva le mutande. Il pene, lungo, anche se non grosso, pendeva da un lato.
- Però – sorrise Luca, prendendolo fra due dita.
- Cosa fai – lo rimproverò Marta. In effetti, sembrava proprio una molestia. Ma Luca lo strinse piano nel palmo e vedemmo che lentamente cominciava ad ingrossarsi.
- Guardate qui. Ha bevuto l’impossibile ma tornerebbe duro in un secondo.
- Vent’anni – osservai.
Lo coprimmo con il piumone estivo e lo lasciammo dormire, Luca si sistemò sul divano e io e Marta ci ritirammo nella nostra stanza.

Quando si sveglio, in pieno giorno, Kurt evitava il nostro sguardo. Dopo colazione, Luca lo accompagnò a prendere le sue cose, chitarra compresa, e a disdire la stanza, ormai non aveva più senso che restasse lì, poteva abitare con noi finché non avesse deciso di proseguire il suo viaggio.
Quando ritornarono, Luca mi parlò di un impegno che aveva preso con il proprietario di un’agenzia immobiliare. La cosa mi stupì perché non avevo immaginato che fosse a Patmos per comprare qualcosa, o quantomeno, lui non ce l’aveva detto. Volevo accompagnarlo?
Mi chiesi se non fosse una mossa per lasciare Marta sola con il ragazzo, ma non trovai nulla da obbiettare e dissi di sì.
Alekos, il titolare di questa piccola agenzia, a due passi dalla capitaneria di porto, ci condusse dall’altra parte dell’isola, per strade in parte sterrate. Se Luca aveva pensato di comprare una casa lì, mi sembrava assurdo andasse ad isolarsi così lontano da un centro abitato.
La casa che Alekos ci mostrò era poco più che un rudere. La vista sul mare era bellissima. Ma tutt’attorno era un deserto roccioso. Alekos, un uomo più vecchio di noi, con due baffoni neri sul viso cotto dal sole e asciugato dal sale, era simpatico e serafico. A me sembrava che Luca stesse cazzeggiando: non ce lo vedevo proprio, a vivere in quel posto, neanche per pochi mesi all’anno. E poi, quella casa necessitava di troppi lavori di manutenzione prima di essere resa abitabile.
Nel ritorno ci fermammo a bere dell’ouzo in una taverna, e Alekos ci raccontò di quando aveva vissuto negli Stati Uniti, Tornammo a casa al tramonto. Il ragazzo era in giro con la bike, ci disse, Marta, che trovammo in terrazzo su una sdraia, con il suo libro su San Giovanni e l’Apocalisse.
Luca se ne andò in camera sua. Io mi sedetti e raccontai a Marta della nostra escursione. Ma ovviamente bruciavo dalla curiosità di sapere cosa si erano detti lei e Kurt.
Marta ha sospirato, ha appoggiato il libro per terra, aperto per non perdere il segno, ha tirato giù i piedi dalla sedia dove li aveva appoggiati, di fronte a quella dove sedeva, mi ha guardato negli occhi e mi ha chiesto: - Prenderesti qualcosa da bere?
Sono tornato con due bicchieri di vino bianco. Come d’abitudine, li abbiamo fatti scontrare prima di fare il primo sorso.
- Abbiamo parlato. Mi ha raccontato la sua vita.
- Sei entrata molto in confidenza.
- Sì. Si vergognava per ieri sera, l’ho tranquillizzato. Tra parentesi, si era accorto che qualcuno lo aveva toccato.
- Davvero? Sembrava in coma etilico.
- Non era veramente sicuro. Pensava potessi essere stata io e si è stupito quando gli ho detto che lo aveva fatto Luca. Ho precisato che Luca non è gay e che non voleva approfittarsi di lui, che era stato solo un gesto affettuoso.
- E lui?
- Non sapeva bene cosa dire. È vergine, sai?
- Non stai parlando del segno zodiacale.
- No.
- Glielo hai chiesto tu?
- È venuto fuori parlando. E ha avuto solo una ragazza, più vecchia di lui, ma non hanno fatto quasi niente a quanto ho capito, sul piano fisico.
- Povero.
- È confuso. E penso abbia paura della prima volta. Tu hai avuto paura la tua prima volta?
La mia prima volta era stata al mare a diciott’anni con una ragazza tedesca. Non avevo avuto paura ma ero venuto subito. Credevo di averglielo già raccontato.
- Sì. – ha annuito – La tedesca. In tenda…
- Sì, in tenda.
Sapevo che la prima volta di Marta era stata più selvaggia. Anche quella volta erano in tre, lei, il suo insegnante di italiano e un suo amico. Mi aveva detto che quella era l’unica volta in cui lo aveva fatto con due uomini, prima che iniziasse questa nostra storia con Luca, ovviamente. In compenso quella volta aveva perso la verginità sia davanti che dietro.
- È insicuro, e ha molto bisogno di affetto. – ha proseguito. – L’ultimo anno lo ha vissuto in una specie di comune. La madre adesso è a Londra, lui in teoria a Bristol avrebbe una zia, ma solo…in teoria.
- E poi, basta, non è successo altro?
Marta ha fatto un lungo sorso. – Mh…praticamente, no.
- Cosa vuol dire praticamente?
- Vedi? Ha preso su e è andato. Chissà se torna, stasera.
- Ma cosa è successo, perché se ne andasse così?
- Mah…niente. Abbiamo parlato. Dell’amore, delle donne…
- Solo parlato?
- Ma lo sai che non l’aveva mai vista?
- Stai dicendo…
- Sì, sì. Questa.
- Vivendo in una comune?
- Evidentemente.
- Ma dai.
- Non pensare… È solo una casa occupata. Dormono nei sacchi a pelo…
- E allora?
- Evidentemente non è come le comuni di una volta. Sono più interessati alle cose artistiche. I graffiti…
- Insomma, ti ha detto che non aveva mai visto una figa. E ci hai creduto.
- Beh. Mi sembrava sincero.
- La tua l’altro giorno l’aveva vista però.
- Infatti.
- E?
- Mi ha confessato una cosa…
- Cioè?
- Che quella notte si era fatto una sega, pensando a me.
- Quando ha dormito qui.
- Sì.
- Ok, è poi?
- Alla fine, mi sono sentito in dovere di rassicurarlo. Di spiegargli qualcosina, diciamo.
- Tipo?
- Come si accarezza.
- Te la sei fatta toccare?
- Sì.
- Dai racconta.
- Grazie. Non so se ti merito, sai?
- Non lo so neanch’io.
- Siamo andati di là, sul letto…
- Il nostro letto.
- Mi sono tolta i pantaloni e gli ho fatto vedere.
- Cioè, ti sei toccata tu?
- Sì, prima mi sono toccata io, solo esternamente, gli ho mostrato come si fa. Dove toccare. I movimenti. Poi ho fatto provare lui.
- Un corso in piena regola.
- Sì.
- E?
- Cosa?
- Dai, insomma: ti è piaciuto?
- Sì, mi è piaciuto. Per il ruolo che avevo.
- E lui?
- È stato bravo.
- Ti ha fatta venire?
- Sì. Sono venuta, direi.
- Ma solo con le dita o anche…
- No no, solo con le dita, come gli avevo fatto vedere.
- E poi?
- Beh, ormai era così eccitato che ho dovuto dargli tregua.
- L’hai masturbato? Gli hai fatto un pompino? Cosa?
- Solo masturbato. E ho cercato di farlo durare…per quanto ho potuto. – Si è messa a ridere.
- Bene. Ed era contento?
- Direi di sì. Sì.
- Ha sborrato tanto?
- Sì.
- Dove?
- Niente, in mano, così…
- Non addosso a te?
- Mh. No. Oddio, è andata dappertutto!
- E poi?
- Siamo stati in silenzio, un po’. E poi lui ha preso, mi ha dato un bacino e ha detto che voleva stare da solo.
- Addirittura.
- È molto sensibile, credo.
-Ed è uscito in bici.
- Sì.
- Tornerà per cena.
- Lo spero. Ma…tu, non sei dispiaciuto, vero?
- Questa novità la trovo eccitante. Non posso farci niente.
- Sei eccitato? Adesso?
- Sì, molto. Ma per ora voglio rimanere così.

coltranejohn39@gmail.com
scritto il
2025-05-20
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