Ricordi di Sodoma
di
john coltrane
genere
etero
La mia esperienza è che in passato le donne che concedevano l’entrata posteriore – vedete, sono di un’altra generazione, faccio persino fatica a chiamarlo culo - erano poche, mentre adesso è diventata una prassi diffusa. Merito dei porno, forse.
Quanto a me, mi è successo per la prima volta quando avevo 45 anni. Sonia ne aveva 28. Entrambi eravamo non-liberi, perciò tecnicamente “amanti”, anche se Sonia quando si riferiva a noi parlava di “amici”.
Io con mia moglie non avevo mai praticato sesso anale, l’aveva sempre escluso. In quanto a Sonia, anche lei non lo faceva con il suo compagno, ma, a quanto pare, per disinteresse da parte di lui.
Ci eravamo conosciuti a una conferenza, ci eravamo scambiati i biglietti da visita, e poi avevamo iniziato a scriverci. Dopo 3 settimane il primo caffè, seguito dal primo bacio, nella mia macchina. Ancora una settimana ed eravamo finiti a letto. Ci incontravamo in quella che era stata la casa dei miei genitori, entrambi scomparsi. Avrei dovuto affittarla, ma ancora non mi ero deciso a farlo. Adesso mi tornava utile. Era la prima volta che avevo un’amante e mi sembrava fantastico. Sonia era mora, atletica, più alta di me. Da ragazza aveva fatto molta pallavolo. Le sue parti forti erano le lunge gambe e, ovviamente , il sedere, alto e sodo. Era una ricercatrice e nonostante la giovane età l’avevano già fatta responsabile del suo laboratorio di ricerca. Aveva fama di essere una iena ma con me era rispettosa, a volte anche gentile, e so che dire “rispettosa” di un’amante è strano ma è proprio così, nei miei confronti sembrava provare un po’ di soggezione.
Io non mi montavo la testa. Era giovane. Sapevo che prima o poi ne avrebbe conosciuti altri, anche più bravi di me.
Un pomeriggio, durante un 69 - la testa fra quelle cosce rosee, lisce, profumate - iniziai a leccarle il forellino posteriore. Non sapevo cosa aspettarmi. Con sorpresa, trovai che avesse un buon sapore. Mi sembrò che i suoi gemiti aumentassero, e così il vigore con cui me lo stava succhiando.
Più tardi mi chiese, ridendo: beh, cosa ti è saltato in testa?
Perché, ti è dispiaciuto?
Mh…no.
Ma ti piace farlo…lì?
Non so, confessò.
In quell’occasione mi disse che al suo compagno non sembrava interessare e che con un altro ragazzo che aveva avuto in precedenza non ci erano riusciti.
Sarà troppo stretto, concluse, con un’alzata di spalle.
Sì, ma ti piacerebbe se lo facessi io?
Alla fine venne fuori che spesso guardava video porno per rilassarci e quelli che l’eccitavano di più erano di sodomia. Aveva anche provato a infilarsi da sola un dildo nel culo, ma probabilmente non era la stessa cosa, non c’erano mani che le stringevano i fianchi o le spingevano giù la schiena. Sodomia comunque le era sempre sembrata una brutta parola, faceva pensare a una città distrutta, il che era obiettivamente esagerato per una cosa del genere.
Quel pomeriggio non successe altro perché dovevamo andare, anche se io mi ero eccitato moltissimo a sentirla parlare.
Ma la volta dopo, quando la girai e la feci mettere a pecora sul letto, invece che metterglielo nel solito posto, aiutandomi con la mano lo puntai sul suo culo. Lei non si mosse. Provai a spingere, non si lamentò ma non riuscivo a entrare.
Avevo pensato bene di prepararmi, e mi ero portato dietro un gel. Me ne spalmai un po’ sulla mano e poi iniziai a ungerla dietro, prima lungo tutto lo spacco, poi introducendo cautamente il medio nel suo retto.
Fece solo mh, e mi lasciò fare. Ma ad un certo punto girò la testa verso di me.
Mi vergogno, disse, con una voce strozzata, i capelli sugli occhi.
A quel punto feci una cosa che impresse una svolta al nostro rapporto: le diedi uno schiaffo sul culo, con la mano libera. Si irrigidì. Poi, dopo qualche secondo, spinse lei verso di me, accogliendo tutto il mio dito. Gemette forte. Io mossi il dito dentro, avanti e indietro, e poi rigirandolo. I gemiti aumentavano.
Tirai fuori il dito ed entrai con il cazzo. Una spinta, ed ero dentro. Un grido, da parte sua, e poi solo un crescendo di sì, sì mh, sì…mentre io spingevo estasiato.
È stato bello, commentò, poco dopo.
Te lo aspettavi così?
Mh, forse meglio del previsto.
Da allora iniziammo a farlo più o meno tutte le volte che ci incontravamo. Lei si metteva a pecora, il culo in alto, il viso giù, affondato sul cuscino. Si apriva da sé con le mani, un gesto che mi faceva impazzire, un gesto da porca, da suddita, o semplicemente da donna che sapeva quello che voleva, e poi chi ha fatto sport ha un rapporto più utilitaristico con il suo corpo, mi dicevo.
Spalmarle il gel dietro diventò una specie di rito. Lo facevo lentamente, come un pittore che passa un pennello sulla tela. Quando l’avevo unta bene la penetravo con una o due dita per aprirmi la strada. Un giorno con la punta delle dita ho toccato qualcosa, là dentro, e mi ha impressionato, ero certo che non avrei mai potuto spingermi in un luogo più remoto di così.
Lei ha iniziato a masturbarsi mentre la prendevo. Riusciva a venire anche prima di me, il che era piacevole per entrambi. Mi senti? Si lamentava, mentre godeva. Mi sentiii?
Sì, ti sento.
Quando avevamo finito – a volte facevamo due o tre scopate - di solito correva via, si dava solo una sciacquata, tutta spettinata, qualche spruzzo di deodorante, beveva un bicchiere d’acqua e ciao. Come fanno a non accorgersene, gli altri? mi domandavo. Aveva la mia sborra addosso, sulla pancia, fra le cosce…
Io mi rivestivo con più calma, magari mi facevo anche una doccia. A volte mi mettevo a lavorare un po’ nell’appartamento, avevo sempre il computer con me. Non ci incontravamo spesso, in media ogni due settimane.
E poi, un giorno, è salita sopra di me, pensavo volesse cavalcarmi, ma impalandosi davanti, invece ha guidato il mio cazzo con la mano nel suo culo. Mi si è seduta in grembo fino a farmi entrate tutto, a occhi chiusi. Non ci muovevamo quasi, ma eravamo sensibilissimi. Poi si è portata il dito medio alla bocca, lo ha succhiato e lo ha spinto dentro di me, senza fatica. Che invasione. Mentre tutto questo succedeva ci guardavamo finalmente in faccia, non era più la sua schiena che vedevo. Certo che sei anche tu bello dilatato, ha constatato. Ad un certo punto ha cambiato espressione, ha prima spalancato gli occhi come per la sorpresa e poi li ha chiusi, piegando la testa e il busto all’indietro, aveva poco seno ma piccoli capezzoli perfetti, come due chiodi.
Ho sentito contemporaneamente il suo respiro trasformarsi in un gemito finale, lungo, una sirena notturna. Ho smesso di trattenermi e sono venuto anch’io.
Nell’ultimo periodo era diventata euforica. Ci stava prendendo un po’ troppo gusto a sodomizzare lei me, per fortuna aveva unghie corte. Sul lavoro andava alla grande, il suo gruppo aveva vinto una importante gara europea. Io da quel lato ero un po’ più distaccato, cominciavo a tirare i remi i barca.
Invece, di lei non mi stancavo. Ci inventavamo delle cose. Una volta ha voluto che la inculassi nel bagno di un ristorante, un’altra volta si è messa il dildo nella vagina mentre la sodomizzavo, quando l’ha fatto vibrare lo sentivo anch’io. Amavo il suo culo giovane, elastico, ben oliato, sempre pulito (diceva che era diventata bravissima con i clisteri), a volte non usavo neanche più il gel, entravo senza problemi, le venivo dentro e lei mi incitava, montami, aprimi, spesso mi pregava, ti prego, vero che mi apri come una pesca?
Nessuno sospettava di noi.
Finché una volta mia moglie entrò nell’appartamento, lei aveva le chiavi di riserva, ero stato imprudente. Non dimenticherò mai la sua espressione di disgusto. E questa non è certo la parte bella della storia.
Dopo di allora è passato molto tempo prima che rivedessi Sonia. La vidi un giorno, forse sei mesi dopo, ad una conferenza. Era sul palco, fra i relatori. Indossava un completo blu e stava criticando severamente un relatore che l’aveva preceduta. Da qualche tempo avevamo perfino smesso di scriverci su whatsapp.
La osservai, su quel palco, il microfono in mano. Era bella e sicura di sé. Nella mia mente, si sovrapponeva all’immagine della giovane donna che mi porge il culo girandosi a metà per dirmi: mi vergogno…
Poi è passato altro tempo ancora, lei è sopra i quaranta, adesso, io sto arrivando ai sessanta. L’altroieri l’ho incontrata per strada, dalle parti del tribunale – è tornata nella nostra città dopo vari anni prima in Germania e poi negli Stati Uniti – ma era con un uomo, ci siamo salutati senza fermarci. Però ho visto un sorrisino incresparle la bocca, mentre mi superava. Forse è questo il bello dell’essere stati amanti, quel sorrisino che ti lascia.
coltranejohn39@gmail.com
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