Notti e nebbie
di
john coltrane
genere
esibizionismo
La spa aveva una piscina a idromassaggio all’aperto, il che era molto interessante perché eravamo in pieno inverno ed era bello immergersi in quell’acqua deliziosamente calda mentre tutt’attorno giaceva la neve.
Così, io e mia moglie ci siamo tolti gli accappatoi, abbiamo salito i pochi gradini che conducevano al bordo della vasca e poi abbiano disceso quelli che, specularmente, si infilavano nell’acqua, mossa dai getti di ozono, e dalla quale si innalzavano nuvole di vapore. In quel breve spostamento si rimaneva esposti agli sguardi di quelli che erano già nella vasca, il che aggiungeva una piccola nota sensuale a tutta l’operazione. In verità la maggior parte dei frequentatori della spa erano anziani turisti tedeschi, con pance cascanti e seni penduli. Ma io sapevo che la comparsa di mia moglie avrebbe catturato gli sguardi dei presenti. Katia infatti è una splendida quarantenne, bionda, in forma, piccola di statura ma con un seno perfetto, sodo, rotondo, né grande né piccolo, e un sedere che invita a sognare.
Comunque, la nostra passerella è durata solo qualche secondo. Subito dopo eravamo anche noi immersi fino quasi al collo nell’acqua che sobbolliva, seduti sullo scalino che corre tutt’attorno alla vasca. D’istinto ci eravamo sistemati nel punto rimasto più libero. Così facendo, però, ora ci trovavamo di fronte a due uomini anziani, perfetti esemplari di quel tipo di turista a cui accennavo sopra. Uno di loro, in particolare, fissò intensamente prima me e poi Katia. Altri due clienti sedevano solitari rispettivamente alla nostra destra e alla nostra sinistra, ma non li vedevamo bene.
Era notte, ormai, una notte fredda e dura com’è dalle nostre parti in questa stagione. Il vapore si alzava dalla vasca come nebbia, nascondendoci parzialmente gli uni agli altri. Ma se alzavamo lo sguardo, ecco lo scintillio remoto e sottilmente crudele delle stelle invernali. Nessuno parlava, neanche i due tizi seduti di fronte a noi. Katia aveva chiuso gli occhi abbandonandosi al piacere dell’acqua calda, il corpo frollato delicatamente dai getti dell’idromassaggio.
L’ispirazione mi è venuta così, come mi vengono a volte queste cose. Ho allungato la mano e l’ho appoggiata alla sua coscia. Poi, visto che non si muoveva, sono sceso verso il suo grembo. Teneva le gambe leggermente dischiuse, abbastanza perché potessi far passare il dito medio, fino ad incontrare la parte superiore della sua fessura, protetta da una leggera peluria. Quando si fa sesso in acqua è tutto un po’ più asciutto, là sotto, almeno all’inizio. Perciò non ho forzato nulla. Ho esercitato solo una lieve pressione, con un movimento circolare del polpastrello.
Incrociai lo sguardo del tedesco, chiamiamolo così. Era grosso, glabro, con il collo taurino, la testa a pera sormontata da un ridicolo ciuffo di capelli residui. Non poteva capire quello che stavo facendo, ma era evidentemente attratto da Katia. Forse ce l’aveva persino duro. Il suo amico, invece, seduto vicino a lui, teneva come mia moglie gli occhi chiusi.
Ho continuato quel delicato movimento circolare per almeno un paio di minuti. Dopodiché Katia ha dischiuso le cosce. Ho percorso con dito tutta la sua vagina, dal basso verso l’alto. Due, tre volte, sempre solo con la punta del medio. Si stava lentamente aprendo, il che per me è sempre una specie di miracolo, la conferma del fatto che non siamo venuti al mondo solo per soffrire. La figa si apre come un fiore, mi dico. Perché è un fiore. E il nettare luccica al suo interno.
Ho ricominciato ad accarezzarla sopra, sul clitoride, alternando una e due. Ho sentivo che iniziava a muovere il bacino, per accompagnare i miei movimenti e ricavarne più piacere. Non era diverso rispetto a quello che facevamo tante volte a letto, mia moglie poteva venire comunque solo così, con la masturbazione o con la lingua, anche se poi ovviamente amava essere scopata. Ma stavolta c’erano delle altre persone, lì a pochi passi da noi. Degli uomini.
Ero certo comunque che la situazione l’avrebbe eccitata. Sapevo dai suoi racconti giovanili che una volta ad una festa (“ero un po’ ubriaca”, aveva precisato, per giustificarsi, quando me lo aveva raccontato) si era masturbata davanti a tutti, prima di spompinare uno dopo l’altro tre ragazzi. “Altre hanno fatto di peggio”, aveva aggiunto. Ma si era anche lasciata sfuggire che quell’atto, nato da una provocazione, una sfida, quel masturbarsi davanti al gruppo, senza nemmeno togliersi il vestito, tra l’altro, lo considerava una delle cose più eccitanti che le fossero mai capitate nella vita.
Così continuai, accelerando il ritmo. Anche i suoi movimenti acceleravano, segno che stava per raggiungere l’orgasmo. Mi voltai a guardarla, una sola volta. Aveva la testa appoggiata al bordo della vasca, il collo offerto al cielo, gli occhi chiusi, il viso parzialmente nascosto dai suoi capelli biondi. Le labbra erano aperte, ma non si sentiva il suo respiro, per via del rumore dell’idromassaggio.
Poi guardai il tedesco. La stava fissando, anche lui con le labbra semiaperte. Vide che lo stavo osservando e ricambiò l’occhiata, quasi con rabbia, poi tornò a concentrarsi su Katia, ignorandomi. Sentivo le onde dei suoi pensieri infrangersi su di noi, su me e Katia, erano pensieri selvaggi, lascivi e aggressivi, dicevano: “Me la prenderei subito, questa troia, l’aprirei davanti a suo marito, davanti e dietro, le darei quello che cerca, quello che vuole, la farcirei come un krapfen, la farei uscire di qui piegata, storta, sì, sì…”.
Mossi le dita più velocemente. Katia si girò di scatto verso di me e si lasciò sfuggire un grido. E questo fu tutto ciò che si sentì, della faccenda.
Poi continuai a massaggiarla, piano, l’intera mano premuta fra le sue gambe. Come se accarezzassi la testa di un gattino.
Dopo un po’ si fu ripresa. Guardai il tedesco. Adesso evitava il mio sguardo. Non sentivo più nemmeno i suoi pensieri. Mi chiesi se non si fosse fatto una sega, e adesso il suo seme si mescolasse alla schiuma creata dalle bolle che scoppiavano sulla superficie della vasca.
Poi Katia provò ad allungare la sua, di mano. Voleva restituirmi il favore, ma non era molto comoda, e le proposi, sussurrando, di continuare semmai più tardi, in un altro luogo. Lei era d’accordo. Così ci alzammo e facemmo di nuovo la passerella che avevamo fatto poco prima, questa volta offrendo allo sguardo dei presenti lo spettacolo delle nostre schiene e dei nostri sederi.
coltranejohn39@gmail.com
Così, io e mia moglie ci siamo tolti gli accappatoi, abbiamo salito i pochi gradini che conducevano al bordo della vasca e poi abbiano disceso quelli che, specularmente, si infilavano nell’acqua, mossa dai getti di ozono, e dalla quale si innalzavano nuvole di vapore. In quel breve spostamento si rimaneva esposti agli sguardi di quelli che erano già nella vasca, il che aggiungeva una piccola nota sensuale a tutta l’operazione. In verità la maggior parte dei frequentatori della spa erano anziani turisti tedeschi, con pance cascanti e seni penduli. Ma io sapevo che la comparsa di mia moglie avrebbe catturato gli sguardi dei presenti. Katia infatti è una splendida quarantenne, bionda, in forma, piccola di statura ma con un seno perfetto, sodo, rotondo, né grande né piccolo, e un sedere che invita a sognare.
Comunque, la nostra passerella è durata solo qualche secondo. Subito dopo eravamo anche noi immersi fino quasi al collo nell’acqua che sobbolliva, seduti sullo scalino che corre tutt’attorno alla vasca. D’istinto ci eravamo sistemati nel punto rimasto più libero. Così facendo, però, ora ci trovavamo di fronte a due uomini anziani, perfetti esemplari di quel tipo di turista a cui accennavo sopra. Uno di loro, in particolare, fissò intensamente prima me e poi Katia. Altri due clienti sedevano solitari rispettivamente alla nostra destra e alla nostra sinistra, ma non li vedevamo bene.
Era notte, ormai, una notte fredda e dura com’è dalle nostre parti in questa stagione. Il vapore si alzava dalla vasca come nebbia, nascondendoci parzialmente gli uni agli altri. Ma se alzavamo lo sguardo, ecco lo scintillio remoto e sottilmente crudele delle stelle invernali. Nessuno parlava, neanche i due tizi seduti di fronte a noi. Katia aveva chiuso gli occhi abbandonandosi al piacere dell’acqua calda, il corpo frollato delicatamente dai getti dell’idromassaggio.
L’ispirazione mi è venuta così, come mi vengono a volte queste cose. Ho allungato la mano e l’ho appoggiata alla sua coscia. Poi, visto che non si muoveva, sono sceso verso il suo grembo. Teneva le gambe leggermente dischiuse, abbastanza perché potessi far passare il dito medio, fino ad incontrare la parte superiore della sua fessura, protetta da una leggera peluria. Quando si fa sesso in acqua è tutto un po’ più asciutto, là sotto, almeno all’inizio. Perciò non ho forzato nulla. Ho esercitato solo una lieve pressione, con un movimento circolare del polpastrello.
Incrociai lo sguardo del tedesco, chiamiamolo così. Era grosso, glabro, con il collo taurino, la testa a pera sormontata da un ridicolo ciuffo di capelli residui. Non poteva capire quello che stavo facendo, ma era evidentemente attratto da Katia. Forse ce l’aveva persino duro. Il suo amico, invece, seduto vicino a lui, teneva come mia moglie gli occhi chiusi.
Ho continuato quel delicato movimento circolare per almeno un paio di minuti. Dopodiché Katia ha dischiuso le cosce. Ho percorso con dito tutta la sua vagina, dal basso verso l’alto. Due, tre volte, sempre solo con la punta del medio. Si stava lentamente aprendo, il che per me è sempre una specie di miracolo, la conferma del fatto che non siamo venuti al mondo solo per soffrire. La figa si apre come un fiore, mi dico. Perché è un fiore. E il nettare luccica al suo interno.
Ho ricominciato ad accarezzarla sopra, sul clitoride, alternando una e due. Ho sentivo che iniziava a muovere il bacino, per accompagnare i miei movimenti e ricavarne più piacere. Non era diverso rispetto a quello che facevamo tante volte a letto, mia moglie poteva venire comunque solo così, con la masturbazione o con la lingua, anche se poi ovviamente amava essere scopata. Ma stavolta c’erano delle altre persone, lì a pochi passi da noi. Degli uomini.
Ero certo comunque che la situazione l’avrebbe eccitata. Sapevo dai suoi racconti giovanili che una volta ad una festa (“ero un po’ ubriaca”, aveva precisato, per giustificarsi, quando me lo aveva raccontato) si era masturbata davanti a tutti, prima di spompinare uno dopo l’altro tre ragazzi. “Altre hanno fatto di peggio”, aveva aggiunto. Ma si era anche lasciata sfuggire che quell’atto, nato da una provocazione, una sfida, quel masturbarsi davanti al gruppo, senza nemmeno togliersi il vestito, tra l’altro, lo considerava una delle cose più eccitanti che le fossero mai capitate nella vita.
Così continuai, accelerando il ritmo. Anche i suoi movimenti acceleravano, segno che stava per raggiungere l’orgasmo. Mi voltai a guardarla, una sola volta. Aveva la testa appoggiata al bordo della vasca, il collo offerto al cielo, gli occhi chiusi, il viso parzialmente nascosto dai suoi capelli biondi. Le labbra erano aperte, ma non si sentiva il suo respiro, per via del rumore dell’idromassaggio.
Poi guardai il tedesco. La stava fissando, anche lui con le labbra semiaperte. Vide che lo stavo osservando e ricambiò l’occhiata, quasi con rabbia, poi tornò a concentrarsi su Katia, ignorandomi. Sentivo le onde dei suoi pensieri infrangersi su di noi, su me e Katia, erano pensieri selvaggi, lascivi e aggressivi, dicevano: “Me la prenderei subito, questa troia, l’aprirei davanti a suo marito, davanti e dietro, le darei quello che cerca, quello che vuole, la farcirei come un krapfen, la farei uscire di qui piegata, storta, sì, sì…”.
Mossi le dita più velocemente. Katia si girò di scatto verso di me e si lasciò sfuggire un grido. E questo fu tutto ciò che si sentì, della faccenda.
Poi continuai a massaggiarla, piano, l’intera mano premuta fra le sue gambe. Come se accarezzassi la testa di un gattino.
Dopo un po’ si fu ripresa. Guardai il tedesco. Adesso evitava il mio sguardo. Non sentivo più nemmeno i suoi pensieri. Mi chiesi se non si fosse fatto una sega, e adesso il suo seme si mescolasse alla schiuma creata dalle bolle che scoppiavano sulla superficie della vasca.
Poi Katia provò ad allungare la sua, di mano. Voleva restituirmi il favore, ma non era molto comoda, e le proposi, sussurrando, di continuare semmai più tardi, in un altro luogo. Lei era d’accordo. Così ci alzammo e facemmo di nuovo la passerella che avevamo fatto poco prima, questa volta offrendo allo sguardo dei presenti lo spettacolo delle nostre schiene e dei nostri sederi.
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