Marcello e la Padrona (parte 2)
di
Kugher
genere
sadomaso
Quella donna non gli aveva chiesto di andare da lei, gli aveva dato un ordine, come se non avesse alternativa se non quella di recarsi in quella villa nel giorno e ora indicati.
La cosa lo eccitava, non era negabile, non poteva negarlo a sé stesso.
Si sentiva ancora in imbarazzo per essere stato colto in fallo due volte, ma l’autostima lo portava a ritenere che era stato scelto per qualcosa che lui aveva, nonostante le figure fatte.
Dopo l’ordine ricevuto, si era sentito più sicuro di sé ed uscito dall’ombra nella quale lui stesso si era infilato.
Cominciò a bere e a girare tra gli invitati godendo di una autorizzazione che, secondo lui, lo aveva fatto uscire dalla qualità di imbucato, come se avesse avuto l’invito, seppure a posteriori, addirittura dalla padrona di casa.
Questa lo incrociò più volte e gli sorrise, ma non si fermò più a parlare con lui.
Si rese conto di non sapere il suo nome e indagò, con discrezione per non far capire che in realtà non la conosceva. Apprese che si chiamava Simona solo perchè l’aveva sentita chiamare da un uomo.
Nei giorni successivi non sentì più il suo amico. Aveva ripreso in mano il testo di anatomia che, però, non aveva letto.
Restava in casa per giustificare a sé stesso il suo mancato dovere di studente, ma non riusciva a concentrarsi su ossa, muscoli, organi ecc. Aveva in mente solo quella donna dallo sguardo sicuro di sé, dai movimenti di un corpo evidentemente tenuto in forma nonostante l’età che, ai suoi occhi, era avanzata.
C’era qualcosa che lo attirava in quell’avventura, ma non riusciva a capire cosa. Non si rendeva conto che, in realtà, il suo amico Francesco aveva fatto da “ponte” tra la sua comfort zone nella quale affrontava solo ciò che conosceva e che era in grado di gestire, verso qualcosa di ignoto, sconosciuto, in un mondo che non gli apparteneva, proiettandolo fortuitamente in una situazione che non avrebbe potuto controllare.
Era forse la parte più inconscia del suo carattere che cercava di far uscire aspetti che la sua parte cosciente cercava di tenere sopiti, perché forse avrebbero potuto fargli paura.
Non gli serviva quella donna per scopare. Non era un gran figo, lo sapeva, ma il sesso non gli era mai mancato.
Simona rappresentava la sua parte nascosta, alla quale non aveva saputo resistere, forse perché da tempo premeva per uscire e lui, sempre più a fatica, cercava di tenere sepolta.
Lui stesso si era stupito per avere accettato subito, per lo meno in cuor suo, perché la donna non aveva certo aspettato la sua risposta.
Prima di quel sabato alle ore 11, aveva cambiato idea più e più volte, forse perché sapeva che quella donna avrebbe potuto fargli scoprire un aspetto di lui ignoto a lui stesso, almeno a livello cosciente.
Finalmente era giunta la giornata dell’appuntamento che aveva posto fine all’alternanza di pensiero ed al conflitto interiore.
Aveva paura di arrivare in ritardo e, così, giunse davanti alla villa con quasi mezz’ora di anticipo. Ricordando però la richiesta o, meglio, l’ordine, aveva atteso il tempo necessario al sopraggiungere dell’orario indicatogli.
Suonò alla porta nel momento in cui il suo telefono gli segnalò lo scoccare dell’ora esatta.
Dovette però stare inattesa ancora un quarto d’ora, durante il quale non seppe cosa fare, temendo che il campanello non fosse stato sentito, perché magari era in bagno a prepararsi per lui, o perché il suono, per qualche problema elettrico, era giunto troppo basso.
Suonò ancora e attese, attese, attese, sotto il sole. Faceva caldo e lui passeggiò davanti al cancello fino a che non sentì il click di apertura. Il suo telefono gli segnalava le 11.25.
La cosa lo eccitava, non era negabile, non poteva negarlo a sé stesso.
Si sentiva ancora in imbarazzo per essere stato colto in fallo due volte, ma l’autostima lo portava a ritenere che era stato scelto per qualcosa che lui aveva, nonostante le figure fatte.
Dopo l’ordine ricevuto, si era sentito più sicuro di sé ed uscito dall’ombra nella quale lui stesso si era infilato.
Cominciò a bere e a girare tra gli invitati godendo di una autorizzazione che, secondo lui, lo aveva fatto uscire dalla qualità di imbucato, come se avesse avuto l’invito, seppure a posteriori, addirittura dalla padrona di casa.
Questa lo incrociò più volte e gli sorrise, ma non si fermò più a parlare con lui.
Si rese conto di non sapere il suo nome e indagò, con discrezione per non far capire che in realtà non la conosceva. Apprese che si chiamava Simona solo perchè l’aveva sentita chiamare da un uomo.
Nei giorni successivi non sentì più il suo amico. Aveva ripreso in mano il testo di anatomia che, però, non aveva letto.
Restava in casa per giustificare a sé stesso il suo mancato dovere di studente, ma non riusciva a concentrarsi su ossa, muscoli, organi ecc. Aveva in mente solo quella donna dallo sguardo sicuro di sé, dai movimenti di un corpo evidentemente tenuto in forma nonostante l’età che, ai suoi occhi, era avanzata.
C’era qualcosa che lo attirava in quell’avventura, ma non riusciva a capire cosa. Non si rendeva conto che, in realtà, il suo amico Francesco aveva fatto da “ponte” tra la sua comfort zone nella quale affrontava solo ciò che conosceva e che era in grado di gestire, verso qualcosa di ignoto, sconosciuto, in un mondo che non gli apparteneva, proiettandolo fortuitamente in una situazione che non avrebbe potuto controllare.
Era forse la parte più inconscia del suo carattere che cercava di far uscire aspetti che la sua parte cosciente cercava di tenere sopiti, perché forse avrebbero potuto fargli paura.
Non gli serviva quella donna per scopare. Non era un gran figo, lo sapeva, ma il sesso non gli era mai mancato.
Simona rappresentava la sua parte nascosta, alla quale non aveva saputo resistere, forse perché da tempo premeva per uscire e lui, sempre più a fatica, cercava di tenere sepolta.
Lui stesso si era stupito per avere accettato subito, per lo meno in cuor suo, perché la donna non aveva certo aspettato la sua risposta.
Prima di quel sabato alle ore 11, aveva cambiato idea più e più volte, forse perché sapeva che quella donna avrebbe potuto fargli scoprire un aspetto di lui ignoto a lui stesso, almeno a livello cosciente.
Finalmente era giunta la giornata dell’appuntamento che aveva posto fine all’alternanza di pensiero ed al conflitto interiore.
Aveva paura di arrivare in ritardo e, così, giunse davanti alla villa con quasi mezz’ora di anticipo. Ricordando però la richiesta o, meglio, l’ordine, aveva atteso il tempo necessario al sopraggiungere dell’orario indicatogli.
Suonò alla porta nel momento in cui il suo telefono gli segnalò lo scoccare dell’ora esatta.
Dovette però stare inattesa ancora un quarto d’ora, durante il quale non seppe cosa fare, temendo che il campanello non fosse stato sentito, perché magari era in bagno a prepararsi per lui, o perché il suono, per qualche problema elettrico, era giunto troppo basso.
Suonò ancora e attese, attese, attese, sotto il sole. Faceva caldo e lui passeggiò davanti al cancello fino a che non sentì il click di apertura. Il suo telefono gli segnalava le 11.25.
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