La nipote (parte 7)
di
Kugher
genere
sadomaso
Eleonora voleva che la consegna della schiava al compagno, fosse un ulteriore atto di egoistico erotismo, spacciato quale anticipazione di ulteriore eccitazione per l’uomo.
Fece mettere la nipote a 4 zampe, così da potersi sedere sulla schiena nella parte lombare che, fatta abbassare schiacciando col piede, costituiva la sella naturale.
Monica, agli occhi dei Padroni, si sapeva muovere bene a quattro zampe, tenendo la fascia lombare abbassata, sotto il peso della zia, ottenendo così anche l’effetto di evidenziare il culo. L’andamento era sinuoso ed eccitante anche per lo sforzo di reggere una persona da dover trasportare.
Nel tragitto fino ai piedi di Filippo, la testa della ragazza venne tenuta bassa dalla mano di Eleonora.
Giunta al compimento definitivo del percorso, non potendo più rinviare la consegna dell’oggetto erotico privandosene a malincuore, dopo essersi alzata pose un piede sul collo della ragazza per farle abbassare il capo a terra.
Eleonora consegnò la schiava simbolicamente offrendo al compagno il guinzaglio. Fu costretta a consegnare anche il frustino, quando vide la mano tesa dell’uomo che restava in silenziosa ed impaziente attesa.
Filippo si godette la testa della nipote a terra che gli omaggiava i piedi. Dopo qualche secondo la frustò sulle natiche, con più forza di quella usata da Eleonora. Questa era più attratta dal simbolo del colpo. Lui invece dal dolore che procurava.
I due compagni di vita, protetti dall’anonimato, avevano infranto la diga che inizialmente li aveva fermati, lasciando correre desiderio ed eccitazione nel canale del piacere alimentato dal proibito che scivolava a valle, come una massa di acqua in piena che travolgeva ogni cosa.
L’uomo col piede fece stendere sulla schiena la ragazza e, alzatosi, affermò il suo potere mettendole una scarpa sui seni, sui quali schiacciò fino a che non fu soddisfatto dall’espressione di dolore confermata dal debole lamento emesso a bocca chiusa, come se la schiava volesse trattenere la prova del superamento del suo limite fisico.
La punta della scarpa fece ruotare il viso per far appoggiare una guancia a terra, così da porre sull’altra, opposta alla prima, la suola che, senza schiacciare ulteriormente, fu deputata a reggere il solo peso della gamba posata sopra.
Eleonora non perse l’occasione del tempo sospeso, per porre a sua volta la scarpa sul petto della ragazza, ponendo il tacco in corrispondenza del capezzolo.
Le lingue dei due si incrociarono e legarono, mentre la donna estraeva dai pantaloni il cazzo duro del compagno che dimostrò di gradire la lieve e lenta masturbazione, mentre ai piedi e sotto di essi aveva la nipote.
Matteo si pose alle spalle della donna e, abbracciandola da tergo, le accarezzò i capezzoli con le dita. Di lei riconobbe il profumo che era solita mettere quando facevano sesso.
Portò aderente il corpo a quello di Eleonora, avendo cura di farle sentire tra le natiche il cazzo duro.
Mentre la donna spingeva indietro il bacino per sentire meglio l’eccitazione dell’uomo, strinse ancor più il cazzo che aveva in mano eccitando maggiormente Filippo.
L’uomo, riprendendo il possesso della schiava che gli era stata consegnata, si predispose ad altre forme di eccitazione, privilegiando l’aspetto carnale rispetto a quello psicologico.
Si sedette nuovamente in poltrona, facendo capire ai suoi compagni di viaggio che era sua intenzione pretendere dalla schiava il piacere dalla sua bocca.
La zia, fingendo collaborazione, fece porre carponi la ragazza così da sfilare il vibratore che aveva nel culo e lo gettò a terra, appena sotto il suo viso tenuto basso.
“Prendilo in bocca”.
Col piede spinse la testa verso il basso così che la ragazza potesse prendere in bocca l’oggetto che le deformò il viso. Si sedette sulla schiena cavalcioni con il viso rivolto verso li culo e vi inserì un plug con una coda.
Si alzò per sedersi all’opposto, con il viso verso la testa della schiava, guardando il compagno. Diresse la bocca della schiava sul cazzo e, tenendola per i capelli, le dava il ritmo e la profondità del pompino.
Le circostanze, i contorni, le situazioni ed i rapporti umani, i silenzi, le complicità, hanno l’effetto di alimentare ciò che arde.
Eleonora e Filippo, entrambi godendo dello strumento che in quel momento li univa, ritrovarono la loro complicità erotica, così che la condivisione dell’eccitazione mise da parte gli egoistici piaceri a favore di una eccitazione comune che si alimentava ulteriormente.
Eleonora, stando seduta, si spostò verso le spalle della schiava, così da avvicinarsi al compagno. Mentre con la mano spingeva la bocca sul cazzo di Filippo, con la lingua iniziò a leccare la lingua di quest’ultimo, le cui mani accarezzarono i seni.
La donna percepì il desiderio dell’uomo di darle piacere. Ricambiò governando la testa della nipote, così da farle assumere quel ritmo che sapeva essere gradito al compagno.
La complicità ebbe l’effetto di aumentare l’erotismo e l’eccitazione.
Fece mettere la nipote a 4 zampe, così da potersi sedere sulla schiena nella parte lombare che, fatta abbassare schiacciando col piede, costituiva la sella naturale.
Monica, agli occhi dei Padroni, si sapeva muovere bene a quattro zampe, tenendo la fascia lombare abbassata, sotto il peso della zia, ottenendo così anche l’effetto di evidenziare il culo. L’andamento era sinuoso ed eccitante anche per lo sforzo di reggere una persona da dover trasportare.
Nel tragitto fino ai piedi di Filippo, la testa della ragazza venne tenuta bassa dalla mano di Eleonora.
Giunta al compimento definitivo del percorso, non potendo più rinviare la consegna dell’oggetto erotico privandosene a malincuore, dopo essersi alzata pose un piede sul collo della ragazza per farle abbassare il capo a terra.
Eleonora consegnò la schiava simbolicamente offrendo al compagno il guinzaglio. Fu costretta a consegnare anche il frustino, quando vide la mano tesa dell’uomo che restava in silenziosa ed impaziente attesa.
Filippo si godette la testa della nipote a terra che gli omaggiava i piedi. Dopo qualche secondo la frustò sulle natiche, con più forza di quella usata da Eleonora. Questa era più attratta dal simbolo del colpo. Lui invece dal dolore che procurava.
I due compagni di vita, protetti dall’anonimato, avevano infranto la diga che inizialmente li aveva fermati, lasciando correre desiderio ed eccitazione nel canale del piacere alimentato dal proibito che scivolava a valle, come una massa di acqua in piena che travolgeva ogni cosa.
L’uomo col piede fece stendere sulla schiena la ragazza e, alzatosi, affermò il suo potere mettendole una scarpa sui seni, sui quali schiacciò fino a che non fu soddisfatto dall’espressione di dolore confermata dal debole lamento emesso a bocca chiusa, come se la schiava volesse trattenere la prova del superamento del suo limite fisico.
La punta della scarpa fece ruotare il viso per far appoggiare una guancia a terra, così da porre sull’altra, opposta alla prima, la suola che, senza schiacciare ulteriormente, fu deputata a reggere il solo peso della gamba posata sopra.
Eleonora non perse l’occasione del tempo sospeso, per porre a sua volta la scarpa sul petto della ragazza, ponendo il tacco in corrispondenza del capezzolo.
Le lingue dei due si incrociarono e legarono, mentre la donna estraeva dai pantaloni il cazzo duro del compagno che dimostrò di gradire la lieve e lenta masturbazione, mentre ai piedi e sotto di essi aveva la nipote.
Matteo si pose alle spalle della donna e, abbracciandola da tergo, le accarezzò i capezzoli con le dita. Di lei riconobbe il profumo che era solita mettere quando facevano sesso.
Portò aderente il corpo a quello di Eleonora, avendo cura di farle sentire tra le natiche il cazzo duro.
Mentre la donna spingeva indietro il bacino per sentire meglio l’eccitazione dell’uomo, strinse ancor più il cazzo che aveva in mano eccitando maggiormente Filippo.
L’uomo, riprendendo il possesso della schiava che gli era stata consegnata, si predispose ad altre forme di eccitazione, privilegiando l’aspetto carnale rispetto a quello psicologico.
Si sedette nuovamente in poltrona, facendo capire ai suoi compagni di viaggio che era sua intenzione pretendere dalla schiava il piacere dalla sua bocca.
La zia, fingendo collaborazione, fece porre carponi la ragazza così da sfilare il vibratore che aveva nel culo e lo gettò a terra, appena sotto il suo viso tenuto basso.
“Prendilo in bocca”.
Col piede spinse la testa verso il basso così che la ragazza potesse prendere in bocca l’oggetto che le deformò il viso. Si sedette sulla schiena cavalcioni con il viso rivolto verso li culo e vi inserì un plug con una coda.
Si alzò per sedersi all’opposto, con il viso verso la testa della schiava, guardando il compagno. Diresse la bocca della schiava sul cazzo e, tenendola per i capelli, le dava il ritmo e la profondità del pompino.
Le circostanze, i contorni, le situazioni ed i rapporti umani, i silenzi, le complicità, hanno l’effetto di alimentare ciò che arde.
Eleonora e Filippo, entrambi godendo dello strumento che in quel momento li univa, ritrovarono la loro complicità erotica, così che la condivisione dell’eccitazione mise da parte gli egoistici piaceri a favore di una eccitazione comune che si alimentava ulteriormente.
Eleonora, stando seduta, si spostò verso le spalle della schiava, così da avvicinarsi al compagno. Mentre con la mano spingeva la bocca sul cazzo di Filippo, con la lingua iniziò a leccare la lingua di quest’ultimo, le cui mani accarezzarono i seni.
La donna percepì il desiderio dell’uomo di darle piacere. Ricambiò governando la testa della nipote, così da farle assumere quel ritmo che sapeva essere gradito al compagno.
La complicità ebbe l’effetto di aumentare l’erotismo e l’eccitazione.
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