Raffaella e mia moglie. Seconda parte.
di
rotas2sator
genere
trio
Il quarto incomodo. – Finale grottesco
Ci trovammo tutti e tre nudi, nel lettone, con la notte davanti e un solo desiderio: godere. Irene, mia moglie, sorrideva con quel suo sguardo obliquo che promette disastri. Raffaella era tra noi, ancora sudata dalla prima ondata di piacere, le cosce tremanti e gli occhi che chiedevano ancora.
I corpi si intrecciarono senza più ruoli. Irene sapeva come toccare, come stuzzicare, come far partire una nuova ondata con un solo bacio sotto l’ombelico. E Raffaella, quella notte, sembrava più che disponibile a lasciarsi travolgere.
La fica di Irene era una fontana di piacere. Bastava sfiorarla, baciarla, penetrarla con due dita e una parola sporca all’orecchio, e lei… squirtava. A spruzzi. Senza pudore. L’umidità del letto aumentava a ogni suo orgasmo, e noi ci bagnavamo l’un l’altro, ridendo e scopando.
Raffaella, invece, aveva un altro punto debole: il culo. Quando glielo aprii con calma, dilatandola con due dita e poi con la lingua, tremò tutta. Poi entrai. E la presi a pecora, con vigore, col mio bacino che le sbatteva contro i glutei. Lei si lasciò andare, sempre più forte, gemendo senza freni. Fino a quando, nell’apice dell’eccitazione, si pisciò addosso.
Un getto improvviso, istintivo, quasi animalesco. Un silenzio. Poi una risata.
—Ma sei impazzita?— disse Irene ridendo. —Io… non lo so… scusatemi…— balbettò Raffaella. —Scusarti? Adesso ti becchi dieci frustate.
Le legammo i polsi con il foulard di Irene. E poi via. Dieci frustate leggere ma umilianti, mentre lei si mordeva le labbra e chiedeva altro. La settima le strappò un orgasmo. La decima… un guaito.
Fu allora che il vero protagonista della notte fece il suo ingresso trionfale: Brutus, l’Alano grigio, stazza da vitello, sguardo da cartone animato. Piombò nella stanza come una slavina impazzita, con la lingua già a penzoloni e le zampe che slittavano sul parquet come pattini da guerra.
Annusava. Brutus annusava tutto, forsennato, ispirato, indemoniato. Ma un odore, tra tutti, gli fece drizzare le orecchie. Quello. Quello lì. Quell’aroma preciso.
Raffaella era ancora sdraiata, le coperte alla rinfusa, la pelle lucida e il cuore in pieno collasso emotivo. Quando vide Brutus puntare verso di lei, gli occhi le uscirono dalle orbite.
— No. NO. NOOO! — urlò, cercando di strisciare all’indietro come una tartaruga rovesciata.
Ma Brutus l’aveva già raggiunta. Un’annusata profonda tra i cuscini. Una seconda, più convinta, giù tra le cosce. E poi… il colpo di grazia.
Una leccata. Una singola, sacra, devastante leccata. Lunga. Decisa. Esatta. Proprio lì. Tra quella zona ambigua dove nessuno, né uomo né donna, dovrebbe mai mettere muso o lingua senza consenso notarile.
Raffaella sobbalzò come colpita da una scarica elettrica. Ora Brutus la leccava come un gelato, furiosamente
— AAAHHH! MA… MA LÌ?! — urlò con voce stridula. — NOO, IL PERINEO! LA FIGA E ADESSO ANCHE IL CULO. LA SUA LINGUA È UNA RASPA!
Irene si piegò sulle ginocchia, urlando dal ridere.
— Sta cercando l’oro! — gridò. — È un cercatore spirituale!
Io mi appoggiai al muro per non cadere. Le lacrime mi rigavano il viso.
— Sta esplorando territori vergini! — aggiunsi.
Brutus, soddisfatto di quella leccata mistica, si fermò un attimo. Fece un passo indietro. Poi si sedette. Con l’aria di chi ha dato il massimo e ora contempla l’infinito. L’erezione canina, tremolante come un'antenna radio, era in bella mostra. La coda batteva piano sul pavimento, ritmica, meditativa.
Raffaella era nel panico più totale. Scalciava disperata.
— Portatemelo via! Quello mi scopa davvero — Gli piaci. Davvero tanto — disse Irene, ancora tra i singhiozzi. — Non fa così con tutti., ha trovato il suo punto G.
— Brutus va pazzo per la figa delle donne… — dissi io con tono solenne. — Ma di te si è proprio innamorato.
Raffaella si coprì il volto con un cuscino, disperata.
— Non ditelo a nessuno. Mai. Giuro. Vi rovino la vita.
Brutus intanto, frustrato per la mancanza di “riscontro emozionale”, cominciò a girare in tondo come un robot rotto. Poi prese la rincorsa e… SBAM, dritto con il muso contro l’armadio. Un guaito. Un tonfo. Fine dell’epopea.
Ci fu un attimo di silenzio.
Poi un’esplosione di risate. Irrefrenabili, incontrollabili, bestiali quasi quanto lui.
Raffaella sbucò dai cuscini, spettinata, umiliata, furibonda.
— Questa storia NON DEVE USCIRE DI QUI.
— Raffaella — dissi, cercando di riprendere fiato — se lui ti lecca lì… è amore vero.
Epílogo: Il mattino dopo
Il sole filtrava dalla finestra e il caffè borbottava nella moka. Irene versò due tazze e le portò in salotto.
«Allora?» chiese con un sorriso malizioso. «Hai dormito bene dopo la visita dell’alano?»
Raffaella arrossì, prese la tazza sorseggiando piano. «Se per bene intendi con qualche incubo … direi proprio di sì. Mi son sentita perduta; per fortuna si è fermato, voi due stronzi non l’avreste fatto di certo..»
Io motteggio: «A volte la vita è un cane che lecca dove meno te lo aspetti.»
Irene di rimando «E noi non possiamo far altro che godercela.»
«Però , neanche in foto Brutus lo voglio vedere.»
Ci trovammo tutti e tre nudi, nel lettone, con la notte davanti e un solo desiderio: godere. Irene, mia moglie, sorrideva con quel suo sguardo obliquo che promette disastri. Raffaella era tra noi, ancora sudata dalla prima ondata di piacere, le cosce tremanti e gli occhi che chiedevano ancora.
I corpi si intrecciarono senza più ruoli. Irene sapeva come toccare, come stuzzicare, come far partire una nuova ondata con un solo bacio sotto l’ombelico. E Raffaella, quella notte, sembrava più che disponibile a lasciarsi travolgere.
La fica di Irene era una fontana di piacere. Bastava sfiorarla, baciarla, penetrarla con due dita e una parola sporca all’orecchio, e lei… squirtava. A spruzzi. Senza pudore. L’umidità del letto aumentava a ogni suo orgasmo, e noi ci bagnavamo l’un l’altro, ridendo e scopando.
Raffaella, invece, aveva un altro punto debole: il culo. Quando glielo aprii con calma, dilatandola con due dita e poi con la lingua, tremò tutta. Poi entrai. E la presi a pecora, con vigore, col mio bacino che le sbatteva contro i glutei. Lei si lasciò andare, sempre più forte, gemendo senza freni. Fino a quando, nell’apice dell’eccitazione, si pisciò addosso.
Un getto improvviso, istintivo, quasi animalesco. Un silenzio. Poi una risata.
—Ma sei impazzita?— disse Irene ridendo. —Io… non lo so… scusatemi…— balbettò Raffaella. —Scusarti? Adesso ti becchi dieci frustate.
Le legammo i polsi con il foulard di Irene. E poi via. Dieci frustate leggere ma umilianti, mentre lei si mordeva le labbra e chiedeva altro. La settima le strappò un orgasmo. La decima… un guaito.
Fu allora che il vero protagonista della notte fece il suo ingresso trionfale: Brutus, l’Alano grigio, stazza da vitello, sguardo da cartone animato. Piombò nella stanza come una slavina impazzita, con la lingua già a penzoloni e le zampe che slittavano sul parquet come pattini da guerra.
Annusava. Brutus annusava tutto, forsennato, ispirato, indemoniato. Ma un odore, tra tutti, gli fece drizzare le orecchie. Quello. Quello lì. Quell’aroma preciso.
Raffaella era ancora sdraiata, le coperte alla rinfusa, la pelle lucida e il cuore in pieno collasso emotivo. Quando vide Brutus puntare verso di lei, gli occhi le uscirono dalle orbite.
— No. NO. NOOO! — urlò, cercando di strisciare all’indietro come una tartaruga rovesciata.
Ma Brutus l’aveva già raggiunta. Un’annusata profonda tra i cuscini. Una seconda, più convinta, giù tra le cosce. E poi… il colpo di grazia.
Una leccata. Una singola, sacra, devastante leccata. Lunga. Decisa. Esatta. Proprio lì. Tra quella zona ambigua dove nessuno, né uomo né donna, dovrebbe mai mettere muso o lingua senza consenso notarile.
Raffaella sobbalzò come colpita da una scarica elettrica. Ora Brutus la leccava come un gelato, furiosamente
— AAAHHH! MA… MA LÌ?! — urlò con voce stridula. — NOO, IL PERINEO! LA FIGA E ADESSO ANCHE IL CULO. LA SUA LINGUA È UNA RASPA!
Irene si piegò sulle ginocchia, urlando dal ridere.
— Sta cercando l’oro! — gridò. — È un cercatore spirituale!
Io mi appoggiai al muro per non cadere. Le lacrime mi rigavano il viso.
— Sta esplorando territori vergini! — aggiunsi.
Brutus, soddisfatto di quella leccata mistica, si fermò un attimo. Fece un passo indietro. Poi si sedette. Con l’aria di chi ha dato il massimo e ora contempla l’infinito. L’erezione canina, tremolante come un'antenna radio, era in bella mostra. La coda batteva piano sul pavimento, ritmica, meditativa.
Raffaella era nel panico più totale. Scalciava disperata.
— Portatemelo via! Quello mi scopa davvero — Gli piaci. Davvero tanto — disse Irene, ancora tra i singhiozzi. — Non fa così con tutti., ha trovato il suo punto G.
— Brutus va pazzo per la figa delle donne… — dissi io con tono solenne. — Ma di te si è proprio innamorato.
Raffaella si coprì il volto con un cuscino, disperata.
— Non ditelo a nessuno. Mai. Giuro. Vi rovino la vita.
Brutus intanto, frustrato per la mancanza di “riscontro emozionale”, cominciò a girare in tondo come un robot rotto. Poi prese la rincorsa e… SBAM, dritto con il muso contro l’armadio. Un guaito. Un tonfo. Fine dell’epopea.
Ci fu un attimo di silenzio.
Poi un’esplosione di risate. Irrefrenabili, incontrollabili, bestiali quasi quanto lui.
Raffaella sbucò dai cuscini, spettinata, umiliata, furibonda.
— Questa storia NON DEVE USCIRE DI QUI.
— Raffaella — dissi, cercando di riprendere fiato — se lui ti lecca lì… è amore vero.
Epílogo: Il mattino dopo
Il sole filtrava dalla finestra e il caffè borbottava nella moka. Irene versò due tazze e le portò in salotto.
«Allora?» chiese con un sorriso malizioso. «Hai dormito bene dopo la visita dell’alano?»
Raffaella arrossì, prese la tazza sorseggiando piano. «Se per bene intendi con qualche incubo … direi proprio di sì. Mi son sentita perduta; per fortuna si è fermato, voi due stronzi non l’avreste fatto di certo..»
Io motteggio: «A volte la vita è un cane che lecca dove meno te lo aspetti.»
Irene di rimando «E noi non possiamo far altro che godercela.»
«Però , neanche in foto Brutus lo voglio vedere.»
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