Raffaella e mia moglie
di
rotas2sator
genere
bisex
Non so se sia stato il destino o solo una beffa della carne. Quella sera, mia moglie Irene mi scrive un messaggio ambiguo: “Tesoro, è tardi. Resta pure fuori città, non tornare di corsa. Domattina sei più tranquillo.” Un messaggio normale, forse. Ma conosco mia moglie, e quel “non tornare” mi suona più come un “non disturbare”. E poi c’è quel sorriso con cui mi ha salutato stamattina, quell’aria di chi ha già un piano. Così decido di non farmi annunciare. E torno.
Entro piano, in punta di piedi. Luci soffuse, un profumo dolce nell’aria. Voci. Sussurri. E poi le vedo. Irene e… Raffaella.
Raffaella. La moglie di Alfonso. Un’amica, certo. Ma chi non ha sognato almeno una volta di farsela? Quella pelle chiara e profumata, il seno tra la quarta e la quinta misura che sfida la gravità con spavalderia, quel culo che sembra disegnato per il peccato. E poi il suo modo di muoversi, di guardarti con quegli occhi scuri appena socchiusi, come se sapesse già tutto di te. In quel periodo aveva deciso di non radersi. Le ascelle portavano con orgoglio la loro morbida ombra scura, e il suo pube, nero e selvaggio, si estendeva fino al buchetto posteriore, con una naturalezza disarmante.
E adesso, davanti a me, c’era proprio lei. Nuda sul divano, le gambe intrecciate a quelle di Irene, le labbra unite in un bacio lungo, carnale, pieno di fame e di dolcezza insieme. Si strusciavano lente, le fighe in pieno contatto, e dalle loro bocche uscivano sospiri che mi facevano impazzire. Le tette di Irene affondavano tra le mani di Raffaella, e le mie gambe tremavano.
Resto lì, immobile, in ombra. Mi spoglio in silenzio. I miei vestiti cadono a terra come cadono le buone intenzioni.
Mi avvicino. Non mi hanno sentito. O fanno finta. Quando sono a un passo da loro, Irene alza gli occhi e mi guarda. Un lampo. Non di sorpresa, ma di complicità. Non dice nulla. Spalanca solo le gambe e mi mostra la sua figa, bagnata, accesa.
Mi inginocchio dietro Raffaella, che è sopra Irene. Le scosto il culo e ci affondo il viso. L’odore del suo pube mi stordisce, mi eccita fino al midollo. Le lecco il buco del culo, affondo la lingua, la faccio gemere nella bocca di mia moglie. Lei mi ringrazia con un tremito del bacino e un orgasmo improvviso che le bagna tutta la fica.
Passo alla fica, gliela succhio, gliela ripulisco con la lingua: è un invito continuo. Il suo sapore è denso, agrodolce, con un retrogusto lieve di pipì che mi fa impazzire. Quando vado a leccare Irene, trovo una bocca pronta ad accogliere le mie dita. Gliene infilo due nella passera, che si apre come un fiore.
Non resisto. Prendo Raffaella per i fianchi, la apro con la cappella e mi infilo dentro. Colpi profondi, sporchi, animali. La scopo senza respiro, fino a farla venire di nuovo. Appena gode, mi fermo un attimo, poi la stimolo con le dita, e lei squirta, gridando, liberandosi come se fosse posseduta.
Ora tocca a Irene. Mi inginocchio davanti a lei, le lecco la fica con tutta la passione che ho. Ma Raffaella mi prende la testa e me la spinge dietro. Capisco. È il momento. Mi sputo sulle dita, le apro il culo con dolcezza ma decisione. L’indice. Poi anche il medio. Dilato, apro, allargo.
Appoggio la cappella e spingo. Raffaella si apre, lenta, calda, accogliente. Il dolore iniziale lascia il posto al piacere più profondo. Comincio a scoparla forte nel culo mentre lei, piegata su Irene, la lecca furiosa sul clitoride. Le mani le stringono le tette, i capezzoli duri, la bocca affondata nella fica della mia donna.
Irene gode. Lo capisco dal tremore, dal suono rauco del suo respiro. Raffaella geme, e nel mio cazzo sento il suo orgasmo contrarsi. È il colpo finale. Le inondo l’intestino con la mia sborra, mi svuoto fino all’ultima goccia.
Resto lì, esausto, con la testa appoggiata sulla schiena di Raffaella. La sborra cola fuori dal suo culo. “Un disastro così va pulito con la lingua” dico. E mantengo la promessa. Le lecco il buco con calma, con devozione, come un cane fedele. Poi passo alla figa. Me la succhio tutta. Ma i miei occhi sono per Irene. E i suoi per me.
La notte è ancora lunga. Il lettone ci aspetta. Domani non si lavora.
E Raffaella è con noi.
Verso in lei ogni goccia che mi resta, e poi rimango lì, tra le due donne, esausto e felice come mai nella vita.
Ma non è finita.
Raffaella si gira su di me e mi bacia con una fame nuova. Irene le accarezza i fianchi, poi mi prende i testicoli in mano e li massaggia piano.
«È lunga la notte...» sussurra Raffaella, «e domani non si lavora.»
Irene ride. «Direi che possiamo divertirci ancora, marito mio.»
Ridiamo tutti e tre, nudi, sudati, pieni di desiderio.
Ci tuffiamo nel lettone, corpi intrecciati, e ricominciamo.
Una mano, una bocca, un sesso che cerca. L’alba è lontana, e la carne chiama ancora.
Più tardi, mentre la scopo a pecora e Irene le bacia i seni, Raffaella geme senza ritegno.
«Se vai avanti così squirto...» ansima, «...scopami più forte... sì... lì... proprio lì... sto venendo!»
La guardo perdersi, il corpo che si tende e si inarca, i suoi umori che mi bagnano le cosce.
È un'esplosione, un inno alla carne.
E non è che l'inizio.
La notte è lunga davvero.
Mi sdraio accanto a loro, esausto ma ancora eccitato, mentre le mani di Irene mi scorrono sul petto e Raffaella si volta e mi bacia con dolcezza. I suoi ricci neri mi solleticano la pelle, la sua pelle profuma di sesso, di libertà, di notte.
Un pensiero mi attraversa la mente, fugace ma tagliente: Massi.
È un mio amico, uno vero. Di quelli con cui ci si può fidare.
E io sto affondando dentro sua moglie, le ho succhiato ogni stilla di piacere, gliel’ho fatta urlare e squirtare fino allo sfinimento.
Forse dovrei vergognarmi.
Ma al cazzo non si comanda.
Raffaella si stende su di me, mi guarda sorridendo:
«Se vai avanti così... mi scolo tutta un'altra volta, lo sai vero?»
Irene ride, si infila sotto le lenzuola e comincia a baciarmi i fianchi.
«Stanotte non finisce più» sussurra.
E io mi abbandono.
Senza più nessun pensiero, se non il sapore della carne e l’odore della loro pelle.
Entro piano, in punta di piedi. Luci soffuse, un profumo dolce nell’aria. Voci. Sussurri. E poi le vedo. Irene e… Raffaella.
Raffaella. La moglie di Alfonso. Un’amica, certo. Ma chi non ha sognato almeno una volta di farsela? Quella pelle chiara e profumata, il seno tra la quarta e la quinta misura che sfida la gravità con spavalderia, quel culo che sembra disegnato per il peccato. E poi il suo modo di muoversi, di guardarti con quegli occhi scuri appena socchiusi, come se sapesse già tutto di te. In quel periodo aveva deciso di non radersi. Le ascelle portavano con orgoglio la loro morbida ombra scura, e il suo pube, nero e selvaggio, si estendeva fino al buchetto posteriore, con una naturalezza disarmante.
E adesso, davanti a me, c’era proprio lei. Nuda sul divano, le gambe intrecciate a quelle di Irene, le labbra unite in un bacio lungo, carnale, pieno di fame e di dolcezza insieme. Si strusciavano lente, le fighe in pieno contatto, e dalle loro bocche uscivano sospiri che mi facevano impazzire. Le tette di Irene affondavano tra le mani di Raffaella, e le mie gambe tremavano.
Resto lì, immobile, in ombra. Mi spoglio in silenzio. I miei vestiti cadono a terra come cadono le buone intenzioni.
Mi avvicino. Non mi hanno sentito. O fanno finta. Quando sono a un passo da loro, Irene alza gli occhi e mi guarda. Un lampo. Non di sorpresa, ma di complicità. Non dice nulla. Spalanca solo le gambe e mi mostra la sua figa, bagnata, accesa.
Mi inginocchio dietro Raffaella, che è sopra Irene. Le scosto il culo e ci affondo il viso. L’odore del suo pube mi stordisce, mi eccita fino al midollo. Le lecco il buco del culo, affondo la lingua, la faccio gemere nella bocca di mia moglie. Lei mi ringrazia con un tremito del bacino e un orgasmo improvviso che le bagna tutta la fica.
Passo alla fica, gliela succhio, gliela ripulisco con la lingua: è un invito continuo. Il suo sapore è denso, agrodolce, con un retrogusto lieve di pipì che mi fa impazzire. Quando vado a leccare Irene, trovo una bocca pronta ad accogliere le mie dita. Gliene infilo due nella passera, che si apre come un fiore.
Non resisto. Prendo Raffaella per i fianchi, la apro con la cappella e mi infilo dentro. Colpi profondi, sporchi, animali. La scopo senza respiro, fino a farla venire di nuovo. Appena gode, mi fermo un attimo, poi la stimolo con le dita, e lei squirta, gridando, liberandosi come se fosse posseduta.
Ora tocca a Irene. Mi inginocchio davanti a lei, le lecco la fica con tutta la passione che ho. Ma Raffaella mi prende la testa e me la spinge dietro. Capisco. È il momento. Mi sputo sulle dita, le apro il culo con dolcezza ma decisione. L’indice. Poi anche il medio. Dilato, apro, allargo.
Appoggio la cappella e spingo. Raffaella si apre, lenta, calda, accogliente. Il dolore iniziale lascia il posto al piacere più profondo. Comincio a scoparla forte nel culo mentre lei, piegata su Irene, la lecca furiosa sul clitoride. Le mani le stringono le tette, i capezzoli duri, la bocca affondata nella fica della mia donna.
Irene gode. Lo capisco dal tremore, dal suono rauco del suo respiro. Raffaella geme, e nel mio cazzo sento il suo orgasmo contrarsi. È il colpo finale. Le inondo l’intestino con la mia sborra, mi svuoto fino all’ultima goccia.
Resto lì, esausto, con la testa appoggiata sulla schiena di Raffaella. La sborra cola fuori dal suo culo. “Un disastro così va pulito con la lingua” dico. E mantengo la promessa. Le lecco il buco con calma, con devozione, come un cane fedele. Poi passo alla figa. Me la succhio tutta. Ma i miei occhi sono per Irene. E i suoi per me.
La notte è ancora lunga. Il lettone ci aspetta. Domani non si lavora.
E Raffaella è con noi.
Verso in lei ogni goccia che mi resta, e poi rimango lì, tra le due donne, esausto e felice come mai nella vita.
Ma non è finita.
Raffaella si gira su di me e mi bacia con una fame nuova. Irene le accarezza i fianchi, poi mi prende i testicoli in mano e li massaggia piano.
«È lunga la notte...» sussurra Raffaella, «e domani non si lavora.»
Irene ride. «Direi che possiamo divertirci ancora, marito mio.»
Ridiamo tutti e tre, nudi, sudati, pieni di desiderio.
Ci tuffiamo nel lettone, corpi intrecciati, e ricominciamo.
Una mano, una bocca, un sesso che cerca. L’alba è lontana, e la carne chiama ancora.
Più tardi, mentre la scopo a pecora e Irene le bacia i seni, Raffaella geme senza ritegno.
«Se vai avanti così squirto...» ansima, «...scopami più forte... sì... lì... proprio lì... sto venendo!»
La guardo perdersi, il corpo che si tende e si inarca, i suoi umori che mi bagnano le cosce.
È un'esplosione, un inno alla carne.
E non è che l'inizio.
La notte è lunga davvero.
Mi sdraio accanto a loro, esausto ma ancora eccitato, mentre le mani di Irene mi scorrono sul petto e Raffaella si volta e mi bacia con dolcezza. I suoi ricci neri mi solleticano la pelle, la sua pelle profuma di sesso, di libertà, di notte.
Un pensiero mi attraversa la mente, fugace ma tagliente: Massi.
È un mio amico, uno vero. Di quelli con cui ci si può fidare.
E io sto affondando dentro sua moglie, le ho succhiato ogni stilla di piacere, gliel’ho fatta urlare e squirtare fino allo sfinimento.
Forse dovrei vergognarmi.
Ma al cazzo non si comanda.
Raffaella si stende su di me, mi guarda sorridendo:
«Se vai avanti così... mi scolo tutta un'altra volta, lo sai vero?»
Irene ride, si infila sotto le lenzuola e comincia a baciarmi i fianchi.
«Stanotte non finisce più» sussurra.
E io mi abbandono.
Senza più nessun pensiero, se non il sapore della carne e l’odore della loro pelle.
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