“Confessioni condivise” - Capitolo 17
di
penna
genere
confessioni
Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Quelle due settimane di riposo per Loretta e Mauro erano state agitate dal fine settimana condiviso con Carlo. Intenso e carico di complicità. Tutto tra loro sembrava essersi addensato in qualcosa di stabile. Non più un gioco, né un’eccezione estiva. Era diventata una forma, una possibile esistenza.
L’ultima domenica di agosto i tre si ritrovarono nella villetta della coppia per condividere un pranzo. Il sole si insinuava tra le tende leggere, disegnando onde di luce sul parquet lucido del soggiorno. L’aria era ferma, tiepida, ma intrisa dalle loro risate. Loretta, in abito leggero color crema, era seduta sul bracciolo del divano, le gambe accavallate con naturale eleganza. Mauro, rilassato, occupava la poltrona accanto, mentre Carlo, a torso nudo, si era appoggiato alla parete con una disinvoltura che ormai apparteneva a quel nuovo equilibrio a tre.
Loretta li osservava, i suoi uomini. Il marito - il compagno di una vita - con lo sguardo sereno e aperto, e Carlo, il catalizzatore del loro desiderio, così presente, così deciso. Il silenzio tra loro non era vuoto: era attesa.
«Sapete una cosa?» disse lei, rompendo l’aria come una lama immersa in miele. «C'è una cosa che non riesco a togliermi dalla testa.»
Carlo si voltò, le sopracciglia leggermente sollevate.
Mauro sorrise appena. «Parla, amore.»
Loretta si alzò lentamente, accarezzandosi il braccio come a scaldarsi da dentro. Fece qualche passo verso il centro della stanza. Poi si voltò, lo sguardo fermo su Carlo. «Voglio rivedere Mauro… godere di te.»
Un lampo attraversò lo sguardo di Carlo, mentre Mauro, pur mantenendo il sorriso, deglutì piano. Loretta avanzò ancora, più vicina a Carlo questa volta. «Voglio che lo possiedi. Ancora. Voglio guardarlo mentre si arrende al tuo piacere. Non per sottomissione… ma per dono. Per me.»
Carlo non rispose subito. Solo si avvicinò a Mauro, con passo sicuro, fino a stargli davanti, prima di porgergli l’indice alle labbra. «Tu lo vuoi?» chiese piano.
Mauro lo guardò a lungo, poi prese in bocca quel dito. Tranquillo si alzò in piedi. «Se lei lo desidera, non c'è nulla che voglio di più.»
Loretta si sedette sulla poltrona dove prima stava Mauro. Il sole ormai le disegnava il viso con riflessi d’ambra. «Mostramelo», ordinò. Con voce lenta, ma piena.
Carlo prese per mano Mauro e lo condusse verso il centro del tappeto. Gli fece cenno di inginocchiarsi. Lo fece con un gesto fluido, quasi solenne. Il corpo di Mauro tremava appena, ma non di paura: era eccitazione trattenuta. Una tensione pura.
Carlo si chinò su di lui, gli accarezzò il viso. «Stai per offrire te stesso non solo a me, ma a lei. Guarda come ti osserva.»
Loretta era immobile, lo sguardo incantato. Non si toccava, non parlava. Ma ogni fibra del suo corpo era tesa verso quel momento. Desiderava vedere Mauro perdersi, lasciarsi andare fino a non appartenersi più. Ma adesso… voleva di più: voleva vederlo posseduto da un altro uomo.
Carlo iniziò a spogliarlo, lentamente. La camicia slacciata un bottone alla volta. Le mani forti, sicure. Quando la gabbia fu visibile, brillò alla luce del pomeriggio come un gioiello sacro. Carlo lo accarezzò sopra, come si fa con un oggetto prezioso. «Ancora lì», disse. «Fedeltà e desiderio, nella stessa gabbia.»
Sentendo questa frase Mauro si abbassò e prese Carlo in bocca con decisione, allungando la lingua, tenendosi ai suoi fianchi. Carlo ansimava, gli occhi chiusi e le mani sul suo capo. Loretta, osservandoli, provava un senso di completezza feroce: stava vedendo il suo uomo, l’uomo di una vita, ai piedi di un altro maschio… per lei. Mauro si abbandonava al ritmo dettato da Carlo, il capo costretto, le mani tese, il respiro soffocato. Carlo portò Mauro al limite, poi si fermò. Lo sollevò con le mani sulle spalle. «Voglio che tu venga. Ma sotto il mio tocco, come un dono.» E così fu.
Con lentezza gli sfilò la gabbia. Mauro sospirò, un gemito appena. Il membro di Mauro, liberato, ora cresceva, vivo, sensibile.
Carlo intensificò i movimenti, ora più profondi, ora più lenti, giocando, calibrando, come se il piacere fosse uno strumento da accordare a dovere. Ogni tanto alzava lo sguardo verso Loretta, con uno sguardo da predatore: “Guarda come lo trasformo per te.”
E Loretta… non poteva distogliere lo sguardo. Si allentò le spalline del vestito, facendolo scivolare sotto i seni nudi. Un solo tocco tra le gambe, lieve, bastò a innescare un’ondata calda che le bruciava dentro. Ma si trattenne. Quello era il loro momento. E lei, la spettatrice, la regina, non voleva rubarlo.
Una mano stretta sul membro duro, l’altra sulla nuca di Mauro, lo tenne fermo mentre con movimenti sapienti, decisi, lo portò all’orgasmo. Il corpo di Mauro si scosse, un suono profondo gli uscì dalla gola, un misto di liberazione e gratitudine.
Loretta si alzò in silenzio, nuda. Si avvicinò a loro toccandoli.
«Era questo che volevi vedere?» sussurrò Mauro, la voce roca.
Loretta, gli baciò la fronte. «Era questo che avevo bisogno di sapere: che puoi amarmi anche così. Che puoi amarti anche così.»
Carlo li guardava, i respiri rallentati, il corpo teso, ma il cuore placato.
Si baciarono reciprocamente. I movimenti si fecero morbidi, essenziali, senza urgenza. Era forse davvero l’amore a guidarli, non il desiderio. Le carezze avevano la lentezza di chi si sceglie.
«Io voglio continuare così,» disse Loretta, guardando entrambi. «Con libertà, ma anche con chiarezza. Voglio che ognuno di noi abbia uno spazio, ma che non ci sia dubbio sul chi siamo. Non è più un triangolo peccaminoso. È un equilibrio di piacere assoluto.»
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Quelle due settimane di riposo per Loretta e Mauro erano state agitate dal fine settimana condiviso con Carlo. Intenso e carico di complicità. Tutto tra loro sembrava essersi addensato in qualcosa di stabile. Non più un gioco, né un’eccezione estiva. Era diventata una forma, una possibile esistenza.
L’ultima domenica di agosto i tre si ritrovarono nella villetta della coppia per condividere un pranzo. Il sole si insinuava tra le tende leggere, disegnando onde di luce sul parquet lucido del soggiorno. L’aria era ferma, tiepida, ma intrisa dalle loro risate. Loretta, in abito leggero color crema, era seduta sul bracciolo del divano, le gambe accavallate con naturale eleganza. Mauro, rilassato, occupava la poltrona accanto, mentre Carlo, a torso nudo, si era appoggiato alla parete con una disinvoltura che ormai apparteneva a quel nuovo equilibrio a tre.
Loretta li osservava, i suoi uomini. Il marito - il compagno di una vita - con lo sguardo sereno e aperto, e Carlo, il catalizzatore del loro desiderio, così presente, così deciso. Il silenzio tra loro non era vuoto: era attesa.
«Sapete una cosa?» disse lei, rompendo l’aria come una lama immersa in miele. «C'è una cosa che non riesco a togliermi dalla testa.»
Carlo si voltò, le sopracciglia leggermente sollevate.
Mauro sorrise appena. «Parla, amore.»
Loretta si alzò lentamente, accarezzandosi il braccio come a scaldarsi da dentro. Fece qualche passo verso il centro della stanza. Poi si voltò, lo sguardo fermo su Carlo. «Voglio rivedere Mauro… godere di te.»
Un lampo attraversò lo sguardo di Carlo, mentre Mauro, pur mantenendo il sorriso, deglutì piano. Loretta avanzò ancora, più vicina a Carlo questa volta. «Voglio che lo possiedi. Ancora. Voglio guardarlo mentre si arrende al tuo piacere. Non per sottomissione… ma per dono. Per me.»
Carlo non rispose subito. Solo si avvicinò a Mauro, con passo sicuro, fino a stargli davanti, prima di porgergli l’indice alle labbra. «Tu lo vuoi?» chiese piano.
Mauro lo guardò a lungo, poi prese in bocca quel dito. Tranquillo si alzò in piedi. «Se lei lo desidera, non c'è nulla che voglio di più.»
Loretta si sedette sulla poltrona dove prima stava Mauro. Il sole ormai le disegnava il viso con riflessi d’ambra. «Mostramelo», ordinò. Con voce lenta, ma piena.
Carlo prese per mano Mauro e lo condusse verso il centro del tappeto. Gli fece cenno di inginocchiarsi. Lo fece con un gesto fluido, quasi solenne. Il corpo di Mauro tremava appena, ma non di paura: era eccitazione trattenuta. Una tensione pura.
Carlo si chinò su di lui, gli accarezzò il viso. «Stai per offrire te stesso non solo a me, ma a lei. Guarda come ti osserva.»
Loretta era immobile, lo sguardo incantato. Non si toccava, non parlava. Ma ogni fibra del suo corpo era tesa verso quel momento. Desiderava vedere Mauro perdersi, lasciarsi andare fino a non appartenersi più. Ma adesso… voleva di più: voleva vederlo posseduto da un altro uomo.
Carlo iniziò a spogliarlo, lentamente. La camicia slacciata un bottone alla volta. Le mani forti, sicure. Quando la gabbia fu visibile, brillò alla luce del pomeriggio come un gioiello sacro. Carlo lo accarezzò sopra, come si fa con un oggetto prezioso. «Ancora lì», disse. «Fedeltà e desiderio, nella stessa gabbia.»
Sentendo questa frase Mauro si abbassò e prese Carlo in bocca con decisione, allungando la lingua, tenendosi ai suoi fianchi. Carlo ansimava, gli occhi chiusi e le mani sul suo capo. Loretta, osservandoli, provava un senso di completezza feroce: stava vedendo il suo uomo, l’uomo di una vita, ai piedi di un altro maschio… per lei. Mauro si abbandonava al ritmo dettato da Carlo, il capo costretto, le mani tese, il respiro soffocato. Carlo portò Mauro al limite, poi si fermò. Lo sollevò con le mani sulle spalle. «Voglio che tu venga. Ma sotto il mio tocco, come un dono.» E così fu.
Con lentezza gli sfilò la gabbia. Mauro sospirò, un gemito appena. Il membro di Mauro, liberato, ora cresceva, vivo, sensibile.
Carlo intensificò i movimenti, ora più profondi, ora più lenti, giocando, calibrando, come se il piacere fosse uno strumento da accordare a dovere. Ogni tanto alzava lo sguardo verso Loretta, con uno sguardo da predatore: “Guarda come lo trasformo per te.”
E Loretta… non poteva distogliere lo sguardo. Si allentò le spalline del vestito, facendolo scivolare sotto i seni nudi. Un solo tocco tra le gambe, lieve, bastò a innescare un’ondata calda che le bruciava dentro. Ma si trattenne. Quello era il loro momento. E lei, la spettatrice, la regina, non voleva rubarlo.
Una mano stretta sul membro duro, l’altra sulla nuca di Mauro, lo tenne fermo mentre con movimenti sapienti, decisi, lo portò all’orgasmo. Il corpo di Mauro si scosse, un suono profondo gli uscì dalla gola, un misto di liberazione e gratitudine.
Loretta si alzò in silenzio, nuda. Si avvicinò a loro toccandoli.
«Era questo che volevi vedere?» sussurrò Mauro, la voce roca.
Loretta, gli baciò la fronte. «Era questo che avevo bisogno di sapere: che puoi amarmi anche così. Che puoi amarti anche così.»
Carlo li guardava, i respiri rallentati, il corpo teso, ma il cuore placato.
Si baciarono reciprocamente. I movimenti si fecero morbidi, essenziali, senza urgenza. Era forse davvero l’amore a guidarli, non il desiderio. Le carezze avevano la lentezza di chi si sceglie.
«Io voglio continuare così,» disse Loretta, guardando entrambi. «Con libertà, ma anche con chiarezza. Voglio che ognuno di noi abbia uno spazio, ma che non ci sia dubbio sul chi siamo. Non è più un triangolo peccaminoso. È un equilibrio di piacere assoluto.»
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