“Femminilità espressa” – Capitolo 45

di
genere
confessioni

Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
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Quella domenica pomeriggio di inizio febbraio entrò nella villetta come un soffio d’oro: la luce filtrava dalle tende leggere, disegnando strisce calde sul pavimento di legno. L’aria aveva quella qualità sospesa che appartiene ai giorni senza impegni, quando il tempo sembra piegarsi al piacere di un presente lento.
Sul tavolo, una macchina fotografica era appoggiata a fianco a un obiettivo aggiuntivo. Loretta aveva preparato il tutto.
Quando Mauro entrò in salotto, con la naturalezza di chi non sospetta sorprese, trovò Loretta e Carlo abbracciati in una coccola con quel sorriso che sa mescolare complicità e una punta di malizia.
«Ho rivisto le foto dell’altra sera» disse Loretta avvicinandosi.
«Erano bellissime. Hai un occhio esperto che...»
Le sue parole erano un complimento che calava lentamente come una mano calda sulla nuca di qualcuno. Mauro se ne compiacque. Ma quella domenica la lente sarebbe stata usata per un gioco diverso.
«Vorrei provare qualcosa,» annunciò Loretta, con la decisione morbida di un invito al ballo.
«Ti sei divertito a guardarci e fotografarci per il tuo piacere, ma oggi voglio che mostriamo anche te. E non come testimone: come soggetto.»
Carlo aggiunse, con voce calma: «E se ti va, vogliamo anche provare a capovolgere i generi.»
Mauro li guardò, incerto. Poi, nello specchio riflesso dall’altra parte della stanza, osservò se stesso: l’uomo che spesso teneva l’obiettivo, l’uomo che in quelle settimane aveva imparato a mettere in crisi la propria posizione di spettatore. Sentì una curiosità farsi strada, una curiosità che aveva il sapore dell’avventura.
Loretta lo prese per mano e lo portò in camera. Sul letto una borsa con abiti scelti con cura. Non c’era fretta. C’erano risate trattenute e parole di guida: «Prova questo», «No, il reggiseno fa così», «I tacchi stai attento, cammina piano».
Carlo osservava, talvolta scattando con lo smartphone una foto rubata di quel prepararsi, talvolta aiutando Mauro con un gancio o un lacciolo.
Il gesto di spogliarlo non era una messa in scena di umiliazione, ma un atto di fiducia condivisa: ogni stoffa che veniva scelta, ogni dettaglio che veniva sistemato era accompagnato da un consenso chiaro, da un sorriso, da una parola che chiedeva sempre, «Se vuoi, lo facciamo; se no, fermiamoci».
Quando Mauro si trovò tra le mani il primo paio di calze di nylon, sentì una strana leggerezza attraversarlo. Indossare quegli indumenti lo cambiò non sulle parti che il mondo vedeva, ma nel modo in cui si muoveva: le spalle si raddrizzarono, il passo divenne misurato, la voce scese un poco, come se anche il tono dovesse adattarsi al nuovo costume.
Non era imbarazzo soverchiante, era una scoperta di se stesso in un perimetro sicuro.
Loretta lo guardava con gli occhi di chi apprezza la scena prima ancora del contenuto; Carlo gli stava vicino, mani pazienti e occhi attenti.
Il primo paio di tacchi fu una rivelazione: Mauro barcollò, poi rise. Una risata che aveva il sapore del sorprendersi. Camminare su quelle altezze era una coreografia di equilibrio e decisione.
Loretta lo guidò, suggerendo piccole pose davanti allo specchio, invitandolo a giocare con gli sguardi: uno verso Carlo, poi verso lei, infine diretto alla lente della macchina.
Carlo, ora dietro il mirino della macchina fotografica, diede indicazioni come un regista d’affetto: inclinati appena, gira la testa così, lascia che la luce prenda il profilo. Ogni click era un battito che fissava il mutamento.
La dinamica che si instaurò fu di una sensualità dolce e intensa: Mauro, da osservatore, diventava corpo esposto eppure protetto; Loretta e Carlo, che fino ad allora avevano spesso alternato i ruoli, si trasformavano in guide e ammiratori.
Non c’era spettacolo per altri occhi — solo la stanza che ascoltava — e proprio questo intimismo rendeva tutto più elettrico. Le pose spaziarono dal gioco frivolo a istanti più profondi: un abbraccio che somigliava a protezione, un sorriso che conteneva gratitudine, un gesto leggero di Loretta che aggiustava un perizoma sul fianco di Mauro con la cura di chi sistema un tesoro.
A un certo punto, Carlo chiese di scambiare i ruoli: Loretta prese la macchina e cominciò a fotografare Mauro con uno sguardo diverso, più esplorativo. Era sorprendente per tutti sentire come l’obiettivo cambiava in base a chi lo impugnava.
Loretta cercava la narrazione, il momento dove il corpo racconta qualcosa che la parola non ha il coraggio di dire. Mauro, sotto quel doppio sguardo, si sciolse. Si scoprì a piacergli l’essere osservato in quelle pose che, pur giocose, toccavano un fondo di erotismo pronto ad uscire.
Si alternarono pose leggere e scatti più istintivi. Qualche istante fu accompagnato da piccole effusioni tra Carlo e Mauro: una mano che scivolava sul sedere, un bacio sulla bocca siglato con la lingua, un respiro condiviso prima che la macchina tornasse a catturare il frame successivo. Erano la naturale conseguenza di una complicità che si era estesa per includere la sessualità e le fantasie inespresse di Mauro.
Sotto la guida di Carlo, che gli aveva completato l’outfit, Mauro indossava tacchi in vernice nera, alti e lucidi; calze di nylon sottili e semitrasparenti, con una cucitura che scendeva morbida fino all’attaccatura della coscia; un perizoma minimale in pizzo sottile e un reggiseno a balconcino coordinato, con ferretto e spalline sottili, che disegnava il décolleté con eleganza.
Il fisico di Mauro non era certo l’ideale per esaltare quell’abbigliamento, ma la sua emotività si era fatta femminile, e Carlo lo percepì. Non passò infatti molto tempo prima che Mauro, silenzioso in ginocchio, iniziasse a dare piacere a Carlo con la bocca, sotto l’obiettivo di Loretta che scattava.
Quando, alla fine, si stesero sul tappeto non c’era giudizio, soltanto meraviglia: Mauro vedeva il proprio sguardo restituito come un oggetto nuovo, Loretta trovava nella serie un racconto che ampliava il loro gioco, e Carlo sorrideva con quell’aria di chi aveva contribuito a creare una rivelazione. Le foto non erano il frutto di una mera provocazione, ma piccole reliquie di un pomeriggio in cui i ruoli si erano mossi e rimescolati, arricchendoli.
Loretta si appoggiò a Mauro, e lui, con i tacchi ancora ai piedi, sentì che qualcosa dentro di sé si era allargato: la vulnerabilità si era trasformata in gioco, il gioco in intimità.
«Hai un lato femminile estremamente eccitante. Dobbiamo farti giocare ancora così!» Disse Carlo accarezzandogli il viso. «Cosa ne pensi?».
Mauro, appagato, rispose con gli occhi.
«Creeremo altre occasioni». Aggiunse Loretta.
di
scritto il
2025-09-05
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