“Club Privè N.2” – Capitolo 54
di
penna
genere
confessioni
Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Vi invito a lasciare un commento oppure a scrivermi in privato.
L’atmosfera del club si era fatta più densa, quasi palpabile. La musica soffusa vibrava insieme ai sospiri e alle risate che arrivavano da ogni angolo. Le coppie si intrecciavano nei divani, e il languore collettivo rendeva tutto più elettrico.
Mauro, ancora seduto accanto a Loretta, non sapeva bene dove posare lo sguardo. Il suo abito stretto gli aderiva al corpo e sotto la stoffa le autoreggenti lo stringevano con una dolce prigionia. Ogni movimento gli ricordava chi era diventato.
Fu allora che si avvicinarono due ragazzi, giovani e attraenti, dall’aria sicura e provocante. Indossavano camicie sbottonate e sorrisi insolenti. Uno di loro fissò Mauro a lungo, senza imbarazzo.
«Interessante…» disse con voce bassa, rivolgendosi a Carlo e Loretta. «Posso?»
Carlo sorrise, quasi orgoglioso. «È qui per questo. Ma sappi che è nostro.»
Loretta appoggiò la mano sulla coscia di Mauro, stringendola piano. «Sta a lui accettare.»
Mauro esitò, guardò i due uomini, poi Loretta e Carlo. Vide in loro non un ordine, ma un invito, un sostegno. Il cuore gli martellava, ma annuì piano, mordendosi il labbro.
I due ragazzi lo condussero verso un’area più appartata, ma non chiusa: un divano morbido, dove chiunque poteva vedere. Loretta e Carlo li seguirono, rimanendo però un passo indietro.
Seduto lì, Mauro si sentiva come esposto in vetrina. I due iniziarono a toccarlo con naturalezza, accarezzando le gambe coperte dalle calze, sfiorando il collo, tirandolo dolcemente per i capelli. Le mani erano decise, eppure giocose.
«È bellissimo così,» mormorò uno di loro, ridendo con l’altro. «Un uomo che sa stare al suo posto.»
Mauro rabbrividì. Non era più solo travestito: era ridotto a oggetto di piacere, sotto lo sguardo di tutti. Ogni carezza, ogni tocco lo eccitava e lo umiliava allo stesso tempo.
Loretta, osservandolo, posò la testa sulla spalla di Carlo. «Lo vedi? È nostro, ma riesce a dare piacere anche ad altri. È perfetto.»
Carlo annuì, stringendola a sé. «Così deve essere: sottomesso, ma desiderato.»
I due ragazzi presero a guidarlo con gesti più espliciti: lo fecero inginocchiare davanti a loro, lo obbligarono a chinare il capo. Mauro sentì il calore del divano sotto le ginocchia, il tessuto dell’abito che tirava sul suo corpo, il collare che gli stringeva la gola come a ricordargli la sua appartenenza.
Ogni tanto, si voltava di lato e incrociava gli occhi della moglie. Lei sorrideva, accarezzando il petto di Carlo, mentre si lasciava baciare con passione e toccare tra le gambe. Non distoglieva mai lo sguardo, come a voler imprimere in lui quell’immagine: la sua donna che godeva, mentre lui si offriva ad altri.
La scena diventò più esplicita. I due giovani guidavano ogni gesto di Mauro con naturale dominio, mentre intorno le altre coppie osservavano, divertite o eccitate. L’umiliazione si trasformava in un brivido continuo, e la sua eccitazione cresceva nonostante tutto.
Loretta, sempre più presa dall’abbraccio di Carlo, sospirò: «Guarda come si lascia andare. Non avrei mai creduto potesse arrivare a questo punto.»
Carlo sorrise, baciandola sul collo. «È la nostra bambolina.»
Quando finalmente i due ragazzi si allontanarono, salutando con un sorriso complice, Mauro restò lì, tremante e sudato, ancora inginocchiato. Non osava rialzarsi.
Loretta e Carlo si avvicinarono.
Fu Carlo a prenderlo per il mento e sollevargli il viso. «Sei stato bravo.»
Loretta, invece, si chinò e gli sfiorò le labbra col pollice, attenta nel ricomporgli il trucco che si era sbavato durante il doppio rapporto orale avuto . «Eri bellissimo, amore. Mi hai fatta eccitare come mai prima.»
Quelle parole furono per Mauro più forti di qualsiasi gesto.
Sentì il cuore battere all’impazzata: nonostante la vergogna, nonostante l’umiliazione, era orgoglioso. Orgoglioso di appartenere a loro, di vivere il loro piacere attraverso la sua sottomissione.
Seduto tra le loro gambe, mentre Carlo e Loretta si scambiavano ancora baci appassionati sopra di lui, Mauro capì che non c’era più ritorno.
Non era solo un gioco.
Era diventato la sua nuova identità: essere sottomesso alla coppia, la pedina del loro desiderio, l’oggetto del loro piacere.
E più lo accettava, più si sentiva libero.
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L’atmosfera del club si era fatta più densa, quasi palpabile. La musica soffusa vibrava insieme ai sospiri e alle risate che arrivavano da ogni angolo. Le coppie si intrecciavano nei divani, e il languore collettivo rendeva tutto più elettrico.
Mauro, ancora seduto accanto a Loretta, non sapeva bene dove posare lo sguardo. Il suo abito stretto gli aderiva al corpo e sotto la stoffa le autoreggenti lo stringevano con una dolce prigionia. Ogni movimento gli ricordava chi era diventato.
Fu allora che si avvicinarono due ragazzi, giovani e attraenti, dall’aria sicura e provocante. Indossavano camicie sbottonate e sorrisi insolenti. Uno di loro fissò Mauro a lungo, senza imbarazzo.
«Interessante…» disse con voce bassa, rivolgendosi a Carlo e Loretta. «Posso?»
Carlo sorrise, quasi orgoglioso. «È qui per questo. Ma sappi che è nostro.»
Loretta appoggiò la mano sulla coscia di Mauro, stringendola piano. «Sta a lui accettare.»
Mauro esitò, guardò i due uomini, poi Loretta e Carlo. Vide in loro non un ordine, ma un invito, un sostegno. Il cuore gli martellava, ma annuì piano, mordendosi il labbro.
I due ragazzi lo condussero verso un’area più appartata, ma non chiusa: un divano morbido, dove chiunque poteva vedere. Loretta e Carlo li seguirono, rimanendo però un passo indietro.
Seduto lì, Mauro si sentiva come esposto in vetrina. I due iniziarono a toccarlo con naturalezza, accarezzando le gambe coperte dalle calze, sfiorando il collo, tirandolo dolcemente per i capelli. Le mani erano decise, eppure giocose.
«È bellissimo così,» mormorò uno di loro, ridendo con l’altro. «Un uomo che sa stare al suo posto.»
Mauro rabbrividì. Non era più solo travestito: era ridotto a oggetto di piacere, sotto lo sguardo di tutti. Ogni carezza, ogni tocco lo eccitava e lo umiliava allo stesso tempo.
Loretta, osservandolo, posò la testa sulla spalla di Carlo. «Lo vedi? È nostro, ma riesce a dare piacere anche ad altri. È perfetto.»
Carlo annuì, stringendola a sé. «Così deve essere: sottomesso, ma desiderato.»
I due ragazzi presero a guidarlo con gesti più espliciti: lo fecero inginocchiare davanti a loro, lo obbligarono a chinare il capo. Mauro sentì il calore del divano sotto le ginocchia, il tessuto dell’abito che tirava sul suo corpo, il collare che gli stringeva la gola come a ricordargli la sua appartenenza.
Ogni tanto, si voltava di lato e incrociava gli occhi della moglie. Lei sorrideva, accarezzando il petto di Carlo, mentre si lasciava baciare con passione e toccare tra le gambe. Non distoglieva mai lo sguardo, come a voler imprimere in lui quell’immagine: la sua donna che godeva, mentre lui si offriva ad altri.
La scena diventò più esplicita. I due giovani guidavano ogni gesto di Mauro con naturale dominio, mentre intorno le altre coppie osservavano, divertite o eccitate. L’umiliazione si trasformava in un brivido continuo, e la sua eccitazione cresceva nonostante tutto.
Loretta, sempre più presa dall’abbraccio di Carlo, sospirò: «Guarda come si lascia andare. Non avrei mai creduto potesse arrivare a questo punto.»
Carlo sorrise, baciandola sul collo. «È la nostra bambolina.»
Quando finalmente i due ragazzi si allontanarono, salutando con un sorriso complice, Mauro restò lì, tremante e sudato, ancora inginocchiato. Non osava rialzarsi.
Loretta e Carlo si avvicinarono.
Fu Carlo a prenderlo per il mento e sollevargli il viso. «Sei stato bravo.»
Loretta, invece, si chinò e gli sfiorò le labbra col pollice, attenta nel ricomporgli il trucco che si era sbavato durante il doppio rapporto orale avuto . «Eri bellissimo, amore. Mi hai fatta eccitare come mai prima.»
Quelle parole furono per Mauro più forti di qualsiasi gesto.
Sentì il cuore battere all’impazzata: nonostante la vergogna, nonostante l’umiliazione, era orgoglioso. Orgoglioso di appartenere a loro, di vivere il loro piacere attraverso la sua sottomissione.
Seduto tra le loro gambe, mentre Carlo e Loretta si scambiavano ancora baci appassionati sopra di lui, Mauro capì che non c’era più ritorno.
Non era solo un gioco.
Era diventato la sua nuova identità: essere sottomesso alla coppia, la pedina del loro desiderio, l’oggetto del loro piacere.
E più lo accettava, più si sentiva libero.
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