Specchio, desiderio. Seconda parte

di
genere
confessioni

Resto seduto sul divano, ancora leggermente scosso, mentre nell’aria aleggia il profumo della sua pelle e la memoria recente del piacere.
Chiudo gli occhi per un istante. Respiro. E nei miei pensieri si fa strada un’emozione che non ha niente di carnale: è la consapevolezza.
Mi sento fortunato.
Fortunato a vivere tutto questo, qui e ora, con lei. Dopo tutto quello che ho attraversato, dopo anni di silenzi e vuoti, dopo giornate fatte di impegni e serate senza niente.
Dopo il dolore di una perdita che avevo creduto potesse spegnere ogni desiderio.
E invece eccomi qui.
Con Serena.
Con una donna vera. Una presenza piena, luminosa, viva.
Una donna che non ha cercato di sedurmi con l’evidenza, ma che ha fatto breccia nel mio mondo con sguardi, gesti sottili, sorrisi discreti ma pieni.
Penso a tutte le paranoie, ai timori di prima… e sorrido.
Temevo di ricevere un due di picche, di essermi inventato i suoi segnali. E invece no.
Mi ha aperto una porta, in tutti i sensi.
Prima quella del suo cuore, infine quella di casa sua.
E ora, nel silenzio che segue il desiderio consumato, dopo tanto tempo, davvero vivo.

Mi alzo lentamente dal divano, sento ancora il corpo pesante e il cuore colmo. La casa è silenziosa, la porta del bagno è socchiusa e la luce calda filtra appena nel corridoio.
Mi avvicino.
Serena è davanti allo specchio, ha appena finito di sciacquarsi. I capelli un po’ arruffati, le spalle nude, il volto rilassato. Si accorge della mia presenza attraverso il riflesso e mi sorride. È un sorriso complice, pulito, pieno di quella gioia discreta che solo chi si è appena concesso qualcosa di vero sa regalare.
-Facciamo una doccia?- mi chiede, passandosi l’asciugamano sulle mani con una naturalezza disarmante.
Annuisco.
-Ne ho proprio bisogno-
Lei ride, accende l’acqua e la lascia scorrere un momento.
Mi spoglio nudo, e lei fa altrettanto precedendomi nel box doccia.
Quando entriamo, il vapore ci avvolge subito.
I vetri iniziano ad appannarsi, il rumore dell’acqua calda che cade sulle piastrelle diventa la nuova colonna sonora dei nostri respiri.
Siamo nudi, ma questa volta non c'è urgenza.
Le mani si cercano con calma. Le mie scivolano sulle sue spalle, poi sulla schiena bagnata, scendono piano sui fianchi. Il suo corpo è un invito continuo, ogni curva sembra disegnata per essere accarezzata.
I suoi baci iniziano sul mio petto, leggeri, umidi.
Le mie labbra invece tornano sul suo collo, la parte che preferisco, quella che la fa rabbrividire.
La sento chiudere gli occhi, inclinare leggermente la testa per offrirmi più pelle.
Le mie dita sfiorano le sue cosce e risalgono lente.
Anche le sue mani scendono lungo il mio ventre e mi trovano già pronto, di nuovo.
In lei non c’è alcuna sorpresa, solo un sorriso che si apre tra le gocce d’acqua.
La doccia si trasforma in un altro inizio. Non c’è furia, stavolta.
Solo lenti tocchi, sguardi caldi, e la certezza che la passione non ci ha lasciati, ma è ancora qui. Silenziosa, potente.

L’acqua calda scorre lungo i nostri corpi come un velo liquido, morbido, continuo. I vetri della doccia sono appannati, la luce soffusa del bagno filtra appena. Serena mi guarda negli occhi, appoggia le mani sul mio petto come a ritrovare un centro, un equilibrio. Ma lo perde subito.
-Non ero mai…- sussurra con un filo di voce, lasciando il pensiero a metà.
La stringo con dolcezza, baciandole il mento e poi la curva del collo.
Non serve che finisca la frase: capisco che per lei è la prima volta in quella posizione, in quell'intimità verticale fatta di pelle, forza e abbandono.
Mi muovo con attenzione. Le mie mani la guidano con rispetto, allargandole le gambe con cura, muovendomi piano.
Lei si lascia andare contro il muro della doccia, le braccia sulle mie spalle, il corpo piccolo rispetto al mio, minuto e leggero tra le mie mani.
Avverto il suo respiro cambiare, più profondo, più acceso.
L’acqua che cade accompagna i nostri movimenti come un metronomo dolce.
Piego leggermente le ginocchia così da appoggiare la cappella sul suo clitoride, poi inizio facendolo scorrere fra le sue labbra che si schiudono, in attesa della mia eccitazione.
Ogni sfioramento si trasforma in una promessa, ogni bacio diventa una carezza che lascia il segno.
Quando la stringo un po’ di più, quando le mani le accarezzano la schiena fino a raggiungere la curva dei fianchi, lei solleva appena il volto e i suoi occhi dicono tutto: è pronta.
La sollevo piano, con naturalezza. Le sue gambe si chiudono intorno alla mia vita.
Il suo corpo si adatta al mio, come se l’avesse sempre saputo fare.
Un respiro più forte, ed inizio la penetrazione, il suo viso si contrae in una smorfia di dolore. Mi muovo piano, mi rendo conto che le sto facendo male, geme a denti stretti, ma so anche che poi le passa. Alcuni colpi, sempre meno dolorosi e poi il silenzio rotto dal ritmo crescente dei nostri sospiri.
Serena stringe gli occhi. Mi affonda la fronte sulla spalla, si aggrappa alla mia nuca.
Il calore dell’acqua si confonde con il calore della pelle, mentre lei si lascia attraversare da me, completamente, intensamente.
-È... magnifico, non fermarti- mormora, quasi sorpresa, quasi incredula.
E io, nel sentirla così, così viva, così coinvolta, mi sento invadere da una tenerezza potente, più forte ancora del desiderio.
Quando il suo corpo inizia a tremare per la furia dell’orgasmo, la tengo stretta e l’accompagno fino in fondo, sentendola sciogliersi contro di me, in un respiro rotto e bellissimo che sa di pienezza, di resa e di fiducia.
Serena è ancora tra le mie braccia, appoggiata a me, il respiro che si placa piano.
Il calore dell’acqua continua a scivolare sui nostri corpi, come una carezza perpetua.
Io resto immobile, presente solo per lei, e lei lo sa.
Ma poi solleva il viso.
I suoi occhi, ancora leggermente appannati dal piacere, incontrano i miei. E qualcosa cambia.
Lo capisce subito, anche senza che io dica nulla.
Il mio corpo le parla: con un respiro irregolare, con la tensione che non si è sciolta del tutto.
Mi guarda con un’ombra di rimprovero dolce sulle labbra.
-E tu ?-
Non sembra una domanda.
-Non sapevo se potevo andar fino in fondo, così mi sono trattenuto- Sorrido appena, sfiorandole una guancia.
Lei sospira. Poi, con gesto teatrale, scuote la testa.

Le sue mani scivolano con lentezza lungo il mio petto, poi scendono, leggere, decise, bagnate come il resto di noi.
Le sue dita, delicate ma ferme, mi stringono il membro, mi guidano, mi accarezzano con attenzione.
Il rumore dell’acqua si mescola ai miei sospiri, mentre lei si prende cura di me come fosse un rituale.
Non c’è fretta. Solo presenza. Solo desiderio puro, senza bisogno di parole.
La sua grazia nel farlo è naturale, quasi sacra.
Io chiudo gli occhi, mi appoggio con entrambe le mani alla parete lei in mezzo circondata dal mio abbraccio come fosse mia prigioniera e mi lascio andare, mentre le sue mani mi portano lentamente verso il culmine che avevo trattenuto.
Quando mi lascio andare del tutto, quando la tensione si scioglie e l’onda mi attraversa, lei solleva il viso e mi guarda con un sorriso soddisfatto, tenero, felice.
L’acqua continua a scorrere su di noi, testimone discreta di una passione che ha saputo essere intensa, ma anche rispettosa, attenta.
Serena, si appoggia piano a me. Le nostre fronti si toccano.
Rimaniamo così, in silenzio, immersi in un’intimità profonda, nuda, reale.
E in quel momento non c’è più bisogno di niente. Solo della doccia calda, delle nostre mani, e di quel silenzio pieno che sa dire tutto.
di
scritto il
2025-07-28
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