Specchio, desiderio
di
Stemmy
genere
confessioni
Con una scusa banale si presenta nel mio ufficio, e il tempo sembra rallentare nell’istante in cui la vedo entrare. La porta si chiude alle sue spalle con un clic lieve, e il suono dei suoi tacchi sottili sul pavimento lucido scandisce i secondi con un ritmo che mi ipnotizza.
Bellissima e impeccabile come sempre, indossa un vestito color crema che le fascia i fianchi con discrezione, lasciando intuire una figura sinuosa sotto quel tessuto leggero e costoso. Un filo di perle sottili le accarezza la base del collo, richiamando lo sguardo proprio su quella pelle chiara e morbida che immagino vellutata al tatto.
Si muove con naturale eleganza, ma c’è qualcosa nel suo passo che tradisce una sicurezza profonda, un controllo che non è mai ostentato e che proprio per questo diventa irresistibile. Il suo profumo arriva prima delle sue parole: un accordo delicato di fiori bianchi e ambra, appena percettibile ma abbastanza intenso da lasciare un’eco intima intorno a me.
Si ferma davanti alla scrivania, appoggiando la borsa in pelle scura su un angolo. Le dita, lunghe e curate con uno smalto color nude, accarezzano distrattamente il bordo del telefono che tiene in mano, come se fosse un oggetto prezioso.
Mi chiede la cortesia personale di aiutarla con un messaggio ricevuto sul cellulare, che secondo lei è spam. La voce, bassa e leggermente roca, sembra quasi calibrata per restare tra noi due, come un segreto. So che non è il vero motivo della sua visita, e la consapevolezza mi accende un calore silenzioso sotto la pelle.
Non lascio scappare l’occasione. La osservo, con quella sua dolcezza studiata, i modi gentili e il sorriso che illumina gli occhi nocciola. Mi piace, mi piace tanto. Non è solo carina: è una di quelle donne che sembrano muoversi in un film, ogni gesto calibrato, ogni sguardo una promessa non detta.
I suoi capelli, di un biondo scuro profondo, sfiorano le spalle in onde morbide. Quando si china appena verso di me per porgermi il telefono, una ciocca scivola in avanti, sfiorandomi la mano per un istante. La seta dei suoi capelli emana un odore lieve, pulito, che mi stordisce più di qualsiasi parola.
E poi lo fa. Mentre le spiego che si tratta effettivamente di spam, noto quel gesto che mi resta inciso: si porta le dita tra i capelli, li raccoglie piano dietro l’orecchio con una lentezza che sembra studiata, facendo risaltare l’arco elegante del collo. Parla ancora, e mentre lo fa, le mani tornano a giocare con le ciocche, lasciandole ricadere sulla spalla nuda che il vestito, scivolando appena, ha lasciato intravedere per un attimo.
Quel movimento mi colpisce come un segnale luminoso. Ricordo quando, tempo fa, scherzando, le avevo detto che le donne, quando sono attratte da qualcuno, spesso finiscono per toccarsi i capelli più volte davanti a lui, come un messaggio silenzioso, un invito appena accennato.
Adesso quel messaggio è davanti a me, vivo, palpabile. E mi accorgo che sto trattenendo il respiro, ipnotizzato dal suo profilo perfetto, dalla morbidezza delle sue labbra e da quella luce nei suoi occhi che sembra dirmi molto più di quanto le sue parole osino fare.
Mentre lei continua a parlare, ogni suo gesto sembra studiato per insinuarsi sotto la mia pelle. Le sue dita che sfiorano i capelli, quel sorriso appena accennato, la piega morbida delle labbra quando pronuncia le parole… tutto in lei è una carezza lenta, e io mi ritrovo ad ascoltarla a metà, perché la mia mente sta già vagando altrove.
Sento un calore improvviso salirmi dal petto allo stomaco, e più in basso ancora, come se ogni segnale che mi sta inviando avesse trovato risposta diretta nel mio corpo. Cerco di restare composto, di mantenere un’espressione neutra, ma non riesco a controllare del tutto quello che sta accadendo: l’eccitazione mi travolge silenziosa, e sotto la scrivania sento l’evidenza fisica del mio desiderio che cresce, spingendo contro il tessuto dei pantaloni.
Un brivido mi percorre la schiena. Mi sposto appena sulla sedia, nel tentativo di nascondere quell’erezione improvvisa che non avevo previsto e che mi lascia in un misto di piacere e panico. Le mie mani, fino a un attimo prima rilassate, si stringono tra loro, e la gola mi si secca.
Mi sento improvvisamente vulnerabile, come se lei potesse vedere attraverso di me, come se quell’eccitazione fosse scritta a caratteri grandi sul mio volto. E infatti mi rendo conto che sto diventando rosso: sento il calore salire sulle guance, quella vampata che tradisce ciò che provo, che mi mette a nudo davanti a lei senza che lei abbia fatto nulla di esplicito.
Lei continua a parlare, ignara o forse perfettamente consapevole, e io annuisco, rispondendo con frasi brevi, cercando di sembrare concentrato mentre dentro di me un tumulto mi agita. È un imbarazzo dolce, misto a un desiderio che non avevo programmato, come se quella stanza all’improvviso fosse diventata troppo piccola per contenere entrambi.
Lei continua a parlare, ma a un certo punto si interrompe per un attimo, inclinando appena la testa. Forse nota come il mio sguardo diventi sfuggente, come io mi aggiusti in modo impacciato sulla sedia, come le mie mani vadano a posarsi sul grembo nel tentativo di celare quell’evidenza ingombrante.
Sento il suo sguardo indugiare su di me, analitico e curioso, come se stesse mettendo insieme i pezzi. E io, intrappolato in quell’istante, mi sento scoperto, nudo nelle mie sensazioni.
Le guance mi bruciano. Mi esce una risata breve e nervosa, nel tentativo di alleggerire il momento, ma lei non si lascia distrarre. C’è qualcosa nei suoi occhi azzurri, ora leggermente socchiusi, che tradisce un lampo di compiacimento, un piacere intimo nel constatare l’effetto che mi sta facendo.
Non c’è giudizio, anzi. C’è una scintilla nuova, quasi orgogliosa, come se quel segnale fisico che non sono riuscito a contenere fosse la conferma silenziosa di qualcosa che lei sperava.
Sistemando la borsa sulla spalla, mi sorride con calma, come se nulla fosse. Poi si avvicina di più alla mia scrivania. Il mio cuore accelera, mi sembra di sentire il sangue pulsare nelle tempie e nel basso ventre.
-Grazie davvero… sei stato gentilissimo- mormora, con quella voce velata che mi fa vibrare ogni nervo.
E prima che io possa formulare una risposta, si china appena verso di me, mi sfiora la guancia con un bacio lieve ma deciso, lasciando il calore delle sue labbra e un accenno di profumo proprio sotto il mio orecchio.
Mentre si ritrae, la sua mano, in un gesto che pare accidentale ma non lo è affatto, mi sfiora proprio lì, dove la tensione nei pantaloni è evidente. Non è un tocco brusco: è una carezza lenta, appena accennata, ma sufficiente a far tremare la mia compostezza. Sento la pressione leggera delle sue dita attraverso il tessuto, e la mia erezione pulsa ancora più forte, come risposta involontaria.
-A dopo- sussurra, quasi con malizia, mentre si volta per uscire.
La seguo con lo sguardo, il cuore martellante e il respiro corto, fino a quando la porta si chiude dolcemente dietro di lei. La sento scendere le scale, i tacchi che scandiscono la sua discesa verso il piano inferiore, verso il suo ufficio, lasciandomi solo con l’eco di ciò che è appena successo e con un desiderio che adesso brucia in silenzio, impossibile da ignorare.
Rimango solo nel mio ufficio, il silenzio si richiude attorno a me come una coperta improvvisa. L’eco dei suoi tacchi, ormai lontani, sembra ancora rimbombarmi nelle orecchie, mentre la mia mente corre veloce, rincorrendo immagini e sensazioni che Serena ha lasciato dietro di sé.
Mi passo una mano tra i capelli, respiro a fondo. Sento ancora addosso l’imbarazzo di quei minuti, la pelle che brucia sulle guance, il battito accelerato, la tensione nei pantaloni che a stento sono riuscito a mascherare. Eppure, insieme a tutto questo, cresce dentro di me una riflessione più profonda, più seria.
Serena non è una donna qualunque, e non è certo una di quelle che cercano soltanto un’avventura di una notte per riempire un vuoto. Lo si percepisce dai suoi modi, dal suo portamento elegante, da come pesa ogni parola e ogni gesto. Se davvero ha lasciato trapelare quell’interesse, se davvero mi ha sfiorato non solo con la mano ma con l’intenzione… allora non lo ha fatto per un gioco effimero.
Io lo sento chiaramente: dietro il suo sorriso, dietro a quel bacio leggero e a quella strusciata sul mio pantalone c’è qualcosa di più grande. Serena, se davvero mi sta scegliendo, non sta cercando un partner sessuale per saziare un capriccio, ma qualcuno con cui condividere la vita. Una donna così non si espone per poco.
Questo pensiero mi spiazza. Non è semplice desiderio quello che mi attraversa, è un intreccio più complesso di emozioni: un brivido, sì, ma anche un calore che va oltre il corpo e scende in un punto più profondo, dove da tempo non sentivo nulla muoversi.
E mentre fisso la porta chiusa, mi rendo conto di quanto lei sia diversa dalle altre colleghe che, in questi mesi, hanno cercato di avvicinarsi. Quelle attenzioni lusinghiere, quelle piccole seduzioni… Serena le supera tutte senza sforzo.
Lei è la mia preferita, senza dubbio. L’unica che, con un solo gesto, è riuscita a lasciarmi addosso questo miscuglio di eccitazione e speranza, questo improvviso bisogno di credere che, forse, la mia storia non sia finita qui.
Resto seduto ancora per qualche minuto, fissando il vuoto. Le dita tamburellano leggere sulla scrivania, un gesto nervoso che mi aiuta a tenere a bada il vortice di pensieri.
L’immagine di Serena che esce dal mio ufficio mi perseguita: quel sorriso accennato, il bacio sulla guancia, il tocco che mi ha incendiato i sensi… ma subito dopo, come un’ombra fredda, arriva il dubbio.
Quante volte, nella mia vita, mi sono illuso? Quante volte ho letto segnali che non c’erano, interpretato gentilezze come attenzioni speciali, per poi ritrovarmi con un due di picche in mano e un sorriso forzato sulle labbra?
Non le conto più. E ogni volta mi sono sentito piccolo, ingenuo, sciocco e molto imbarazzato.
Ecco perché adesso, con Serena, non voglio sbagliare. Non voglio precipitare in un entusiasmo cieco e poi svegliarmi umiliato, magari scoprendo che quella visita nel mio ufficio era davvero solo una scusa innocente per un aiuto tecnico.
Il rischio è alto. Ma il desiderio di capire è più forte.
Comincio allora a ragionare, a pensare a cosa potrei fare per avere la certezza, o almeno qualcosa di più concreto. Non voglio espormi troppo presto, non voglio fare una mossa avventata che potrebbe metterla a disagio o, peggio, chiudere per sempre ogni possibilità.
Forse dovrei partire con piccoli segnali anche io, studiare le sue reazioni.
Invitarla a un caffè, ma non in gruppo: solo noi due, fuori dall’orario di lavoro, con una scusa qualsiasi, qualcosa di leggero. Oppure potrei mandarle un messaggio, un pretesto per ringraziarla, per dirle che mi ha fatto piacere chiacchierare… e poi osservare se da parte sua arriva una risposta carica di quella stessa complicità che ho percepito oggi.
Mi scopro a sorridere tra me e me, quasi divertito da quanto mi stia agitando per una donna che, in fondo, conosco appena al di fuori delle mura di questo ufficio. Ma poi sento di nuovo quel brivido, e so che Serena non è una donna qualunque.
Devo solo trovare il modo giusto di avvicinarmi.
La penna che tengo tra le dita gira lentamente, mentre fisso il desktop del computer senza vederlo. Devo capire, ma senza rovinare tutto.
E così, piano piano, inizio a pensare al primo passo, a come farle sentire che io ci sono… e a come leggere, nei suoi occhi, se lei vuole davvero che io ci sia.
È pomeriggio inoltrato, l’ufficio comincia a svuotarsi, e sento che non posso più aspettare. Decido di scriverle subito, senza tornare a casa o perdere tempo. Entrambi sappiamo di non avere impegni particolari a casa, quindi è il momento giusto.
Apro la chat di WhatsApp dove siamo entrambi presenti, e con un sorriso nervoso digito:
-Ciao Serena, oggi è stato bello parlare un po’. Ti va di prendere un aperitivo insieme, dopo il lavoro? Se vuoi scegli tu il posto-
Pochi minuti e arriva la sua risposta:
Ciao max! Anche a me è piaciuto. Sì, volentieri. Conosco un locale tranquillo vicino alla metro, ti va?-
Rispondo immediatamente:
-Perfetto. Io arrivo in macchina, tu prendi la metro e ci incontriamo lì?-
-Va benissimo, a dopo!-
Nel momento in cui invio il messaggio, tutte le paranoie sul due di picche che avevo covato fino a poco prima sembrano dissolversi. Al loro posto, si affacciano delle “quasi” certezze, delicate ma rassicuranti. Sono contento di aver rischiato il suo rifiuto, perché la possibilità di un no avrebbe chiuso ogni porta. Ora invece sento che, forse, c’è davvero qualcosa che si sta accendendo.
L’orario di uscita arriva in fretta. Ci prepariamo a lasciare l’ufficio quasi insieme, evitando il flusso della folla. Lei scende verso la metro mentre io mi avvio verso la macchina parcheggiata poco distante.
La vedo scendere dalla metro. Le mando un messaggio per avvisarla che sono lì. La vedo spuntare con quel sorriso elegante e quel portamento che mi fanno battere il cuore.
Apro la portiera e la invito a salire. Dentro l’auto risuona una playlist anni ’80, tra synth morbidi e ritmi spensierati.
-Che bella musica- Dice Serena sistemandosi sul sedile con naturalezza-
-Sono contento che ti piaccia- Rispondo, lasciando che il breve tragitto scivoli leggero, tra conversazioni tranquille e quella complicità sottile che si sta facendo sempre più evidente.
Mentre ci dirigiamo verso il locale, la città si tinge di luci arancioni e viola, e sento che, forse, questa volta qualcosa sta davvero iniziando.
Entriamo nel locale, un ambiente caldo e raccolto, luci soffuse che accarezzano le pareti e tavoli sparsi con piccoli candelabri. L’aroma leggero di spezie e legno vecchio rende l’atmosfera intima.
Ci accomodiamo a un tavolo in un angolo, lontani dalla confusione del bancone. Il cameriere prende l’ordine e Serena sceglie un cocktail dal nome intrigante, io opto per un vino rosso corposo.
Nel frattempo, le nostre conversazioni si fanno più personali, tra sorrisi e sguardi che si incrociano con crescente interesse.
All’improvviso, le sue dita sfiorano casualmente il mio polso. Il contatto è lieve, quasi impercettibile, ma il calore che mi trasmette mi fa venire un brivido.
Notevolmente impressionata, Serena trattiene appena la mano per osservare meglio: la circonferenza del mio polso è ampia, solida, e le sue dita sottili sembrano quasi perse accanto alle dimensioni enormi delle mie mani, forti e rassicuranti.
Quel dettaglio sembra catturare il suo sguardo per un attimo più a lungo del solito, mentre un lieve sorriso le sfiora le labbra, come se in quel semplice gesto avesse trovato qualcosa di inaspettato e affascinante.
Non ritiro la mano, anzi, la mia sfiora la sua in risposta, quasi come una domanda silenziosa.
-Hai un sorriso che illumina la stanza- Dico, incapace di nascondere la mia ammirazione.
Lei arrossisce leggermente, ma risponde con dolcezza: -E tu hai uno sguardo che sa ascoltare davvero-
Ogni parola è un gioco sottile, un equilibrio tra desiderio e riservatezza. I complimenti continuano a fluire, dai dettagli più piccoli: il modo in cui si sistema i capelli, la delicatezza delle sue mani, la scelta del profumo che indossa.
Quando le sue dita accarezzano appena il dorso della mia mano, il battito nel petto accelera. Il tavolo sembra restringersi, il resto del locale sparisce.
-Sei incredibilmente affascinante- mormoro, e questa volta lei non arrossisce, ma mi lancia uno sguardo intenso che promette molto più di quello che dice.
La serata è solo all’inizio, e già sento che ogni sfioramento, ogni parola, è un passo verso qualcosa di speciale.
La serata nel locale scivola via tra sorrisi e complicità, ma dentro di me una tensione cresce e si fa impossibile da ignorare. La musica, il contatto, gli sguardi… tutto risveglia qualcosa di vivo e intenso.
La mia erezione, ormai evidente anche sotto i pantaloni leggeri estivi, diventa un piccolo problema che non posso più nascondere. L’imbarazzo cresce, e sento il bisogno di confessarlo a Serena prima che diventi un sipario troppo evidente su tutta la nostra intimità.
Con un sorriso nervoso le sussurro: -Devo ammettere che questa situazione mi sta… mettendo un po’ in difficoltà. Credo sia meglio aspettare qualche minuto prima di alzarmi, altrimenti rischio di fare una figura ridicola davanti a tutto il locale-
Lei scoppia a ridere, con quella leggerezza che mi scioglie. -Oh, Max, non ti preoccupare!- dice, strizzandomi l’occhio con un’aria divertita. -Non faccio mica finta di non notarlo, sai? Ma qui siamo solo noi due, e non c’è niente di male nel desiderarsi un po’!-
Resto un attimo sorpreso dalla sua sincerità e dalla mancanza di imbarazzo, che anzi sembra trasformare quel momento in una piccola complicità scherzosa.
-Se vuoi, possiamo anche restare così un po’… in allegria- aggiunge, accarezzandomi il braccio con un sorriso malizioso.
Aspettiamo qualche minuto, mentre la tensione si fa dolce e più leggera, accompagnata dalle nostre risate soffocate e da quel senso di intimità che si fa sempre più palpabile.
Dopo un po’, ci alziamo insieme e decido di seguirla a casa sua. Mi racconta che sua figlia è via per l’Erasmus e che l’appartamento è tutto per noi per quella notte. Io le dico che mio figlio vive all’estero e che anche io sono solo, senza impegni che mi chiamino altrove.
Usciamo dal locale ancora con addosso il calore dei nostri sorrisi e quella tensione dolce che non accenna a sciogliersi. L’aria della sera è tiepida, i lampioni creano riflessi dorati sull’asfalto mentre camminiamo verso la mia macchina. Serena tiene la sua borsa sottobraccio, elegante come sempre, e ogni passo sembra rallentare la notte.
Le apro la portiera e lei si accomoda sul sedile accanto al mio. Io mi siedo al posto di guida, ma invece di avviare subito l’auto resto un attimo fermo, voltandomi verso di lei. I nostri occhi si incontrano e lì, in quello spazio chiuso, l’intimità sembra moltiplicarsi.
- Max… è stata una serata speciale- sussurra lei, inclinando leggermente la testa, come per invitarmi a ridurre ancora di più la distanza.
Non resisto oltre. Mi sporgo verso di lei e le nostre labbra si incontrano. Non è un bacio timido: è un bacio vigoroso, pieno della passione che abbiamo trattenuto fino a quel momento. La sento sospirare contro la mia bocca mentre le mie mani, tremando appena, si posano sui suoi fianchi e poi, senza pensarci troppo, risalgono a sfiorarle il seno attraverso il tessuto morbido del vestito elegante.
Lei non si ritrae, anzi, si lascia andare un poco contro di me, assecondando quel tocco con un sorriso che si sente più che vedersi, perché le nostre bocche continuano a cercarsi.
La sua mano fra i miei pantaloni in cerca del responsabile del mio imbarazzo. Dal tocco la sento quasi incredula, la sua lingua si ferma come a sottolineare il momento. Ci stacchiamo e mi sorride, l’anticipo annuendo con la testa, -Si è molto grosso-
Il motore è ancora spento, e fuori il mondo sembra essersi fermato. In quell’abitacolo c’è solo il nostro respiro, l’aroma del suo profumo, e la consapevolezza che la serata non è affatto finita.
Saliamo insieme le scale del suo palazzo, lei davanti con passo elegante, io appena dietro, e ogni gradino sembra aumentare quella corrente elettrica che ci attraversa. Fingiamo indifferenza, parlando di dettagli banali – il traffico, il locale – ma dentro di me il desiderio è ormai un incendio.
Arriviamo davanti alla porta del suo appartamento. Serena fruga nella borsa per cercare le chiavi, ma io non riesco più a trattenermi. Le mie mani la sfiorano sui fianchi e lei si ferma, girando appena il viso verso di me.
È un istante che dura un’eternità: i nostri sguardi si incrociano e senza una parola mi avvicino. Le mie labbra trovano le sue in un secondo bacio, più urgente del primo. La spingo dolcemente ma con decisione contro la porta chiusa, sento il suo corpo cedere e aderire al mio.
Il bacio diventa profondo, le mie mani esplorano le curve dei suoi fianchi mentre il mio bacino, spinto dal desiderio che non ho più voglia di nascondere, si muove contro di lei. Sento il suo respiro accelerare, la sua mano stringere la stoffa della mia camicia.
Le nostre bocche si cercano senza sosta, e tra un bacio e l’altro, struscio con la mia erezione contro di lei, facendole sentire tutta l’intensità della mia eccitazione. Non si tira indietro, anzi, inclina appena il bacino verso di me, come a invitarmi a non fermarmi.
Resto lì, incollato a lei, per minuti che sembrano sospesi nel tempo, sul pianerottolo silenzioso. Poi, con un sorriso malizioso e ancora il fiato corto, Serena si gira lentamente, prende le chiavi e infila la mano nella toppa. La porta si apre, rivelando l’intimità calda del suo appartamento.
E io la seguo, con il cuore in tumulto e un desiderio che ormai non ho più intenzione di reprimere.
Appena la porta si chiude alle nostre spalle, il resto del mondo smette di esistere. Non c’è più il pianerottolo, non ci sono più i mesi trascorsi in solitudine, non c’è più niente che possa rallentarci.
Ci sono solo le nostre bocche, ancora incollate in un bacio febbrile, e le nostre mani che non trovano pace.
Il desiderio ci divora entrambi.
È troppo tempo che non consumiamo, troppo tempo che ci portiamo addosso quella fame taciuta.
E adesso esplode.
Mentre ci baciamo, le nostre mani si intrecciano, tirano, cercano la pelle sotto i vestiti. Ma siamo goffi, impazienti, quasi ridicoli nel nostro tentativo di spogliarci senza mai staccare le labbra.
Io cerco la cerniera del suo vestito, lei prova a sbottonarmi la camicia, ma le dita tremano, inciampano nei tessuti, si attorcigliano. Ridiamo appena, ansimando tra un bacio e l’altro, ma non ci fermiamo.
Il mio palmo scivola sotto il tessuto, incontra la morbidezza del suo seno ancora coperto dal reggiseno, mentre la mia bocca succhia piano il suo labbro inferiore.
Lei geme appena, un suono soffocato, e le sue mani scendono a tirarmi la cintura, senza perdere contatto con la mia bocca, come se staccarsi anche solo per un istante fosse impossibile.
Siamo lì, in piedi, ancora vestiti a metà, goffi e impazienti, ma divorati dalla voglia di sentirci, di prenderci, di annullare tutto il resto.
E in quell’ingresso, tra vestiti mezzi sfilati e respiri accelerati, la tensione diventa puro, travolgente desiderio.
Lì in piedi nell’ingresso, vestiti solo a metà, divorati dal desiderio.
La giro lentamente ma con decisione e la porto contro di me, la sua schiena aderisce al mio petto e in quell’istante mi accorgo dello specchio grande appeso sulla parete dell’ingresso. Ci riflette entrambi, cattura ogni gesto, ogni ombra, ogni movimento.
Nello specchio vedo il contrasto tra noi due: io alto, spalle larghe, mani enormi; lei minuta, elegante, il corpo sottile che sembra perdersi tra le mie braccia. Vederci così mi eccita ancora di più. Sembra quasi che lo specchio sia un terzo testimone silenzioso, uno spettatore che cattura quel momento proibito e segreto.
Le mie mani scivolano sulle sue cosce, lentamente risalgo tra la morbidezza della pelle, sotto l’orlo del vestito che ormai le cade disordinato sui fianchi. La sento rabbrividire, le vedo chiudere gli occhi nello specchio, mordendosi leggermente il labbro inferiore, il momento tanto atteso sta arrivando.
Quando raggiungo le sue parti intime, sento subito l’umidità calda delle mutandine fradice della sua eccitazione. Le mie dita grosse faticano a muoversi tra le sue labbra gonfie, e la cosa mi fa ringhiare piano, eccitato. Lei, così piccola rispetto a me, sembra quasi sparire tra le mie mani.
Continuo, più deciso, finché il mio dito trova il suo clitoride. Nel riflesso dello specchio vedo il suo viso stravolto dal piacere, vedo la sua bocca socchiusa che lascia uscire un gemito rumoroso, libero.
Serena si abbandona contro la mia forza, piegandosi appena, lasciando che io la sostenga completamente.
Le nostre figure nello specchio diventano una cosa sola, lei che si perde, io che la tengo stretta, mentre nell’aria dell’ingresso il nostro respiro diventa l’unico suono.
La tengo stretta a me mentre le mie dita continuano, senza sosta, a massaggiarle il clitoride. Sento il suo corpo che si tende, vedo nello specchio i suoi fianchi che tremano e la sua bocca aperta in un gemito che diventa quasi un grido soffocato.
Le sue mani cercano qualcosa a cui aggrapparsi, trovano il mio avambraccio, e poi si lasciano andare.
Quando l’orgasmo la travolge, la sento piegarsi tutta contro di me, le sue gambe si chiudono appena come a trattenere quella marea che la scuote. Io la sostengo, sento ogni contrazione del suo corpo minuto tra le mie braccia, mentre il suo respiro spezzato si fa musica pura per le mie orecchie.
La tengo così, la stringo forte mentre la scossa pian piano si placa, finché non resta appoggiata a me, ancora tremante, ma più calma, come se un lungo sospiro avesse attraversato tutto il suo essere.
Poi, lentamente, Serena si gira tra le mie braccia. Il suo volto, arrossato e lucido di piacere, si avvicina di nuovo al mio, e le sue labbra mi trovano con una fame nuova, più intensa. Mi bacia con vigore, come se avesse appena scoperto un segreto che non vuole più perdere.
E questa volta sono le sue mani a prendere l’iniziativa. Decise, sicure, si muovono sulla mia cintura, sui bottoni dei pantaloni. Non c’è esitazione, non c’è frenesia, solo la calma determinazione di una donna che sa cosa vuole.
Mi abbassa i pantaloni, e l’aria fresca dell’ingresso accarezza la mia erezione che ormai pulsa libera, tesa, così tesa che la vedo fermarsi un attimo, quasi in contemplazione.
Poi mi prende per mano, con una dolcezza quasi solenne, e mi guida verso il divano del suo salotto. Mi fa sedere lentamente, mantenendo lo sguardo nei miei occhi, e io sento il cuore battere così forte da farmi tremare.
Serena si inginocchia davanti a me, in un gesto che ha qualcosa di antico e di sacro. Le sue mani delicate sfiorano le mie cosce mentre il suo sguardo scende verso il mio sesso eretto.
In quel momento mi sento un dio, e il mio membro, fiero e pulsante, sembra davvero il bastone di un dio greco, un simbolo di forza, di vita, di desiderio puro.
Lei lo guarda, lo accarezza piano con le dita, quasi in adorazione, come se stesse scoprendo un tesoro. E io mi abbandono a quel momento, al suo sguardo, alle sue mani, a quell’intensità che ci ha travolti e che ormai nulla può fermare.
Il calore della sua pelle sulle mie cosce, mentre il suo sguardo rimane fisso sul mio sesso eretto. È minuta, elegante anche in quell’atto, e quando le sue labbra si avvicinano mi attraversa un brivido.
La sua bocca è piccola, e lo percepisco subito: fa fatica a prenderlo tutto, a gestire la mia dimensione. La sento muoversi con cautela, lenta, quasi insicura, cercando un ritmo che le appartenga. Non è esperta in quell’arte, eppure la dedizione che ci mette, il modo in cui le sue labbra stringono il mio membro e la lingua lo accarezza, mi manda in estasi.
Le mie mani si intrecciano tra i suoi capelli morbidi, la guido appena, sento i suoi movimenti diventare sempre più audaci, anche se non riesce mai a inghiottirmi del tutto.
Non importa.
Bastano pochi colpi, poche carezze della sua bocca avvolgente, e tutta l’eccitazione accumulata in queste ore, tutta la tensione che mi brucia dentro da mesi, esplode.
Un gemito mi sfugge, strozzato, potente, mentre mi inarco sul divano, stringendo forte la sua testa tra le mani.
Sento i rivoli caldi della mia essenza riempirle la bocca, e ne vedo qualcuno uscire lentamente dagli angoli delle sue labbra mentre ancora mi tiene fra i denti, le labbra serrate, come se non volesse lasciarmi andare.
Il mio respiro si spezza, il corpo si rilassa piano, ancora scosso dai fremiti del piacere, e davanti a me Serena, inginocchiata, con lo sguardo intenso e i capelli scompigliati, appare come una visione, un misto di dolcezza e desiderio che mi fa tremare ancora.
Serena resta ancora un istante inginocchiata davanti a me, la bocca chiusa intorno a quello che non ha potuto inghiottire del tutto.
I suoi occhi, però… i suoi occhi dicono tutto.
Brillano di una gioia intima, di una soddisfazione pura per avermi portato a quell’orgasmo travolgente. Mi guarda come se quel momento le appartenesse, come se fosse orgogliosa di averlo suscitato in me.
Poi, di colpo, prende coscienza della situazione. Si stacca piano, le labbra ancora umide, porta una mano elegante davanti alla bocca come a custodire quel segreto caldo che mi ha strappato.
Senza dire una parola, si alza velocemente, i capelli ancora spettinati, il vestito che cade libero sulle sue cosce nude.
La vedo allontanarsi a piccoli passi rapidi, quasi una corsa leggera, attraversare il corridoio con quella mano sempre davanti alla bocca, lo sguardo che incrocia il mio un’ultima volta… e in quello sguardo c’è tutto: desiderio, intimità, complicità.
Scompare dietro la porta del bagno, e io resto seduto sul divano, ancora ansimante, i pantaloni abbassati e le mani nei capelli, con il cuore che batte all’impazzata.
Il silenzio della casa è rotto solo dal suono lontano dell’acqua che scorre, mentre lei si libera lentamente del mio nettare, lasciandomi lì, sospeso in quell’attimo che sembra infinito.
stemmy75@gmail.com
Bellissima e impeccabile come sempre, indossa un vestito color crema che le fascia i fianchi con discrezione, lasciando intuire una figura sinuosa sotto quel tessuto leggero e costoso. Un filo di perle sottili le accarezza la base del collo, richiamando lo sguardo proprio su quella pelle chiara e morbida che immagino vellutata al tatto.
Si muove con naturale eleganza, ma c’è qualcosa nel suo passo che tradisce una sicurezza profonda, un controllo che non è mai ostentato e che proprio per questo diventa irresistibile. Il suo profumo arriva prima delle sue parole: un accordo delicato di fiori bianchi e ambra, appena percettibile ma abbastanza intenso da lasciare un’eco intima intorno a me.
Si ferma davanti alla scrivania, appoggiando la borsa in pelle scura su un angolo. Le dita, lunghe e curate con uno smalto color nude, accarezzano distrattamente il bordo del telefono che tiene in mano, come se fosse un oggetto prezioso.
Mi chiede la cortesia personale di aiutarla con un messaggio ricevuto sul cellulare, che secondo lei è spam. La voce, bassa e leggermente roca, sembra quasi calibrata per restare tra noi due, come un segreto. So che non è il vero motivo della sua visita, e la consapevolezza mi accende un calore silenzioso sotto la pelle.
Non lascio scappare l’occasione. La osservo, con quella sua dolcezza studiata, i modi gentili e il sorriso che illumina gli occhi nocciola. Mi piace, mi piace tanto. Non è solo carina: è una di quelle donne che sembrano muoversi in un film, ogni gesto calibrato, ogni sguardo una promessa non detta.
I suoi capelli, di un biondo scuro profondo, sfiorano le spalle in onde morbide. Quando si china appena verso di me per porgermi il telefono, una ciocca scivola in avanti, sfiorandomi la mano per un istante. La seta dei suoi capelli emana un odore lieve, pulito, che mi stordisce più di qualsiasi parola.
E poi lo fa. Mentre le spiego che si tratta effettivamente di spam, noto quel gesto che mi resta inciso: si porta le dita tra i capelli, li raccoglie piano dietro l’orecchio con una lentezza che sembra studiata, facendo risaltare l’arco elegante del collo. Parla ancora, e mentre lo fa, le mani tornano a giocare con le ciocche, lasciandole ricadere sulla spalla nuda che il vestito, scivolando appena, ha lasciato intravedere per un attimo.
Quel movimento mi colpisce come un segnale luminoso. Ricordo quando, tempo fa, scherzando, le avevo detto che le donne, quando sono attratte da qualcuno, spesso finiscono per toccarsi i capelli più volte davanti a lui, come un messaggio silenzioso, un invito appena accennato.
Adesso quel messaggio è davanti a me, vivo, palpabile. E mi accorgo che sto trattenendo il respiro, ipnotizzato dal suo profilo perfetto, dalla morbidezza delle sue labbra e da quella luce nei suoi occhi che sembra dirmi molto più di quanto le sue parole osino fare.
Mentre lei continua a parlare, ogni suo gesto sembra studiato per insinuarsi sotto la mia pelle. Le sue dita che sfiorano i capelli, quel sorriso appena accennato, la piega morbida delle labbra quando pronuncia le parole… tutto in lei è una carezza lenta, e io mi ritrovo ad ascoltarla a metà, perché la mia mente sta già vagando altrove.
Sento un calore improvviso salirmi dal petto allo stomaco, e più in basso ancora, come se ogni segnale che mi sta inviando avesse trovato risposta diretta nel mio corpo. Cerco di restare composto, di mantenere un’espressione neutra, ma non riesco a controllare del tutto quello che sta accadendo: l’eccitazione mi travolge silenziosa, e sotto la scrivania sento l’evidenza fisica del mio desiderio che cresce, spingendo contro il tessuto dei pantaloni.
Un brivido mi percorre la schiena. Mi sposto appena sulla sedia, nel tentativo di nascondere quell’erezione improvvisa che non avevo previsto e che mi lascia in un misto di piacere e panico. Le mie mani, fino a un attimo prima rilassate, si stringono tra loro, e la gola mi si secca.
Mi sento improvvisamente vulnerabile, come se lei potesse vedere attraverso di me, come se quell’eccitazione fosse scritta a caratteri grandi sul mio volto. E infatti mi rendo conto che sto diventando rosso: sento il calore salire sulle guance, quella vampata che tradisce ciò che provo, che mi mette a nudo davanti a lei senza che lei abbia fatto nulla di esplicito.
Lei continua a parlare, ignara o forse perfettamente consapevole, e io annuisco, rispondendo con frasi brevi, cercando di sembrare concentrato mentre dentro di me un tumulto mi agita. È un imbarazzo dolce, misto a un desiderio che non avevo programmato, come se quella stanza all’improvviso fosse diventata troppo piccola per contenere entrambi.
Lei continua a parlare, ma a un certo punto si interrompe per un attimo, inclinando appena la testa. Forse nota come il mio sguardo diventi sfuggente, come io mi aggiusti in modo impacciato sulla sedia, come le mie mani vadano a posarsi sul grembo nel tentativo di celare quell’evidenza ingombrante.
Sento il suo sguardo indugiare su di me, analitico e curioso, come se stesse mettendo insieme i pezzi. E io, intrappolato in quell’istante, mi sento scoperto, nudo nelle mie sensazioni.
Le guance mi bruciano. Mi esce una risata breve e nervosa, nel tentativo di alleggerire il momento, ma lei non si lascia distrarre. C’è qualcosa nei suoi occhi azzurri, ora leggermente socchiusi, che tradisce un lampo di compiacimento, un piacere intimo nel constatare l’effetto che mi sta facendo.
Non c’è giudizio, anzi. C’è una scintilla nuova, quasi orgogliosa, come se quel segnale fisico che non sono riuscito a contenere fosse la conferma silenziosa di qualcosa che lei sperava.
Sistemando la borsa sulla spalla, mi sorride con calma, come se nulla fosse. Poi si avvicina di più alla mia scrivania. Il mio cuore accelera, mi sembra di sentire il sangue pulsare nelle tempie e nel basso ventre.
-Grazie davvero… sei stato gentilissimo- mormora, con quella voce velata che mi fa vibrare ogni nervo.
E prima che io possa formulare una risposta, si china appena verso di me, mi sfiora la guancia con un bacio lieve ma deciso, lasciando il calore delle sue labbra e un accenno di profumo proprio sotto il mio orecchio.
Mentre si ritrae, la sua mano, in un gesto che pare accidentale ma non lo è affatto, mi sfiora proprio lì, dove la tensione nei pantaloni è evidente. Non è un tocco brusco: è una carezza lenta, appena accennata, ma sufficiente a far tremare la mia compostezza. Sento la pressione leggera delle sue dita attraverso il tessuto, e la mia erezione pulsa ancora più forte, come risposta involontaria.
-A dopo- sussurra, quasi con malizia, mentre si volta per uscire.
La seguo con lo sguardo, il cuore martellante e il respiro corto, fino a quando la porta si chiude dolcemente dietro di lei. La sento scendere le scale, i tacchi che scandiscono la sua discesa verso il piano inferiore, verso il suo ufficio, lasciandomi solo con l’eco di ciò che è appena successo e con un desiderio che adesso brucia in silenzio, impossibile da ignorare.
Rimango solo nel mio ufficio, il silenzio si richiude attorno a me come una coperta improvvisa. L’eco dei suoi tacchi, ormai lontani, sembra ancora rimbombarmi nelle orecchie, mentre la mia mente corre veloce, rincorrendo immagini e sensazioni che Serena ha lasciato dietro di sé.
Mi passo una mano tra i capelli, respiro a fondo. Sento ancora addosso l’imbarazzo di quei minuti, la pelle che brucia sulle guance, il battito accelerato, la tensione nei pantaloni che a stento sono riuscito a mascherare. Eppure, insieme a tutto questo, cresce dentro di me una riflessione più profonda, più seria.
Serena non è una donna qualunque, e non è certo una di quelle che cercano soltanto un’avventura di una notte per riempire un vuoto. Lo si percepisce dai suoi modi, dal suo portamento elegante, da come pesa ogni parola e ogni gesto. Se davvero ha lasciato trapelare quell’interesse, se davvero mi ha sfiorato non solo con la mano ma con l’intenzione… allora non lo ha fatto per un gioco effimero.
Io lo sento chiaramente: dietro il suo sorriso, dietro a quel bacio leggero e a quella strusciata sul mio pantalone c’è qualcosa di più grande. Serena, se davvero mi sta scegliendo, non sta cercando un partner sessuale per saziare un capriccio, ma qualcuno con cui condividere la vita. Una donna così non si espone per poco.
Questo pensiero mi spiazza. Non è semplice desiderio quello che mi attraversa, è un intreccio più complesso di emozioni: un brivido, sì, ma anche un calore che va oltre il corpo e scende in un punto più profondo, dove da tempo non sentivo nulla muoversi.
E mentre fisso la porta chiusa, mi rendo conto di quanto lei sia diversa dalle altre colleghe che, in questi mesi, hanno cercato di avvicinarsi. Quelle attenzioni lusinghiere, quelle piccole seduzioni… Serena le supera tutte senza sforzo.
Lei è la mia preferita, senza dubbio. L’unica che, con un solo gesto, è riuscita a lasciarmi addosso questo miscuglio di eccitazione e speranza, questo improvviso bisogno di credere che, forse, la mia storia non sia finita qui.
Resto seduto ancora per qualche minuto, fissando il vuoto. Le dita tamburellano leggere sulla scrivania, un gesto nervoso che mi aiuta a tenere a bada il vortice di pensieri.
L’immagine di Serena che esce dal mio ufficio mi perseguita: quel sorriso accennato, il bacio sulla guancia, il tocco che mi ha incendiato i sensi… ma subito dopo, come un’ombra fredda, arriva il dubbio.
Quante volte, nella mia vita, mi sono illuso? Quante volte ho letto segnali che non c’erano, interpretato gentilezze come attenzioni speciali, per poi ritrovarmi con un due di picche in mano e un sorriso forzato sulle labbra?
Non le conto più. E ogni volta mi sono sentito piccolo, ingenuo, sciocco e molto imbarazzato.
Ecco perché adesso, con Serena, non voglio sbagliare. Non voglio precipitare in un entusiasmo cieco e poi svegliarmi umiliato, magari scoprendo che quella visita nel mio ufficio era davvero solo una scusa innocente per un aiuto tecnico.
Il rischio è alto. Ma il desiderio di capire è più forte.
Comincio allora a ragionare, a pensare a cosa potrei fare per avere la certezza, o almeno qualcosa di più concreto. Non voglio espormi troppo presto, non voglio fare una mossa avventata che potrebbe metterla a disagio o, peggio, chiudere per sempre ogni possibilità.
Forse dovrei partire con piccoli segnali anche io, studiare le sue reazioni.
Invitarla a un caffè, ma non in gruppo: solo noi due, fuori dall’orario di lavoro, con una scusa qualsiasi, qualcosa di leggero. Oppure potrei mandarle un messaggio, un pretesto per ringraziarla, per dirle che mi ha fatto piacere chiacchierare… e poi osservare se da parte sua arriva una risposta carica di quella stessa complicità che ho percepito oggi.
Mi scopro a sorridere tra me e me, quasi divertito da quanto mi stia agitando per una donna che, in fondo, conosco appena al di fuori delle mura di questo ufficio. Ma poi sento di nuovo quel brivido, e so che Serena non è una donna qualunque.
Devo solo trovare il modo giusto di avvicinarmi.
La penna che tengo tra le dita gira lentamente, mentre fisso il desktop del computer senza vederlo. Devo capire, ma senza rovinare tutto.
E così, piano piano, inizio a pensare al primo passo, a come farle sentire che io ci sono… e a come leggere, nei suoi occhi, se lei vuole davvero che io ci sia.
È pomeriggio inoltrato, l’ufficio comincia a svuotarsi, e sento che non posso più aspettare. Decido di scriverle subito, senza tornare a casa o perdere tempo. Entrambi sappiamo di non avere impegni particolari a casa, quindi è il momento giusto.
Apro la chat di WhatsApp dove siamo entrambi presenti, e con un sorriso nervoso digito:
-Ciao Serena, oggi è stato bello parlare un po’. Ti va di prendere un aperitivo insieme, dopo il lavoro? Se vuoi scegli tu il posto-
Pochi minuti e arriva la sua risposta:
Ciao max! Anche a me è piaciuto. Sì, volentieri. Conosco un locale tranquillo vicino alla metro, ti va?-
Rispondo immediatamente:
-Perfetto. Io arrivo in macchina, tu prendi la metro e ci incontriamo lì?-
-Va benissimo, a dopo!-
Nel momento in cui invio il messaggio, tutte le paranoie sul due di picche che avevo covato fino a poco prima sembrano dissolversi. Al loro posto, si affacciano delle “quasi” certezze, delicate ma rassicuranti. Sono contento di aver rischiato il suo rifiuto, perché la possibilità di un no avrebbe chiuso ogni porta. Ora invece sento che, forse, c’è davvero qualcosa che si sta accendendo.
L’orario di uscita arriva in fretta. Ci prepariamo a lasciare l’ufficio quasi insieme, evitando il flusso della folla. Lei scende verso la metro mentre io mi avvio verso la macchina parcheggiata poco distante.
La vedo scendere dalla metro. Le mando un messaggio per avvisarla che sono lì. La vedo spuntare con quel sorriso elegante e quel portamento che mi fanno battere il cuore.
Apro la portiera e la invito a salire. Dentro l’auto risuona una playlist anni ’80, tra synth morbidi e ritmi spensierati.
-Che bella musica- Dice Serena sistemandosi sul sedile con naturalezza-
-Sono contento che ti piaccia- Rispondo, lasciando che il breve tragitto scivoli leggero, tra conversazioni tranquille e quella complicità sottile che si sta facendo sempre più evidente.
Mentre ci dirigiamo verso il locale, la città si tinge di luci arancioni e viola, e sento che, forse, questa volta qualcosa sta davvero iniziando.
Entriamo nel locale, un ambiente caldo e raccolto, luci soffuse che accarezzano le pareti e tavoli sparsi con piccoli candelabri. L’aroma leggero di spezie e legno vecchio rende l’atmosfera intima.
Ci accomodiamo a un tavolo in un angolo, lontani dalla confusione del bancone. Il cameriere prende l’ordine e Serena sceglie un cocktail dal nome intrigante, io opto per un vino rosso corposo.
Nel frattempo, le nostre conversazioni si fanno più personali, tra sorrisi e sguardi che si incrociano con crescente interesse.
All’improvviso, le sue dita sfiorano casualmente il mio polso. Il contatto è lieve, quasi impercettibile, ma il calore che mi trasmette mi fa venire un brivido.
Notevolmente impressionata, Serena trattiene appena la mano per osservare meglio: la circonferenza del mio polso è ampia, solida, e le sue dita sottili sembrano quasi perse accanto alle dimensioni enormi delle mie mani, forti e rassicuranti.
Quel dettaglio sembra catturare il suo sguardo per un attimo più a lungo del solito, mentre un lieve sorriso le sfiora le labbra, come se in quel semplice gesto avesse trovato qualcosa di inaspettato e affascinante.
Non ritiro la mano, anzi, la mia sfiora la sua in risposta, quasi come una domanda silenziosa.
-Hai un sorriso che illumina la stanza- Dico, incapace di nascondere la mia ammirazione.
Lei arrossisce leggermente, ma risponde con dolcezza: -E tu hai uno sguardo che sa ascoltare davvero-
Ogni parola è un gioco sottile, un equilibrio tra desiderio e riservatezza. I complimenti continuano a fluire, dai dettagli più piccoli: il modo in cui si sistema i capelli, la delicatezza delle sue mani, la scelta del profumo che indossa.
Quando le sue dita accarezzano appena il dorso della mia mano, il battito nel petto accelera. Il tavolo sembra restringersi, il resto del locale sparisce.
-Sei incredibilmente affascinante- mormoro, e questa volta lei non arrossisce, ma mi lancia uno sguardo intenso che promette molto più di quello che dice.
La serata è solo all’inizio, e già sento che ogni sfioramento, ogni parola, è un passo verso qualcosa di speciale.
La serata nel locale scivola via tra sorrisi e complicità, ma dentro di me una tensione cresce e si fa impossibile da ignorare. La musica, il contatto, gli sguardi… tutto risveglia qualcosa di vivo e intenso.
La mia erezione, ormai evidente anche sotto i pantaloni leggeri estivi, diventa un piccolo problema che non posso più nascondere. L’imbarazzo cresce, e sento il bisogno di confessarlo a Serena prima che diventi un sipario troppo evidente su tutta la nostra intimità.
Con un sorriso nervoso le sussurro: -Devo ammettere che questa situazione mi sta… mettendo un po’ in difficoltà. Credo sia meglio aspettare qualche minuto prima di alzarmi, altrimenti rischio di fare una figura ridicola davanti a tutto il locale-
Lei scoppia a ridere, con quella leggerezza che mi scioglie. -Oh, Max, non ti preoccupare!- dice, strizzandomi l’occhio con un’aria divertita. -Non faccio mica finta di non notarlo, sai? Ma qui siamo solo noi due, e non c’è niente di male nel desiderarsi un po’!-
Resto un attimo sorpreso dalla sua sincerità e dalla mancanza di imbarazzo, che anzi sembra trasformare quel momento in una piccola complicità scherzosa.
-Se vuoi, possiamo anche restare così un po’… in allegria- aggiunge, accarezzandomi il braccio con un sorriso malizioso.
Aspettiamo qualche minuto, mentre la tensione si fa dolce e più leggera, accompagnata dalle nostre risate soffocate e da quel senso di intimità che si fa sempre più palpabile.
Dopo un po’, ci alziamo insieme e decido di seguirla a casa sua. Mi racconta che sua figlia è via per l’Erasmus e che l’appartamento è tutto per noi per quella notte. Io le dico che mio figlio vive all’estero e che anche io sono solo, senza impegni che mi chiamino altrove.
Usciamo dal locale ancora con addosso il calore dei nostri sorrisi e quella tensione dolce che non accenna a sciogliersi. L’aria della sera è tiepida, i lampioni creano riflessi dorati sull’asfalto mentre camminiamo verso la mia macchina. Serena tiene la sua borsa sottobraccio, elegante come sempre, e ogni passo sembra rallentare la notte.
Le apro la portiera e lei si accomoda sul sedile accanto al mio. Io mi siedo al posto di guida, ma invece di avviare subito l’auto resto un attimo fermo, voltandomi verso di lei. I nostri occhi si incontrano e lì, in quello spazio chiuso, l’intimità sembra moltiplicarsi.
- Max… è stata una serata speciale- sussurra lei, inclinando leggermente la testa, come per invitarmi a ridurre ancora di più la distanza.
Non resisto oltre. Mi sporgo verso di lei e le nostre labbra si incontrano. Non è un bacio timido: è un bacio vigoroso, pieno della passione che abbiamo trattenuto fino a quel momento. La sento sospirare contro la mia bocca mentre le mie mani, tremando appena, si posano sui suoi fianchi e poi, senza pensarci troppo, risalgono a sfiorarle il seno attraverso il tessuto morbido del vestito elegante.
Lei non si ritrae, anzi, si lascia andare un poco contro di me, assecondando quel tocco con un sorriso che si sente più che vedersi, perché le nostre bocche continuano a cercarsi.
La sua mano fra i miei pantaloni in cerca del responsabile del mio imbarazzo. Dal tocco la sento quasi incredula, la sua lingua si ferma come a sottolineare il momento. Ci stacchiamo e mi sorride, l’anticipo annuendo con la testa, -Si è molto grosso-
Il motore è ancora spento, e fuori il mondo sembra essersi fermato. In quell’abitacolo c’è solo il nostro respiro, l’aroma del suo profumo, e la consapevolezza che la serata non è affatto finita.
Saliamo insieme le scale del suo palazzo, lei davanti con passo elegante, io appena dietro, e ogni gradino sembra aumentare quella corrente elettrica che ci attraversa. Fingiamo indifferenza, parlando di dettagli banali – il traffico, il locale – ma dentro di me il desiderio è ormai un incendio.
Arriviamo davanti alla porta del suo appartamento. Serena fruga nella borsa per cercare le chiavi, ma io non riesco più a trattenermi. Le mie mani la sfiorano sui fianchi e lei si ferma, girando appena il viso verso di me.
È un istante che dura un’eternità: i nostri sguardi si incrociano e senza una parola mi avvicino. Le mie labbra trovano le sue in un secondo bacio, più urgente del primo. La spingo dolcemente ma con decisione contro la porta chiusa, sento il suo corpo cedere e aderire al mio.
Il bacio diventa profondo, le mie mani esplorano le curve dei suoi fianchi mentre il mio bacino, spinto dal desiderio che non ho più voglia di nascondere, si muove contro di lei. Sento il suo respiro accelerare, la sua mano stringere la stoffa della mia camicia.
Le nostre bocche si cercano senza sosta, e tra un bacio e l’altro, struscio con la mia erezione contro di lei, facendole sentire tutta l’intensità della mia eccitazione. Non si tira indietro, anzi, inclina appena il bacino verso di me, come a invitarmi a non fermarmi.
Resto lì, incollato a lei, per minuti che sembrano sospesi nel tempo, sul pianerottolo silenzioso. Poi, con un sorriso malizioso e ancora il fiato corto, Serena si gira lentamente, prende le chiavi e infila la mano nella toppa. La porta si apre, rivelando l’intimità calda del suo appartamento.
E io la seguo, con il cuore in tumulto e un desiderio che ormai non ho più intenzione di reprimere.
Appena la porta si chiude alle nostre spalle, il resto del mondo smette di esistere. Non c’è più il pianerottolo, non ci sono più i mesi trascorsi in solitudine, non c’è più niente che possa rallentarci.
Ci sono solo le nostre bocche, ancora incollate in un bacio febbrile, e le nostre mani che non trovano pace.
Il desiderio ci divora entrambi.
È troppo tempo che non consumiamo, troppo tempo che ci portiamo addosso quella fame taciuta.
E adesso esplode.
Mentre ci baciamo, le nostre mani si intrecciano, tirano, cercano la pelle sotto i vestiti. Ma siamo goffi, impazienti, quasi ridicoli nel nostro tentativo di spogliarci senza mai staccare le labbra.
Io cerco la cerniera del suo vestito, lei prova a sbottonarmi la camicia, ma le dita tremano, inciampano nei tessuti, si attorcigliano. Ridiamo appena, ansimando tra un bacio e l’altro, ma non ci fermiamo.
Il mio palmo scivola sotto il tessuto, incontra la morbidezza del suo seno ancora coperto dal reggiseno, mentre la mia bocca succhia piano il suo labbro inferiore.
Lei geme appena, un suono soffocato, e le sue mani scendono a tirarmi la cintura, senza perdere contatto con la mia bocca, come se staccarsi anche solo per un istante fosse impossibile.
Siamo lì, in piedi, ancora vestiti a metà, goffi e impazienti, ma divorati dalla voglia di sentirci, di prenderci, di annullare tutto il resto.
E in quell’ingresso, tra vestiti mezzi sfilati e respiri accelerati, la tensione diventa puro, travolgente desiderio.
Lì in piedi nell’ingresso, vestiti solo a metà, divorati dal desiderio.
La giro lentamente ma con decisione e la porto contro di me, la sua schiena aderisce al mio petto e in quell’istante mi accorgo dello specchio grande appeso sulla parete dell’ingresso. Ci riflette entrambi, cattura ogni gesto, ogni ombra, ogni movimento.
Nello specchio vedo il contrasto tra noi due: io alto, spalle larghe, mani enormi; lei minuta, elegante, il corpo sottile che sembra perdersi tra le mie braccia. Vederci così mi eccita ancora di più. Sembra quasi che lo specchio sia un terzo testimone silenzioso, uno spettatore che cattura quel momento proibito e segreto.
Le mie mani scivolano sulle sue cosce, lentamente risalgo tra la morbidezza della pelle, sotto l’orlo del vestito che ormai le cade disordinato sui fianchi. La sento rabbrividire, le vedo chiudere gli occhi nello specchio, mordendosi leggermente il labbro inferiore, il momento tanto atteso sta arrivando.
Quando raggiungo le sue parti intime, sento subito l’umidità calda delle mutandine fradice della sua eccitazione. Le mie dita grosse faticano a muoversi tra le sue labbra gonfie, e la cosa mi fa ringhiare piano, eccitato. Lei, così piccola rispetto a me, sembra quasi sparire tra le mie mani.
Continuo, più deciso, finché il mio dito trova il suo clitoride. Nel riflesso dello specchio vedo il suo viso stravolto dal piacere, vedo la sua bocca socchiusa che lascia uscire un gemito rumoroso, libero.
Serena si abbandona contro la mia forza, piegandosi appena, lasciando che io la sostenga completamente.
Le nostre figure nello specchio diventano una cosa sola, lei che si perde, io che la tengo stretta, mentre nell’aria dell’ingresso il nostro respiro diventa l’unico suono.
La tengo stretta a me mentre le mie dita continuano, senza sosta, a massaggiarle il clitoride. Sento il suo corpo che si tende, vedo nello specchio i suoi fianchi che tremano e la sua bocca aperta in un gemito che diventa quasi un grido soffocato.
Le sue mani cercano qualcosa a cui aggrapparsi, trovano il mio avambraccio, e poi si lasciano andare.
Quando l’orgasmo la travolge, la sento piegarsi tutta contro di me, le sue gambe si chiudono appena come a trattenere quella marea che la scuote. Io la sostengo, sento ogni contrazione del suo corpo minuto tra le mie braccia, mentre il suo respiro spezzato si fa musica pura per le mie orecchie.
La tengo così, la stringo forte mentre la scossa pian piano si placa, finché non resta appoggiata a me, ancora tremante, ma più calma, come se un lungo sospiro avesse attraversato tutto il suo essere.
Poi, lentamente, Serena si gira tra le mie braccia. Il suo volto, arrossato e lucido di piacere, si avvicina di nuovo al mio, e le sue labbra mi trovano con una fame nuova, più intensa. Mi bacia con vigore, come se avesse appena scoperto un segreto che non vuole più perdere.
E questa volta sono le sue mani a prendere l’iniziativa. Decise, sicure, si muovono sulla mia cintura, sui bottoni dei pantaloni. Non c’è esitazione, non c’è frenesia, solo la calma determinazione di una donna che sa cosa vuole.
Mi abbassa i pantaloni, e l’aria fresca dell’ingresso accarezza la mia erezione che ormai pulsa libera, tesa, così tesa che la vedo fermarsi un attimo, quasi in contemplazione.
Poi mi prende per mano, con una dolcezza quasi solenne, e mi guida verso il divano del suo salotto. Mi fa sedere lentamente, mantenendo lo sguardo nei miei occhi, e io sento il cuore battere così forte da farmi tremare.
Serena si inginocchia davanti a me, in un gesto che ha qualcosa di antico e di sacro. Le sue mani delicate sfiorano le mie cosce mentre il suo sguardo scende verso il mio sesso eretto.
In quel momento mi sento un dio, e il mio membro, fiero e pulsante, sembra davvero il bastone di un dio greco, un simbolo di forza, di vita, di desiderio puro.
Lei lo guarda, lo accarezza piano con le dita, quasi in adorazione, come se stesse scoprendo un tesoro. E io mi abbandono a quel momento, al suo sguardo, alle sue mani, a quell’intensità che ci ha travolti e che ormai nulla può fermare.
Il calore della sua pelle sulle mie cosce, mentre il suo sguardo rimane fisso sul mio sesso eretto. È minuta, elegante anche in quell’atto, e quando le sue labbra si avvicinano mi attraversa un brivido.
La sua bocca è piccola, e lo percepisco subito: fa fatica a prenderlo tutto, a gestire la mia dimensione. La sento muoversi con cautela, lenta, quasi insicura, cercando un ritmo che le appartenga. Non è esperta in quell’arte, eppure la dedizione che ci mette, il modo in cui le sue labbra stringono il mio membro e la lingua lo accarezza, mi manda in estasi.
Le mie mani si intrecciano tra i suoi capelli morbidi, la guido appena, sento i suoi movimenti diventare sempre più audaci, anche se non riesce mai a inghiottirmi del tutto.
Non importa.
Bastano pochi colpi, poche carezze della sua bocca avvolgente, e tutta l’eccitazione accumulata in queste ore, tutta la tensione che mi brucia dentro da mesi, esplode.
Un gemito mi sfugge, strozzato, potente, mentre mi inarco sul divano, stringendo forte la sua testa tra le mani.
Sento i rivoli caldi della mia essenza riempirle la bocca, e ne vedo qualcuno uscire lentamente dagli angoli delle sue labbra mentre ancora mi tiene fra i denti, le labbra serrate, come se non volesse lasciarmi andare.
Il mio respiro si spezza, il corpo si rilassa piano, ancora scosso dai fremiti del piacere, e davanti a me Serena, inginocchiata, con lo sguardo intenso e i capelli scompigliati, appare come una visione, un misto di dolcezza e desiderio che mi fa tremare ancora.
Serena resta ancora un istante inginocchiata davanti a me, la bocca chiusa intorno a quello che non ha potuto inghiottire del tutto.
I suoi occhi, però… i suoi occhi dicono tutto.
Brillano di una gioia intima, di una soddisfazione pura per avermi portato a quell’orgasmo travolgente. Mi guarda come se quel momento le appartenesse, come se fosse orgogliosa di averlo suscitato in me.
Poi, di colpo, prende coscienza della situazione. Si stacca piano, le labbra ancora umide, porta una mano elegante davanti alla bocca come a custodire quel segreto caldo che mi ha strappato.
Senza dire una parola, si alza velocemente, i capelli ancora spettinati, il vestito che cade libero sulle sue cosce nude.
La vedo allontanarsi a piccoli passi rapidi, quasi una corsa leggera, attraversare il corridoio con quella mano sempre davanti alla bocca, lo sguardo che incrocia il mio un’ultima volta… e in quello sguardo c’è tutto: desiderio, intimità, complicità.
Scompare dietro la porta del bagno, e io resto seduto sul divano, ancora ansimante, i pantaloni abbassati e le mani nei capelli, con il cuore che batte all’impazzata.
Il silenzio della casa è rotto solo dal suono lontano dell’acqua che scorre, mentre lei si libera lentamente del mio nettare, lasciandomi lì, sospeso in quell’attimo che sembra infinito.
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