Sotto la vestaglia

di
genere
pissing

Era una tranquilla mattinata d’estate nella località collinare dove il dottor Luca D’Andrea, ventisei anni, prestava servizio medico temporaneo in attesa di iniziare la scuola di specializzazione. Un incarico stagionale, visite ambulatoriali, molti anziani, ritmi lenti. Troppo lenti. Talvolta noiosi.
Si era appena concesso un caffè al bar della piazza quando la vide uscire dal forno. Portava un sacchetto di pane caldo stretto al petto. Il vestito color crema le aderiva come una seconda pelle, disegnando le curve con ostinata sincerità. Il seno le ondeggiava sotto il tessuto, imponente. Le cosce, tornite, si muovevano con grazia sicura.
— Quanta roba! — aveva sibilato il barista, Piero, scuotendo il capo. — A occhio: 115, 90, 110...
Quando il medico uscì dal locale lei gli si fece incontro.
— Buongiorno, dottore… — disse lei con un sorriso che gli fece dimenticare per un attimo dove si trovava.
— Buongiorno a lei, signora…
— Mi chiami Elena. Elena Mariani. Ho saputo che quest’estate sarà dei nostri. Un giovane come lei troverà questo posto un po’… lento, immagino.
Luca cercò di mascherare l’imbarazzo con un sorriso.
— Ma no, si sta bene. Il paesaggio è rilassante. E… si può trovare qualcosa di molto interessante.
Lo disse con lo sguardo attratto, irresistibilmente, dal décolleté che pareva sfidarlo.
Elena lo congedò con un sorriso obliquo, che odorava di gioco e di invito.
La giornata proseguì lenta: pressione da misurare, ferite da medicare, qualcuno da rassicurare. Verso sera, deciso a evitare la solitudine della cucina, pensò di fermarsi al bar-ristorante della piazza. Stava per chiudere l’ambulatorio quando squillò il telefono.
— Dottore?
Una voce calda. Riconoscibile.
— Sì?
— Sono Elena Mariani. Mi scusi se disturbo… È solo che ho una sensazione strana. Non un dolore vero e proprio, ma un fastidio, retrosternale… Forse ansia, non so. Ma se lei potesse passare… mi sentirei più tranquilla.
— Certo, signora. Fra dieci minuti sono da lei.
— La aspetto.

La villetta era poco distante, in fondo alla via principale, al limitare della campagna. Il cancello era aperto.
Elena lo accolse sulla soglia. Indossava una vestaglia di raso verde petrolio, aperta sul petto. Nulla sotto, si intuiva. Il profumo che la circondava aveva una nota agrumata, ma dietro si percepiva qualcosa di più caldo. Intimo.
— Mi dispiace disturbarla, dottore. Ma a volte la solitudine rende tutto più allarmante. Capisce, vero?
Luca annuì, entrando. La luce del salotto era bassa, calda. Una coperta disposta con finta disattenzione sul divano, qualche cuscino sparso, una quiete che sembrava in attesa.
Lei si sedette, aprendo leggermente la vestaglia.
— Le va di controllare? Solo per sicurezza…
Luca si avvicinò con il fonendoscopio in mano. Le dita tremavano lievemente. Si sedette accanto a lei, cercando di rimanere professionale.
— Devo… — mormorò, sfiorando il bordo della vestaglia.
Elena sollevò un braccio, lasciando spazio.
La sua mano entrò in contatto con il seno, che gli riempì il palmo con una pienezza viva, generosa. Era caldo, pesante, con una pelle liscia e tesa. Il capezzolo, già eretto, gli sfiorò il dorso della mano.
— Il battito è un po’ accelerato, ma regolare — disse, cercando di non mostrare il turbamento.
— È che… brucio dentro — sussurrò lei. Si mosse appena, facendo scivolare il bacino più in basso. Il bordo della vestaglia si aprì. Una zona d’ombra scura si disegnò tra le cosce.
Luca deglutì. Il confine tra compito clinico e desiderio si dissolveva.
— Signora…
— Elena — lo interruppe. — Quando una donna si offre così… non servono più formalità.
La vestaglia scivolò giù come acqua. Rimase in piedi davanti a lui, nuda, morbida, orgogliosa. I seni ondeggiavano, pieni. Il ventre mostrava la dolce piega della maturità. Il bacino largo, le cosce forti. La figa scura, umida, accennava il desiderio senza filtri.
— Le piace, dottore?
— È… una donna bellissima.
— E lei è troppo vestito per visitarmi davvero…
Si sedette sul divano, aprì le gambe.
— Mi senta bene… con le dita. O la lingua. Come vuole. Ma adesso mi curi.
Lui si inginocchiò. Il profumo che salì era maturo, erotico, animalesco. Le labbra del sesso gonfie, lucide. Iniziò a leccarla piano, poi con più fame. Lei gemeva. Le frasi uscivano sporche, piene, vere.
— Sì… leccami bene… fammi godere con quella lingua da dottorino… voglio che mi apri come fossi una ferita…
Gli afferrò i capelli, spingendolo più a fondo.
— Fammi sentire sulla faccia quanto sono bagnata… brucia anche a te, adesso?
Quando lui si sollevò, aveva la bocca lucida. Elena si toccava un capezzolo, gli occhi da lupa.
— Bravo ragazzo… ma io non ho ancora finito.
Luca non si accorse nemmeno di slacciarsi la camicia. I pantaloni scesero in fretta. Era già duro, eccitato da minuti. Il cazzo teso gli pulsava nella mano. Elena lo guardò, sorrise, poi si abbassò e glielo prese in bocca con un gesto esperto, ingordo, come se aspettasse quel momento da giorni.
— Mmmh… che bel cazzo ti ritrovi, dottore. Non me lo aspettavo così… vivo.
Glielo succhiava con la bocca piena, gemendo piano, mentre si masturbava con due dita lente tra le cosce già colme. Gli occhi lo fissavano dal basso, feroci e umidi.
— Ce l’hai duro come un bastone… mi piace. Fammi sentire tutto. Fammi male, se vuoi.
Si girò, offrendo il culo, la schiena inarcata. Lui le aprì le natiche e le passò le dita tra le labbra lucide. Calde, già aperte. Il suo sesso pareva una bocca che lo chiamava. La penetrò affondando fino in fondo. Lei urlò.
— Sì! Così, dottore! Scopami forte… fammi dimenticare tutto!
Lo sentiva scivolare, sprofondare nel suo corpo, mentre il rumore della pelle contro pelle si faceva più bagnato, più indecente.
— Mi stai riempiendo tutta… sei giovane ma scopi da uomo, porca troia… non fermarti…
Luca la teneva per i fianchi, affondando con forza, poi le tirò i capelli, sollevandole il volto.
— Ti piace essere presa così? Come una cagna?
— Sì, sì cazzo… fammi sentire usata, scopami forte… voglio che mi spacchi la figa!
E mentre lui la scopava da dietro, sentì qualcosa cambiare. Lei gemette più forte, le gambe iniziarono a tremarle.
— Sto venendo… sto venendo cazzo… sto squirting… ahh sii!
Un getto caldo gli colpì le cosce. Un’esplosione di piacere bagnata, violenta. Lei gridava, con la faccia schiacciata sul divano e il corpo che si scuoteva come in un orgasmo senza fine.
Lui si fermò un attimo, sorpreso, poi sorrise. La tirò a sé, l’abbracciò da dietro, ancora dentro di lei. Le accarezzò il ventre.
— Ti piace venire così, porca.
— Mi fa impazzire… quando succede non riesco più a controllarmi… ti sto pisciando addosso, e non me ne frega un cazzo…
— Mi eccita da morire.
Si girò, la fece sedere su di lui. Lei lo cavalcava con foga, le mani sulle sue spalle, il seno che ballava, mentre gli sussurrava all’orecchio:
— Me lo fai fare di nuovo? Te la piscerò tutta addosso, cazzo… te lo lavi con me, dopo…
Il rumore del loro sesso riempiva la stanza. L’odore era quello di due corpi che si bruciano addosso. Quando lei venne di nuovo, spruzzò su di lui un altro fiotto tiepido, irrefrenabile. Gli inzuppò l’addome, il cazzo, le cosce. Luca la guardava, stordito, mentre veniva con un grido rauco, svuotandosi dentro di lei con una forza che non aveva mai provato.
Rimasero fermi così, incollati, tremanti.
Elena abbassò lo sguardo tra le gambe, dove scorrevano gocce calde lungo le cosce nude.
— Mi sa che ti tocca un’altra visita, dottore. Tra qualche giorno. O domani. O stanotte.
Lui rise, ancora dentro di lei.
— Per i casi urgenti, sono sempre disponibile.
di
scritto il
2025-07-21
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