Pubblico e privato. 6

di
genere
tradimenti

Nudi nella notte




La giornata al convegno era stata lunga, ufficiale. Nicola aveva parlato in una sessione tecnica, Sandra aveva moderato un panel. Sorrisi, strette di mano, professionalità impeccabile. Ma sotto quei tailleur e quelle camicie stirate, sotto i badge identificativi, si agitava qualcosa di feroce. Lo sapevano entrambi. Si erano sfiorati appena: uno sguardo, un cenno, un accenno di sorriso. Poi, mentre si incrociavano nel corridoio dell’albergo, lei gli aveva sussurrato:
— Sono alla camera 1761. Ti aspetto. Non lavarti.
— Cosa?
— Hai capito bene. Non lavarti. Voglio il tuo odore addosso. E io avrò il mio.
Poi se n’era andata, lasciando dietro di sé solo il rumore dei tacchi e un profumo che sapeva di sesso annunciato.
Sandra si lasciò cadere di lato, ansimante, le cosce ancora tremanti. Nicola, sudato, si era disteso accanto a lei, il membro ancora teso, striato dei loro umori. Si guardarono in silenzio per qualche secondo, poi lei lo afferrò per un braccio e lo tirò a sé.
Gli passò la lingua sotto l’ascella, lentamente.
— Sai di uomo vero. Di giornata piena, di tensione, di desiderio. Sai… di animale.
Poi si chinò sul suo ventre, annusandolo a fondo. Il pube, le sue parti basse, la piega delle gambe.
— Qui c’è tutto. Sudore, eccitazione, il residuo della tua voglia. Il tuo seme… ancora dentro di me.
Si mise a cavalcioni sul suo petto e lo guardò dall’alto.
— Stanotte voglio dormirci sopra, con il tuo odore sulla pelle. Domani voglio svegliarmi e sentire che mi hai marchiata.
Nicola rise, eccitato. Le leccò il ventre, poi risalì, spingendosi sotto le braccia, lungo il collo, come un predatore.
— Anche tu… — sussurrò. — Hai un odore che non si dimentica. È la sensualità della tua terra. È femmina. È calore, è desiderio vero. Ti resta addosso come un vizio.
Prese i collant che lei aveva lasciato sul comodino. Li annusò piano. Poi glieli restituì.
— Rimettili. Così domani in plenaria, mentre parli di prevenzione e buone pratiche… io saprò cosa indossi. E perché hanno quell'odore.
Sandra sorrise, si piegò su di lui.
— Farò di meglio. Domani ne infilerò un altro paio, nudi, trasparenti. Ma sotto… niente. E tu lo saprai. Lo sentirai. Non potrai smettere di immaginare il profumo che sale da lì.
Si leccarono. Si annusarono. Come due predatori nella stessa tana.
La stanza 1761 era immersa nel buio, con solo le lame fioche della città filtrate dalle tende pesanti. Il letto era sfatto, umido. Sandra era piegata in avanti, appoggiata con le mani alla testata. Nicola, dietro di lei, affondava. Senza parole. Solo i suoni: il respiro, la carne, i colpi pieni. Le era venuto dentro una prima volta, mentre lei lo stringeva con le gambe attorno ai fianchi, ansimando frasi spezzate, graffiandogli la schiena. Ma non bastava. No. Lei ne voleva ancora.
Si voltò, mostrando le forme aperte e pronte.
— Sei più porca di quanto immaginassi…
— Prendimi anche qui. Lo hai visto nei video, no? Ti piaceva?
— Sì. Era il mio preferito.
— Voglio che tu ci metta tutto. Anche la rabbia. Il peperoncino calabrese.
Nicola non esitò. La saliva fu l’unico lubrificante, poi il suo corpo trovò la strada, lento ma inarrestabile.
Sandra aveva ringhiato, letteralmente, e si era aggrappata al legno come a un’àncora.
— Sì… così… cazzo, Nicola… spingilo tutto dentro, fino al fondo… fammi male… voglio sentire il tuo segno per giorni.
Lui la prendeva con colpi pieni, ritmati. I fianchi sbattevano contro le sue natiche umide, il sudore che colava lungo la schiena. Sandra era in ginocchio sul letto, i capelli scompigliati, le cosce aperte, la schiena inarcata. Nicola la stava scavando da dietro, affondi profondi, regolari, animaleschi. Ogni spinta faceva schioccare la sua pelle come carne battuta. Il suono era umido, martellante, sordo. Il suo corpo luccicava di sudore. I seni — due curve piene, sfrontate — ballonzolavano sotto di lei, ancora in movimento, in una danza ipnotica. Ogni respiro faceva ondeggiare quella carne morbida e pesante, come se volesse continuare a eccitare anche dopo l’orgasmo.
— Ti piacciono, eh? Quinta abbondante. Hai idea di quanto sia eccitante sentirle sbattere contro il materasso mentre uno mi inchioda da dietro?
— Guarda come ti spalanchi… con quell’eleganza sporca… chiede solo di essere colmata.
Lei rideva e gemeva, la testa persa nei cuscini, le dita contratte. Ogni colpo la scuoteva.
Nicola si piegò su di lei, glielo mormorò all’orecchio:
— Ti segno. Ti porto con me anche quando non ci sei.
Sandra rispose con un mugolio profondo, gutturale.
— Riempimi ancora… non smettere… voglio svegliarmi con la tua voglia che mi cola da ogni parte. Mi piace un uomo che mi svuota come un tubo di dentifricio.
Ogni affondo la faceva sobbalzare in avanti, ma lei tornava indietro da sola, a cercarlo, come drogata.
Nicola ansimava. Sandra chiuse gli occhi, poi urlò:
— Trivellami fino all’anima! Oh cielo… sì! Sto venendo… sto venendo… vai!
L’amplesso si protrasse fino allo sfinimento. Ogni tanto si fermavano solo per respirarsi, per leccarsi il sudore, per restare uniti, annodati, come bestie in calore.
Quando finalmente Nicola si lasciò andare, tremando, con un gemito basso, Sandra lo sentì: caldo, profondo, invadente. Lei si irrigidì, tremò, poi si lasciò cadere in avanti, distrutta, con il corpo ancora aperto, lucido di piacere. Restò così, a pancia in giù, le gambe molli, le aperture colme.
Non dissero nulla. Si addormentarono abbracciati, nudi, intrisi l’uno dell’altro.
All’alba, con la luce lattiginosa che filtrava dalla finestra, Nicola si svegliò per primo. Lei dormiva, disarmata, gocce del suo seme rappreso lungo la coscia. Il profumo della notte era ancora nell’aria: pelle, umori, sudore, lenzuola macchiate, marchiate della loro passione. Il sole stava appena sfiorando la moquette con le prime lame bianche. Sandra, ora sveglia, lo fissava. Aveva i capelli sciolti, spettinati, la pelle segnata dai morsi e le giunture ancora dolenti, ma sorrise. Si chinò su di lui, lo annusò, poi bisbigliò:
— Hai un odore… da maschio vissuto. Sudore, sporco come quel fondo d’anima sconcia che mi manda fuori di testa. Suadente, cinguettò:
— C’è ancora tempo prima dell’inizio dei lavori…















scritto il
2025-07-20
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