Pubblico e privato. 5

di
genere
dominazione

Ora leccami




Non c’erano stato poi altri messaggi. Solo silenzio, assordante. Di attesa.
Ma la sera, l’istituto era ormai deserto, un SMS.
— Piano B. Terzo piano. Porta antincendio. 2. Solo tu, adesso.
Alle 19:55 era già lì. Jeans scuri, maglietta nera.
Il corridoio era deserto. L’aria ferma. La luce al neon tremolava.
Alle 19:57 la porta si aprì con un clic sordo. Sandra.
Era vestita come non l’aveva mai vista: trench scuro, capelli raccolti, nulla di vistoso. Solo gli occhi.
Quegli occhi lo frustarono, lo scrutarono, lo scelsero. La stanza era piccola, adibita a magazzino. Odore di carta, cartoni, qualcosa di ferroso. Una sola lampadina, fioca.
Sandra chiuse a chiave. Si voltò senza dire nulla.
Nicola la guardava. Il cuore gli batteva alle tempie. Ma non si mosse.
Fu lei a rompere il silenzio.
«Sei venuto come un cane, eh.»
Non era una domanda. Era un morso. Ora lei aveva preso l’iniziativa abbandonando il suo smarrimento e la vulnerabilità iniziali. Poi si tolse lentamente il trench. Nient’altro sotto. Solo il corpo. Nudo. Vivo. Le curve arroganti di una donna che non recita più, ma soprattutto ordina.
Nessuna posa. Solo pelle, seni veri, ventre morbido, fianchi pieni.
«Parla.»
«Ti desidero.»
Gli occhi di Sandra erano un comando che bruciava più del fuoco.
«Ora… leccami.»
Nicola si avvicinò, le prese i fianchi con entrambe le mani e la baciò. Ma non sulle labbra. Scese direttamente sulla pelle calda del basso ventre.
Le sue labbra sfiorarono la linea che divideva le cosce. Lì, dove il profumo era nato.
Sandra gli afferrò i capelli.
«Bravo…così…bastardo! Hai visto nel video la mia bocca mentre prendeva quel cazzo nero? Ti sei masturbato?»
Ma lui non l’ascoltò. La lingua affondò subito, affamata. Era bagnata. Più di quanto immaginasse. E non si era lavata. L’aveva fatto apposta.
Il gusto. Crudo. Viscido. Reale. Un sapore salato, di pelle, di sudore, di attesa, pungente, stordente.
Lui gemeva, mentre le leccava le labbra gonfie, dure, vere. La teneva ferma. L’annusava, la succhiava come se fosse un diritto.
Lei ansimava, ma non gemeva. Lo guardava.
«Guarda me. Sempre. Finché non ti faccio venire in bocca solo con lo sguardo.»
Nicola si strinse i jeans. Era già duro da far male.
«Posso scoparti?»
Lei scosse la testa. «No. Solo questo. Ogni cosa a suo tempo, ora lingua e dita.»
Lui ubbidì. Due dita dentro. Calda. Stretta. La guardava. Lei si mordeva il labbro inferiore. Poi si inginocchiò.
«Tiralo fuori.»
Nicola abbassò i jeans con mani tremanti. Boxer abbassati. L’erezione era già piena, lucida, tesa come un cavo d’acciaio.
Sandra non disse nulla. Aprì la bocca e lo prese dentro. Tutto.
Calda. Umida. Senza esitazioni.
Il suono era osceno: saliva, gola, respiri che diventavano gemiti.
Lo guardava mentre lo succhiava. Occhi alzati, pupille dilatate. Una puttana istintiva e di classe. Una professionista del peccato.
Nicola cercò di resistere. Di controllarsi. Ma il corpo non rispondeva più.
Le mani nei capelli di lei, i fianchi che si muovevano piano.
«Sandra… fermati… sto per…»
Lei si staccò un secondo, il cazzo ancora lucido tra le mani.
«Guarda come mi faccio scopare la gola da uno come te.»
Poi affondò di nuovo.
E lì, Nicola non ce la fece.
«Sto venendo… cazzo…»
Lei non si fermò. Prese tutto. In fondo.
Il primo spasmo lo fece quasi inginocchiare.
Venne con un rantolo, lungo, feroce. Dentro la sua bocca. Dentro lei.
Sandra lo lasciò scivolare via lentamente, con la bocca ancora piena. Deglutì. Poi si leccò le labbra con lentezza indecente.
« Soddisfatto?»
Si alzò, raccolse il trench, lo indossò.
Lui era ancora nudo, stordito. Non riusciva a parlare.
Lei si voltò un’ultima volta.
«Non ho mai fatto venire un uomo che non potessi anche distruggere.»
E uscì.
La porta si richiuse piano, come una sentenza sussurrata.



scritto il
2025-07-19
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