Bocche fameliche. 3° parte
di
osso
genere
saffico
Il mio corpo era diventato un terra di conquista, ogni centimetro già percorso da mani e lingue che avevano imparato a leggermi senza parole. Clara era ancora lì, inginocchiata tra le mie cosce, la bocca incollata al mio sesso, mentre Lucinda mi teneva stretta, le mani tese a modellare il mio corpo come creta calda. Non parlavamo quasi più. I gemiti avevano sostituito le frasi, i sospiri si erano fatti linguaggio.
«Guarda come si apre…» sussurrò Lucinda, guidando con due dita la mia carne umida. «Non ha più difese. È nostra.»
Clara sollevò appena il viso, le labbra lucide di me. «Ha un sapore che dà dipendenza. Un fiore maturo, colto al culmine… e succhiato con lentezza.»
«Ancora…» ansimai. «Ancora, vi prego. Non fermatevi.»
Clara si alzò, i seni liberi e pesanti che ondeggiavano dolcemente. Mi guardò con una fame antica, accostando il suo petto al mio volto. «Allora succhiali, troietta. Falli tuoi.» Me li porse con una grazia violenta. Io presi quel dono e affondai la bocca, stringendo il capezzolo tra le labbra. Lo leccai, lo baciai, lo presi tra i denti con dolcezza, sentendo il corpo di Clara vibrare sotto la mia lingua.
Lucinda si spostò dietro di me e tornò ad accarezzare quel punto che ormai sapeva rendermi folle. Un dito scivolò dentro, poi due, poi la sua voce calda mi accarezzò il collo: «Voglio vederti gocciolare per noi. Senza ritegno. Senza pudore.»
E io gocciolavo. E mi aprivo. E mi arrendevo.
«Ma non è finita…» disse Clara, scivolando di nuovo a terra, con un sorriso più feroce. Prese qualcosa dalla borsa, uscì, poi tornò dalla penombra con un oggetto di vetro tra le mani. Un dildo d’antan, era lungo, spesso, trasparente e ricoperto di protuberanze. Sembrava un prodotto di design, ma vibrava di una promessa oscena. Lo sollevò con eleganza, lasciando che la luce calda della stanza ne rivelasse ogni dettaglio.
«Guarda, Ginevra. Sai cosa contiene?» chiese Clara, mentre me lo mostrava da vicino.
Il liquido dorato al suo interno si muoveva con lentezza, caldo, vivo. Lucinda mi bisbigliò all’orecchio, mentre le dita accarezzavano il mio collo: «È la mia urina. Appena fatta. Calda come il tuo respiro adesso. Vuole entrare in te.»
Un fremito profondo mi attraversò. Qualcosa si sciolse nel basso ventre, come se la perversione avesse finalmente trovato la sua forma perfetta.
Clara si inginocchiò fra le mie gambe, aprì piano le labbra della mia figa e lasciò che la punta del dildo vi poggiasse con un bacio liquido. Il vetro era tiepido contro la mia pelle, e quando cominciò a scivolare dentro, il calore del contenuto si trasferì nelle mie viscere. Sentivo la pienezza… e qualcosa in più. Sentivo l’intimità di Lucinda penetrare la mia.
«Lo senti? Sei piena di lei…» sussurrò Clara, con voce impastata di desiderio. «Ti stai facendo riempire di piacere e di sottomissione.»
Lo infilava piano, centimetro dopo centimetro, mentre le piccole protuberanze stimolavano le pareti più profonde della mia figa. Il calore dell’urina sembrava sciogliere le mie resistenze, cancellare i miei limiti. Le mani di Lucinda mi tenevano ferma, mi obbligavano a spalancare le gambe davanti agli sguardi invisibili oltre il vetro.
«Ora sei davvero nostra. Ti stai facendo riempire del nostro odore, del nostro sapore… davanti a tutti,» sibilò Lucinda.
Un gemito mi esplose in gola mentre il piacere si faceva incandescente, animale. Il vetro si muoveva dentro di me con movimenti lenti, solenni, come un rituale. Potevo sentire ogni goccia calda premere dall’interno. Mi stavo liquefacendo.
Clara non smetteva di guardarmi negli occhi. «Ti piace essere così sporca? Così esposta?»
«Sì… sì… mi piace…» ansimai, mentre sentivo l’orgasmo montare con una potenza nuova. Il liquido caldo, la superficie ruvida, gli sguardi… tutto mi faceva perdere il controllo.
Quando venni, il mio corpo si contrasse in ondate. Il vetro dentro di me pulsava, come se fosse vivo. Il calore che mi aveva invasa usciva a piccoli fiotti misti ai miei umori, colando tra le cosce, scivolando sul letto.
«Guarda come si apre…» sussurrò Lucinda, guidando con due dita la mia carne umida. «Non ha più difese. È nostra.»
Clara sollevò appena il viso, le labbra lucide di me. «Ha un sapore che dà dipendenza. Un fiore maturo, colto al culmine… e succhiato con lentezza.»
«Ancora…» ansimai. «Ancora, vi prego. Non fermatevi.»
Clara si alzò, i seni liberi e pesanti che ondeggiavano dolcemente. Mi guardò con una fame antica, accostando il suo petto al mio volto. «Allora succhiali, troietta. Falli tuoi.» Me li porse con una grazia violenta. Io presi quel dono e affondai la bocca, stringendo il capezzolo tra le labbra. Lo leccai, lo baciai, lo presi tra i denti con dolcezza, sentendo il corpo di Clara vibrare sotto la mia lingua.
Lucinda si spostò dietro di me e tornò ad accarezzare quel punto che ormai sapeva rendermi folle. Un dito scivolò dentro, poi due, poi la sua voce calda mi accarezzò il collo: «Voglio vederti gocciolare per noi. Senza ritegno. Senza pudore.»
E io gocciolavo. E mi aprivo. E mi arrendevo.
«Ma non è finita…» disse Clara, scivolando di nuovo a terra, con un sorriso più feroce. Prese qualcosa dalla borsa, uscì, poi tornò dalla penombra con un oggetto di vetro tra le mani. Un dildo d’antan, era lungo, spesso, trasparente e ricoperto di protuberanze. Sembrava un prodotto di design, ma vibrava di una promessa oscena. Lo sollevò con eleganza, lasciando che la luce calda della stanza ne rivelasse ogni dettaglio.
«Guarda, Ginevra. Sai cosa contiene?» chiese Clara, mentre me lo mostrava da vicino.
Il liquido dorato al suo interno si muoveva con lentezza, caldo, vivo. Lucinda mi bisbigliò all’orecchio, mentre le dita accarezzavano il mio collo: «È la mia urina. Appena fatta. Calda come il tuo respiro adesso. Vuole entrare in te.»
Un fremito profondo mi attraversò. Qualcosa si sciolse nel basso ventre, come se la perversione avesse finalmente trovato la sua forma perfetta.
Clara si inginocchiò fra le mie gambe, aprì piano le labbra della mia figa e lasciò che la punta del dildo vi poggiasse con un bacio liquido. Il vetro era tiepido contro la mia pelle, e quando cominciò a scivolare dentro, il calore del contenuto si trasferì nelle mie viscere. Sentivo la pienezza… e qualcosa in più. Sentivo l’intimità di Lucinda penetrare la mia.
«Lo senti? Sei piena di lei…» sussurrò Clara, con voce impastata di desiderio. «Ti stai facendo riempire di piacere e di sottomissione.»
Lo infilava piano, centimetro dopo centimetro, mentre le piccole protuberanze stimolavano le pareti più profonde della mia figa. Il calore dell’urina sembrava sciogliere le mie resistenze, cancellare i miei limiti. Le mani di Lucinda mi tenevano ferma, mi obbligavano a spalancare le gambe davanti agli sguardi invisibili oltre il vetro.
«Ora sei davvero nostra. Ti stai facendo riempire del nostro odore, del nostro sapore… davanti a tutti,» sibilò Lucinda.
Un gemito mi esplose in gola mentre il piacere si faceva incandescente, animale. Il vetro si muoveva dentro di me con movimenti lenti, solenni, come un rituale. Potevo sentire ogni goccia calda premere dall’interno. Mi stavo liquefacendo.
Clara non smetteva di guardarmi negli occhi. «Ti piace essere così sporca? Così esposta?»
«Sì… sì… mi piace…» ansimai, mentre sentivo l’orgasmo montare con una potenza nuova. Il liquido caldo, la superficie ruvida, gli sguardi… tutto mi faceva perdere il controllo.
Quando venni, il mio corpo si contrasse in ondate. Il vetro dentro di me pulsava, come se fosse vivo. Il calore che mi aveva invasa usciva a piccoli fiotti misti ai miei umori, colando tra le cosce, scivolando sul letto.
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