Pubblico e privato. 1

di
genere
confessioni

L’incontro




Nicola Greco era arrivato puntuale. Cartella sottobraccio, camicia chiara, quello sguardo teso che spesso accompagna i giovani professionisti al primo incarico di prestigio. La collaborazione con la sezione provinciale dell’APSI — l’Associazione per la Prevenzione e la Salute Integrata — un progetto di intervento nei centri periferici con approccio multidisciplinare, era una buona occasione. Il progetto “Quartieri in Salute” dell’APSI era attivo da pochi mesi, ma già raccoglieva l’interesse di istituzioni e stampa locale. L’idea di portare la prevenzione dove non arrivano i protocolli, nei mercati rionali, nelle palestre di quartiere, nelle scuole serali, dava al tutto un’aria di sfida e missione civile. Sul banco all’ingresso, una pila ordinata di dépliant con il logo stilizzato dell’APSI – tre cerchi intrecciati a formare una figura armonica, quasi un abbraccio. Sotto, il motto: “La salute inizia dalla consapevolezza.”
Non sapeva ancora quanto gli avrebbe cambiato la vita. Quando le porte della sala si aprirono, lei era già lì: Sandra, la presidentessa dell’associazione. Cinquantotto anni, indossava un completo scuro impeccabile, una camicetta chiara che lasciava intravedere la pelle soda del collo e una catenina d’oro sottilissima. Mani curate, capelli morbidi alle spalle. Ma soprattutto: la voce. Parlava con l’autorevolezza di una dirigente, ma il tono era diverso. Ogni parola sembrava accarezzare l’aria. Anche quando discuteva di logistica e fondi regionali, c’era qualcosa di ipnotico. Quella voce armoniosa e dolce, dal timbro pacato. Quelle “esse” un po’ sibilanti, quelle doppie alleggerite, un appena percettibile cantilena. In ogni caso stimolava il pensiero di metterle in bocca la lingua o…qualcos’altro. Nicola, seduto in fondo, la fissava come in trance. Le parole le uscivano dalla bocca con grazia, articolate, precise. Ogni frase alla conferenza scivolava come seta tra il brusio delle menti attente, mentre lei restava ferma, elegante, composta. Ma sotto il tavolo, al di là degli sguardi, qualcosa di molto diverso accadeva. Le mutandine, sottili come un sussurro, si erano insinuate nella fessura più viva del suo corpo. Ogni minimo movimento, ogni flessione delle cosce sotto la gonna accennava un contatto, un fremito. Il tessuto le accarezzava le labbra con delicatezza sempre più insistente, e lei sentiva il calore crescere, lento, segreto. Un’umidità impercettibile all’esterno, ma per lei innegabile: l’eccitazione silenziosa intrideva il cotone sottile, impregnandolo di sé. E mentre Sandra parlava di dati, di etica, di sistemi complessi, dentro di sé danzava un’altra verità: il piacere nascosto, clandestino, che solo lei conosceva. Era il suo piccolo gioco, il suo brivido proibito: sapere di essere desiderante, viva, umida, in mezzo a decine di sguardi ignari. Nessuno si sarebbe accorto di nulla. Ma lei sì. Lei sapeva. E questo bastava a renderla incandescente e viva. Quel contatto umido e insistente contro la sua pelle aveva ormai smesso di essere solo una distrazione: era diventato parte integrante del suo ritmo. Il cuore le batteva più forte, ma non per l’agitazione. Era il piacere sommesso, concentrato, il desiderio che si insinuava tra le sue parole come un’eco silenziosa. C’era qualcosa di vertiginoso nell’idea che qualcuno potesse intuire, anche solo vagamente, cosa stesse accadendo sotto la superficie della sua eleganza. Le sue cosce si strinsero appena, quasi involontariamente, e un piccolo gemito le fiorì in gola, subito trasformato in un sorriso che passò per complicità intellettuale. Nessuno lo notò. O forse sì. Il segreto cresceva in lei come una fiamma lenta, nutrendosi del silenzio, della tensione, del pudore che lei stessa stava infrangendo senza muoversi davvero. Fu mentre voltava appena il viso verso la parte destra della sala che lo notò. Un giovane uomo, seduto qualche fila più indietro, ma con lo sguardo fisso su di lei. Non prendeva appunti. Non fingeva distrazione. La guardava. E non con quella curiosità vaga e rispettosa che si riserva a una relatrice stimata. No. Quello era uno sguardo diverso. Concentrato. Famelico, anche se immobile. Come se sapesse. Come se avesse colto qualcosa che nessun altro poteva vedere. Un brivido sottile le attraversò la schiena. Le gambe si strinsero ancora, ma stavolta non fu solo per il piacere. Era anche per quella tensione nuova: la possibilità di essere scoperta. Forse lui aveva visto il suo respiro accelerare, o l’impercettibile tremito della voce un minuto prima. O forse era solo una proiezione. Ma qualcosa, nel modo in cui la fissava, la colpì dritto
Nicola sentì il sangue premere sotto la cintura. Si sorprese a immaginarla nuda, lei che avrebbe potuto avere gli anni di sua madre. Una bellezza matura, sicura ma non ostentata, capace di una seduzione in ragione di una consapevolezza del suo corpo. Se la figurò seduta a gambe divaricate su una sedia, con le autoreggenti ben tirate su e la figa aperta, offerta.
Sandra riconobbe quel giovane rivedendo la foto del giovane medico che avrebbe collaborato con loro. Alla fine della conferenza, si avvicinò.
— Dottor Greco, vero? Benvenuto a bordo. Calabria, se non sbaglio.
— Sì… esatto.
— Sguardo intenso. I calabresi sono così. Studiano molto… ma osservano di più. Non ho potuto far a meno di notare la sua attenzione e concentrazione oggi.
Un sorriso. E poi, il profumo. Dolce, avvolgente, inconfondibile.
Sandra emanava una carica erotica naturale non comune, nei suoi gesti, nonostante il suo approccio educato, formale ma accogliente. E si trovò, senza volerlo, a fantasticare. Di lei, fra le sue braccia, piena di esperienza e priva di inibizioni. Di quel tipo di donna pienamente consapevole del proprio corpo. Una vera Circe capace di perderlo, di divorarlo. Fantasie capaci di indurgli una forte emozione. Tornò a casa con la mente occupata totalmente da quella donna, matura e irresistibile.


scritto il
2025-07-16
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