Mia cugina: Parte 27

di
genere
incesti

L'indomani faccio colazione con latte e caffè sul balcone. Fisso la strada sottostante gremita di veicoli e persone. Sembrano tutti indaffarati. Dove stanno andando così di fretta?
Merda, mi sta scendendo la depressione. La mia mente è un vortice di pensieri. Ilaria e Sarah. Ho mandato a puttane tutto quanto. Il mio uccello non sta starsene nei pantaloni. Deve sempre ficcarsi in qualche buco e rovinare tutto.
Squilla il cellulare. Lo prendo dalla tasca dei pantaloni. È mia cugina.
— Pronto?
— Sei al lavoro?
— No. Perché?
— Ilaria mi ha chiamato poco fa.
Cosa? Perché? — Ah… che ti ha detto?
— Possiamo vederci?
— Va bene. Dove sei?
— Sei a casa?
— Sì.
— Ti raggiungo.
Faccio per rispondere, ma riaggancia. Mi acciglio un po' perplesso. Che le avrà detto Ilaria? Perché non dirmelo al cellulare?
Entro in casa, mi faccio una doccia e indossa una tuta. Mi siedo sul balcone e osservo un aereo piccolo come un puntino nel cielo limpido. La mia mente si è svuotata. Non riesco a pensare a nulla. La telefonata di mia cugina ha spazzato via tutto quanto e non so nemmeno perché.
Il citofono suona.
Mi alzo e vado a vedere. Il viso di mia cugina appare sullo schermo del videocitofono. Non sembra tesa o preoccupata. Pigio il pulsante per aprire il portone.
Poco dopo entra nel mio appartamento. L'aria si riempie della sua acqua di colonia. Si è spruzzata addosso come minimo tutto il profumo.
Mi sorride e allunga una mano per salutarmi. Mi acciglio. Perché fa così? Cos'ha? Le stringo la mano e l’abbraccio. Lei mi stringe debolmente come se non fosse sicura.
— Tutto bene? — domando.
Mi guarda con un sorriso tirato. — Vi siete lasciati per colpa mia?
Dritta al punto. Non è da lei. Distolgo lo sguardo. — Penso di sì…
— Ilaria mi ha detto di sì, che non vuole più vederti.
Mi giro dall’altra parte. Non rispondo.
— È tutta colpa mia — dice mia cugina con voce triste. — Ti ho spinto io a…
— Non è colpa tua. Ma mia.
Appoggia una mano sulla mia spalla e fai il giro per guardarmi. — Non dire così. Sono io che ti ho cercato e… — Si interrompe. — Abbiamo fatto l’amore. Ti volevo così tanto che… Mi dispiace.
— Sono io che ho fatto l’amore con te. Volevo… ti voglio anche ora. E Ilaria… Lei… Voglio anche lei. Vi amo entrambe. — Abbasso lo sguardo con un lungo sospiro frustrato. — Tutto questo casino è colpa mia. Non tua. Solo mia. Ho fatto soffrire Ilaria… Anzi, sta ancora soffrendo. Non… non meritava tutto questo.
Cala un breve silenzio.
Mia cugina sospira. — Le parlerò.
— Non serve.
— Vedrai che capirà.
— Ha chiuso con me.
— Ma se le parlo…
Abbozzo un mezzo sorriso agrodolce. — Non cambierà niente. Ilaria è testarda. Quando si mette in testa qualcosa, niente e nessuno le farà cambiare idea.
— Nemmeno tu?
— Sono la causa di tutto. Aggraverei solo la situazione.
Sarah abbassa gli occhi. — Mi sento così in colpa…
Altro silenzio.
— Vuoi qualcosa da bere? — domando. Non so proprio cosa dire. Il silenzio è troppo pesante.
— Hai del tè al limone?
Annuisco. Prendo una bottiglia di tè al limone dal frigo, lo verso in un bicchiere e glielo porgo.
— Grazie — risponde lei. Ne beve un lungo sorso.
Altro silenzio. Ci guardiamo di sfuggita. Non so perché, ma c'è qualcosa di strano nell’aria. Io me la vorrei scopare seduta stante, ma cerco di non pensarci. Faccio davvero schifo. Ho perso il conto di quante volte ho detto questa frase, oramai.
Mia cugina posa il bicchiere sul tavolo. — Voglio davvero fare qualcosa per te. Tu e Ilaria state bene insieme.
— Non pensarci.
— Beh, non ci riesco. Dopotutto, è colpa mia.
— Smettila di incolparti. Non è così. La colpa è solo mia. Sono io che sono venuto a letto con te. Sapevo che era ingiusto nei confronti di Ilaria, eppure… — Sospiro. — Ho combinato un casino. Tu non c'entri niente.
Sarah mi afferra la mano e mi guarda negli occhi. — Ilaria ti ama.
— Lo so.
— Parlale.
— Te l’ho detto, non servirà a niente.
— Tu fallo.
Distolgo lo sguardo. — Lei sa che amo anche te. Non accetterà mai di non essere l’unica.
— Me l’ha detto.
— Quindi sai già tutto. È inutile parlarne.
Mia cugina mi stringe la mano con delicatezza. — Provaci.
— Perché insisti tanto?
— Perché lei ti ama. Quando le ho parlato, era distrutta. Non c'era odio nelle sue parole, ma solo… — Abbassa lo sguardo risentito. — Ti ama davvero tanto. — Alza gli occhi decisa. — Non fare lo stronzo e va da lei.
La fisso negli occhi. — E se volessi restare anche qui?
Non risponde subito, lo sguardo intenso. — Non puoi. Non possiamo. Siamo cugini.
— Cugini? Questa parola non è un limite per me. — Mi avvicino al suo viso. — Ora vorrei tanto baciarti e…
Sarah mi spinge via in malo modo. — Smettila di fare il coglione e va da lei! — Faccio per avvicinarmi, ma mi spinge di nuovo via. — Sei stupido? Da me non avrai niente.
La guardo per un momento. — Va bene.
Lei mi guarda di sfuggita. — Ora vado.
Appena fa per girarsi, la prendo per il polso e la faccio voltare verso di me. La bacio. Lei mi mette le mani sul petto per respingermi, ma fa solo finta. Ci baciamo a lungo con la lingua. Poi la conduco con il corpo verso la camera da letto e la faccio stendere. Mi abbasso pantaloni e mutande mentre lei fa lo stesso e le monto sopra. Il pene scivola nella sua vagina. È bagnatissima. Sapevo che aveva voglia. Lei geme e mi circonda le spalle con le braccia. Comincio a battere i fianchi contro il suo inguine mentre continuiamo a baciarmi. Poi aumento leggermente l'andatura finché Sarah si irrigidisce per l’orgasmo, gli occhi tirati all’indietro. Continuo per un po' e le vengo dentro.
Mia cugina si stringe a me come se volesse incollarsi. — Sei un bastardo…
— Lo so.
Mi bacia il collo. — Non so come fare con te.
— Nemmeno io con te.
— Ilaria…
La bacio. Facciamo di nuovo l’amore. Non voglio parlare di lei. Non voglio nemmeno sentirla nominare. So già come andrà a finire. Male. Malissimo.




Passano quattro giorni. E per tutte quelle sere io e mia cugina facciamo l’amore. Lei viene da me, beviamo qualcosa e poi sesso. O meglio, lei fa l’amore. Io me la scopo di brutto. Non riesco proprio a trattenermi. Quando finiamo, Sarah attacca con i sensi di colpa. Io cerco di sviare il discorso con il sesso. Ma ormai non funziona più. Arrivati al quarto giorno, dopo aver finito di fare l’amore, si riveste e se ne va senza dire una parola. Non la cerca né per messaggi, né per telefono. Non voglio opprimerla e farla scoppiare. Perché sta proprio per implodere per i sensi di colpa. Lo sento.
La sera del quinto giorno apro la porta per farla entrare, ma resto di sasso. È insieme a Ilaria. Hanno sguardi pericolosi. Non promettono nulla di buono. Che ci fanno insieme, poi? Li faccio accomodare nel soggiorno.
— Birra? — domando.
Si siedono sul divano.
Ilaria mi lancia un’occhiataccia. Mia cugina sembra turbata e pensierosa. Ha qualcosa per la testa.
— No — dice Ilaria.
— Va bene — dice mia cugina.
Prendo una birra dal frigo e la rendo a Sarah. Mi siedo sulla poltrona. C'è una tensione assurda. I nostri sguardi non fanno che cercarsi e ignorarsi allo stesso tempo.
— Vado al punto — dice Ilaria seria.
Bevo un sorso di birra. — Non vuoi un tè o qualcos'altro?
Lei fa una smorfia seccata. — Ascolta, Sarah mi ha detto tutto. Anche che avete fatto l’amore in questi giorni. — Fa un sorrisetto nervoso. — Prevedibile, dopotutto.
Bevo un altro sorso. Non rispondo. Anche perché non saprei proprio che dire.
— Quello che sta cercando di dire Ilaria… — dice Sarah piano.
— Non sto cercando di dire niente — risponde Ilaria un po' scorbutica.
Mia cugina la guarda un poco confusa. Sicuramente si sono parlate prima di venire qui. Forse si sono messe anche d’accordo su cosa dirmi. Oppure no, non lo so. Non le capisco quelle due.
Faccio un altro sorso. — Senti, mi dispi…
— Non parlare! — dice Ilaria irritata. — Non voglio sentire una parola da te. Zero!
Alzo le mani in segno di resa e bevo un altro goccio.
Lei incrocia le braccia con disappunto. — Non dovrei essere qui. Che stupida…
Sarah le posa una mano sul ginocchio. — Dovete fare pace. Dopotutto, è colpa mia. Non sua. Sono io che…
Sospiro. — Te l’ho detto un miliardo di volte, non è colpa tua. Ma mia. Sono io che ho…
Ilaria scatta in piedi e si lancia contro di me. Mi prende a schiaffi. Un raffica. Volavano ovunque. Faccia, braccia, petto, spalle. Mi colpisce in ogni parte del corpo come un bombardamento a tappeto.
— Oh, che fai!? — urlo.
Sarah posa la bottiglia di birra e l'afferra da dietro per le braccia. L’allontana. — Su, calmati.
— Schifoso bastardo! — grida Ilaria.
La guardo un po' sorpreso, maglietta e pantaloni bagnati di birra. So già che ha queste reazioni, ma non mi aspettavo che ne avesse una ora. E non così violenta.
Si dimena tra le braccia di mia cugina, il viso accaldato. — Per me sei morto! Morto!
Abbasso lo sguardo e mi massaggio la fronte. Credo che questa sarà la fine. Non l’ho mai vista così arrabbiata. Anzi, nei suoi occhi ribolle l’odio. Se gli mettessi un coltello in mano, mi ammazzerebbe. Ne sono sicuro. Quella rabbia è speciale. Trascendentale.
Sarah trascina Ilaria in cucina. Le sento parlare, ma non capisco cosa dicono. Sicuramente stanno parlando di me. Ilaria vuole uccidermi e Sarah cerca di persuaderla a non farlo. Qualcosa del genere, insomma.
Mi scolo le ultime gocce di birra. Si solito non bevo mai, ma oggi mi andava. Appena le ho viste insieme, sapevo che avrei avuto bisogno della compagnia dell’alcol.
Le due tornano nel soggiorno e si siedono sul divano. Mia cugina posa una mano su quella di Ilaria. Lei mi fissa apatica, ma i suoi occhi ribollono.
Le guardo entrambe, poi sposto lo sguardo su Ilaria. Mi sto ancora chiedendo perché sono venute qui insieme?
— Ho esagerato — dice Ilaria un po' sulle sue. — Mi dispiace.
— Non fa niente. Non avevi torto, alla fine. Meritavo di peggio.
— Infatti! Meritavi di…
Mia cugina le smuove la mano e scuote la testa. Ilaria distoglie lo sguardo risentito. Come fa a calmarla? È sorprendente.
Poso la bottiglia vuota sul basso tavolino. Sono un po' stordito. Un’idea folle si fa largo tra i pensieri. Fisso entrambe. — Voglio scoparvi tutti e due insieme.
Ilaria sbarra gli occhi. — Tu sei malato! Malato!
Mia cugina tenta di calmarla. Non sembra sorpresa dalle mie parole. Si limita a lanciarmi uno sguardo.
Mi porto una mano sul viso a disagio. — Cazzo… Io… Non… Voglio dire… Cazzo…
— Non cercare di scusarti, adesso! — dice Ilaria arrabbiata. — Sei un porco schifoso!
Mi alzo mezzo frastornato. — Sì… Io…
Ilaria scatta in piedi per prendermi a schiaffi.
Sarah la tiene ferma. — Calmati, ok?
L’altra le lancia un'occhiata torva e sposta lo sguardo omicida su di me. Fa per dire qualcosa, ma si ferma.
Le guardo per un momento. — Io vi amo! Entrambe!
Mia cugina si volta verso Ilaria. Lei mi fissa con il suo sguardo assassino. Non dice niente. Non ne ha bisogno. I suoi occhi parlano da soli. Mi vuole morto.
Distolgo lo sguardo e mi guardo intorno frastornato. È bastata una sola bottiglia a rincoglionirmi. Punto il dito contro di loro, lo agito. Faccio per dire qualcosa, ma mi lascio cadere sulla poltrona e le osservo con un sorrisino.
Ilaria parte alla carica, ma mia cugina la trattiene. L'altra si divincola dalla sua presa, mi salta addosso e mi martella di schiaffi.
Mi proteggo la testa con le mani. — Oh, basta!
— Porco schifoso!
Sarah l’afferra da dietro e la allontana. — Dai, smettila. Non risolverai nulla così.
— È un porco! Non lo hai sentito? Vuole fare l’amore con tutte e due.
Mi sembra di guardare un film. È tutto così surreale. E ho bisogno di un'altra bottiglia.
Ilaria si libera di nuovo. — Mi fai schifo! Mi pento di aver fatto l'amore con te! Di averti amato!
— Io no — rispondo di getto. — Non mi pentirò mai.
Lei mi fissa interdetta e incazzata. Non parla.
Mi alzo e vado a prendere una birra dal frigo in cucina. La stappo e bevo un lungo sorso. Dal soggiorno arrivano delle voci. Stanno parlando. Ma non mi importa. Esco sul balcone e mi siedo a guardare il cielo stellato. In strada, una cacofonia di voci e rombi di motore. Qualche clacson in lontananza.
Mia cugina mi raggiunge. — Vuole parlarti.
— Io no.
Mi molla un ceffone sulla spalla. — Vai!
— Ok, vado. — Mi alzo, le passo la bottiglia e rientro dentro.
Ilaria è seduta sul divano, le gambe incrociate. Me la vorrei proprio scopare. La guardo. — Beh?
— Beh!?
— Volevi parlarmi?
— Siediti.
— Sto bene in piedi.
— Non ti prendo a schiaffi.
Faccio una smorfia divertita. — Non è per quello. Sai, potresti avere un coltello nascosto. Non voglio finire accoltellato. O peggio, ammazzato.
Sbuffa seccata. — Smettila di fare il coglione e siediti.
— Ricevuto.
— Qui. Accanto a me.
Mi siedo e la guardo con un sorriso tirato.
Mi fissa strana. — Sei ubriaco?
— Nah, un po' brillo.
— Con una sola bottiglia?
— Non sono mica come te. La mia soglia di “ubriachezza” è molto bassa.
Ilaria scuote la testa. — Senti, mi dispiace per prima.
Annuisco.
— Ero arrabbiata. E lo sono ancora.
— Beh, si vede.
— Lasciami parlare — dice scorbutica.
Alzo le mani in segno di resa.
— Quello che ti ho detto prima… Non lo penso. Io ti amo. Dico davvero.
— Anch'io ti amo.
Mi fulmine con lo sguardo. — Che ti ho detto?!
— Ok, ok, ti lascio parlare.
Ilaria mi prende una mano, incrocia le dita con le mie. — Voglio stare con te, ma tu me la rendi difficile. E lo sai perché. Lo sai benissimo. Sarah… Lei… — Sospira frustrata. — Tu la ami, ma ami anche me. È così… snervante. Non posso accettarlo. Non ci riesco. — Mi stringe la mano, posa l’altra sulla mia. — Voglio essere l’unica, ma tu… Per te è impossibile. Non lo farai mai. Non sarò mai l’unica per te. Mai!
Abbasso gli occhi. — Lo sei, invece. Ma non nel modo in cui credi. Tu e Sarah siete uniche. Per me siete sullo stesso livello. Vi amo entrambe allo stesso modo.
Ilaria ritrae le mani irata. — Basta con queste stronzate! Non si possono amare due persone allo stesso modo.
— Invece sì — rispondo secco. — Per me sì può. Io ci riesco. Vi amo entrambe. E se tu non mi credi…
— Non ti credo! E allora!?
Sospiro. — Mi ami davvero?
Ilaria rotea gli occhi al cielo. — Te l’ho detto un minuto fa. Cos’è!? Sei sordo?
La fisso seria. — Ti ho fatto una domanda.
Lei fa lo stesso. — Ti amo.
— Anch'io.
— Quindi?
— Voglio stare con te e Sarah. Vi voglio entrambe. A te sta bene?
Mi guarda incredula e stranita. — Ma ti senti quando parli?
— Sono serio. A te sta bene?
— No.
— Bene. — Mi alzo e torno sul balcone.
Mia cugina è lì, le braccia poggiate sulla balaustra del balcone. Si volta. — Avete risolto?
Mi siedo e afferro la bottiglia di birra ancora piena sul tavolino. Sarah non ha bevuto nemmeno un goccio. — Qualcosa del genere.
Si gira completamente e posa i gomiti sulla balaustra. — Cioè?
Faccio per rispondere, ma Ilaria compare sul balcone. Mi fissa. — Bene?! Cosa vuol dire “bene!?”
— Non vuoi.
— Certo che non voglio! Ti sembra una cosa normale?
Mia cugina le si avvicina. — Che succede?
Ilaria mi punta il dito. — Chiedilo a lui. Avanti, diglielo. Che aspetti!?
Bevo un sorso. — Le ho chiesto se le stava bene stare con me e te. Ma ha detto no.
Sarah mi osserva interdetta. — In che senso con me e te?
— Voglio stare con entrambe.
Ilaria guarda mia cugina. — Hai sentito? È impazzito. Diglielo anche tu che non ci sta con la testa.
Sarah non risponde. Scorgo un sottile tentennamento nei suoi occhi. Oppure è tutto nella mia mente?
Ilaria si acciglia titubante. — Non è così? Non lo trovi fuori di testa anche tu?
— No.
Sbarro gli occhi. Quasi mi sputo la birra addosso. Ho sentito bene? Ha detto no?
Ilaria la guarda incerta. — No? Che vuoi dire? Che ti va bene la sua follia?
Mia cugina si gira e poggia le braccia sulla balaustra. Guarda il cielo punteggiato di stelle. — Non lo so.
Ilaria ci osserva turbata. — Voi non ci state con la testa. Per niente.
Cala un silenzio pesante.
Forse ha ragione. Non ci stiamo con la testa. Eppure è l'unica soluzione sensata per stare con entrambe. Ma non so se mia cugina la pensi come me. Non si è esposta. Ha detto solo “non lo so.” Cosa voleva dire? Che vuole stare con me? Che le va bene se allo stesso tempo sto anche con Ilaria? Oppure intendeva tutt’altro.
— È meglio che vada — dice Ilaria seria.
Sarah si volta. — Aspetta. Non andare. Non hai ancora risolto con Tommaso.
Ilaria smorza un sorrisetto. — Risolto? Cosa c'è da risolvere? Vuole scoparci entrambe? Ti sembra una cosa normale?
Nessuna risposta.
Mi alzo. — Ilaria…
Lei mi guarda. Non risponde.
— Amo te come amo mia cugina e questo lo sai, perciò…
— Non dire una parola.
— Se te ne vai ora, io…
— Tu cosa? Cosa farai? Non mi parlerai più?! Bene! Perché è quello che farò io d'ora in poi.
Fa per andare, ma la fermo per un polso e la tiro a me. — Ti voglio.
Lei mi fissa per un attimo e tenta di spingermi via. La stringo a me. Ilaria ci riprova, ma resta bloccata tra le mie braccia.
— Te l’ho già detto — dico piano. — Sono egoista. Non ti lascerò andare. Mai.
Distoglie lo sguardo con il broncio. — Non ti voglio.
— Baciami.
Sbuffa seccata. — Lasciami andare.
Rafforza la presa dolcemente. — Lo sai che non lo farò mai. Lo sai benissimo.
Ilaria cerca di liberarsi senza troppa convinzione.
— Non fingere — dico. — È inutile. Lo so che mi vuoi. Lasciati andare.
— Il tuo alito puzza di birra. Allontanati.
— Quante storie…
Alza lo sguardo e mi fissa dritto negli occhi in malo modo. — Se non mi lasci andare, mi metto a gridare.
La guardo per un momento. Allento la stretta e torno a sedermi.
Ilaria sposta lo sguardo da me a Sarah. Lei non ha fatto o detto niente per tutto il tempo. Si è limitata a guardare. Chissà cosa le frulla in testa?
Mia cugina solleva un angolo della bocca in un sorriso quasi triste. — Vi amate davvero e… Mi sento la terza incomoda, qui.
— Non lo amo! — dice Ilaria stizzita.
— Io sì — rispondo.
— Ma piantala! Se mi amassi davvero, sarei… — Si zittisce e guarda Sarah. — Non importa. Sto solo perdendo tempo qui.
— Quindi te ne vai? — chiedo.
Sbuffa irritata. — Sono venuta qui perché credevo che… Insomma, credevo che sarebbe cambiato qualcosa. E ora non so nemmeno cosa.
— Ah… perfetto.
— Perfetto cosa?
— Niente. Era per dire.
— Quindi dici le cose giusto per dire?
Scuoto la testa con un smorfia di disappunto. — Pensala come vuoi.
— Bene. Ora me ne vado davvero.
— Non andare — risponde Sarah.
Ilaria lascia il balcone. Poco dopo sento sbattere la porta d’ingresso.
Guardo mia cugina. — Sai cosa ho capito da tutta questa situazione?
— No. Cosa?
— Appunto. Non ho capito un cazzo.
Mia cugina scuote la testa con un mezzo sorriso divertito e posa le braccia sulla balaustra. — Lei ti vuole.
— Lo so.
— La lascerai andare?
— No.
Un breve silenzio.
— Con me non c'è futuro — dice Sarah. — Ma con Ilaria… Lei ti ama. State bene insieme.
— Anche con te sto bene.
— Non dire così.
— È la verità. Sai che stiamo bene insieme, ma tu… — Mi alzo e la raggiungo, le braccia poggiate sulla balaustra. — Sei simile a lei, per certi versi. Cocciuta. Vuoi una cosa, ma hai paura di averla.
Mi guarda. — Non si può avere tutto dalla vita.
— Non voglio tutto. Voglio solo te. — E Ilaria.
Sbuffo un sorriso. — Hai rovinato un momento romantico.
Sposta lo sguardo sulla strada sottostante. — Quale momento?
Scuoto la testa. — Per te va bene?
— Non abbiamo futuro.
— Partiamo da ora.
— Certo che sei insistente.
— Perché ti amo. Ecco perché.
Silenzio. Un colpo di clacson lontano. Il luccichio delle stelle nel cielo.
Le stringo una mano. — Sei tu il mio futuro.
Si volta verso di me. — Sei così smieloso che mi sta venendo da vomitare.
Sorrido come un bambino. — È il cuore che parla.
— Sicuro che non sia quell’affare là sotto?
— Anche.
Scuote la testa con un sorriso. — Sei tutto scemo.
— Questo scemo vuole fare l’amore con te.
— Hai sempre la battuta pronta, eh?
— Non solo quello.
Mia cugina rotea gli occhi in aria. — Sei incredibile...
Le circondo i fianchi con una mano e la tiro a me. Ci guardiamo negli occhi per un momento. La bacio. Lei mi infila la lingua in bocca. La sposto col corpo verso la sedia, mi siedo e mi abbasso pantaloni e mutande. Lei fa la stessa cosa, mi monta sopra e guida il mio pene nella sua vagina. Torniamo a baciarci mentre muove il bacino sul mio inguine. Le strizzo il sedere con le mani, ci mollo uno schiaffo.
— Ahia! — dice lei irata.
— Scusa…
Mi ribacia con la lingua in modo selvaggio, i suoi fianchi che si agitano su di me senza sosta. Poi si irrigidisce in preda all’orgasmo, le braccia buttate attorno al mio collo. Sollevo il bacino e le vengo dentro.
Mia cugina continua a muoversi su di me, il viso stravolto. — Voglio farlo ancora…
— Anch’io.
Continuiamo a fare l’amore sul balcone, le stelle uniche testimoni.
scritto il
2025-07-10
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