Mia cugina: Parte 26

di
genere
incesti

Verso le nove e mezza citofono alla villa di Ilaria. Aspetto e mi guardo intorno. La strada è deserta. Uno dei lampioni sfarfalla nella notte. Una bugatti viola parcheggiata dietro una BMW. Chissà che razza di gente ricca vive qui? Banchieri, avvocati, giudici, imprenditori, Ceo di compagnie. E Ilaria.
— Chi è? — domanda lei dal citofono.
— Sono io. Tommaso.
Il cancello pedonale vibra. Entro e attraverso il vialetto fiancheggiato di alberi e cespugli. Odore di terra bagnata e di fiori.
Ilaria è sull'uscio di casa con un sorriso dipinto sul volto.
Distolgo lo sguardo. Mi sento in colpa. Poco fa mi sono scopato mia cugina. Letteralmente. Mi fermo davanti a lei. — Ehi…
Ilaria mi dà un bacio a stampo e mi abbraccia, la testa appoggiata sul mio petto. — Pensavo non venissi più.
Mi fa strano il suo affetto. Di solito è fredda, quasi pacata. — Sei sicura di essere Ilaria?
Solleva gli occhi su di me confusa. — Che vuoi dire?
Abbozzo un mezzo sorriso. — Sei troppo affettuosa. Non mi aspettavo un benvenuto da fidanzatina dolce.
Serra gli occhi con finta rabbia e mi tira un piccolo pugno sul braccio. — Cretino!
— Ahia!
— Entriamo dentro. Voglio farlo.
— Di nuovo? Non ti è bastato in ascensore?
Chiude la porta e mi trascina verso la camera da letto. C'è un forte odore di detersivo al limone nell’aria. Entriamo nella stanza, mi spinge sul letto e si spoglia.
Osservo le sue tette e la vagina. Il mio pene mi diventa durissimo e mi fa un po' male per prima. Ho scopato mia cugina con troppa foga. E prima ancora Ilaria.
Lei si mette in ginocchio, mi abbassa pantaloni e mutande e prende in mano il mio pene, i suoi occhi nei miei. — Che c'è?
Alzo le spalle. — Niente. Che c’è?
— Non lo so. Sembri strano.
— Strano? Che vuoi dire?
Mi fissa per un attimo. — Non lo so. Sembra che tu voglia dirmi qualcosa.
Ha capito tutto? Impossibile. — Sì, che sei bellissima.
Inclina la testa e mi guarda con un'espressione tipo, “mi prendi per il culo?”. Molla la presa dal mio pene. — Che succede? Parla.
Ecco la Ilaria che conosco. — Niente. Te l’ho detto.
— Mi hai fatto passare la voglia.
— Ma non è successo niente.
Fa per rivestirsi, ma la tiro per un braccio su di me e la stringo in un abbraccio, il mio pene pressato sulla sua coscia. — Ehi, non c'è nulla che non va.
Mi annusa i capelli e il collo e mi fissa con uno sguardo spiritato. — Cos’è questo odore?
— Quale odore?
— Puzzi di… — Mi annusa di nuovo con più convinzione. — Puzzi di passera.
Sbarro gli occhi. Impossibile. Mi sono fatto una doccia prima di venire qui. — Dai, non scherzare.
Mi riannusa, lo sguardo da psicopatica. — Ti sei fatto quella ragazzina?
— Ma che stai dicendo!?
Mi tira uno schiaffo in faccia, gli occhi umidi. — Te la sei fatta! Brutto stronzo!
Mi molla un altro schiaffo, ma le blocco il polso. — Ou! Che fai!? Non ho fatto niente.
Continua a colpirmi anche con l’altra mano. Scoppia a piangere. — Bastardo! Come hai potuto!?
— Non ho fatto niente! Devi credermi.
Si libera dalla mia presa, si alza, raccoglie i vestiti e si chiude in bagno.
Mi alzo e busso alla porta. — Ehi.
— Lasciami stare!
Cazzo, mi sembra di rivivere la stessa scena con mia cugina. Ma perché mando tutto a puttane? Ilaria non merita tutto questo! Io non mi merito lei.
Busso alla porta. — Ilaria…
— Vattene! Tornatene in quel buco di appartamento.
— Ilaria, ti prego…
— Fai schifo! Sei uno stronzo! Non voglio più vederti.
— Ilaria…
— Sei licenziato! Non farti più vedere al lavoro.
Giro il pomello della maniglia, ma la porta è chiusa. — Per favore, parliamone…
— Ti ho detto di andartene! Sparisci!
La sento piangere dal nervoso dietro la porta. Non so cosa fare. Ho combinato un casino. Appoggio la schiena sulla porta e mi lascio scivolare fino a sedermi, le mani tra i capelli.
Ilaria continua a piangere, a singhiozzare per un pezzo. Poi la porta si apre. Cado di spalle sul pavimento e incrocio il suo sguardo sottosopra. Si è rivestita. Lei mi fissa e fa per mollarmi un calcio. Mi rannicchio, le mani a protezione della testa.
— Sei patetico… — dice con voce rotta.
Allontano le braccia dalla testa. — Lo so.
Mi passa accanto ed esce dalla camera da letto. Mi alzo e la seguo alle spalle. Lei entra in cucina, prende un succo all’arancia rossa dal frigo e ne beve un sorso.
— Devi credermi — dico.
— Smettila!
Mi avvicino alle sue spalle e ci poggio una mano. Lei me la scaccia in malo modo. Cerco di abbracciarla, ma mi spinge via.
— Vattene! — grida.
— Ma perché non mi credi!?
Ilaria abbozza un sorrisetto sardonico. — Crederti? Sei un pezzo di merda! Ecco cosa sei. — Le prendo una mano, ma lei la ritrae. — Non toccarmi! - urla.
Mi siedo a tavola, lo sguardo basso.
Lei mi fissa mentre beve un sorso di succo. — Vuoi andartene!?
— Non ho fatto niente.
— Ancora!?
Alzo lo sguardo su di lei. — Devi credermi!
— Sei un disco rotto!
— Perché sei così sicura che mi sono fatta un’altra?
Si avvicina a me con uno sguardo assassino, mi annusa e mi guarda schifata. Non parla.
Mi alzo e la bacio. Lei mi spinge via, ma la bacio di nuovo. La spingo con il corpo contro la parete della cucina, una mano sul suo sedere, l'altra dietro il collo. Ilaria fa per divincolarsi, ma la tengo bloccata al muro.
Gira il viso dall’altra parte. — Lasciami andare!
La prendo per il mento e la guardo negli occhi. — Smettila di fingere.
Lei mi fissa intensamente. Non risponde.
— Toccalo — dico.
Lei mi stringe il pene dietro i pantaloni.
— Baciami.
Mi bacia. Un bacio freddo che diventa passionale. Mi infila la lingua in bocca.
Ritraggo la testa. — Non ti ho detto di usare la lingua.
Mi guarda ancora intensamente. Nessuna risposta.
Calo una mano dentro i suoi pantaloni, due dita sulla vagina. Lei si lascia scappare un gemito. — Sei tutta bagnata — dico. — Ti sei eccitata?
Nessuna risposta.
Sfrego il suo clitoride con il dorso della mano, le due dita scivolano nella vagina. — Ti piace?
Ilaria ansima, si aggrappa a me.
Tiro la mano fuori dai suoi pantaloni e faccio un passo indietro.
Mi fissa in malo modo. — Perché hai smesso? Che cazzo stai facendo?!
Sorrido compiaciuto. — Inginocchiati.
Mi guarda per un attimo. Si inginocchia. Mi abbasso pantaloni e mutande e avvicino il pene duro come il marmo alla sua faccia. Lei lo fissa, avvicina la bocca.
La fermo con una mano. — No.
Solleva lo sguardo di me, gli occhi socchiusi dalla rabbia. Non risponde.
— Tira fuori la lingua.
La caccia fuori mentre infila una mano dentro le mutandine.
— Ti ho detto di toccarti? — domando severo.
Un altro sguardo intenso. Tira fuori la mano, le dita bagnate.
Poso il pene sulla sua lingua. Lei fa per metterselo in bocca, ma le tengo ferma la testa. — No!
Un'altra occhiataccia. Non risponde.
Alzo un angolo della bocca in un sorriso. — Per oggi può bastare.
— Cosa!? — urla con tutta la voce che ha in corpo.
Sorrido compiaciuto.
Faccio per alzarmi le mutande, ma lei mi afferra il pene. — Tu non vai da nessuna parte — dice minacciosa. E si infila il mio uccello in bocca. Inizia a succhiarlo, il rumore della saliva che rompe il silenzio.
Le afferro la testa con entrambe le mani e spingo il mio pene tutto dentro. Ilaria mi guarda con la faccia paonazza, gli occhi gonfi e rossi. Lo tiro fuori. Lei tossisce e se lo rimette di nuovo in bocca. Lo succhia per un po'.
Le vengo in bocca.
Si fa colare lo sperma dal lato delle labbra sulla mano. — Sei uno stronzo!
— Che ho fatto adesso?
— Cos’era quella cosa di prima?
— A cosa ti riferisci?
Prende un fazzoletto dal ripiano della cucina e si pulisce la mano e la bocca. Poi se la sciacqua nel lavandino. Si volta verso di me. — Ho le mutandine tutte bagnate. Mi hai fatta eccitare.
Mi avvicino a lei. — Quindi ti eccita farti dominare?
Mi fissa eccitata. Non risponde.
Le afferro il mento, la guardo negli occhi e le mollo uno schiaffo sul sedere. Glielo strizzo. Geme con un gridolino. Fa per baciarmi, ma la metto faccia al muro e le abbasso i pantaloni e le mutandine bagnate fradice. Dell’acqua le rivola lungo l'interno coscia. Inarca la schiena verso il mio pene.
— Vuoi che te lo metta dentro? — domando.
— Sì, scompami, ti prego. Non resisto piu. Scopami…
Le mollo una schiaffo sul sedere, le metto una mano sul collo e la tiro verso di me. Avvicino la bocca al suo orecchio. — Non ho sentito.
— Scopami, ti prego. Scopami…
Poggio la punta del pene contro le pareti della sua vagina, ci struscio sopra. Lei inarca di nuovo la schiena per infilarselo dentro, ma non ci riesce. Calo una mano sul suo clitoride e lo massaggio. Le sue gambe cedono per un istante. La stringo a me per non farla cadere.
— Scopami, per favore… Ti prego...
La bacio dietro l’orecchio e scendo lungo il collo. — Chi ti dice che voglio scoparti?
Ilaria si volta verso di me sconcertata. Fa per parlare, ma la metto faccia al muro. — Ti ho detto di girarti? — chiedo greve.
Altra acqua le rivola lungo l'interno coscia assieme a un liquido appiccicoso che cola dalla vagina sul pavimento.
— Non ce la faccio più… — dice con tono supplichevole. — Ti prego, scopami… — Spinge il sedere contro il mio pene. La punta entra nella sua vagina e ansima dal piacere. Lo tiro fuori.
Si volta di nuovo verso di me incazzata nera. — Cazzo! Scopami brutto figlio di puttana!
Le infilo l'uccello tutto dentro. Ilaria si lascia scappare un forte gemito di piacere. I miei fianchi sbattono con forza contro il suo sedere. Continua a gemere mentre sfrigolo il suo clitoride con una mano e stringo piano il suo collo con l’altra. La sua vagina è più larga del solito. È così eccitata?
La scopo di brutto per un pezzo.
Vengo di nuovo. Poca roba.
Lei gira la testa e mi bacia a lungo. Faccio un passo indietro e scivolo sul pavimento bagnato. Lei cade su di me e scoppiamo a ridere. Una risata isterica.
— Hai fatto un lago — dico.
Mi molla uno schiaffetto sul braccio. — È colpa tua!
— Che ho fatto?
— Devi rifarlo. Non sono mai venuta così tanto prima d’ora. Mi hai prosciugata. — Si alza. — Ora ho sete.
— Attenta a non scivolare.
Si riempie un bicchiere d'acqua dal lavabo e ne beve un lungo sorso. — Hai intenzione di rimanere sul pavimento per sempre?
Mi alzo. — Puoi aprirti una piscina qua.
— Smettila, cretino.
Mi rivesto. — Pace fatta?
— Quale pace?
La guardo turbato. Dovevo stare zitto. — Vuoi che me ne vada?
Posa il bicchiere sul ripiano e mi raggiunge con sguardo serio. — Dimmi la verità. Ti sei fatta la ragazzina?
— No.
— Ma qualcuna ti sei fatto.
— Non è così.
Arriccia le labbra con dissenso. — Se non vuoi dirmelo, allora…
Sospiro. — Mia cugina.
Ilaria sbarra gli occhi, la faccia come l’inferno. — Tua… cugina?
Abbasso lo sguardo. — Già…
Mi fissa così male che sento le ossa tremare. — Quando?
— Qualche ora fa.
Distoglie lo sguardo e si porta una mano sulla testa sconvolta. Si gira e rigira, il viso arrossato. — Oh, perfetto. Proprio perfetto. — Pianta gli occhi assassini su di me. — Abbiamo chiuso. Definitivamente.
Non rispondo.
Lei si siede, lo sguardo perso nel vuoto. Forse mi vorrebbe prendere a schiaffi o uccidermi. Ma non lo fa. Resta in silenzio. Un silenzio glaciale, ma non privo di familiarità. Anzi, se devo essere onesto, Ilaria è proprio così. Apatia e freddezza. Poi partono le mani. Ecco perché mi sembra strana quando si mostra affettuosa.
La guardo con la coda dell'occhio. Ho rovinato tutto, ma sono stato sincero. Non potevo tenerglielo nascosto. Ora che faccio?
Ilaria si alza dopo un po’, mi lancia un’occhiata torva e lascia la cucina. Non mi ha cacciato, né detto una parola. Forse era già implicito nello sguardo. Devo andarmene e sparire dalla sua vita per sempre. E cercarmi un altro lavoro.
Mi alzo e vado via. Sta diventando una routine. Scopare e litigare. Litigare e scopare.
scritto il
2025-07-07
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