La vergine attempata 2
di
AngelicaBellaWriter
genere
prime esperienze
La vergine attempata – Capitolo II: Il battesimo
Non c’erano più parole tra noi.
Solo gesti.
La sacca era aperta sul divano. I suoi strumenti erano stati disposti con cura su un telo grigio. C’erano oggetti che non sapevo nemmeno nominare. Alcuni mi spaventavano. Altri mi incuriosivano. Tutti mi facevano tremare.
Matteo si spogliò con lentezza. Il suo corpo era giovane, scolpito, duro. Non mostrava alcuna fretta. Era sicuro di me. Di ciò che stavo per offrirgli.
― Inginocchiati.
Lo feci. Le ginocchia sul tappeto. La bocca socchiusa.
Mi prese il viso con una mano.
― Sai da dove si comincia, no?
Deglutii.
― Dalla bocca, Matteo.
Sorrise.
― Brava.
Era grosso. Gonfio. Invasivo. Appena lo sentii sulle labbra, un istinto mi fece ritrarre. Lui mi afferrò per la nuca.
― Apri. E succhia.
Obbedii.
Mi spaccava le labbra. Le guance. Il fiato.
Mi prendeva la testa e la guidava, con colpi brevi e profondi.
Non era un bacio. Era un possesso.
― Vergine pure qui, eh? Lo sento.
Sputò. Una goccia calda mi colpì l’occhio.
― Ti sto insegnando a usare quella bocca. Dì grazie.
Mi sentii arrossire fino alle ossa.
― Grazie, Matteo.
•
Quando mi portò sul letto, ero fradicia.
Mi afferrò le caviglie. Mi aprì.
Mi guardò.
― Bella fessura. Vecchia, ma bagnata.
Poi prese uno dei suoi oggetti. Lo passò sulle mie labbra. Mi dilatò piano.
Godevo. Lo odiavo. Lo desideravo.
Entrò in me con un solo colpo.
Un urlo mi sfuggì dalla gola. Lo stomaco si contrasse.
Era vero. Finalmente. Dentro. Un uomo.
Il mio corpo era stato forato.
La mia verginità… dissolta.
Mi scopava come un animale. Come se dovesse cancellare ogni traccia della donna che ero stata.
― Ti senti viva adesso? Rispondi.
― Sì. Dio, sì!
•
Poi venne il terzo passaggio.
Mi girò di schiena. Le mani sulle natiche. Mi aprì.
― L’ultima porta.
Strinse un lubrificante gelido tra le dita. Lo spinse dentro.
Poi uno dei suoi falli. Liscio. Lungo. Spietato.
― Fammi sentire come urla il tuo culo vergine.
E io urlai.
Mentre mi prendeva da dietro, con forza, con rabbia, con furore.
Lì compresi che non avevo più nulla da perdere. E niente da salvare.
Quando venne, lo fece ovunque. Addosso. Dentro. Sulla bocca.
Ed io rimasi lì, aperta, invasa, tremante.
Felice.
Non c’erano più parole tra noi.
Solo gesti.
La sacca era aperta sul divano. I suoi strumenti erano stati disposti con cura su un telo grigio. C’erano oggetti che non sapevo nemmeno nominare. Alcuni mi spaventavano. Altri mi incuriosivano. Tutti mi facevano tremare.
Matteo si spogliò con lentezza. Il suo corpo era giovane, scolpito, duro. Non mostrava alcuna fretta. Era sicuro di me. Di ciò che stavo per offrirgli.
― Inginocchiati.
Lo feci. Le ginocchia sul tappeto. La bocca socchiusa.
Mi prese il viso con una mano.
― Sai da dove si comincia, no?
Deglutii.
― Dalla bocca, Matteo.
Sorrise.
― Brava.
Era grosso. Gonfio. Invasivo. Appena lo sentii sulle labbra, un istinto mi fece ritrarre. Lui mi afferrò per la nuca.
― Apri. E succhia.
Obbedii.
Mi spaccava le labbra. Le guance. Il fiato.
Mi prendeva la testa e la guidava, con colpi brevi e profondi.
Non era un bacio. Era un possesso.
― Vergine pure qui, eh? Lo sento.
Sputò. Una goccia calda mi colpì l’occhio.
― Ti sto insegnando a usare quella bocca. Dì grazie.
Mi sentii arrossire fino alle ossa.
― Grazie, Matteo.
•
Quando mi portò sul letto, ero fradicia.
Mi afferrò le caviglie. Mi aprì.
Mi guardò.
― Bella fessura. Vecchia, ma bagnata.
Poi prese uno dei suoi oggetti. Lo passò sulle mie labbra. Mi dilatò piano.
Godevo. Lo odiavo. Lo desideravo.
Entrò in me con un solo colpo.
Un urlo mi sfuggì dalla gola. Lo stomaco si contrasse.
Era vero. Finalmente. Dentro. Un uomo.
Il mio corpo era stato forato.
La mia verginità… dissolta.
Mi scopava come un animale. Come se dovesse cancellare ogni traccia della donna che ero stata.
― Ti senti viva adesso? Rispondi.
― Sì. Dio, sì!
•
Poi venne il terzo passaggio.
Mi girò di schiena. Le mani sulle natiche. Mi aprì.
― L’ultima porta.
Strinse un lubrificante gelido tra le dita. Lo spinse dentro.
Poi uno dei suoi falli. Liscio. Lungo. Spietato.
― Fammi sentire come urla il tuo culo vergine.
E io urlai.
Mentre mi prendeva da dietro, con forza, con rabbia, con furore.
Lì compresi che non avevo più nulla da perdere. E niente da salvare.
Quando venne, lo fece ovunque. Addosso. Dentro. Sulla bocca.
Ed io rimasi lì, aperta, invasa, tremante.
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