I mutanti
di
Petulka
genere
fantascienza
Petra, viaggiava questa volta a bordo di un elicottero militare e venne scaricata in un luogo che sembrava uscito da un incubo atomico. La base, scavata nel ghiaccio siberiano, era un dedalo di cemento grigio, tubi che stillavano sostanze verdi e un odore di uranio arrugginito che le bruciava le narici. I 50 soldati che la accolsero avevano corpi deformati: pelle coperta di escrescenze tumorali, cazzi che spuntavano da parti del corpo improbabili, come il gomito o la nuca, e occhi iniettati di sangue che sembravano schizzare fuori dalle orbite. «Benvenuta nella culla della mutazione,» ghignò il comandante, con un pene che spuntava dal costato, deforme e pulsante come un cuore esterno. «Qui non scopiamo. Ti inculiamo con il cancro.»
Petra fu trascinata in una stanza con pareti di acciaio e un tavolo di metallo freddo, al centro del quale c’era un «dilatatore nucleare»: un aggeggio con punte rotanti, seringhe piene di sperma radioattivo e un braccio meccanico che pompava come un pistone. «Prima ti prepariamo,» disse il comandante, strappandole i vestiti con un coltello arrugginito. I soldati si avvicinarono, i loro cazzi che gocciolavano pus e sperma denso come catrame. Il primo, con un pene biforcato che usciva dal petto, le infilò una delle due estremità nella fica, l’altra nel culo. «Due troie in una,» rise, mentre Petra urlava per la lacerazione. «Succhia,» ordinò un altro, infilandole il cazzo in bocca: la sua pelle era coperta di scaglie come un pesce marcio, il glande che sanguinava. «Bevi il mio sangue e sperma. È il tuo cazzo di latte.»
La violenza aumentò. Un soldato con un cazzo lungo 40 cm, ricurvo come un uncino, le aprì la fica con un colpo che la fece sputare sangue. «Prendi il cazzo da guerra, cagna!» urlò, pompando fino a farle uscire i visceri. Un altro, con un prepuzio così lungo da coprire il ventre, le legò le mani alle catene del soffitto e le infilò il pene in gola, fino a che Petra non sentì il vomito salire. «Se vomiti, ti inietto lo sperma direttamente nel fegato,» minacciò, e le ficcò un ago nel collo, pompandole sperma sintetico nelle vene. Petra urlò, ma il dolore si mescolò a un orgasmo bestiale, lo squirt che schizzò a terra come un geyser, inondando le piastrelle di sperma e bile.
Ma il peggio fu quando i soldati la gettarono in una gabbia di vetro, al centro di un laboratorio pieno di schermi che mostravano immagini di Chernobyl. «Ora ti diamo in pasto ai mostri,» disse il comandante, premendo un pulsante rosso. La gabbia si aprì, e le creature entrarono: deformi, frutto di esperimenti nucleari, con cazzi che spuntavano da ogni parte, corpi coperti di pustole e occhi che si aprivano e chiudevano come valve. Un essere con due teste e un cazzo che usciva dallo stomaco si avventò su di lei, infilandole l’asta nella fica e il glande in bocca. «Cazzo, ha il cazzo dentro e fuori!» urlò un soldato, mentre Petra sentiva il tessuto lacerarsi sotto l’attacco.
Un altro mostro, simile a un incrocio tra un maiale e una medusa, le strappò le gambe con tentacoli viscosi, infilandole il cazzo nella vagina e un pene secondario, con una bocca piena di denti, nel culo. «Mangia il cazzo con il culo, troia!» rise il comandante, e Petra urlò quando i denti del pene secondario mordicchiarono il tessuto intestinale. «Squirta!» urlò, e Petra obbedì: un getto denso e nero schizzò sulle lenti degli scienziati, mentre lo sperma radioattivo dei mostri le inondava l’utero. «Cazzo, è piena di mutazioni!» rise uno, infilandole un dito nella fica aperta. «Sembra un cazzo di laboratorio vivente!»
Poi, senza preavviso, la gabbia fu aperta e Petra fu portata in un «reparto mutazioni». Qui, uno scienziato con un cazzo che usciva dal cranio le iniettò un siero nel clitoride. «Vediamo se il tuo cazzo di utero resiste alla morte,» disse, e il siero le fece crescere un tumore nella fica, che si aprì come una bocca urlante. «Cazzo, la troia ha una fica parlante!» urlò, e Petra, ormai fuori di testa, sentì il mostro che pompava dentro di lei, il dolore che si mescolava a un piacere perverso. «Prendi il cazzo atomico!» ringhiò lo scienziato, e Petra, con un orgasmo che le spaccò la spina dorsale, ebbe uno squirt che inondò i piani di lavoro, dove il fluido si trasformò in una sostanza radioattiva che bruciò il pavimento.
La notte fu un inferno. Petra, legata a un tavolo con cinghie di pelle umana, fu usata per «testare» nuove armi: un cazzo artificiale con lame rotanti le entrò nel culo, spaccandola a ogni giro. «Sembra una cazzo di centrifuga!» rise un soldato, mentre lo sperma marcio del mostro le colava nel cervello. «Mangia il cazzo e muori a cazzo di radioterapia!» urlò il comandante, e Petra, ormai carne da cannone, sussurrò: «Fatemi ancora. Non smettete mai. Voglio il vostro sperma dentro i polmoni.»
All’alba, Petra fu caricata su un sottomarino diretto a Nord. «Ora ti portiamo al Polo,» disse uno dei soldati, mentre le infilava un dito nel culo, strappando un urlo strozzato. «Laggiù ti aspetta il cazzo di un orso mutante. E non è il solo.» Petra, con gli occhi spiritati e il corpo una mappa di ferite, rise: «Portatemi dove cazzo volete. Io sono solo un budello.»
Petra fu trascinata in una stanza con pareti di acciaio e un tavolo di metallo freddo, al centro del quale c’era un «dilatatore nucleare»: un aggeggio con punte rotanti, seringhe piene di sperma radioattivo e un braccio meccanico che pompava come un pistone. «Prima ti prepariamo,» disse il comandante, strappandole i vestiti con un coltello arrugginito. I soldati si avvicinarono, i loro cazzi che gocciolavano pus e sperma denso come catrame. Il primo, con un pene biforcato che usciva dal petto, le infilò una delle due estremità nella fica, l’altra nel culo. «Due troie in una,» rise, mentre Petra urlava per la lacerazione. «Succhia,» ordinò un altro, infilandole il cazzo in bocca: la sua pelle era coperta di scaglie come un pesce marcio, il glande che sanguinava. «Bevi il mio sangue e sperma. È il tuo cazzo di latte.»
La violenza aumentò. Un soldato con un cazzo lungo 40 cm, ricurvo come un uncino, le aprì la fica con un colpo che la fece sputare sangue. «Prendi il cazzo da guerra, cagna!» urlò, pompando fino a farle uscire i visceri. Un altro, con un prepuzio così lungo da coprire il ventre, le legò le mani alle catene del soffitto e le infilò il pene in gola, fino a che Petra non sentì il vomito salire. «Se vomiti, ti inietto lo sperma direttamente nel fegato,» minacciò, e le ficcò un ago nel collo, pompandole sperma sintetico nelle vene. Petra urlò, ma il dolore si mescolò a un orgasmo bestiale, lo squirt che schizzò a terra come un geyser, inondando le piastrelle di sperma e bile.
Ma il peggio fu quando i soldati la gettarono in una gabbia di vetro, al centro di un laboratorio pieno di schermi che mostravano immagini di Chernobyl. «Ora ti diamo in pasto ai mostri,» disse il comandante, premendo un pulsante rosso. La gabbia si aprì, e le creature entrarono: deformi, frutto di esperimenti nucleari, con cazzi che spuntavano da ogni parte, corpi coperti di pustole e occhi che si aprivano e chiudevano come valve. Un essere con due teste e un cazzo che usciva dallo stomaco si avventò su di lei, infilandole l’asta nella fica e il glande in bocca. «Cazzo, ha il cazzo dentro e fuori!» urlò un soldato, mentre Petra sentiva il tessuto lacerarsi sotto l’attacco.
Un altro mostro, simile a un incrocio tra un maiale e una medusa, le strappò le gambe con tentacoli viscosi, infilandole il cazzo nella vagina e un pene secondario, con una bocca piena di denti, nel culo. «Mangia il cazzo con il culo, troia!» rise il comandante, e Petra urlò quando i denti del pene secondario mordicchiarono il tessuto intestinale. «Squirta!» urlò, e Petra obbedì: un getto denso e nero schizzò sulle lenti degli scienziati, mentre lo sperma radioattivo dei mostri le inondava l’utero. «Cazzo, è piena di mutazioni!» rise uno, infilandole un dito nella fica aperta. «Sembra un cazzo di laboratorio vivente!»
Poi, senza preavviso, la gabbia fu aperta e Petra fu portata in un «reparto mutazioni». Qui, uno scienziato con un cazzo che usciva dal cranio le iniettò un siero nel clitoride. «Vediamo se il tuo cazzo di utero resiste alla morte,» disse, e il siero le fece crescere un tumore nella fica, che si aprì come una bocca urlante. «Cazzo, la troia ha una fica parlante!» urlò, e Petra, ormai fuori di testa, sentì il mostro che pompava dentro di lei, il dolore che si mescolava a un piacere perverso. «Prendi il cazzo atomico!» ringhiò lo scienziato, e Petra, con un orgasmo che le spaccò la spina dorsale, ebbe uno squirt che inondò i piani di lavoro, dove il fluido si trasformò in una sostanza radioattiva che bruciò il pavimento.
La notte fu un inferno. Petra, legata a un tavolo con cinghie di pelle umana, fu usata per «testare» nuove armi: un cazzo artificiale con lame rotanti le entrò nel culo, spaccandola a ogni giro. «Sembra una cazzo di centrifuga!» rise un soldato, mentre lo sperma marcio del mostro le colava nel cervello. «Mangia il cazzo e muori a cazzo di radioterapia!» urlò il comandante, e Petra, ormai carne da cannone, sussurrò: «Fatemi ancora. Non smettete mai. Voglio il vostro sperma dentro i polmoni.»
All’alba, Petra fu caricata su un sottomarino diretto a Nord. «Ora ti portiamo al Polo,» disse uno dei soldati, mentre le infilava un dito nel culo, strappando un urlo strozzato. «Laggiù ti aspetta il cazzo di un orso mutante. E non è il solo.» Petra, con gli occhi spiritati e il corpo una mappa di ferite, rise: «Portatemi dove cazzo volete. Io sono solo un budello.»
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