La boutique

di
genere
orge

Petra entrò nella boutique più esclusiva della sua città, con vetrine che esponevano abiti firmati come opere d’arte. Il pavimento di marmo scintillava sotto i faretti, e le commesse, vestite di blu e con un sorriso finto, le porsero un abito di raso nero, con uno scollo così profondo da coprirle a malapena i capezzoli. «Provati questo,» disse una, indicandole un camerino di velluto rosso. Petra, nuda sotto il cappotto di pelle, entrò, le luci che si riflettevano sulle sue tette sode e il culo pieno.

Mentre si sfilava il cappotto, sentì un rumore secco: le luci si spensero. «Che succede?» urlò una commessa, ma Petra non rispose. Era al buio, con l’abito sulle spalle, quando la porta del camerino si spalancò. «Scusa, signorina. Abbiamo chiuso il negozio,» disse un uomo con una voce roca, e prima che potesse protestare, fu trascinata fuori. La boutique era deserta, le vetrine illuminate solo dal chiarore della luna. Dieci figure uscirono dall’ombra: erano operai, guardie notturne, spacciatori, uomini con cazzi che spuntavano da jeans strappati, corpi unti di sudore e pelle ispessita dal lavoro. «Sei rimasta qua per noi,» ghignò uno con un piercing al glande, mentre un altro le strappava l’abito dalle mani. «Niente vestiti. Solo cazzo.»

Petra provò a urlare, ma uno le tappò la bocca con la mano, l’odore di olio da motore che le invadeva le narici. Fu spinta sul bancone della cassa, i vestiti di lusso che si sporcavano del suo sperma e sangue. Il primo uomo, con un cazzo da 20 cm e una pelle ispessita come cuoio vecchio, le ficcò il glande nella fica. «Scommetto che non hai mai preso un cazzo così, eh?» ruggì, affondando fino alle palle. Petra urlò, ma il suono fu soffocato dalle mani che le schiacciavano la testa verso lo specchio. «Guardati, troia. Sei una puttana piena di cazzo.»

Il secondo uomo, un tipo con un cazzo curvo verso il basso e una pelata da pornostar, le si piazzò alle spalle. «Fammi spazio,» ringhiò, strappando Petra dal bancone e piegandola su un manichino. Le infilò il cazzo nel culo, dilatandola fino a strapparle un gemito strozzato. «Sei stretta come una pornostar novella!» rise, pompando con colpi a martello che facevano vibrare le pareti. Intanto, il terzo le aprì la bocca con le dita, ficcandole il cazzo dentro. «Succhia, cagna. Voglio sentire quanto sei assetata di sperma.»

La notte si trasformò in un inferno. Petra, legata alle tende di velluto con le cravatte delle commesse, venne spaccata in due: uno le pompava nella fica, l’altro nel culo, il terzo in bocca. «Quanti cazzo hai in corpo, eh?» rideva un operaio, con un cazzo pieno di vene sporgenti. «Sei una cazzo di miniera!» Quando un altro, con un prepuzio lungo come una manica di camicia, le sputò sul seno prima di infilarle il cazzo in bocca, Petra sentì il sapore rancido mescolarsi al suo piacere. «Mangia lo sperma, troia!» le ordinò, e lei lo fece, leccandogli le palle con la lingua che tremava.

Poi iniziarono le sborrate. Il quarto uomo, con un cazzo coperto di tatuaggi di serpenti, le si piazzò sopra, schiaffandole lo sperma in faccia a fiotti. «Guarda quanto ti ho inondato!» urlò, mentre il quinto le ficcava un dito nella bocca per farle «assaggiare» il suo seme. «Bevi, cagna! È il tuo cazzo di latte!» Petra, con gli occhi pieni di lacrime, ingoiò, il sapore amaro che le riempiva lo stomaco.

L’escoria peggiorò. Venne trascinata in uno spogliatoio pieno di scatole di scarpe e appendini. Il sesto uomo, con un pene così grosso che sembrava un manico di scopa, la piegò a quattro zampe. «Prenditelo tutto, troia!» le urlò, strappandole le labbra vaginali con il primo colpo. Petra urlò, ma uno le ficcò un calzino in bocca per «zittirla». Il settimo le si inginocchiò di fronte, costringendole la testa verso il basso. «Succhia mentre ti scopiamo a morte.» Il suo cazzo, pieno di pustole e pelle ruvida, le sbucò in gola, facendola soffocare. «Mangia il cazzo marcio,» rise lui, mentre il sangue della fica di Petra colava a fiotti sulle mattonelle.

Il culmine fu quando i dieci uomini decisero di «finirla insieme». La fecero stendere su un tappeto di abiti, i vestiti di seta che si inzuppavano del suo sperma e sangue. Cinque le si piazzarono sopra: uno nella fica, uno nel culo, uno in bocca, mentre gli altri due le spalmavano sperma sugli occhi e sulle labbra. «Squirta per noi, troia!» urlò il nono, pompando con un cazzo così spesso che le fece uscire il sangue dalle cosce. Petra, in preda a un orgasmo così violento da romperle le costole, ebbe un getto che inondò le caviglie dei presenti, l’acqua che schizzava fino alle lampade rotte. «Cazzo, ha allagato il negozio!» rise qualcuno, mentre lo sperma dei primi due le inondava il viso.

All’alba, Petra era una maschera di sperma, sangue e vestiti strappati. Gli uomini se ne andarono, lasciandola in terra, il culo e la fica aperti come ferite. La porta della boutique si aprì, le commesse urlarono vedendola. «Chiamate la polizia!» gridò una, ma Petra, con un sorriso distorto, sussurrò: «Niente polizia. Riempite il camerino di cazzi. Voglio di nuovo tutto.»
scritto il
2025-06-16
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