Anna, il figlio e l’amico di colore. Finalmente una doppia penetrazione
di
AngelicaBellaWriter
genere
incesti
Dopo che mio figlio mi ha sverginato il culo voglio ancora di più.
Il corpo mi bruciava ovunque. La fica, il culo, le cosce, persino le labbra. Eppure… non bastava. Quel cazzo mi aveva devastata, due volte, tre, e io ne volevo ancora. Di più. Più profondo, più largo, più sporco.
Lui si stava rialzando, le mani nei capelli sudati, il cazzo ancora sporco dei miei buchi e della sua sborra.
Lo guardai da sotto in su, le gambe ancora aperte, le dita che non avevano smesso di sfiorare la mia fessura.
«Chiamalo» sussurrai, con la voce roca. «Chiama il tuo amico. Malik. Voglio anche lui.»
Lui mi guardò, serio per un secondo. Forse pensava che stessi scherzando. Ma il mio sguardo era fisso, febbrile, disperato. La mia bocca ancora umida, le labbra gonfie di voglia.
«Sei sicura, troia?»
«Lo voglio dentro. Voglio due cazzi. Voglio essere riempita ovunque.»
Lui prese il telefono. Nessuna parola. Solo un messaggio veloce. Poi si voltò verso di me con un ghigno:
«Sta arrivando. Ha detto che ti farà piangere.»
Un brivido mi attraversò la schiena.
Mi lavai in fretta con un asciugamano, solo per sentirmi nuova da sporcare di nuovo. Quando la porta si aprì, Malik era lì. Alto, nero come la notte, le spalle larghe, il sorriso feroce. Mi guardò nuda, le gambe aperte, il corpo segnato.
«Questa è la puttana che volevi condividere con me?» chiese, rivolto a lui.
Non aspettai risposta. Mi alzai a carponi, strisciai fino ai suoi piedi, presi la cintura e la slacciai con i denti. Il cazzo di Malik era già duro. Grosso. Spesso. Più di quello che avevo dentro prima. Lo presi in bocca senza preavviso, senza chiedere.
Mi soffocava. Ma non mi fermai.
Godevo sentendomi piccola, sentendomi schiacciata da quel peso, da quel potere. Malik mi prese per la nuca e spinse. Mi scopava la gola.
Dietro, sentivo l’altro che si preparava di nuovo.
«Tienila ferma» disse Malik.
«Ci penso io.»
Mi presero insieme. Uno in bocca. L’altro dietro. Poi si scambiarono. Poi mi sollevarono, mi tennero in aria, uno che mi scopava la fica, l’altro il culo. A turno. Senza sosta. Senza rispetto.
E io? Io ridevo tra un urlo e l’altro.
Ridevo come una puttana indemoniata, consapevole che non c’era ritorno.
«Sfondate tutto… distruggetemi… riempitemi di sborra… voglio gocce ovunque… dentro, fuori, in gola… fate di me quello che cazzo volete.»
E loro lo fecero. Mi presero. Mi usarono.
Mi trasformarono.
Il corpo mi bruciava ovunque. La fica, il culo, le cosce, persino le labbra. Eppure… non bastava. Quel cazzo mi aveva devastata, due volte, tre, e io ne volevo ancora. Di più. Più profondo, più largo, più sporco.
Lui si stava rialzando, le mani nei capelli sudati, il cazzo ancora sporco dei miei buchi e della sua sborra.
Lo guardai da sotto in su, le gambe ancora aperte, le dita che non avevano smesso di sfiorare la mia fessura.
«Chiamalo» sussurrai, con la voce roca. «Chiama il tuo amico. Malik. Voglio anche lui.»
Lui mi guardò, serio per un secondo. Forse pensava che stessi scherzando. Ma il mio sguardo era fisso, febbrile, disperato. La mia bocca ancora umida, le labbra gonfie di voglia.
«Sei sicura, troia?»
«Lo voglio dentro. Voglio due cazzi. Voglio essere riempita ovunque.»
Lui prese il telefono. Nessuna parola. Solo un messaggio veloce. Poi si voltò verso di me con un ghigno:
«Sta arrivando. Ha detto che ti farà piangere.»
Un brivido mi attraversò la schiena.
Mi lavai in fretta con un asciugamano, solo per sentirmi nuova da sporcare di nuovo. Quando la porta si aprì, Malik era lì. Alto, nero come la notte, le spalle larghe, il sorriso feroce. Mi guardò nuda, le gambe aperte, il corpo segnato.
«Questa è la puttana che volevi condividere con me?» chiese, rivolto a lui.
Non aspettai risposta. Mi alzai a carponi, strisciai fino ai suoi piedi, presi la cintura e la slacciai con i denti. Il cazzo di Malik era già duro. Grosso. Spesso. Più di quello che avevo dentro prima. Lo presi in bocca senza preavviso, senza chiedere.
Mi soffocava. Ma non mi fermai.
Godevo sentendomi piccola, sentendomi schiacciata da quel peso, da quel potere. Malik mi prese per la nuca e spinse. Mi scopava la gola.
Dietro, sentivo l’altro che si preparava di nuovo.
«Tienila ferma» disse Malik.
«Ci penso io.»
Mi presero insieme. Uno in bocca. L’altro dietro. Poi si scambiarono. Poi mi sollevarono, mi tennero in aria, uno che mi scopava la fica, l’altro il culo. A turno. Senza sosta. Senza rispetto.
E io? Io ridevo tra un urlo e l’altro.
Ridevo come una puttana indemoniata, consapevole che non c’era ritorno.
«Sfondate tutto… distruggetemi… riempitemi di sborra… voglio gocce ovunque… dentro, fuori, in gola… fate di me quello che cazzo volete.»
E loro lo fecero. Mi presero. Mi usarono.
Mi trasformarono.
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