Schiavo per amore. Dodicesimo episodio

di
genere
dominazione

Il rumore di un messaggio sul telefonino mi destò dal sonno. Guardai l’ora e mi accorsi, meravigliato come non mai, che erano da pochi minuti trascorse le dieci di mattina. Avevo dormito come un sasso fino a tardi, cosa abbastanza inusuale per i miei parametri ma, evidentemente, la scena alla quale avevo assistito la sera scorsa mi aveva spossato psicologicamente, e quel lungo sonno ne era la risultanza. Presi in mano il telefonino per osservare di chi fosse il messaggio e non mi meravigliai più di tanto quando mi accorsi che era di Diana. < Sei libero. Ci sentiamo domani. Non telefonarmi>. Concisa e senza troppe spiegazioni. Dove diavolo andava? Ero libero comunque, e questa era la cosa più importante del messaggio. Era domenica e quindi avrei trascorso la giornata come sempre. Me ne sarei andato a far colazione al solito bar, anche se era piuttosto tardi rispetto alle altre domeniche, ma sempre in tempo per trovare i soliti amici, farmi la solita scommessa sulle partite domenicali, e poi andare insieme a loro a vederle a casa di uno di noi.
Ma anche se avrei trascorso la domenica come mia abitudine, sarebbe stato difficile per me affrontare quella giornata col solito piglio e con la solita spensieratezza. La scena della sera precedente ce l’avevo ancora negli occhi in tutti i suoi dettagli e, al solo ripensarci, la mia solita eccitazione mattutina divenne ancor più consistente del solito. Mi feci una doccia e poi tornai nella mia zona. Almeno quella domenica sarebbe stata normale, ma allora non sapevo che quello sarebbe stato l’ultimo giorno che avrei potuto definire normale.

Il giorno seguente mi alzai come al solito per andare al lavoro. Gran brutto giorno il lunedì. Mi feci la doccia e poi la barba, vestendomi poi nel solito modo anonimo per andare in ufficio. Il caffè al bar con alcuni colleghi e colleghe, e quindi il lavoro, noioso, ripetitivo e senza alcuna speranza per il futuro. Milleduecento euro al mese, cifra che mi bastava a malapena per sopravvivere, e per fortuna che la casa era di proprietà dei miei genitori, l’unica cosa che erano riusciti a comprare dopo una vita di sacrifici. Già, una vita di sacrifici, e Diana stava per ottenere invece milioni di euro, e questo solo per essere straordinariamente bella e sensuale, e per aver dedicato la sua vita a diventare forte fisicamente. E poi dicono che il nostro mondo è a misura d’uomo e che le donne sono bistrattate e hanno meno possibilità di noi uomini. Ma quando mai? Il mondo è di loro proprieta’, solo che non se ne rendono conto. Ma lasciamo stare argomentazioni troppo complicate e torniamo a quella giornata apparentemente grigia e normale. Le ore di lavoro erano state più pesanti del solito, molto più pesanti di quanto lo fossero normalmente di lunedì, senza che io riuscissi a concentrarmi su ciò che dovevo fare. E come avrei potuto? Diana stava per prendere quasi tutto quello che il marito aveva. e io ero suo complice, inutile nascondermi dietro un dito. Come si sarebbe potuta chiamare una cosa del genere? Esproprio? Furto? Circonvenzione di incapace? Comunque si fosse chiamata, si trattava di un’azione indegna che Diana era riuscita a compiere grazie ai miei consigli, e soprattutto al desiderio e all’amore che provavo per lei. E, inutile nasconderlo a me stesso, anche alla mia incapacità di negarle qualunque cosa lei mi ordinava. Eppure, non ero debole, psicologicamente parlando, ma con Diana abbassavo sempre la testa. Sembrava quasi che io fossi ipnotizzato da lei, e la sua forza fisica centrava poco. Lei mi dominava col suo carattere e, di fronte a lei, diventavo un burattino sempre pronto a dire sì. Accidenti a me.
Ma anche quella giornata stava per volgere al termine. Le 17 erano finalmente arrivate e, con un gruppo di colleghi, mi avviai verso l’uscita dell’ufficio e poi verso il parcheggio dove, insieme ad altri impiegati, parcheggiavamo le nostre vetture. E fu lì che la vidi, anzi, che la vedemmo io, Gianni e Franco, due dei miei colleghi. Gianni guardò quella figura maestosa e mi diede una leggera gomitata.
“Ehi, ragazzi, guardate che fica spropositata”
“Cazzo!” fece eco Franco. “Per andare con una del genere farei il triplo salto mortale”
“E si, perché una del genere verrebbe con te” rispose di nuovo Gianni.
Guardai i miei due colleghi e poi volsi lo sguardo in direzione di Diana. Tailleur nero con gonna abbondantemente sopra il ginocchio, solite scarpe col tacco alto, anch’esse nere, capelli freschi di parrucchiere e viso appena uscito dalle mani di un truccatore d’eccezione. Che fosse bella anche al naturale, lo sapevo da una vita, ma i soldi le avevano dato un ulteriore aiuto, e così era veramente da palpitazioni. Ci avvicinammo quasi in trance, osservandola mentre fumava appoggiata alla sua auto. Gettò la sigaretta per terra schiacciandola con la suola e fece alcuni passi verso di noi e, incurante dei due uomini che mi accompagnavano, mi prese la testa e mi baciò quasi con forza, con passione, con erotismo spropositato, il tutto sotto gli occhi esterrefatti dei due. Dal giorno dopo, in ufficio, solo per aver baciato una donna come Diana, le mie quotazioni di maschio sarebbero aumentate vertiginosamente. Feci le presentazioni e finalmente i miei colleghi si dileguarono provando un’invidia pazzesca nei miei confronti, e io rimasi finalmente da solo con Diana che, dapprima mi guardò in modo serio, poi si aprì ad un sorriso a trentadue denti
“Sono ricca, Paolo. Sono schifosamente, vergognosamente ricca. Non avrei mai immaginato che Alberto avesse tutta quella disponibilità di denaro”
“Eri ricca già da prima. Non dovevi far altro che chiedere e Alberto ti avrebbe accontentata”
“Oh, certo, e abbiamo anche capito il perché. Ma non è la stessa cosa. Solo adesso mi sento veramente ricca. Prima, semmai, mi sentivo ospite di un uomo ricco mentre adesso è tutto mio”
“Siete riusciti a fare tutto, quindi”
“Pare proprio di sì. Grazie alle conoscenze di Alberto, siamo riusciti a fare tutto in meno di un giorno. Le carte erano già pronte e abbiamo solo dovuto firmare”
“Anche quella specie di contratto a scalare?”
“Ovvio. Ma per me cambia poco. Non ho intenzione di lasciare Alberto e voglio fare di lui il mio schiavo nel vero senso della parola. Lui vuole quest e io in parte lo accontenterò. Ma sarà uno schiavo come dico io e non come pensa lui”
“E ieri come è andata?” chiesi dopo qualche secondo di attesa, quasi timoroso delle risposta che avrebbe potuto darmi.
“Davvero lo vuoi sapere? Beh, ho trascorso una bella domenica. Siamo andati a pranzo nel ristorante del suo club di golf. Credo che sia stata l’ultima volta che ha pagato lui, visto che da oggi su quella carta di credito c’è il vuoto e sta tutto sui miei conti. E poi siamo tornati a casa. E lì mi sono divertita”
“L’hai sottomesso?”
Diana sorrise. “Ovvio. Sto prendendo confidenza con il ruolo”
“Veramente a me è sembrato che già avevi preso il possesso pieno di quel ruolo”
Diana scoppiò a ridere. “E già. Ce l’ho nel sangue. Hai visto come sono stata brava sabato sera? Me lo sono rigirato proprio come volevo”
“Ho visto. Una cosa allucinante”
“Una sensazione stupenda. E sensazione meravigliosa è anche quella di possedere uno schiavo. Non puoi capire cosa significa. Mio marito è anche il mio schiavo” ripeté quasi per dar più forza a quella nuova situazione.
Annuii. “E io? Cosa sarò io per te, Diana?”
“Ci devo pensare. Ancora non ho deciso” rispose sfrontatamente, come se io fossi un oggetto di sua proprietà e non una persona, un uomo innamorato di lei.
“Mi avevi promesso...” Provai a ribattere.
“Uffa, stai cominciando a stancarmi, Paolo. Ti ho promesso una scopata, non certo di diventare il mio uomo. Ora piantala e seguimi con la tua auto. Ci vediamo nella mia villa. La mia villa, capito? Non quella di Alberto”
“E allora questo bacio? Gli altri che mi hai dato? Non significano niente per te?”
Diana scoppiò a ridere. “Quanto sei romantico. E’ un bacio, cosa vuoi che sia. E va beh, mi piace baciarti e sentire la reazione che hai di fronte a me, e devo ammettere che adoro la risposta che mi dai”
“Quale risposta? chiesi stupito col risultato di farla scoppiare a ridere.
“La risposta fisica, stupido. Detto in parole povere, il fatto che ti diventa dritto appena mi avvicino a te.
“Sei bellissima, sensuale, e ti amo. E’ ovvio che il mio desiderio nei tuoi confronti sia altissimo.”
Diana mi guardò per alcuni secondi, accarezzandomi il viso
“Vedremo, Paolo. Te l’ho già detto l’altra sera. Sarò io a decidere cosa fare di te e tu mi hai dato la tua disponibilità. Non rimangiarti la parola altrimenti mi costringerai a fare altrettanto con la mia promessa”
“Ma perché devo vivere a casa tua? Che senso ha? Io ci soffro a vederti mentre fai sesso con Alberto”
“E invece a me piace sapere che mentre scopo con Alberto tu ce l’hai dritto come un palo pensando a me. E poi adoro la tua gelosia, sapere che ti maceri in questa gelosia senza che tu possa fare niente”
Io la guardai e scossi la testa. “ Perché sei così cattiva con me?”
Diana mi osservò come se mi vedesse la prima volta, con uno sguardo duro che mi fece venire i brividi. Mi prese per il mento facendomi sbattere contro la sua vettura parcheggiata incurante della gente che c’era intorno. “Non ti azzardare mai più a dirmi una cosa del genere o dimentico che sei mio amico. Non sono abituata a fingere e sono schietta. Mi dispiace che tu te la prenda così tanto, ma a me eccita sapere che mi desideri e che pagheresti chissà cosa per essere al posto di Alberto. Pertanto, siccome sono io a decidere, tu verrai a casa mia. Avanti, non fare storie e vedrai che qualcosa di piacevole la otterrai,” Lasciò la presa, mi guardò e aggiunse “Sono stata chiara?” Accennai di si con la testa e lei annuì soddisfatta senza dire altro. Montò sulla sua macchina lasciandomi come un ebete in piedi da solo e sgommò . Non c’era niente da fare con lei, e io non ero in grado di contrastare le sue decisioni. Non mi rimaneva che seguirla fino a casa sua, ma cominciavo ad avere timore che il potere enorme che aveva acquisito in questi ultimi giorni, avrebbe potuto darle alla testa. E allora si che sarebbero stati guai. Per me e per Alberto.

Maria era un’ottima cuoca. Avevo mangiato spesso a casa di Diana e avevo potuto apprezzare molti dei suoi manicaretti. Sapeva spaziare dalla cucina filippina con un arroz valenciana da leccarsi i baffi, alla classica cucina italiana e io avevo potuto apprezzare entrambi gli stili. Ed evidentemente, a Diana non erano piaciute tanto le mie pietanze perché aveva ordinato alla sua cuoca di preparare la cena. E Diana, che a pranzo stava attenta persino ai grammi di cibo ingurgitati, almeno a cena, era un’ottima forchetta, anche se sempre attenta a non esagerare con i sughi e con i condimenti, e le sue pietanze erano solitamente diverse da quelle degli altri. Stravolta no. Fece preparare da Maria la cena unica per noi tre, senza badare ai gusti personali di Alberto, e questo era anche abbastanza logico considerando la situazione che si era instaurata tra loro, ma nemmeno dei miei, anche se, per fortuna, l’abilità di Maria ai fornelli non mi precluse una buonissima cena.
Dopo aver cenato, Diana ordinò ai suoi domestici di ritirarsi nella dependance e rimanemmo soli noi tre. Stava per cominciare il tutto e stavolta non avevo idea di dove Diana volesse andare a parare. Si alzò e poi afferrò per un braccio il marito trascinandolo per qualche metro, incurante del fatto che ci fossi anche io. “Ora pulisci tutta la cucina e, se non lo fai bene, te ne farò pentire. Perché lo sai che con me non devi scherzare, vero?”
“Si, padrona, lo so. Vado subito” le rispose Alberto non prima di essersi inginocchiato ai piedi di Diana come da copione.
“Bene! E nel frattempo io vado a cambiarmi e a mettermi qualcosa di più consono alla situazione”
Diana scomparve andando in direzione della sua camera e Alberto si affrettò ad andare in cucina ad espletare l’ordine di sua moglie, lasciandomi da solo con i miei pensieri. Che cavolo ci facevo io in quella situazione? Cominciava ad essere abbastanza evidente che Diana stava giocando anche con me, oltre che col marito. Ma perché? Aveva detto che la eccitava essere guardata mentre sottometteva il marito e poi ci faceva sesso e, poteva sembrare assurdo, ma quella mi sembrava l’unica risposta plausibile. E forse, considerando la mentalità di Diana molto trasgressiva ben prima che suo marito le facesse capire di voler diventare il suo schiavo, nemmeno così tanto assurda. Mi avviai in cucina per guardare Alberto. Era intento a ripulire i piatti e le stoviglie da bravo massaio e, quando mi vide, fece un sorriso amaro.
“Sono patetico, vero?” Si, forse ai miei occhi lo era. Un uomo abituato ad avere sotto i suoi ordini decine di persone che doveva invece obbedire ai voleri di sua moglie, una donna senza dubbio sexy e sensuale come poche, ma che era pur sempre sua moglie. Senza contare il rischio di prendere un sacco di botte senza nemmeno potersi difendere. Ma questa era la mia visione, mentre la sua era forse di eccitazione smisurata.
Cercai comunque di girare intorno a quella domanda. “Ti interessa il mio giudizio?”
“Assolutamente no”
“E allora perché fai quella faccia?”
“Perché so che non puoi capire ciò che sto provando”
“Lo immagino, invece. Non sono un idiota” dissi un po’ piccato.
“No, Paolo, non puoi capire. Nemmeno la persona dotata dell’immaginazione più spropositata può comprendermi se non ha le stesse mie idee, le mie stesse sensazioni”
“Non cambia niente. Che io ti capisca o meno, sono felice per voi. Tu hai quello che hai sempre desiderato, e Diana pure. D’altronde, lei è nata per essere una padrona. Lo è sempre stata, anche quando era una ragazza normale. Sapessi a quanti ordini ho dovuto obbedire...”
“Già! E questo mi fa pensare che anche tu hai degli istinti sottomessi. Forse non marcati come i miei, ma ce li hai”
Rimasi di sasso. Si, lo sapevo ma continuavo a non volerlo ammettere del tutto. Anche lui, come Diana, sosteneva questa tesi, segno di quanto fosse abbastanza evidente come mi vedevano gli altri.
“Sei fuori strada, amico mio. Io non sono come te. Ma cosa ti sei messo in testa?” dissi comunque.
“Ragionaci, Paolo. Ogni cosa che ti dice la mia padrona tu la fai, come un cagnolino. E sicuramente sei anche innamorato di lei”
“Io...Io innamorato di Diana?” ripetei sgranando gli occhi, e dovetti sembrare come un bambino colto a rubare la marmellata. “E’ una donna bellissima, e non nego di averci fatto più volte un pensierino, ma poi ha conosciuto te e per me sono finite le speranze” proseguii fingendo la più assoluta tranquillità mentre invece mi ribolliva il sangue. Ero stato scoperto e lo ero stato dal marito. Certo, un marito sottomesso ma pur sempre il marito.
“No, io non parlo del fatto che ti possa piacere fisicamente. Quello è talmente evidente e non sei certo l’unico. La maggior parte dei miei amici farebbe carte false per portarsela a letto. Lei è un concentrato di sensualità animalesca alla quale è impossibile resistere. Io intendo invece proprio l’amore”
“E cosa centra l’amore col fatto che io possa avere istinti sottomessi?”
“Perché si puo’ essere sottomesso a una donna per vari motivi, e tu forse lo sei per amore, per starle vicino e chissà, anche per timore nei suoi confronti”
Non replicai. Cosa avrei potuto dire a mia discolpa? Gli feci un mezzo sorriso, me ne tornai nel salone, e accesi la televisione. Il telegiornale parlava dei fatti politici della giornata, cose che di solito io ascoltavo con attenzione, ma che quella volta sembravano come una voce lontana e indistinta. Feci zapping col telecomando tra le centinaia di canali che ormai pullulavano nell’etere e poi mi bloccai, col respiro corto e con la meraviglia negli occhi. Diana era apparsa nel salone. Mi alzai ma non ebbi nemmeno la forza di avvicinarmi a lei.
“Beh, che hai visto un fantasma?” mi domandò con la sua solita aria sarcastica. Io la osservai. Pantalone di lattice nero che definire sensuale non rendeva bene l’idea, aderentissimo come una seconda pelle e infilato dentro ad un paio di stivali col tacco a spillo smisurati che la rendevano immensa, quasi come se fosse una divinità. Era vestita esattamente come quelle modelle che avevamo trovato nel pc di Alberto. Sopra non portava nulla a parte un reggiseno di pizzo nero abbastanza trasparente da non lasciare nulla all’immaginazione. I suoi seni erano quasi visibili ai miei occhi ed erano come me li ero sempre immaginati: duri e bellissimi. Era tutto lì il suo abbigliamento, con suoi addominali da sportiva praticante completamente esposti al mio sguardo. Sembravano essere d’acciaio, divisi in sei parti. Immaginai che chiunque le avesse tirato un pugno avrebbe cozzato miseramente contro qualcosa di assolutamente impenetrabile e, probabilmente, avrebbe ridotto quella mano a pezzi. Erano forse fantasticherie, ma non dovevano essere molto lontane dalla realtà. Il suo bel viso intensamente e accuratamente truccato completavano l’opera. Venne di fronte a me e prese il mio viso con una mano
“Vedo che ti lascio sempre senza fiato, tesoro. Comincerò a credere che ti piaccio veramente tanto”
“Sei bellissima” riuscii alla fine a farfugliare.
Diana sorrise. “Io non voglio soltanto essere bellissima. Io voglio farglielo drizzare appena mi vede. Deve essere il mio schiavo non solo perché sono più forte di lui, ma anche perché non può fare a meno di me sessualmente. E vestita così ci riuscirò, ne sono sicura, anche perché sono proprio come quelle signorine che lui teneva gelosamente nel suo computer per farcisi le seghe. Ora seguimi che comincia lo spettacolo, e tu sei uno spettatore non pagante”
“Ti prego, Diana, voglio andarmene in camera. Non ce la faccio ad assistere a quello che fate”
Diana smise di sorridere e strinse la sua mano, la sua potente mano, sul mio viso. “Ho detto di seguirmi e sbrigati a farlo. Ti voglio presente e tu farai esattamente quello che ti dico. Ti ricordi quella promessa? Sai a cosa vai incontro se non mi obbedisci? Vuoi perdere la speranza di fare sesso con me?”
“No, Diana, farei qualunque cosa” risposi quasi con le lacrime agli occhi. Aveva ragione Alberto. Io ero il suo schiavo. Lo ero per amore, per desiderio e forse anche per timore nei suoi confronti, ma di sicuro ero succube della sua volontà.
“Ne ero certa. Ma se vuoi veramente fare sesso con me, non farmelo ripetere ogni volta. Quando ti dico di fare una cosa, tu la fai e zitto. Qualunque cosa. Chiaro Paolino?”
“Si, Diana. Qualunque cosa”
“Bravo. Vedo che cominci a capire. Andiamo e non fiatare. Devi solo osservare in silenzio altrimenti quello che faccio ad Alberto lo farò a te. E non parlo del sesso. Intesi?”
“Si, intesi. Ma cosa vuoi fargli Diana? Per l’amor di Dio, non esagerare altrimenti quello ti rimane in mano. Sei troppo più forte di lui”
Scoppiò a ridere. “E pensi che non lo sappia? Sono molto più forte di lui, di te e di tutti e due messi insieme. Per quanto riguarda il mio caro maritino sottomesso, adesso lui ha la padrona che ha sempre sognato. Non mi riesce nemmeno difficile. Sono nata per comandare e mi eccita. Ora basta. Andiamo a vedere cosa sta facendo il mio schiavo” concluse, incamminandosi poi in direzione della cucina. E io non potevo far altro che seguirla.

Fine dodicesimo episodio.
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scritto il
2025-06-09
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