Schiavo per amore. Decimo episodio
di
Davide Sebastiani
genere
dominazione
Alberto sembrava veramente un pesce fuor d’acqua in cucina. Per uno come lui, nato ricco e servito e riverito per tutta la vita, fare anche cose piuttosto semplici sembrava come scalare l’Everest. Ben diversa la situazione per me, abituato da sempre a cavarmela da solo. Oh, certo, non ero uno chef provetto, ma in cucina me la cavavo bene. Alberto mi guardava attento mentre io facevo cose elementari come mettere farina e limone sui petti di pollo, oppure pulire i fagiolini per poi metterli a bollire
“ Fammi vedere bene come si fa, così poi posso farlo per Diana quando saremo da soli.” mi disse
“ Ti piace fare le faccende di casa?” Gli domandai. Era più che altro l'ennesimo mio tentativo per capire la sua psicologia e poi dare i giusti consigli a Diana
“ Oh no. Non mi piace come azione a sé stante. Piuttosto, amo poter servire la mia dea, e le faccende di casa rientrano in quell’ambito. Pertanto, m’inginocchierò di fronte a lei dopo averle portato la cena e bacerò i suoi dolci piedini mentre lei mangia”
“ Quei dolci piedini sono delle armi mortali, soprattutto con quei tacchi. Un calcio dato male e ti ammazza, ti penetra da parte a parte e ti fa fare la fine del pollo allo spiedo”
Alberto si mise a ridere pensando ad una mia battuta di spirito. Al contrario, io ero serissimo e anche abbastanza preoccupato. Se Diana non fosse stata attenta, il rischio sarebbe stato concreto. Per fortuna, lei era anche molto brava nel sapersi limitare e nel saper dosare la sua forza e la sua bravura illimitata, ma ero sempre preoccupato in quanto conoscevo anche molto bene la sua irascibilità.
“ Te l’ho detto, Paolo, “proseguì Alberto. “E’ proprio il sapere che lei potrebbe farmi qualsiasi cosa, persino uccidermi, se volesse, ad eccitarmi. Io sono un uomo sottomesso, ma che gusto ci sarebbe a sottomettersi a una donna normale? E invece Diana ha una forza prodigiosa, è abile in svariate arti marziali, e il mio terrore dinanzi a lei è autentico. E’ questo a smuovere i miei istinti. E poi non dimentichiamo la sua bellezza, il suo modo di proporsi, cosi dominante, cosi autoritario. Lei è la padrona perfetta e io sono il fortunato che si sottomette a lei”
Rimanemmo in silenzio. Cos’altro c’era da aggiungere? Osservai per un istante le pietanze che finivano di cuocere, e poi decisi che erano pronte. Misi il tutto su dei piatti grandi di forma ovale e, mentre ne afferravo un paio per portarli nella sala da pranzo dove ci attendeva Diana, Alberto mi fermò prendendomi per un braccio
“ No, fermo. Ci penso io. E’ da una vita che sogno di servire una donna e adesso posso farlo addirittura con mia moglie, con la mia padrona”
Seguii con lo sguardo l’uomo che si allontanava felice. Mio Dio, come è contorta a volte la mente umana. Quell’uomo aveva tutto dalla vita, poteva essere servito da un nugolo di domestici, e lui bramava di mettersi al completo servizio di sua moglie. Era, in un certo senso, una situazione affascinante, il massimo gesto d’amore che una persona può fare verso un altro essere umano, ma era comunque un gesto che esulava dalla logica. Almeno dalla mia. Lo seguii incuriosito. Alberto posò i piatti sul tavolo e poi si inginocchiò al cospetto di Diana, le baciò i piedi e poi rimase qualche secondo in silenzio attendendo un ordine dalla sua padrona. Dopo qualche istante, Diana gli fece cenno di alzarsi e gli ordinò di preparare la sua porzione. Mi avvicinai anch’io verso il tavolo, ma vidi Diana che, con il dito, mi faceva cenno di andare via. Voleva mangiare da sola col marito e io, a malincuore, dovetti obbedire, ma feci in tempo a vedere Diana gettare in terra alcune parti del cibo. E poi la sua voce imperiosa
“ Rimani sotto il tavolo e mangia quello che ti butto per terra. E senza aiutarti con le mani. Sono stata chiara?”
“ Si, mia padrona.” fu la semplice risposta di Alberto che si chinò e iniziò a mangiare come un cane, mentre io avevo l’ennesimo sbigottimento. La serata stava però solo per cominciare, e sapevo perfettamente che non sarebbe stata una serata tranquilla.
Mangiai in cucina, ma col desiderio e la curiosità di sbirciare per capire cosa accadesse. Dopo circa una decina di minuti, Alberto tornò.
“ Tutto bene?” gli domandai e lui si aprì ad un sorriso a trentadue denti.
“ Meravigliosamente. E’ una vera padrona, una donna dominante, una vera dea. Mi ha fatto mangiare sotto il tavolo i suoi avanzi e poi mi ha fatto leccare le sue scarpe.”
“ Oddio, che schifo.”
Lui scosse la testa. “No, non puoi capire. Cosa c’è di più sottomesso che fare queste cose per la propria padrona sapendo che, se non lo facessi, lei mi potrebbe picchiare a morte? Però non farmi perdere in chiacchiere. Lei mi ha chiesto di portarle le seconde pietanze ed è meglio che mi affretti.” Afferro’ un paio di piatti e uscì dalla cucina contento come una pasqua. Dovetti ammettere che provai per lui una sensazione strana. Da una parte mi faceva pena, poveretto. Non tanto per la sua sottomissione a Diana, quanto per il fatto che ignorava quali fossero le reali intenzioni di quella donna che lui aveva elevato al rango di dea. In realtà, della sottomissione vera e propria, della parte erotica che una simile pratica portava all’interno di una coppia, forse un po’ lo invidiavo. Sapevo benissimo che anch’io avrei fatto qualsiasi cosa per Diana pur di farci l’amore, e almeno lui soddisfaceva quella parte, mentre io vivevo nella speranza che lei, prima o poi, mi facesse quel grande regalo che attendevo da una vita. Ma, mentre ero immerso in questi pensieri, sentii l’urlo di Alberto e poi un rumore di piatti rotti. Corsi verso il salone dove i due stavano mangiando e la scena che si presentò ai miei occhi era straordinaria. Straordinaria non nel senso di piacevole, quanto nel senso di fuori dall’ordinario. Alberto era a terra, con i piatti in frantumi e tutto quel ben di Dio che io avevo amorevolmente preparato, sparso per terra. Vidi anche Diana che avanzava minacciosa verso di lui
“ Quando io ti do un ordine, tu esegui alla svelta, senza perdere tempo in chiacchiere. Hai capito, idiota?”
“ Si, padrona, mi perdoni. Lei ha ragione. Mi perdoni. Perdoni questo stupido schiavo” Diana si avvicinò maestosa verso suo marito e gli intimò di rialzarsi e poi lo afferro’ per la gola. “Si, padrona, no, padrona, ma va al diavolo Alberto,” gli disse per poi lasciarlo cadere a terra. Alberto rimase inebetito. Non capiva e, all’inizio, nemmeno io riuscivo a comprendere Diana. A quattro zampe l’uomo si mise ai piedi della maestosa femmina cercando di baciarle i piedi, ma Diana lo scansò e poi gli mise quel tacco pericoloso in bocca. Mio Dio, cosa aveva intenzione di fare? La donna che amavo rimase qualche istante in silenzio e poi proseguì “Hai capito, idiota? Hai capito che mi sono stancata di te e di farti questi giochetti del cazzo?”
Alberto si guardò intorno, come per cercare di comprendere quello che, al momento, gli sfuggiva, mentre io avevo invece compreso. Diana stava cominciando a lavorarsi suo marito
“ Che cosa significa, padrona?” disse infine con un filo di voce
“ Significa che me ne vado, che non ci sto a farti eccitare con queste cose. Io sono veramente una donna dominante, Alberto. Guardami! Io sono una vera padrona e di uomini pronti a farsi sottomettere da me ne trovo quanti ne voglio. Sono bella, sono realmente più forte di qualunque uomo. Lo sai cosa farebbero per farsi sottomettere da una come me?”
“ Farebbero pazzie, come sarei disposto a fare io, mia dea. La prego, non se ne vada. Perché? Tutto sembrava andare a meraviglia. Perché?” Era sconvolto. Baciò appassionatamente quel tacco di oltre 15 centimetri, una vera lama, un coltello che Diana avrebbe potuto conficcargli in qualunque parte del corpo
“ Ma togliti dai coglioni” gli disse togliendogli la scarpa dalla faccia e dirigendosi verso l’uscita del salone.
Alberto si rialzò in piedi e corse verso sua moglie prendendola per un braccio.“ La prego, padrona, non se ne vada. Io l’amo. Mi dica quello che vuole da me e io lo farò. Farò tutto quello che lei mi ordina, ma non mi lasci. Io ho bisogno di lei, ho bisogno della mia padrona.”
Diana girò lentamente il suo bellissimo viso verso di lui e poi, con l’altra mano, afferrò il braccio di Alberto e poi, con una delle sue portentose mosse, fece roteare il corpo dell’uomo mandandolo col sedere per terra
“ Alzati, stronzo” gli intimò e l’uomo, dolorante, le obbedì. Che visone surreale! L’altezza di Diana unita a quelle scarpe dal tacco chilometrico, la facevano apparire una gigantessa di fronte al marito. Gli afferrò un polso e, con un’altra mossa repentina, lo girò facendo lanciare un urlo di dolore ad Alberto, costringendolo a chinarsi leggermente e poi due schiaffi terrificanti. La testa del poveretto girò ed ebbi paura per la sua incolumità. Alberto sembrava comunque in condizioni più che accettabili, anche se continuava a frignare, forse più per la paura di perdere la sua padrona, cercata e voluta per una vita, che per l’effettivo dolore che Diana gli procurava. Ma la mia amica non aveva terminato. Gli tolse la presa dal polso e lo afferrò dapprima per la giacca, impiastricciata dalle pietanze che io avevo cucinato, e poi lo prese di nuovo per la gola. E quello non era un gioco. Volevo intervenire, e solo il timore che provavo nei confronti di Diana, mi indussero a non farlo.
Diana lo guardava intanto spavalda e sicura dei suoi mezzi fisici e della sua prorompente bellezza. “Come ti sei permesso di prendermi per un braccio, idiota.” La sua voce era calma, tranquilla.
“ Mi...mi perdoni, padrona” Sembrava un disco rotto. Non riusciva a ripetere altro. La mano di Diana continuava a stringere il suo collo, mentre Alberto cercava inutilmente di togliere quella morsa d’acciaio che avrebbe potuto spezzargli il collo
“ Hai capito cosa posso farti? Io non faccio la padrona per eccitare la tua fantasia. Hai sbagliato, caro il mio maritino. Io sono una padrona e lo sono per diritto, per forza e per bellezza, e l’uomo che deciderò di sottomettere sarà il mio schiavo per davvero”
“ Io lo sarò, padrona. Lei mi chieda e io esaudirò ogni suo desiderio”
“ Tu vuoi una padrona solo per eccitarti. Ma guardati. Ti viene veramente duro soltanto quando ti sottometto. Ti eccita la mia forza, la mia autorità, e la mia bellezza, ma il padrone di tutto resti tu e io non posso tollerarlo”
Ecco, eravamo al punto cruciale. Diana si era giocata le sue carte a meraviglia. Alberto, stando a quanto ormai conoscevo di lui, non avrebbe potuto resistere. Poi però mi venne il dubbio. E se Alberto avesse avuto un rigurgito di lucidità mentale accorgendosi della manovra di Diana e dei suoi reali desideri? Forse era troppo presto. Diana era diventata la padrona di Alberto da poco più di un giorno, due se consideravo anche la sera quando lo aveva mandato a comprare il gelato. Troppo poco. Non ebbi il tempo di continuare a immaginarmi cosa sarebbe potuto accadere in quanto il presente incombeva. La donna infatti, aveva lasciato la presa sull’uomo che si massaggiò il collo dolorante. Rimase qualche istante in silenzio, cercando di capire cosa stesse accadendo e cosa volesse realmente la splendida femmina che gli stava di fronte
“ Io...Io non capisco, padrona”
“ Ah non capisci, pezzo di deficiente. Eppure è tanto semplice. Tu vorresti che io ti sottometta, che dia sfoggio della mia forza, come ho fatto adesso, che mi vesta in modo sexy. Non è così?”
“ Si, padrona”
“ E dopo vorresti pure che io e te facessimo l’amore, Eh?” aggiunse prendendo la testa di Alberto da dietro il collo, avvicinandolo a lei per poi baciarlo quasi violentemente. L’uomo era ormai nelle sue mani. Chiunque lo sarebbe stato, e uno come Alberto non poteva resistere, soprattutto dopo quel bacio.
“ Si, padrona, lo vorrei con tutto me stesso. La desidero. Desidero la donna più bella e più sensuale del mondo.”
“ Beh, mi dispiace, caro mio. Io la padrona a mezzo servizio non la faccio”
“ Continuo a non capire, padrona. Perché mi dice questo? Non vede che lei può tutto, non vede che io sono sottomesso completamente alla sua forza, alla sua bellezza, alla sua volontà? Perché mi dice che lei si sente una padrona a mezzo servizio?”
“ Perché qui mi sento un ospite. Questa è casa tua, tutto è tuo e non lo tollero. Persino per comprarmi una borsa o un paio di scarpe devo chiederti di mettere un po’ di liquidi sul mio conto. E tu mi vuoi far credere che io sia veramente una padrona?” Diana si mise seduta e accavallò le sue splendide gambe. Ora toccava ad Alberto che si guardava intorno confuso, perso tra la splendida visione di Diana alla quale, in quella posizione, ormai erano quasi visibili le parti intime, e la realtà, realtà alla quale sua moglie lo aveva messo drasticamente al corrente, mentre io non sapevo cosa sperare. Se Alberto non avesse accettato, Diana sarebbe stata libera mentre, se cadeva nel suo gioco, avrebbe fatto l’amore con lei, facendomi rodere il fegato. Alberto intanto osservò sua moglie. Dio, quanto avrei voluto sapere cosa passava in quel momento in quel cervello. Le gambe chilometriche di Diana calamitavano la sua attenzione, e la mia ovviamente, ma lui doveva prendere una decisione e forse per lui era la decisione più importante della sua vita
“ Ma no, padrona. Lei è la proprietaria di questa casa, lei è la padrona di nome e di fatto e lei sa benissimo che qualunque sua richiesta io la esaudirò, e che qualunque cosa lei voglia comprare io ne saro’ felice”
“ Sei un pezzo d’idiota e non riesci a capirmi. Non meriti una padrona come me. Io non voglio aspettare che tu esaudisca una mia voglia, io non voglio vivere nella casa intestata ad un altro, come se io fossi sua ospite, io voglio sentirmi libera di essere padrona e voglio uno schiavo che riconosca la mia superiorità” Diana si alzo’ e andò di fronte a suo marito. Ora ce l’avevo alle spalle, ma non per questo la visione era meno eccitante. Il vestito copriva a malapena il suo sedere e, quando lei s’inchinò leggermente per mettere il suo viso ad un millimetro da quello di Alberto, avevo il panorama completo, con il suo sedere straordinario quasi completamente scoperto. Ma intanto, Diana proseguiva la sua opera di annullamento totale della volontà del marito. “Cominci a comprendere adesso? Cominci a capire perché sono costretta a lasciarti?” Disse quelle parole e poi sospirò profondamente. Avevo assistito a tutto quasi in trance. Diana aveva recitato alla perfezione, ma stava rischiando di brutto. Se Alberto non ci fosse cascato e l’avesse mandata via per davvero, lei avrebbe dovuto dire addio alla ricchezza, al benessere. Certo, malgrado quel contratto prematrimoniale, non avrebbe fatto la fame, ma era comunque un rischio enorme. Aveva giocato tutte le sue fiches su un numero e ora la roulette stava girando vorticosamente.
Fine decimo episodio.
Per commenti, scrivete a
davidmuscolo@tiscali.it
“ Fammi vedere bene come si fa, così poi posso farlo per Diana quando saremo da soli.” mi disse
“ Ti piace fare le faccende di casa?” Gli domandai. Era più che altro l'ennesimo mio tentativo per capire la sua psicologia e poi dare i giusti consigli a Diana
“ Oh no. Non mi piace come azione a sé stante. Piuttosto, amo poter servire la mia dea, e le faccende di casa rientrano in quell’ambito. Pertanto, m’inginocchierò di fronte a lei dopo averle portato la cena e bacerò i suoi dolci piedini mentre lei mangia”
“ Quei dolci piedini sono delle armi mortali, soprattutto con quei tacchi. Un calcio dato male e ti ammazza, ti penetra da parte a parte e ti fa fare la fine del pollo allo spiedo”
Alberto si mise a ridere pensando ad una mia battuta di spirito. Al contrario, io ero serissimo e anche abbastanza preoccupato. Se Diana non fosse stata attenta, il rischio sarebbe stato concreto. Per fortuna, lei era anche molto brava nel sapersi limitare e nel saper dosare la sua forza e la sua bravura illimitata, ma ero sempre preoccupato in quanto conoscevo anche molto bene la sua irascibilità.
“ Te l’ho detto, Paolo, “proseguì Alberto. “E’ proprio il sapere che lei potrebbe farmi qualsiasi cosa, persino uccidermi, se volesse, ad eccitarmi. Io sono un uomo sottomesso, ma che gusto ci sarebbe a sottomettersi a una donna normale? E invece Diana ha una forza prodigiosa, è abile in svariate arti marziali, e il mio terrore dinanzi a lei è autentico. E’ questo a smuovere i miei istinti. E poi non dimentichiamo la sua bellezza, il suo modo di proporsi, cosi dominante, cosi autoritario. Lei è la padrona perfetta e io sono il fortunato che si sottomette a lei”
Rimanemmo in silenzio. Cos’altro c’era da aggiungere? Osservai per un istante le pietanze che finivano di cuocere, e poi decisi che erano pronte. Misi il tutto su dei piatti grandi di forma ovale e, mentre ne afferravo un paio per portarli nella sala da pranzo dove ci attendeva Diana, Alberto mi fermò prendendomi per un braccio
“ No, fermo. Ci penso io. E’ da una vita che sogno di servire una donna e adesso posso farlo addirittura con mia moglie, con la mia padrona”
Seguii con lo sguardo l’uomo che si allontanava felice. Mio Dio, come è contorta a volte la mente umana. Quell’uomo aveva tutto dalla vita, poteva essere servito da un nugolo di domestici, e lui bramava di mettersi al completo servizio di sua moglie. Era, in un certo senso, una situazione affascinante, il massimo gesto d’amore che una persona può fare verso un altro essere umano, ma era comunque un gesto che esulava dalla logica. Almeno dalla mia. Lo seguii incuriosito. Alberto posò i piatti sul tavolo e poi si inginocchiò al cospetto di Diana, le baciò i piedi e poi rimase qualche secondo in silenzio attendendo un ordine dalla sua padrona. Dopo qualche istante, Diana gli fece cenno di alzarsi e gli ordinò di preparare la sua porzione. Mi avvicinai anch’io verso il tavolo, ma vidi Diana che, con il dito, mi faceva cenno di andare via. Voleva mangiare da sola col marito e io, a malincuore, dovetti obbedire, ma feci in tempo a vedere Diana gettare in terra alcune parti del cibo. E poi la sua voce imperiosa
“ Rimani sotto il tavolo e mangia quello che ti butto per terra. E senza aiutarti con le mani. Sono stata chiara?”
“ Si, mia padrona.” fu la semplice risposta di Alberto che si chinò e iniziò a mangiare come un cane, mentre io avevo l’ennesimo sbigottimento. La serata stava però solo per cominciare, e sapevo perfettamente che non sarebbe stata una serata tranquilla.
Mangiai in cucina, ma col desiderio e la curiosità di sbirciare per capire cosa accadesse. Dopo circa una decina di minuti, Alberto tornò.
“ Tutto bene?” gli domandai e lui si aprì ad un sorriso a trentadue denti.
“ Meravigliosamente. E’ una vera padrona, una donna dominante, una vera dea. Mi ha fatto mangiare sotto il tavolo i suoi avanzi e poi mi ha fatto leccare le sue scarpe.”
“ Oddio, che schifo.”
Lui scosse la testa. “No, non puoi capire. Cosa c’è di più sottomesso che fare queste cose per la propria padrona sapendo che, se non lo facessi, lei mi potrebbe picchiare a morte? Però non farmi perdere in chiacchiere. Lei mi ha chiesto di portarle le seconde pietanze ed è meglio che mi affretti.” Afferro’ un paio di piatti e uscì dalla cucina contento come una pasqua. Dovetti ammettere che provai per lui una sensazione strana. Da una parte mi faceva pena, poveretto. Non tanto per la sua sottomissione a Diana, quanto per il fatto che ignorava quali fossero le reali intenzioni di quella donna che lui aveva elevato al rango di dea. In realtà, della sottomissione vera e propria, della parte erotica che una simile pratica portava all’interno di una coppia, forse un po’ lo invidiavo. Sapevo benissimo che anch’io avrei fatto qualsiasi cosa per Diana pur di farci l’amore, e almeno lui soddisfaceva quella parte, mentre io vivevo nella speranza che lei, prima o poi, mi facesse quel grande regalo che attendevo da una vita. Ma, mentre ero immerso in questi pensieri, sentii l’urlo di Alberto e poi un rumore di piatti rotti. Corsi verso il salone dove i due stavano mangiando e la scena che si presentò ai miei occhi era straordinaria. Straordinaria non nel senso di piacevole, quanto nel senso di fuori dall’ordinario. Alberto era a terra, con i piatti in frantumi e tutto quel ben di Dio che io avevo amorevolmente preparato, sparso per terra. Vidi anche Diana che avanzava minacciosa verso di lui
“ Quando io ti do un ordine, tu esegui alla svelta, senza perdere tempo in chiacchiere. Hai capito, idiota?”
“ Si, padrona, mi perdoni. Lei ha ragione. Mi perdoni. Perdoni questo stupido schiavo” Diana si avvicinò maestosa verso suo marito e gli intimò di rialzarsi e poi lo afferro’ per la gola. “Si, padrona, no, padrona, ma va al diavolo Alberto,” gli disse per poi lasciarlo cadere a terra. Alberto rimase inebetito. Non capiva e, all’inizio, nemmeno io riuscivo a comprendere Diana. A quattro zampe l’uomo si mise ai piedi della maestosa femmina cercando di baciarle i piedi, ma Diana lo scansò e poi gli mise quel tacco pericoloso in bocca. Mio Dio, cosa aveva intenzione di fare? La donna che amavo rimase qualche istante in silenzio e poi proseguì “Hai capito, idiota? Hai capito che mi sono stancata di te e di farti questi giochetti del cazzo?”
Alberto si guardò intorno, come per cercare di comprendere quello che, al momento, gli sfuggiva, mentre io avevo invece compreso. Diana stava cominciando a lavorarsi suo marito
“ Che cosa significa, padrona?” disse infine con un filo di voce
“ Significa che me ne vado, che non ci sto a farti eccitare con queste cose. Io sono veramente una donna dominante, Alberto. Guardami! Io sono una vera padrona e di uomini pronti a farsi sottomettere da me ne trovo quanti ne voglio. Sono bella, sono realmente più forte di qualunque uomo. Lo sai cosa farebbero per farsi sottomettere da una come me?”
“ Farebbero pazzie, come sarei disposto a fare io, mia dea. La prego, non se ne vada. Perché? Tutto sembrava andare a meraviglia. Perché?” Era sconvolto. Baciò appassionatamente quel tacco di oltre 15 centimetri, una vera lama, un coltello che Diana avrebbe potuto conficcargli in qualunque parte del corpo
“ Ma togliti dai coglioni” gli disse togliendogli la scarpa dalla faccia e dirigendosi verso l’uscita del salone.
Alberto si rialzò in piedi e corse verso sua moglie prendendola per un braccio.“ La prego, padrona, non se ne vada. Io l’amo. Mi dica quello che vuole da me e io lo farò. Farò tutto quello che lei mi ordina, ma non mi lasci. Io ho bisogno di lei, ho bisogno della mia padrona.”
Diana girò lentamente il suo bellissimo viso verso di lui e poi, con l’altra mano, afferrò il braccio di Alberto e poi, con una delle sue portentose mosse, fece roteare il corpo dell’uomo mandandolo col sedere per terra
“ Alzati, stronzo” gli intimò e l’uomo, dolorante, le obbedì. Che visone surreale! L’altezza di Diana unita a quelle scarpe dal tacco chilometrico, la facevano apparire una gigantessa di fronte al marito. Gli afferrò un polso e, con un’altra mossa repentina, lo girò facendo lanciare un urlo di dolore ad Alberto, costringendolo a chinarsi leggermente e poi due schiaffi terrificanti. La testa del poveretto girò ed ebbi paura per la sua incolumità. Alberto sembrava comunque in condizioni più che accettabili, anche se continuava a frignare, forse più per la paura di perdere la sua padrona, cercata e voluta per una vita, che per l’effettivo dolore che Diana gli procurava. Ma la mia amica non aveva terminato. Gli tolse la presa dal polso e lo afferrò dapprima per la giacca, impiastricciata dalle pietanze che io avevo cucinato, e poi lo prese di nuovo per la gola. E quello non era un gioco. Volevo intervenire, e solo il timore che provavo nei confronti di Diana, mi indussero a non farlo.
Diana lo guardava intanto spavalda e sicura dei suoi mezzi fisici e della sua prorompente bellezza. “Come ti sei permesso di prendermi per un braccio, idiota.” La sua voce era calma, tranquilla.
“ Mi...mi perdoni, padrona” Sembrava un disco rotto. Non riusciva a ripetere altro. La mano di Diana continuava a stringere il suo collo, mentre Alberto cercava inutilmente di togliere quella morsa d’acciaio che avrebbe potuto spezzargli il collo
“ Hai capito cosa posso farti? Io non faccio la padrona per eccitare la tua fantasia. Hai sbagliato, caro il mio maritino. Io sono una padrona e lo sono per diritto, per forza e per bellezza, e l’uomo che deciderò di sottomettere sarà il mio schiavo per davvero”
“ Io lo sarò, padrona. Lei mi chieda e io esaudirò ogni suo desiderio”
“ Tu vuoi una padrona solo per eccitarti. Ma guardati. Ti viene veramente duro soltanto quando ti sottometto. Ti eccita la mia forza, la mia autorità, e la mia bellezza, ma il padrone di tutto resti tu e io non posso tollerarlo”
Ecco, eravamo al punto cruciale. Diana si era giocata le sue carte a meraviglia. Alberto, stando a quanto ormai conoscevo di lui, non avrebbe potuto resistere. Poi però mi venne il dubbio. E se Alberto avesse avuto un rigurgito di lucidità mentale accorgendosi della manovra di Diana e dei suoi reali desideri? Forse era troppo presto. Diana era diventata la padrona di Alberto da poco più di un giorno, due se consideravo anche la sera quando lo aveva mandato a comprare il gelato. Troppo poco. Non ebbi il tempo di continuare a immaginarmi cosa sarebbe potuto accadere in quanto il presente incombeva. La donna infatti, aveva lasciato la presa sull’uomo che si massaggiò il collo dolorante. Rimase qualche istante in silenzio, cercando di capire cosa stesse accadendo e cosa volesse realmente la splendida femmina che gli stava di fronte
“ Io...Io non capisco, padrona”
“ Ah non capisci, pezzo di deficiente. Eppure è tanto semplice. Tu vorresti che io ti sottometta, che dia sfoggio della mia forza, come ho fatto adesso, che mi vesta in modo sexy. Non è così?”
“ Si, padrona”
“ E dopo vorresti pure che io e te facessimo l’amore, Eh?” aggiunse prendendo la testa di Alberto da dietro il collo, avvicinandolo a lei per poi baciarlo quasi violentemente. L’uomo era ormai nelle sue mani. Chiunque lo sarebbe stato, e uno come Alberto non poteva resistere, soprattutto dopo quel bacio.
“ Si, padrona, lo vorrei con tutto me stesso. La desidero. Desidero la donna più bella e più sensuale del mondo.”
“ Beh, mi dispiace, caro mio. Io la padrona a mezzo servizio non la faccio”
“ Continuo a non capire, padrona. Perché mi dice questo? Non vede che lei può tutto, non vede che io sono sottomesso completamente alla sua forza, alla sua bellezza, alla sua volontà? Perché mi dice che lei si sente una padrona a mezzo servizio?”
“ Perché qui mi sento un ospite. Questa è casa tua, tutto è tuo e non lo tollero. Persino per comprarmi una borsa o un paio di scarpe devo chiederti di mettere un po’ di liquidi sul mio conto. E tu mi vuoi far credere che io sia veramente una padrona?” Diana si mise seduta e accavallò le sue splendide gambe. Ora toccava ad Alberto che si guardava intorno confuso, perso tra la splendida visione di Diana alla quale, in quella posizione, ormai erano quasi visibili le parti intime, e la realtà, realtà alla quale sua moglie lo aveva messo drasticamente al corrente, mentre io non sapevo cosa sperare. Se Alberto non avesse accettato, Diana sarebbe stata libera mentre, se cadeva nel suo gioco, avrebbe fatto l’amore con lei, facendomi rodere il fegato. Alberto intanto osservò sua moglie. Dio, quanto avrei voluto sapere cosa passava in quel momento in quel cervello. Le gambe chilometriche di Diana calamitavano la sua attenzione, e la mia ovviamente, ma lui doveva prendere una decisione e forse per lui era la decisione più importante della sua vita
“ Ma no, padrona. Lei è la proprietaria di questa casa, lei è la padrona di nome e di fatto e lei sa benissimo che qualunque sua richiesta io la esaudirò, e che qualunque cosa lei voglia comprare io ne saro’ felice”
“ Sei un pezzo d’idiota e non riesci a capirmi. Non meriti una padrona come me. Io non voglio aspettare che tu esaudisca una mia voglia, io non voglio vivere nella casa intestata ad un altro, come se io fossi sua ospite, io voglio sentirmi libera di essere padrona e voglio uno schiavo che riconosca la mia superiorità” Diana si alzo’ e andò di fronte a suo marito. Ora ce l’avevo alle spalle, ma non per questo la visione era meno eccitante. Il vestito copriva a malapena il suo sedere e, quando lei s’inchinò leggermente per mettere il suo viso ad un millimetro da quello di Alberto, avevo il panorama completo, con il suo sedere straordinario quasi completamente scoperto. Ma intanto, Diana proseguiva la sua opera di annullamento totale della volontà del marito. “Cominci a comprendere adesso? Cominci a capire perché sono costretta a lasciarti?” Disse quelle parole e poi sospirò profondamente. Avevo assistito a tutto quasi in trance. Diana aveva recitato alla perfezione, ma stava rischiando di brutto. Se Alberto non ci fosse cascato e l’avesse mandata via per davvero, lei avrebbe dovuto dire addio alla ricchezza, al benessere. Certo, malgrado quel contratto prematrimoniale, non avrebbe fatto la fame, ma era comunque un rischio enorme. Aveva giocato tutte le sue fiches su un numero e ora la roulette stava girando vorticosamente.
Fine decimo episodio.
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