Paola e il genero

di
genere
incesti

1. Da quando mi sono trasferita qui, tutto sembra più facile. La villetta è grande, luminosa, e io ho la mia stanza, il mio bagno. Mi occupo di mio nipote, porto ordine nella casa, e Marco... Marco è sempre così gentile, così premuroso.
È strano come tutto sia cambiato. Mia figlia è andata via, ha mollato marito e figlio per seguire un uomo in un’altra città. Una fuga improvvisa, un taglio netto. E io sono rimasta qui, a rimediare ai cocci che ha lasciato.
Ma mio genero Marco è stato forte. Non si è mai lamentato, non ha mai detto una parola contro di lei. Ha solo continuato, giorno dopo giorno, a fare il padre, a lavorare, a sorridermi al mattino mentre preparo il caffè.
Lo guardo, a volte. Non posso farne a meno. È un uomo bello, alto, con le spalle larghe, sempre curato. Gli anni non gli hanno tolto niente, anzi. E io? Sessant’anni, ma ancora mi sento viva. Il corpo non mi ha abbandonata, la pelle è ancora tesa, i capelli li tingo, certo, ma sono folti, lucenti.
Quel sabato cambia tutto. Sul terrazzo, il sole è caldo. Mi sdraio sul materassino e, senza pensarci troppo, slaccio il reggiseno. Nessuno può vedermi. Mi godo il calore sulla pelle.
Poi la porta scorrevole si apre.
«Paola?» La voce di Marco.
Mi volto appena, senza fretta. «Sì?»
«Pensavo di prendere un po’ di sole anch’io.»
«Certo, vieni.»
Sento il suo sguardo fermarsi su di me. Il seno scoperto, i capezzoli che si induriscono al contatto dell’aria. Sorride, poi distoglie lo sguardo.
«Scusa, non volevo... non sapevo...»
«Oh, dai, Marco. Potrei essere tua madre.» Sorrido.
Si siede accanto a me, a torso nudo. I suoi muscoli si muovono sotto la pelle, e non posso fare a meno di notarlo. Anche lui è nervoso.
«Hai una pelle bellissima, Paola...» sussurra dopo un po’.
«Anche tu non sei male.»
Parliamo. Del più e del meno. Di mia figlia. Dei suoi turni di lavoro. Ma io sento la tensione, la percepisco come un filo teso. Quando il sole comincia a calare, mi alzo.
«Vado a farmi una doccia.»
Entro in bagno, chiudo la porta, mi spoglio lentamente. L’acqua è calda, mi scivola sul collo, sul seno, giù tra le cosce. Chiudo gli occhi. Lo immagino. Lo immagino che mi guardi, che mi sfiori.
E poi lo sento. Un rumore. Un’ombra dietro la porta. Marco.
Sorrido. Mi muovo di più, il getto dell’acqua che mi accarezza il petto, le dita che scivolano tra le gambe. E lui è lì. Lo so. Lo sento.
Esco dalla doccia senza asciugarmi. Apro la porta di scatto.
«Ti piace quello che vedi, Marco?»
Lo trovo lì, davanti alla porta, gli occhi che si spalancano.
«Paola, io... io...»
«Smettila.» Mi avvicino, nuda, il corpo ancora bagnato. Gli prendo la mano e la porto sul mio seno. «Non fare il bambino.»
Le sue dita tremano, ma poi si stringono, forti, calde. La sua bocca trova il mio collo, poi scivola sul mio petto, sui capezzoli duri. Sento il suo respiro accelerare, il calore del suo corpo contro il mio.
Lo trascino in camera, lo spingo sul letto. Mi sdraio, le gambe aperte.
«Vieni. Prendimi.»
Marco è su di me, i pantaloni che scivolano via, il cazzo duro, grosso, che mi sfiora. Glielo afferro, lo sento caldo, pulsante.
«Dio, Paola...»
«Smettila di parlare.» Lo guido dentro di me, il piacere che mi esplode.
Lui spinge, affonda, le mani sui miei fianchi, i suoi gemiti che mi scaldano il collo. Lo voglio, lo voglio tutto. Mi aggrappo a lui, le unghie che graffiano la sua schiena.
«Scopami, Marco... scopami forte...»
E lui obbedisce. Mi prende, mi sbatte, mi riempie. Le sue spinte diventano più veloci, più profonde. Io gemo, mi contorco sotto di lui.
«Vengo... Dio, vengo...» ansima.
«Vieni dentro... riempimi...»
Il calore del suo seme mi riempie, e io mi stringo a lui, le gambe avvinghiate ai suoi fianchi. Restiamo lì, ansimanti, i corpi che tremano.
Ma io non ne ho abbastanza.
Lo faccio sdraiare, scivolo giù e prendo il suo cazzo tra le labbra. Sento ancora il sapore del nostro sesso. Lo lecco, lo succhio, le mie dita che accarezzano le sue palle.
«Paola... cazzo...» geme, ma non mi fermo.
Torna duro, caldo, e io mi metto a cavalcioni. Sento ogni centimetro che mi riempie, mi muovo, i seni che gli sfiorano il viso.
Le sue mani mi afferrano i fianchi, mi guidano.
«Sei una troia...» sussurra, e quelle parole mi incendiano.
«E tu sei un porco... prendimi... fammi tua...»
Lui mi spinge ancora, e ancora. Lo sento venire di nuovo, caldo, profondo.
Restiamo lì, i corpi sudati, le lenzuola umide.
Ma non ho finito.
Mi metto a quattro zampe, il culo in alto.
«Mettimelo dietro ...»
Marco non si fa pregare. Lo sento spingere, duro, forte, mi riempie ancora. Gemo, mi mordo le labbra.
«Sei stretta, Paola... cazzo...»
«Non fermarti... scopami... scopami tutta...»
E lui obbedisce. Mi prende come una bestia, le sue mani sui miei fianchi, il cazzo che mi apre, che mi stordisce.
Viene ancora. Forte, profondo. E io tremo, il corpo in fiamme.
Resto lì, sdraiata, esausta.
Ma so che non è finita. Non per me. Non per noi.
scritto il
2025-05-21
9 . 8 K
visite
1 1 5
voti
valutazione
6.8
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Il gioco di Wendy 11

racconto sucessivo

Il gioco di Wendy 12
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.