Il gioco di Wendy 3
di
AngelicaBellaWriter
genere
dominazione
3. Quando mio marito parcheggia nel vialetto, il cuore mi batte all’impazzata. Ho le mani sudate, la gola secca. Non c’è più scampo. O glielo dico io o lo scoprirà comunque.
Lui entra, mi lancia uno sguardo e subito si accorge che c’è qualcosa che non va. Si ferma, incrocia le braccia.
«Che cazzo c’è, Wendy?»
Le parole mi si bloccano in gola. Ma devo dirglielo.
«Ho fatto una cazzata. Una cazzata enorme.»
Lui non risponde, mi fissa, la mascella contratta.
E allora tutto esce. I ragazzi del materasso. I pompini, le scopate, i video, il ricatto. Gli racconto tutto. Tutto. Non mi risparmio niente. Non gli risparmio niente.
Lui ascolta. Immobile. Il volto di pietra. Quando finisco, resta in silenzio. Poi si alza e mi si avvicina lentamente.
«Così è questo quello che sei. Una puttana.»
Mi sento morire, ma non riesco nemmeno a negarlo. La vergogna mi brucia la faccia, ma anche quel calore sporco tra le cosce.
«Mi dispiace...» sussurro, cercando di allungare una mano verso di lui.
Lui me la afferra e mi trascina in camera da letto. Mi spinge sul letto, il materasso che cede sotto di me.
«Vuoi fare la puttana? Bene. Ora vediamo quanto vali davvero.»
Mi strappa il vestito, le sue mani ruvide che mi afferrano i seni, che li stringono, che mi fanno male. Ma non mi lamento. Non mi oppongo.
Mi tiene giù, il suo cazzo duro che mi sbatte contro l’interno coscia. Lo tira fuori, mi spalanca le gambe e mi penetra di colpo. Forte. Senza dolcezza.
«È questo che ti piace, eh? Prenderlo come una troia? Farti sbattere da quei ragazzini?»
Ogni parola è un colpo, ma mi eccita. Non dovrei, ma mi eccita. Mi contorco sotto di lui, i miei gemiti soffocati mentre mi scopa come un animale.
Viene dentro di me, con un grugnito rabbioso, poi si tira indietro, mi lascia lì, ansimante, le cosce sporche del suo seme.
Si riveste, esce dalla stanza senza guardarmi. Lo sento prendere il telefono, chiamare qualcuno. Non capisco le parole, ma la sua voce è bassa, tagliente.
Poi torna da me.
«Aspetta quei cazzo di ragazzini. Non dire una parola. Ci penso io.»
Resto lì, nuda, il corpo ancora caldo, il cervello in fiamme. Mi sento umiliata, eccitata, confusa. E quando il campanello suona, il cuore mi esplode nel petto.
Apro la porta. Jake, Marcus e altri due stronzetti. Sorridono, sfrontati, già pronti a tirar fuori i cellulari.
«Ciao, Wendy… Pronta per divertirti?»
Ma le loro facce cambiano quando vedono mio marito dietro di me. E con lui ci sono Marco e Luca. Due bestie. Grossi, con le mani grosse e la voglia di fare male.
«Salve, stronzetti» dice mio marito, la voce di ghiaccio. «Avete finito di giocare con mia moglie.»
I ragazzi ridono nervosi. Jake prova a fare il duro.
«Oh, rilassati, vecchio. Era solo un gioco.»
Ma il suo sorriso si spegne quando il pugno di Marco lo colpisce in piena faccia. Gli altri cercano di scappare, ma Luca li blocca. Parte la rissa. Ma è una carneficina.
I ragazzi urlano, i pugni volano, i denti schizzano. Il suono dei colpi è sordo, umido. E io guardo. Li guardo prendere botte, vederli sanguinare, supplicare.
Quando è finita, sono a terra. Lividi, gemono come cuccioli.
«I cellulari» ordina mio marito.
Jake trema, li tira fuori. Mio marito li afferra, li getta a terra, li schiaccia sotto lo stivale. Schermo dopo schermo, frantumati.
«Se anche solo uno di voi parla, se anche solo un’immagine di Wendy riappare, vi trovo. E vi seppellisco.»
Annuiscono, terrorizzati.
«Ora sparite.»
Li vedo zoppicare verso l’uscita, insanguinati, distrutti. Quando la porta si chiude, mio marito si volta verso di me.
«Vieni qui.»
Mi avvicino, le gambe deboli. Lui mi prende per i capelli, mi costringe a guardarlo.
«Sei mia. Solo mia. Ti è chiaro?»
«Sì…» sussurro, il corpo che già brucia di nuovo.
Si gira verso Marco e Luca.
«Ragazzi, volete farvi una scopata come si deve?»
I loro sorrisi mi fanno venire i brividi. Non c’è gentilezza. Solo desiderio. Mi saltano addosso. Le loro mani mi strappano quel poco che resta dei miei vestiti. Mi afferrano, mi piegano, mi tengono giù.
Marco mi prende da dietro, la sua verga che mi riempie senza pietà, le sue mani che mi stringono i fianchi, che mi schiaffeggiano il culo.
Luca mi prende la testa, mi infila il cazzo in bocca, e io lo succhio, affamata, soffocando, i suoi gemiti che mi riempiono le orecchie.
Mio marito si siede sul divano, si sbottona i pantaloni e si accarezza guardandomi.
«Guarda come ti riducono. È questo che vuoi, troia? Vuoi essere riempita come una puttana?»
Non riesco nemmeno a rispondere. Geme. Gemo come una cagna, persa tra i loro corpi, le loro spinte violente, i loro morsi, i loro insulti.
Quando Marco viene, Luca prende il suo posto. Mi solleva e mi sbatte contro il muro, mi scopa forte, il suo respiro caldo sul mio collo.
Quando finiscono, sono a terra, tremante, il corpo coperto del loro seme, della loro saliva.
Mio marito si alza, si avvicina e mi solleva il viso per il mento.
«Hai imparato la lezione, Wendy?»
Annaspo. «Sì…»
Mi sorride, ma i suoi occhi sono freddi.
«Brava. Ora vai a pulirti. E preparati. Perché non ho ancora finito con te.»
Lui entra, mi lancia uno sguardo e subito si accorge che c’è qualcosa che non va. Si ferma, incrocia le braccia.
«Che cazzo c’è, Wendy?»
Le parole mi si bloccano in gola. Ma devo dirglielo.
«Ho fatto una cazzata. Una cazzata enorme.»
Lui non risponde, mi fissa, la mascella contratta.
E allora tutto esce. I ragazzi del materasso. I pompini, le scopate, i video, il ricatto. Gli racconto tutto. Tutto. Non mi risparmio niente. Non gli risparmio niente.
Lui ascolta. Immobile. Il volto di pietra. Quando finisco, resta in silenzio. Poi si alza e mi si avvicina lentamente.
«Così è questo quello che sei. Una puttana.»
Mi sento morire, ma non riesco nemmeno a negarlo. La vergogna mi brucia la faccia, ma anche quel calore sporco tra le cosce.
«Mi dispiace...» sussurro, cercando di allungare una mano verso di lui.
Lui me la afferra e mi trascina in camera da letto. Mi spinge sul letto, il materasso che cede sotto di me.
«Vuoi fare la puttana? Bene. Ora vediamo quanto vali davvero.»
Mi strappa il vestito, le sue mani ruvide che mi afferrano i seni, che li stringono, che mi fanno male. Ma non mi lamento. Non mi oppongo.
Mi tiene giù, il suo cazzo duro che mi sbatte contro l’interno coscia. Lo tira fuori, mi spalanca le gambe e mi penetra di colpo. Forte. Senza dolcezza.
«È questo che ti piace, eh? Prenderlo come una troia? Farti sbattere da quei ragazzini?»
Ogni parola è un colpo, ma mi eccita. Non dovrei, ma mi eccita. Mi contorco sotto di lui, i miei gemiti soffocati mentre mi scopa come un animale.
Viene dentro di me, con un grugnito rabbioso, poi si tira indietro, mi lascia lì, ansimante, le cosce sporche del suo seme.
Si riveste, esce dalla stanza senza guardarmi. Lo sento prendere il telefono, chiamare qualcuno. Non capisco le parole, ma la sua voce è bassa, tagliente.
Poi torna da me.
«Aspetta quei cazzo di ragazzini. Non dire una parola. Ci penso io.»
Resto lì, nuda, il corpo ancora caldo, il cervello in fiamme. Mi sento umiliata, eccitata, confusa. E quando il campanello suona, il cuore mi esplode nel petto.
Apro la porta. Jake, Marcus e altri due stronzetti. Sorridono, sfrontati, già pronti a tirar fuori i cellulari.
«Ciao, Wendy… Pronta per divertirti?»
Ma le loro facce cambiano quando vedono mio marito dietro di me. E con lui ci sono Marco e Luca. Due bestie. Grossi, con le mani grosse e la voglia di fare male.
«Salve, stronzetti» dice mio marito, la voce di ghiaccio. «Avete finito di giocare con mia moglie.»
I ragazzi ridono nervosi. Jake prova a fare il duro.
«Oh, rilassati, vecchio. Era solo un gioco.»
Ma il suo sorriso si spegne quando il pugno di Marco lo colpisce in piena faccia. Gli altri cercano di scappare, ma Luca li blocca. Parte la rissa. Ma è una carneficina.
I ragazzi urlano, i pugni volano, i denti schizzano. Il suono dei colpi è sordo, umido. E io guardo. Li guardo prendere botte, vederli sanguinare, supplicare.
Quando è finita, sono a terra. Lividi, gemono come cuccioli.
«I cellulari» ordina mio marito.
Jake trema, li tira fuori. Mio marito li afferra, li getta a terra, li schiaccia sotto lo stivale. Schermo dopo schermo, frantumati.
«Se anche solo uno di voi parla, se anche solo un’immagine di Wendy riappare, vi trovo. E vi seppellisco.»
Annuiscono, terrorizzati.
«Ora sparite.»
Li vedo zoppicare verso l’uscita, insanguinati, distrutti. Quando la porta si chiude, mio marito si volta verso di me.
«Vieni qui.»
Mi avvicino, le gambe deboli. Lui mi prende per i capelli, mi costringe a guardarlo.
«Sei mia. Solo mia. Ti è chiaro?»
«Sì…» sussurro, il corpo che già brucia di nuovo.
Si gira verso Marco e Luca.
«Ragazzi, volete farvi una scopata come si deve?»
I loro sorrisi mi fanno venire i brividi. Non c’è gentilezza. Solo desiderio. Mi saltano addosso. Le loro mani mi strappano quel poco che resta dei miei vestiti. Mi afferrano, mi piegano, mi tengono giù.
Marco mi prende da dietro, la sua verga che mi riempie senza pietà, le sue mani che mi stringono i fianchi, che mi schiaffeggiano il culo.
Luca mi prende la testa, mi infila il cazzo in bocca, e io lo succhio, affamata, soffocando, i suoi gemiti che mi riempiono le orecchie.
Mio marito si siede sul divano, si sbottona i pantaloni e si accarezza guardandomi.
«Guarda come ti riducono. È questo che vuoi, troia? Vuoi essere riempita come una puttana?»
Non riesco nemmeno a rispondere. Geme. Gemo come una cagna, persa tra i loro corpi, le loro spinte violente, i loro morsi, i loro insulti.
Quando Marco viene, Luca prende il suo posto. Mi solleva e mi sbatte contro il muro, mi scopa forte, il suo respiro caldo sul mio collo.
Quando finiscono, sono a terra, tremante, il corpo coperto del loro seme, della loro saliva.
Mio marito si alza, si avvicina e mi solleva il viso per il mento.
«Hai imparato la lezione, Wendy?»
Annaspo. «Sì…»
Mi sorride, ma i suoi occhi sono freddi.
«Brava. Ora vai a pulirti. E preparati. Perché non ho ancora finito con te.»
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