Il gioco di Wendy 4

di
genere
dominazione

4. Quando mio marito mi dice di vestirmi, non oso fare domande. I suoi occhi hanno quella scintilla pericolosa, e so che è ancora furioso. Ma sotto quella rabbia c'è qualcos'altro, qualcosa di oscuro e primordiale. E io lo sento bruciare anche dentro di me.
Scelgo un vestito corto, nero, che mi aderisce come una seconda pelle. Niente reggiseno, niente mutandine. Lui mi guarda e annuisce.
«Perfetto. Ora seguimi.»
Guido in silenzio mentre lui mi dà indicazioni. Strade che non conosco, quartieri che non ho mai visto. Alla fine, ci fermiamo davanti a un edificio anonimo, con una porta di metallo e nessun segno. Lui scende, mi prende per il polso e mi trascina dentro.
L'interno è immerso in una penombra rossa. Luci soffuse, musica lenta, corpi che si muovono, che si toccano. Un club. Non un normale club. Un club dove la gente viene per scopare. Davanti a tutti.
Il cuore mi martella nel petto.
«Sai cos’è questo posto?» mi sussurra all’orecchio.
Annuisco, la gola secca.
«Perfetto. Perché questa notte sarai la mia puttana. E non solo mia.»
Mi afferra per i capelli e mi bacia, un bacio duro, possessivo. Poi mi spinge al centro della stanza, dove un divano largo troneggia, circondato da altri divanetti occupati. Occhi che già si voltano verso di noi.
«In ginocchio» ordina.
Obbedisco, il pavimento freddo sotto di me. Lui si sbottona i pantaloni e il suo cazzo mi colpisce le labbra. Lo prendo in bocca senza esitare, succhio, lo sento indurirsi nella mia gola.
«Guardate tutti» dice, la voce alta. «Guardate la mia troia personale. Fatevi avanti, non si tirerà indietro.»
Le teste si girano, sguardi affamati mi scrutano. Sento passi, respiro affannoso.
La prima mano mi afferra i capelli, mi solleva il viso, il cazzo di un estraneo mi colpisce le labbra, le apre. Un altro si avvicina da dietro, le sue mani che mi alzano il vestito, le sue dita che mi penetrano subito, trovandomi già bagnata.
Mi tengono lì, bocca e figa piene, mentre mio marito si siede e osserva, un sorriso crudele sulle labbra.
«Guarda come la prendete. Non si fermerà. Non si stanca mai.»
E non mentiva. Ogni tocco, ogni spinta mi incendia. La vergogna si dissolve nel piacere sporco, nelle loro mani che mi afferrano, mi usano, nei loro cazzi che si alternano in bocca, tra le cosce, contro il mio viso.
I gemiti si mescolano, il sudore mi scivola sulla pelle. Mi prendono a turno, uno dopo l'altro, mentre mio marito si limita a guardare, a toccarsi, a sussurrare parole sporche.
Qualcuno mi afferra per i fianchi, mi solleva, mi piega sul divano. Sento la sua verga che mi penetra, mentre un altro mi tiene la testa, mi costringe a leccarlo, a succhiarlo.
Sono una bambola nelle loro mani. E godo. Dio, come godo.
Uno dei ragazzi mi viene in faccia, il suo seme caldo mi schizza sulle labbra, sugli occhi. Mi pulisco con la lingua, ne voglio ancora.
Un altro si viene dentro di me, affonda fino all’ultima goccia, si ritira e lascia spazio a un altro.
La stanza è piena di gemiti, odore di sesso, sussurri eccitati.
Quando anche l'ultimo si ritira, il mio corpo è esausto, le ginocchia tremano. Ma il mio cazzo preferito è ancora lì, davanti a me. Mio marito.
Mi fa segno di avvicinarmi. Mi inginocchio davanti a lui, il viso ancora sporco del seme di quegli sconosciuti.
«Hai finito di fare la troia?» mi chiede, accarezzandomi i capelli.
«Solo se lo vuoi tu» sussurro.
Sorride. Si sposta un po’ indietro, si sbottona la camicia.
«Allora vieni qui. E fammi vedere cosa sai fare.»
Mi arrampico sul suo corpo, mi sistemo sopra di lui, il suo cazzo che scivola dentro di me con facilità, il calore che mi riempie di nuovo.
Mi muovo, le mie mani sulle sue spalle, i miei gemiti soffocati sul suo collo.
E mentre mi scopa, mentre mi prende davanti a tutti, so che mi ha marchiata.
Io sono sua. La sua troia. E lui può darmi a chiunque. Ma solo lui può possedermi davvero.
scritto il
2025-05-17
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