Schiava bianca condivisa (parte 5)
di
Kugher
genere
sadomaso
“Buona sera e ben arrivato. John la aspetta in sala”.
Il tono di Ambra, educato con una punta di ossequio, ebbe l’effetto di spiazzare l’ospite.
Mark aveva sentito parlare della bellezza di Ambra, complice anche la giovane età se paragonata a quella sua e del suo amico.
Non si aspettava però di essere accolto da lei con una eccessiva cortesia, non tipica della compagna di giochi di un uomo, ma nemmeno spinta verso il distacco di una serva.
La sensazione rimase latente in lui quando si tolse la giacca per porgerla dopo l’invito a spogliarsi e a mettersi comodo.
Avrebbe potuto appenderla anche lui al vicino appendiabiti. Eppure il fatto che il gesto venisse compiuto da quella giovane donna bianca ebbe l’effetto di dargli una scossa di piacere.
“Venga, Signore”.
L’uomo cercò di nascondere il suo imbarazzo, capendo che qualcosa non andava, senza capire esattamente cosa.
“Possiamo darci del tu, direi”.
Ambra non rispose ma, nell’avvicinarsi alla porta del salotto, noto all’ospite, fece un passo indietro per farlo passare dopo averlo condotto sino a lì, come se per la prima volta accedesse ai locali di quella casa nella quale era stato ospite tante volte prima di conoscerla.
“Prego, Signore, dopo di lei”.
Il pensiero del comportamento della donna non venne annullato dalla consueta cordialità dell’amico che, alzandosi dalla poltrona, gli andò incontro.
Si sedettero entrambi mentre Ambra rimase in piedi, dritta, come fosse in attesa.
John era sicuro che nel breve tratto in cui la sua schiava aveva condotto l’amico al salotto, sicuramente il segno della frustata sulla schiena era stato notato, complici anche le luci accese appositamente.
L’imbarazzo non abbandonò Mark quando, seduto assieme all’amico, iniziò a discorrere vedendo con la coda dell’occhio che la ragazza restava ferma in piedi, senza nemmeno cercare di partecipare al dialogo, anche solo con lo sguardo interessato.
“Vuoi un caffè?”.
“Grazie, non ho ancora raggiunto la dose massima giornaliera”.
Il padrone di casa si rivolse con naturalezza alla donna in piedi.
“Portarci due caffè”.
Due, non tre. Due.
Mark notò il numero pari che non tornava col numero dispari dei presenti in sala.
La ragazza tornò con un vassoio sul quale c’erano solo due tazzine fumanti e due zuccheriere.
Ambra servì prima l’ospite, chinandosi in avanti tenendo le gambe unite e la schiena dritta, col fare servile che il suo Padrone le aveva insegnato.
Mark notò che c’era lo zucchero bianco e di canna, a sua scelta. Ottimo servizio.
“Scusa Mark, avevo dimenticato che dopo il caffè prendi sempre un bicchiere di acqua. Ambra, servi il Signore”.
“Subito”.
L’uomo soffermò lo sguardo sui polsi segnati. Quelli di John erano ordini, non richieste e la risposta era tipica di donna ubbidiente. Cominciò a sentire la circolazione del sangue che aumentava la sua velocità.
“E’ sempre così ubbidiente?”.
La voce denunciava la sua eccitazione, anche se cercava di essere scherzosa.
“E’ stata educata a servirmi”.
La risposta lo colpì all’inguine facendogli aumentare le dimensioni del cazzo.
Al suo ritorno Ambra fu ancora molto servile.
“Ecco Signore, non sapevo se gradiva l’acqua a temperatura ambiente o da frigorifero”.
Tra le poltrone era stato rimosso il tavolino. Mark si guardò intorno per capire dove appoggiare il bicchiere prima di prendere la tazzina di caffè.
Il breve scambio in sua assenza aveva accelerato i tempi ed il gioco, complice l’eccitazione che circolava nel basso ventre di John.
“Ambra, inginocchiati e tieni sollevato il vassoio”.
La ragazza ubbidì con la naturalezza di chi è abituata ad eseguire e si trasformò in tavolino umano, tenendo la testa china.
Il dialogo proseguì nella finta e forzata indifferenza di John, già eccitato, e nel turbamento, anch'esso eccitato, dell’ospite che ripetutamente prese e posò il bicchiere sul tavolino umano, immobile tra di loro.
“Bevi ancora?”.
Mark si pentì di avere risposto negativamente perché gli dispiacque vederla alzarsi e portare via il vassoio.
Al rientro in sala i due uomini stavano nuovamente discorrendo, facendo finta che non ci fosse nulla di strano. Non c’erano altre poltrone e John, con l’indice, indicò a terra accanto a sé.
Ambra temette di vedersi colare il piacere dalle calze e gettò uno sguardo al cazzo dell’ospite intuendone la durezza che forse sarebbe stata rivelata se non avesse avuto le gambe accavallate.
Con eleganza si accucciò a terra accanto al Padrone restando inginocchiata col busto dritto.
Mark non potè più nascondere la sua eccitazione.
“La tratti sempre così?”
“L’ho educata per servirmi e a mostrare deferenza. Oltre a soddisfarmi sessualmente a piacimento, ovviamente”.
Gli occhi di Mark tradivano ciò aveva dentro. Il fiato gli si fece corto.
Rimase parallizato a fissare la donna.
John era eccitato e voleva mostrare ulteriormente l’ubbidienza della donna, come colui che schiaccia sull’acceleratore per imprimere una velocità ulteriore rispetto a quella necessaria per il sorpasso di una vettura lenta.
“Accucciati ai piedi”.
Ambra si accucciò ponendo la guancia a terra ed il viso vicino alle scarpe del Padrone, come fosse il suo cane.
John pose la scarpa sulla sua guancia.
Ambra, seppur a fatica, sentì prima la frase del suo Padrone, poi il silenzio dell’ospite.
“Come vedi ne ho fatto la mia schiava. Ubbidisce ad ogni mio ordine”.
Si gustò il silenzio dell’amico che aveva intuito la frase lasciata sospesa:
“Quando siamo soli ha l’obbligo di restare nuda”.
Mark non riusciva a staccare gli occhi dalla schiava, intuendone tutti i vantaggi e sperando di usare quella cosa bellissima.
“Ambra, stenditi tra noi”.
Docilmente la donna eseguì e, probabilmente, fu la arrendevole ubbidienza ad eccitare l’uomo più della donna stesa a terra ai suoi piedi.
John si tolse le scarpe e appoggiò i piedi sul bel corpo della sua schiava.
“Mettiti comodo anche tu, se vuoi”.
La risposta consistette nel vedere Mark togliersi le scarpe e appoggiare anche lui i piedi sul morbido tappeto umano.
“Il segno sulla sua schiena è una frustata?”.
Era una domanda pleonastica alla quale non seguì una risposta ma un sorriso complice ed eccitato.
“Perché tiene la bocca semiaperta?”.
Mark aveva il piede sui suoi seni.
“Perché offre la bocca e la lingua al servizio desiderato”.
L’ospite si sentì scoppiare il cazzo dall’eccitazione quando pose il piede sulla bocca della donna che, tolta la calza, cominciò a leccare la pianta come se stesse passando la lingua su un cazzo duro.
Il tono di Ambra, educato con una punta di ossequio, ebbe l’effetto di spiazzare l’ospite.
Mark aveva sentito parlare della bellezza di Ambra, complice anche la giovane età se paragonata a quella sua e del suo amico.
Non si aspettava però di essere accolto da lei con una eccessiva cortesia, non tipica della compagna di giochi di un uomo, ma nemmeno spinta verso il distacco di una serva.
La sensazione rimase latente in lui quando si tolse la giacca per porgerla dopo l’invito a spogliarsi e a mettersi comodo.
Avrebbe potuto appenderla anche lui al vicino appendiabiti. Eppure il fatto che il gesto venisse compiuto da quella giovane donna bianca ebbe l’effetto di dargli una scossa di piacere.
“Venga, Signore”.
L’uomo cercò di nascondere il suo imbarazzo, capendo che qualcosa non andava, senza capire esattamente cosa.
“Possiamo darci del tu, direi”.
Ambra non rispose ma, nell’avvicinarsi alla porta del salotto, noto all’ospite, fece un passo indietro per farlo passare dopo averlo condotto sino a lì, come se per la prima volta accedesse ai locali di quella casa nella quale era stato ospite tante volte prima di conoscerla.
“Prego, Signore, dopo di lei”.
Il pensiero del comportamento della donna non venne annullato dalla consueta cordialità dell’amico che, alzandosi dalla poltrona, gli andò incontro.
Si sedettero entrambi mentre Ambra rimase in piedi, dritta, come fosse in attesa.
John era sicuro che nel breve tratto in cui la sua schiava aveva condotto l’amico al salotto, sicuramente il segno della frustata sulla schiena era stato notato, complici anche le luci accese appositamente.
L’imbarazzo non abbandonò Mark quando, seduto assieme all’amico, iniziò a discorrere vedendo con la coda dell’occhio che la ragazza restava ferma in piedi, senza nemmeno cercare di partecipare al dialogo, anche solo con lo sguardo interessato.
“Vuoi un caffè?”.
“Grazie, non ho ancora raggiunto la dose massima giornaliera”.
Il padrone di casa si rivolse con naturalezza alla donna in piedi.
“Portarci due caffè”.
Due, non tre. Due.
Mark notò il numero pari che non tornava col numero dispari dei presenti in sala.
La ragazza tornò con un vassoio sul quale c’erano solo due tazzine fumanti e due zuccheriere.
Ambra servì prima l’ospite, chinandosi in avanti tenendo le gambe unite e la schiena dritta, col fare servile che il suo Padrone le aveva insegnato.
Mark notò che c’era lo zucchero bianco e di canna, a sua scelta. Ottimo servizio.
“Scusa Mark, avevo dimenticato che dopo il caffè prendi sempre un bicchiere di acqua. Ambra, servi il Signore”.
“Subito”.
L’uomo soffermò lo sguardo sui polsi segnati. Quelli di John erano ordini, non richieste e la risposta era tipica di donna ubbidiente. Cominciò a sentire la circolazione del sangue che aumentava la sua velocità.
“E’ sempre così ubbidiente?”.
La voce denunciava la sua eccitazione, anche se cercava di essere scherzosa.
“E’ stata educata a servirmi”.
La risposta lo colpì all’inguine facendogli aumentare le dimensioni del cazzo.
Al suo ritorno Ambra fu ancora molto servile.
“Ecco Signore, non sapevo se gradiva l’acqua a temperatura ambiente o da frigorifero”.
Tra le poltrone era stato rimosso il tavolino. Mark si guardò intorno per capire dove appoggiare il bicchiere prima di prendere la tazzina di caffè.
Il breve scambio in sua assenza aveva accelerato i tempi ed il gioco, complice l’eccitazione che circolava nel basso ventre di John.
“Ambra, inginocchiati e tieni sollevato il vassoio”.
La ragazza ubbidì con la naturalezza di chi è abituata ad eseguire e si trasformò in tavolino umano, tenendo la testa china.
Il dialogo proseguì nella finta e forzata indifferenza di John, già eccitato, e nel turbamento, anch'esso eccitato, dell’ospite che ripetutamente prese e posò il bicchiere sul tavolino umano, immobile tra di loro.
“Bevi ancora?”.
Mark si pentì di avere risposto negativamente perché gli dispiacque vederla alzarsi e portare via il vassoio.
Al rientro in sala i due uomini stavano nuovamente discorrendo, facendo finta che non ci fosse nulla di strano. Non c’erano altre poltrone e John, con l’indice, indicò a terra accanto a sé.
Ambra temette di vedersi colare il piacere dalle calze e gettò uno sguardo al cazzo dell’ospite intuendone la durezza che forse sarebbe stata rivelata se non avesse avuto le gambe accavallate.
Con eleganza si accucciò a terra accanto al Padrone restando inginocchiata col busto dritto.
Mark non potè più nascondere la sua eccitazione.
“La tratti sempre così?”
“L’ho educata per servirmi e a mostrare deferenza. Oltre a soddisfarmi sessualmente a piacimento, ovviamente”.
Gli occhi di Mark tradivano ciò aveva dentro. Il fiato gli si fece corto.
Rimase parallizato a fissare la donna.
John era eccitato e voleva mostrare ulteriormente l’ubbidienza della donna, come colui che schiaccia sull’acceleratore per imprimere una velocità ulteriore rispetto a quella necessaria per il sorpasso di una vettura lenta.
“Accucciati ai piedi”.
Ambra si accucciò ponendo la guancia a terra ed il viso vicino alle scarpe del Padrone, come fosse il suo cane.
John pose la scarpa sulla sua guancia.
Ambra, seppur a fatica, sentì prima la frase del suo Padrone, poi il silenzio dell’ospite.
“Come vedi ne ho fatto la mia schiava. Ubbidisce ad ogni mio ordine”.
Si gustò il silenzio dell’amico che aveva intuito la frase lasciata sospesa:
“Quando siamo soli ha l’obbligo di restare nuda”.
Mark non riusciva a staccare gli occhi dalla schiava, intuendone tutti i vantaggi e sperando di usare quella cosa bellissima.
“Ambra, stenditi tra noi”.
Docilmente la donna eseguì e, probabilmente, fu la arrendevole ubbidienza ad eccitare l’uomo più della donna stesa a terra ai suoi piedi.
John si tolse le scarpe e appoggiò i piedi sul bel corpo della sua schiava.
“Mettiti comodo anche tu, se vuoi”.
La risposta consistette nel vedere Mark togliersi le scarpe e appoggiare anche lui i piedi sul morbido tappeto umano.
“Il segno sulla sua schiena è una frustata?”.
Era una domanda pleonastica alla quale non seguì una risposta ma un sorriso complice ed eccitato.
“Perché tiene la bocca semiaperta?”.
Mark aveva il piede sui suoi seni.
“Perché offre la bocca e la lingua al servizio desiderato”.
L’ospite si sentì scoppiare il cazzo dall’eccitazione quando pose il piede sulla bocca della donna che, tolta la calza, cominciò a leccare la pianta come se stesse passando la lingua su un cazzo duro.
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